Sanremo - Carlo Conti: contatto! Sembrerebbe dunque giunto il momento del fatidico "sì", dopo anni di corteggiamento da parte del Festivalone e di cortesi ma risoluti dinieghi dell'abbronzatissimo anchorman toscano. L'investitura ufficiale è arrivata ieri: il direttore di Rai Uno, Giancarlo Leone, ha dichiarato di aver chiesto a Conti la stesura di un progetto per l'edizione 2015 della rassegna canora.
IL PROMESSO SPOSO - Il "Sanremo sì - Sanremo no" del deus ex machina dell'Eredità e de "I migliori anni" è stato un tormentone il cui lieto fine, però, non era così scontato: anzi, la sensazione, ad un certo punto, era che il più incrollabile "promesso sposo" della kermesse rivierasca sarebbe rimasto tale in eterno. Troppi tentennamenti, troppi rinvii, troppi "per il momento no, vedremo in futuro...". Parliamoci chiaro: i treni passavano e Conti non vi saliva mai. Non solo per colpa sua, certo: perché se lui sembrava non sentirsi mai pienamente all'altezza di un compito assai improbo, l'ente televisivo di Stato non aveva mai dato l'impressione di voler investire con decisione su di lui: il suo nome veniva periodicamente fuori, ma poi si preferiva sistematicamente percorrere strade più eclatanti, più glamour: puntando sui grandi mattatori catodici, da Fazio a Bonolis, piuttosto che su "mediani" di qualità ed esperienza, su infaticabili "uomini azienda" come l'ex DJ.
CAMBIARE STRADA - Bene, ora il dado è tratto. Innanzitutto, cambiare si doveva: eppure, Fabio Fazio non pareva disposto a mollare facilmente la presa. Forse, anzi sicuramente, erano solo dichiarazioni di facciata, ma nelle prime puntate di "Che tempo che fa" andate in onda subito dopo la conclusione di Sanremo 2014, alcune sue mezze frasi fecero intuire un desiderio non troppo velato di rimanere in sella. Chiaramente, non poteva andare così: troppo tormentato, troppo controverso l'ultimo Festival per azzardare un tris. Un Sanremo concepito e scritto male (checché ne dica Michele Serra, uno degli autori, che ha difeso la sua "creatura" con toni eccessivamente collerici e ineleganti in un articolo su Vanity Fair), e tradotto ancor peggio sul palco, sul piano meramente spettacolare; discreto, pur senza attingere vette sublimi, su quello della proposta musicale, che però ha ricevuto un accoglienza tutto sommato freddina (non fallimentare, attenzione) sul mercato discografico: ne ho parlato in questo post, pochi giorni fa.
Poi, per quanto mi riguarda, il "Sanremo made in Fazio" si è ufficialmente concluso quando, sempre nella sua trasmissione cult, durante l'intervista "tutta miele" rilasciata a Massimo Gramellini ventiquattr'ore dopo la fine della gara, dichiarò che la scelta degli ospiti era stata frutto, essenzialmente, del suo gusto personale (queste le parole precise: "Voglio dire perché non ho chiamato Justin Bieber: perché essendo parte della direzione artistica, la direzione artistica sceglie la musica che vuole portare lì: a me Justin Bieber non piace e piace Cat Stevens, fine... Mi piace Nutini, mi piace Rufus, mi piace Stromae... La direzione artistica fa delle scelte: rivendico la qualità di quelle scelte, sennò è inutile andare a fare ciò che uno si aspetta...").
FAZIO E LA LITURGIA VIOLATA - Ecco, è mio parere, ma io conto zero, che non sia assolutamente questo il criterio ideale per organizzare degnamente un Festival di Sanremo: Sanremo non è né "Che tempo che fa" né "Vieni via con me", non è una trasmissione come tante, un prodotto in cui il conduttore - direttore artistico può imprimere a chiare lettere la sua impronta di stile e di gusto, facendone l'unico filo conduttore. No, il Festivalone è qualcosa di molto più grande, un complesso apparato spettacolare da maneggiare con cura, una vera e propria istituzione con un'anima, un'essenza codificata negli anni, per quanto soggetta a modifiche: l'ultimo arrivato (in senso cronologico, non certo come talento) fra i "patron", per autorevole che sia, non può pretendere di stravolgerla e di plasmarla a propria immagine e somiglianza. Sanremo è un patrimonio che va, prima di tutto, amato, e quindi rispettato da chi lo fa: lo spirito di cui si diceva, il suo canovaccio standard, può essere corretto, migliorato, ma non stravolto: altrimenti diventa un'altra cosa, e l'edizione di quest'anno è parsa troppo spesso "altra cosa" dal Sanremo vero e proprio.
Il Festival della canzone italiana, l'ho scritto un'infinità di volte su Note d'azzurro, ha un'anima leggera, pop, glamour, direi "scanzonata", e mi si perdoni il gioco di parole: lo dimostra il fatto, del resto, che alla lunga chi sta resistendo nelle classifiche di vendita e di download è proprio il gruppetto degli artisti di impatto più immediato, portatori delle proposte più orecchiabili, più radiofoniche, le Arisa e i Renga, gli Hunt, le Ferreri e le Noemi. Una volta preso atto di questo status ineliminabile (perché se si elimina la leggerezza, muore il Festival), attorno ci si può lavorare, arricchendo il cast e la linea artistica con proposte meno scontate e un tantino più elitarie, con pennellate di originalità, nel segno di una ecumenicità che tenga conto del più ampio spettro di proposte musicali, di generi, di target.
PIU' MUSICA, PIU' CANTANTI - Ecco ciò che si chiede a Conti, in attesa di sapere chi lo affiancherà nel gruppo autoriale come esperto musicale (chi sarà, insomma, il Mauro Pagani della situazione): rinnovamento nel segno della continuità, apertura alle novità senza mai perdere di vista la tradizione sanremese. Il tutto, ovviamente, con un occhio di riguardo alla musica, che deve riconquistare in toto la centralità, senza troppi intermezzi che saranno anche di buona levatura spettacolare e financo culturale, ma che col palco dell'Ariston c'entrano poco. In questa direzione dovrebbe andare anche un innalzamento della quota di partecipanti nelle due categorie, quota ridotta, nelle ultime edizioni, veramente ai minimi termini, con particolare riferimento agli esordienti.
GLI ALTRI PADRONI DI CASA - Carlo Conti, in questo senso, dovrebbe essere una garanzia, come buon conoscitore del mondo musical - canzonettistico (ha avuto anche il merito e il coraggio, non dimentichiamolo, di rispolverare il marchio "Canzonissima", sebbene all'interno de "I migliori anni"): forse, limitatamente a questo campo, è davvero il più attendibile erede di Baudo, il primo, dopo i numerosi "regni" sanremesi del Pippo nazionale, in grado di garantire un festival rigoroso, ossia pienamente rispettoso del ruolo da protagonisti che i cantanti in concorso e le loro proposte debbono mantenere. Sul piano della gestione del palco e dello show il discorso sarà diverso e più complicato, per due motivi: il primo è che, negli ultimi anni, il nostro "presentatore incaricato" pare essersi adagiato su una conduzione "col pilota automatico", da buon impiegato della tv ma senza guizzi particolari, senza alzate d'ingegno, forse perché si è troppo strettamente legato a due format che ormai si ripetono stancamente da anni.
Ma l'ostacolo più arduo da aggirare, che prescinde dalla brillantezza dell'anchorman, sarà quello di creare un'idea nuova e spiazzante di conduzione, ossia l'elemento sul quale, da un certo momento in poi, la Rai ha puntato per caratterizzare ogni singola edizione della kermesse. Secondo questo criterio, avviato forse con le prime due esperienze faziane nel 1999 e nel 2000, ma con avvisaglie nelle incursioni di Bongiorno ('97) e Vianello ('98), la presentazione deve essere uno spettacolo nello spettacolo, e in questo senso i collaboratori di Conti andranno scelti con particolare cura. Butto lì dei nomi, che, nel caso, toccherà alla Rai e alla direzione artistica mixare: Virginia Raffaele, Geppi Cucciari, Elio, Miriam Leone, Chiara Francini: talenti diversi che, se amalgamati per benino, possono dar vita a cocktail stuzzicanti e vivaci. Anche in questo senso dovrà esserci, però, una correzione di rotta rispetto al recente passato: presentazione brillante sì, ma senza oscurare la gara e i suoi protagonisti, senza prendersi il centro della scena. Forse, chissà, la sfida ancor più audace sarebbe quella di tornare a una presentazione vecchio stile, con presentatori tradizionali: Conti e, che so, Milly Carlucci. Vedremo.
bene così dai, ora che è arrivata l'ufficialità si può finalmente attendere in tutta serenità e senza colpi di scena il prossimo Festival. E' vero, Fazio, secondo me non aveva certo intenzione di lasciare, pregustando una sorta di rivincita perchè credo che, al di là dei discorsi di facciata, si sia reso conto benissimo che quest'edizione rispetto alla precedente sia riuscita meno bene, stando parchi nei giudizi. Da Conti non mi aspetto formule rivoluzionarie, che comunque non molto vanno a braccetto con la storia di Sanremo, ma piuttosto un'attenta selezione su quella che è la musica del momento, alternata a fenomeni di qualità.
RispondiEliminaInfatti, alla fine non molto si chiede, nulla di cervellotico, voglio dire: una conduzione brillante ma non invasiva, rispetto assoluto per la centralità della musica e della gara, rinnovamento nella continuità. Come detto, va mantenuta l'anima "leggera" del Festival, lasciando il giusto spazio a proposte un po' più elaborate e garantendo la ribalta a un ampio spettro di generi musicali, soprattutto fra i concorrenti. E maggiore visibilità ai giovani, questo sì.
Eliminasoprattutto sull'ultimo punto mi trovi d'accordo. Negli anni '90, direi dall'affermazione di Masini con "Disperato", quindi proprio nel '90, consideravo Sanremo il miglior vivaio possibile della musica italiana, fermo restando che da quando esistevano le Nuove proposte già erano emersi Ramazzotti, Paola Turci o Mietta, tanto per citare i primi nomi che al volo mi vengono in mente
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