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sabato 28 novembre 2015

BILANCIO DI SANREMO GIOVANI: FORMAT SENZA NOVITA', MA TRE - QUATTRO NOMI DA SEGUIRE


Televisivamente parlando, il ripristinato Sanremo Giovani non ha detto granché di nuovo. Nessuna ventata di freschezza nell'ormai fossilizzato mondo dei talent catodici, a meno che non si voglia considerare elemento rivoluzionario la pedana con caselle luminose sulla quale ciascun concorrente doveva indietreggiare, ogni volta che riceveva un voto negativo da parte della giuria. Ci ha provato Piero Chiambretti a smitizzare la pomposa solennità del format, presentandosi con il "manuale del perfetto giurato" dal quale ha pescato, perla dopo perla, le classiche frasi fatte di questi temutissimi gruppi di esperti ("Non mi hai emozionato" e via banalizzando), ma i suoi generosi tentativi sono stati vani: il linguaggio e la sceneggiatura di queste trite trasmissioni hanno avuto largamente il sopravvento, fagocitando anche l'unicità di un evento come la scelta dei debuttanti per il Festivalone ligure, ben altra cosa rispetto a un "The Voice" o a un "X factor". 
GIURIA TROPPO EMOTIVA - Inutile pertanto disquisire sulle opinabili decisioni della commissione, che peraltro nella circostanza ha forse preso una sola, colossale cantonata, con l'eliminazione della bionda Una. Spiace, ma statisticamente parlando è una percentuale che si può tollerare. Casomai, sarebbe stata apprezzabile qualche motivazione tecnica in più a sostenere ogni promozione o bocciatura, onere che si è in pratica accollato il solo Giovanni Allevi. E personalmente avrei gradito un minor coinvolgimento emotivo di certe giurate, che si sono scatenate alzandosi in piedi e ballando durante le esibizioni di alcuni degli artisti in gara. Insomma, il ritorno della preselezione autunnale tredici anni dopo il flop di "Destinazione Sanremo" non ha fatto scattare alcuna scintilla: era di certo più innovativa, piuttosto, la formula adottata nel secondo anno di gestione Mazzi - Morandi, con le audizioni live delle aspiranti Nuove Proposte trasmesse in diretta web, in una maratona sfiancante ma di indubbio fascino. Un'idea perfettibile e tuttavia di grana buona, che infatti è stata sollecitamente accantonata. 
IL TENORE POP - Sul piano degli esiti del concorso, come detto prima, non vi sono stati verdetti tali da far gridare allo scandalo. Meritava forse qualcosa di più Una, col suo cantautorato di stampo moderno e un testo che dimostra come si possa parlar d'amore in maniera non banale pur restando nel solco della tradizione, mentre fra gli ammessi non ha suscitato particolare entusiasmo il giovane Irama, la cui vena compositiva pare ancora acerba. Nessun rimpianto per l'esclusione di Francesco Guasti, con un soft rock di facile presa ma che non brilla per originalità, e per lo sciapo duetto fra Valeria e Piero Romitelli. Era abbastanza scontata la promozione dell'italo - australiano Michael Leonardi, che si inserisce con abilità nel filone ultravincente inaugurato dal Volo ma che nel suo pop tenorile porta un valore aggiunto, con atmosfere che casomai richiamano certe soundtrack dei più recenti episodi di 007. 
CECILE: BRAVA MA SOPRA LE RIGHE - Si può già parlare di papabili per la vittoria finale: la dance trascinante e al passo coi tempi di Francesco Gabbani si sposa con un testo ben congegnato, in "Amen", e con un easy listening non lontano da quello che lanciò dodici mesi fa Giovanni Caccamo. Cecile, con "N.E.G.R.A.", ha la proposta più in linea con la musica che oggi monopolizza gli airplay radiofonici, un rap hip hop ruvido e graffiante sia nella ritmica sia nei versi, magistralmente interpretato; casomai, qualche perplessità si può avanzare sul videoclip del brano, che lascia ben poco all'immaginazione riguardo al corpo della graziosa cantante. Il testo del pezzo bastava e avanzava per lanciare un messaggio antirazzismo ben concepito e senza giri di parole: non scandalizza la nudità in quanto tale, figurarsi, ma il fatto che in questo caso sia tutto sommato gratuita. La ragazza sembra già fin troppo scafata sul piano della comunicazione, ha capito l'importanza della "musica - immagine" facendo apparire innocue pivelline, al confronto, la Anna Oxa in tutina aderentissima del 1985 e la Bertè col pancione dell'anno dopo. Ma non è detto che ciò abbia una valenza positiva, non per me almeno. 
ERMAL E CHIARA SU ALTI LIVELLI - E' prevedibile un ottimo piazzamento, ma forse non la vittoria, per Ermal Meta, cantautore dallo stile assolutamente contemporaneo che ha il merito di non scimmiottare nessuno dei divi pop attualmente sulla cresta dell'onda, e che in "Odio le favole" ha saputo creare un arrangiamento ricco e variopinto, una fusion fra vaghi richiami anni Ottanta e suoni del terzo millennio. Occhio anche all'essenziale estro poetico di Chiara Dello Iacovo, con un minimalismo nel proporsi che è l'opposto dell'eccessiva esposizione di Cecile, e con una "Introverso" di impianto assolutamente originale. Le delusioni maggiori arrivano da Area Sanremo: senza storia la melodia a voce spiegata della bella Miele, quasi irritante Mahmoud, che "mengoneggia" in maniera discutibile. Ma sono eccezioni: la sensazione è di un, sia pur modesto, innalzamento di tono rispetto alla categoria del 2015; quasi tutti i prescelti hanno messo farina del loro sacco, senza adagiarsi troppo sugli stilemi imperanti. Da questo punto di vista, almeno, Sanremo Giovani ha vinto il confronto con altri talent show fin troppo reclamizzati. 

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