Conte pensieroso: sarà un Europeo durissimo...
D'accordo, quello del commissario tecnico è un mestiere ingrato, perché, come recitava il titolo di una recente fiction Rai di successo, "come fai sbagli". Tuttavia, a volte sembra che gli stessi allenatori azzurri si divertano a sfidare il comune buon senso, con decisioni all'apparenza inspiegabili. Certo, il momento è fra i più stranianti nella storia della nostra Nazionale: sta per iniziare l'avventura europea, e penso di poter dire che mai il Club Italia si era accostato a un grande evento internazionale in vesti così dimesse, e in un clima di così dilagante sfiducia; ma sta anche terminando l'avventura di Antonio Conte, primo caso conclamato di cittì "in scadenza". Quale impatto emotivo sul gruppo possa avere questo disimpegno anticipato, al momento non è dato sapersi.
STAGE INUTILE - Nelle pre - convocazioni per Euro 2016, il nostro "quasi ex" trainer non si è mostrato particolarmente audace, e non ha neanche brillato per coerenza con certe prese di posizione passate. Il brevissimo stage dei "nuovi" organizzato la settimana scorsa si è rivelato, alla fine, come un inutile giro d'orizzonte, un premio per alcuni dei prospetti più interessanti prodotti dall'ultima Serie A, essendo servito a tirar fuori dal cilindro il solo torinista Benassi, protagonista di un campionato a tratti sontuoso, e il compagno di club Zappacosta (Rugani era nell'aria da tempo, e da settembre sarà imprescindibile), mentre sono state bocciate altre candidature piuttosto credibili. All'inizio della stagione in corso, Conte aveva dichiarato: "Se perdurano situazioni di azzurri che non giocano nei propri club, la Nazionale diventa a rischio. Questo preferisco dirlo, spiace ai giocatori e a me, ma bisogna tenerne conto: chi non gioca nella propria squadra non può pensare di venire in Nazionale". Un modus operandi che, qui su Note d'Azzurro, ho criticato fin da tempi non sospetti: addirittura dopo il precedente Europeo, quando ancora sulla panca azzurra sedeva Prandelli, invitai il tecnico a muoversi in senso opposto, ossia a forzare la mano agli allenatori di club convocando giovani che trovavano poco spazio nelle rispettive squadre; un'utopia, sicuramente, forse una provocazione, ma mi pareva un modo plausibile per cercare di uscire dal circolo vizioso che ha portato i calciatori italiani ad avere minutaggi sempre più ridotti, in formazioni imbottite di stranieri. La posizione di Conte era tuttavia assolutamente legittima, e comprensibile dal punto di vista di un selezionatore che ha bisogno di mettere in campo giocatori rodati: alla luce di queste premesse, però, dovrebbe spiegarci la presenza, fra i trenta in pre allarme, di gente come Sirigu, Rugani, Sturaro e Zaza, ragazzi che in stagione han giocato poco o comunque hanno rivestito quasi sempre ruoli secondari, con pochi e isolati exploit.
SCELTE INCOMPRENSIBILI - Intendiamoci, fa piacere soprattutto per i tre giovani juventini citati: ammesso e non concesso che rientrino fra i 23 definitivi, sarebbe lodevole aggregarli al gruppo per cominciare ad abituarli ai climi arroventati delle grandi disfide internazionali e trovarli più pronti quando, da settembre in poi, ci sarà da lottare disperatamente per contendere alla Spagna (no, dico, alla Spagna) un posto al Mondiale 2018. Però le premesse programmatiche erano altre: si porta Sirigu, quasi inoperoso nella stagione al Paris Saint Germain, e si lascia a casa la speranza Sportiello, che era forse preferibile a Marchetti, il quale in azzurro non ha mai dato totali garanzie di affidabilità (per poi aggregare al gruppo il friulano Meret, scelta senza alcun fondamento tecnico); si convoca Zaza, oppure l'inesistente Eder del girone di ritorno, oppure un Immobile che, pur con qualche timido accenno di ripresa, ha in fondo trapanato l'acqua anche quest'anno, e si lasciano a casa i due migliori bomber italiani espressi dalla stagione, Belotti (neanche preso in considerazione) e il devastante Pavoletti visto in maglia Genoa, rispedito in Liguria dopo i pochi giorni a Coverciano, e che, pur privo di esperienza europea, avrebbe potuto rappresentare la carta a sorpresa come lo fu, ad esempio, il Rossi del 1978 (il paragone non è sul piano della classe pura, intendiamoci). Per tacere della fiducia quasi cieca concessa a elementi ormai in riserva come Thiago Motta e Montolivo.
SPAZIO AI FEDELISSIMI - Inutile prendersela più di tanto, è sempre stato così e così sarà sempre: Sacchi e Trapattoni, in passato, rinunciarono a cuor leggero a Signori e a Roby Baggio (e ne pagarono lo scotto con brucianti eliminazioni, se è per quello...). Anche Conte non è sfuggito al vizietto della fedeltà oltre ogni limite: si punta cioè sui propri pretoriani, pur se reduci da mesi anonimi o poco felici, rinunciando ad avventurarsi nei territori inesplorati rappresentati dagli esponenti della nouvelle vague. Si dirà: la fedeltà al gruppo storico fu l'arma vincente di Bearzot; vero solo in parte: il Vecio, nel '78, inserì in un telaio collaudato quel paio di pedine nuove di zecca (il citato Rossi e Cabrini) che gli fecero fare il definitivo salto di qualità; viceversa, il Trap di Euro 2004 puntò su elementi sfiatati e in involuzione lasciando a casa Gilardino, all'epoca ultimo grido in fatto di centravanti, e dovette fare le valigie dopo sole tre partite.
I NOSTRI TOTEM - Rimango comunque del parere che questo Club Italia abbia poche ma significative frecce al proprio arco, a patto che sappia ben sfruttarle. Il declino è più sul piano quantitativo che su quello qualitativo, nel senso che il bacino da cui attingere si sta sempre più restringendo, ed è un declino che riguarda solo alcuni ruoli. Dobbiamo aggrapparci alle nostre poche certezze: così, al momento risulta difficile che Conte non riproponga in azzurro il possente quartetto difensivo del quinto scudetto bianconero: Buffon - Barzagli - Bonucci - Chiellini è il totem attorno al quale tutto ruoterà; giocando a tre dietro, si potranno schierare laterali bassi piuttosto offensivi che saranno in grado di appoggiare efficacemente il lavoro degli esterni alti.
ESTERNI CRUCIALI - Non è un caso che, diramando la lista dei convocati, sia stata introdotta la dicitura, mai usata prima, "centrocampisti ed esterni". Gli elementi di fascia, cioè, acquisiscono dignità di ruolo autonoma, senza venire inglobati in gruppi generici. E' naturale, perché i giocatori di questo tipo sono quasi l'emblema del football moderno, sempre più determinanti negli schemi offensivi delle squadre con il loro tourbillon, i movimenti senza palla, gli assist, gli inserimenti. Proprio loro, gli esterni, saranno dunque la nostra seconda àncora di salvezza: dietro, i quattro colossi targati Juve, dalla trequarti in avanti e sui lati gli elementi più dotati di talento in una rosa di caratura non eccelsa. I Candreva, gli El Shaarawy, gli Insigne, i Bernardeschi dovranno darci quel quid in più per ovviare alle limitate risorse degli uomini di punta, magari col sostegno di chi arriva da dietro, gente come Florenzi e Giaccherini, oppure il rivitalizzato De Sciglio ammirato nella finale di Coppitalia, utile nelle due fasi come potrebbe esserlo Darmian. Le nostre sorti francesi, soprattutto quelle offensive, si decideranno in queste zone del campo, e sono legate a questi uomini.
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