E adesso riusciranno, i nostri eroi, a non rovinare tutto? Dopo il più imprevedibile trionfo della storia recente del calcio azzurro, si staglia nitido all'orizzonte il fantasma della "sindrome della seconda partita", quell'improvviso black out che spesso ha colto la nostra Nazionale nei grandi tornei, vanificando con inopinati scivoloni partenze belle e promettenti. I casi più eclatanti? Euro 1996, con vittoria all'esordio sulla Russia, poi assurdo turn over di Sacchi che cambia mezza formazione rivoluzionando difesa e attacco, sconfitta con la Repubblica Ceca e successiva uscita al primo turno dopo il pari con la Germania; per non parlare di Brasile 2014: inglesi castigati al vernissage, e il nostro Mondiale finisce praticamente lì, la squadra si sfalda in mano a Prandelli (il più colpevole di tutti), cammina in campo senza birra e senza idee, e si fa infilare in scioltezza da Costarica e Uruguay, salutando la compagnia iridata dopo soli tre match.
TRIONFO DI SPESSORE - Certo, la situazione che sta vivendo il Club Italia di oggi pare decisamente diversa rispetto a quei due inquietanti precedenti. Il cittì Conte è un "martello", sul piano psicologico, e cali di tensione non dovrebbero essercene. Preferiamo allora pensare che il sensazionale debutto contro il Belgio rappresenti l'apertura di una porta di cui pensavamo di non possedere le chiavi, perché è un trionfo di ben altro spessore rispetto a tante illusorie vittorie iniziali del passato: due anni fa crocifiggemmo un'Inghilterra tutto sommato modesta, questa volta abbiam fatto fuori un concentrato di classe pura, gioventù ruggente ed esperienza ai massimi livelli, la squadra del futuro e forse anche del presente, nonostante il passo falso. E magari, chissà, il paragone più calzante potrebbe essere per noi quello con il '78, quando il team di Bearzot era destinato, secondo i sedicenti esperti, a finire stritolato nel girone di Francia, Ungheria ed Argentina e invece infilò un successo dopo l'altro, brillando anche sul piano del gioco. I tempi sono cambiati, l'Italia che ha bocciato il Belgio, uno degli acclamati "primi della classe" di questo Europeo, non ha regalato spettacolo, né una manovra scintillante e aggressiva. Ha vinto all'italiana, ma nel senso più nobile del termine, nel segno di una parte del nostro DNA calcistico che ci insegna a saper soffrire in trincea, a difendere con puntiglio ma senza mai rinunciare alla controffensiva, sganciandoci spesso e volentieri per micidiali puntate nell'area avversaria. Tutt'altra cosa rispetto al catenaccio che ancora molti miopi osservatori ci attribuiscono.
VINCITORI IMPERFETTI - I ragazzi di Conte hanno vinto con pieno merito, grazie a una compattezza, un ordine tattico, un'organizzazione che ha consentito loro di venire fuori anche dai momenti più infelici della gara. Ce ne sono stati, di questi momenti, e ciò rende ancora più incredibile il 2 a 0 rifilato ai Diavoli Rossi; si pensava tutti, me compreso, che per fare la festa ad Hazard e compagni ci sarebbe voluta una prestazione da dieci e lode, invece ne è bastata una da... sette e mezzo, con più di un lato oscuro: gli errori di palleggio che ormai, purtroppo, sono consueti alle nostre latitudini, e la conseguente abnorme quantità di palloni persi anche ingenuamente, in situazioni di assoluta tranquillità, senza forcing avversario; le tante palle gol sprecate che ci avrebbero consentito di chiudere prima il match; i quattro ammoniti, troppi decisamente in una sola partita, con la speranza che questi cartellini vengano adeguatamente gestiti per non perdere uomini chiave al momento topico. Del resto, che sia un'Azzurra colma di difetti lo si sa da tempo, ma si sapeva anche, e qui lo si è sempre scritto, che non è proprio l'ultima della schiera, che ha pochi ma notevoli mezzi per poter compiere un cammino dignitoso.
E' SEMPRE UN GRAN BEL BELGIO - Pur subendo per lunghi tratti la pressione del Belgio, i nostri hanno alla fine creato più occasioni di quelle concesse ai rivali; e pur lamentando la défaillance di diversi uomini chiave, il timido Darmian in primis, han gettato il cuore oltre l'ostacolo, colmando i vuoti di gioco grazie alla corsa e all'abnegazione di tutti: sintomatico di questo strano e un po' illogico sviluppo della gara il fatto che, a sbloccare il risultato, sia stato Giaccherini, fino a quel momento fra i peggiori in campo. Una vittoria di un italico calcio che si riscopre più artigiano e meno ricco (di classe), ma che sa far girare in folle reputate macchine da football. A proposito, non credete a chi dice che il grande Belgio sia un bluff. Il talento infinito dei suoi verdi astri emerge ogni singola settimana della stagione calcistica di club; e questa Nazionale, alla sua prima vera esperienza di rilievo sulla ribalta internazionale, due anni fa in Brasile, si è spinta fino ai quarti di finale, estromessa a fatica dall'Argentina di Messi e Higuain, lasciando la sensazione di aver espresso solo in parte il suo valore. Poi, insomma, c'è un ranking FIFA che parla chiaro, sulla potenza di fuoco e sul rendimento della rappresentativa guidata da Wilmots: può darsi che resti un'eterna incompiuta, ma è avversario terribile, che anche in una serata storta come quella di Lione ha comunque mostrato in diversi frangenti la sua statura tecnica senz'altro superiore a quella dei nostri baldi rappresentanti.
Il monumentale Bonucci
NON SOLO DIFESA - Ciononostante, lo ripetiamo, la vittoria di Buffon e compagni è stata limpida: i nostri le hanno prese e le hanno date, soffrendo come da copione e uscendo indenni da ogni tempesta. Si è concluso molto verso la porta, dopo una prima mezz'ora sterile, e questo è confortante; Pellè ha sfiorato il bersaglio due volte di testa prima di cogliere il meritato successo in chiusura di partita, Immobile nel finale è stato continuo e incisivo, Candreva non sempre ha mostrato lucidità ma si ascrive comunque una gran botta respinta da Courtois e l'assist del 2-0. Di Giaccherini si è detto: nella prima frazione a lungo fuori gara, confusionario e impreciso, è risorto siglando con uno splendido destro la rete che ha segnato la riscossa di questa selezione finora pallida, e ha fornito la conferma che la sua utilità risiede nel mortifero talento da incursore, mentre nel cuore del gioco altri potrebbero fare meglio di lui.
L'ENORME BONUCCI - L'hombre del partido è stato Bonucci, a cui riconosciamo da tempo uno spessore internazionale che molti si ostinano a non vedere, ma questa partita dovrebbe aver fatto cadere ogni dubbio, lanciandolo definitivamente nell'arengo dei big continentali: non ha sbagliato un colpo in difesa (e al suo fianco Chiellini è parso persino più nitido e meno "spiccio" del solito nel chiudere ogni varco), è stato ancora una volta il vero regista della formazione, una sorta di centromediano metodista anni Trenta, abile a spezzare le trame altrui e a impostare la manovra con lanci secchi, potenti, lunghi e precisi, come quello che ha mandato in porta il buon Giack. Insomma, c'è da lavorare ma il materiale è migliore di come era stato dipinto. E c'è al nostro attivo un successo che vale oro per i motivi detti in apertura, uno di quei successi che, in genere, fanno crescere autostima, personalità, capacità di reggere le grandi ribalte. A occhio e croce, non è una rondine che non farà primavera, a patto che Conte tenga ben salde le briglie al gruppo.
LA PRIMA GIORNATA - Il passo falso del Belgio, in fondo, si inquadra nell'andazzo generale della prima tornata di gare di Euro 2016. L'allargamento a 24 squadre non sembra, per il momento, aver abbassato il livello tecnico della competizione e allargato la forbice fra grandi e medie. C'è un equilibrio esasperato, solo Germania, Italia e Ungheria sono riuscite a vincere con più di due gol di scarto, e fa piacere sottolineare il fragoroso ritorno dei magiari, che dopo un'inaccettabile assenza di trent'anni dai massimi palcoscenici (Mondiali ed Europei visti solo in tv dopo Mexico '86) si sono ripresentati imponendosi nel derby danubiano sui favoritissimi cugini austriaci. La Francia, altra big designata non solo in qualità di anfitriona, non è parsa al momento una grande squadra, esprimendosi a strappi e cogliendo il successo nell'ouverture grazie a un'isolata prodezza di Payet; gli stessi tedeschi hanno corso più rischi del previsto contro la non trascendentale Ucraina, il Portogallo è apparso fin troppo compassato e ha mostrato un Ronaldo simile a quello che sferragliò a vuoto nella recente finale Champions milanese, pasticcione (ahi, quel destro al volo ciccato nel primo tempo davanti al portiere...) e inconcludente: incredibile la segnalazione Rai di CR7 fra i tre migliori del match. L'undici ammazza torneo, insomma, non sembra esserci, ma questo avvio all'insegna del livellamento promette se non altro un prosieguo del primo turno sul filo delle emozioni.
Il monumentale Bonucci
NON SOLO DIFESA - Ciononostante, lo ripetiamo, la vittoria di Buffon e compagni è stata limpida: i nostri le hanno prese e le hanno date, soffrendo come da copione e uscendo indenni da ogni tempesta. Si è concluso molto verso la porta, dopo una prima mezz'ora sterile, e questo è confortante; Pellè ha sfiorato il bersaglio due volte di testa prima di cogliere il meritato successo in chiusura di partita, Immobile nel finale è stato continuo e incisivo, Candreva non sempre ha mostrato lucidità ma si ascrive comunque una gran botta respinta da Courtois e l'assist del 2-0. Di Giaccherini si è detto: nella prima frazione a lungo fuori gara, confusionario e impreciso, è risorto siglando con uno splendido destro la rete che ha segnato la riscossa di questa selezione finora pallida, e ha fornito la conferma che la sua utilità risiede nel mortifero talento da incursore, mentre nel cuore del gioco altri potrebbero fare meglio di lui.
L'ENORME BONUCCI - L'hombre del partido è stato Bonucci, a cui riconosciamo da tempo uno spessore internazionale che molti si ostinano a non vedere, ma questa partita dovrebbe aver fatto cadere ogni dubbio, lanciandolo definitivamente nell'arengo dei big continentali: non ha sbagliato un colpo in difesa (e al suo fianco Chiellini è parso persino più nitido e meno "spiccio" del solito nel chiudere ogni varco), è stato ancora una volta il vero regista della formazione, una sorta di centromediano metodista anni Trenta, abile a spezzare le trame altrui e a impostare la manovra con lanci secchi, potenti, lunghi e precisi, come quello che ha mandato in porta il buon Giack. Insomma, c'è da lavorare ma il materiale è migliore di come era stato dipinto. E c'è al nostro attivo un successo che vale oro per i motivi detti in apertura, uno di quei successi che, in genere, fanno crescere autostima, personalità, capacità di reggere le grandi ribalte. A occhio e croce, non è una rondine che non farà primavera, a patto che Conte tenga ben salde le briglie al gruppo.
LA PRIMA GIORNATA - Il passo falso del Belgio, in fondo, si inquadra nell'andazzo generale della prima tornata di gare di Euro 2016. L'allargamento a 24 squadre non sembra, per il momento, aver abbassato il livello tecnico della competizione e allargato la forbice fra grandi e medie. C'è un equilibrio esasperato, solo Germania, Italia e Ungheria sono riuscite a vincere con più di due gol di scarto, e fa piacere sottolineare il fragoroso ritorno dei magiari, che dopo un'inaccettabile assenza di trent'anni dai massimi palcoscenici (Mondiali ed Europei visti solo in tv dopo Mexico '86) si sono ripresentati imponendosi nel derby danubiano sui favoritissimi cugini austriaci. La Francia, altra big designata non solo in qualità di anfitriona, non è parsa al momento una grande squadra, esprimendosi a strappi e cogliendo il successo nell'ouverture grazie a un'isolata prodezza di Payet; gli stessi tedeschi hanno corso più rischi del previsto contro la non trascendentale Ucraina, il Portogallo è apparso fin troppo compassato e ha mostrato un Ronaldo simile a quello che sferragliò a vuoto nella recente finale Champions milanese, pasticcione (ahi, quel destro al volo ciccato nel primo tempo davanti al portiere...) e inconcludente: incredibile la segnalazione Rai di CR7 fra i tre migliori del match. L'undici ammazza torneo, insomma, non sembra esserci, ma questo avvio all'insegna del livellamento promette se non altro un prosieguo del primo turno sul filo delle emozioni.
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