Quattro anni dopo Varsavia, il calcio italiano si scopre ancora capace di regalarsi, e regalarci, epiche imprese da tramandare ai posteri. In Polonia fu la semifinale di Euro 2012 a restare scolpita nei libri di storia: la più bella Azzurra targata Prandelli annichilì la favoritissima Germania, la sera in cui Balotelli parve davvero a un passo dal diventare uno dei campionissimi dell'era contemporanea. Da allora, il buio: quattro anni di crisi, di miserie, di declino di tutto un movimento, col punto più basso toccato nella breve e nefasta spedizione brasiliana, e con una Nazionale che, anche dopo quel ko, è sempre parsa tollerata e mal sopportata dai club, invece di esser vista come fondamentale volano per il rilancio del nostro pallone. Un tunnel dal quale sembrava impossibile potessero sortire favole così belle come quelle che Conte e i suoi ragazzi ci stanno raccontando in questo assolato giugno. Già ci aveva inebriati il colpaccio messo a segno al debutto col Belgio, la squadra del futuro, una delle papabili per il titolo, e che in seguito ha dimostrato di non essere un bluff, al punto di trovarsi ormai un solo, non irresistibile ostacolo davanti prima di approdare alla semifinale.
VITTORIA DEL GIOCO - Quello contro i Diavoli Rossi fu un capolavoro di football all'italiana riveduto e corretto in versione moderna, ossia difesa attiva e propositiva. Ma ieri, a Saint Denis, si è visto tutt'altro. Proprio come quattro anni fa, ma anche come nell'82 col Brasile al Sarrià (ebbene sì, il paragone ci sta tutto), i nostri hanno sfidato i favoritissimi spagnoli sul loro stesso terreno, il terreno del gioco, dell'iniziativa, dell'aggressività, e si sono (ri)scoperti intraprendenti e coraggiosi. Hanno affrontato il match con lo stesso spirito positivo del duello in Confederations di tre anni fa, che avevo evocato nel mio ultimo post: ma allora ci spegnemmo a gioco lungo, questa volta ci sono state più intensità, più resistenza fisica e morale, più incisività, più cattiveria. Hanno spazzato via la Roja, talmente stranita da cotanto affronto al punto di non riuscire, per almeno settanta minuti, ad imbastire una risposta degna di tal nome, e della fama che accompagna Iniesta e compagni da quasi dieci anni. Da tempo non si vedeva la nostra selezione attaccare con tale continuità, e con tanta precisione nella costruzione delle proprie manovre. Prima e dopo il gol sblocca - punteggio di Chiellini, in un difficile tap-in su punizione di Eder non trattenuta da De Gea, si sono registrati i tentativi di Pellè, Giaccherini in splendida rovesciata, Parolo, ancora Giaccherini con una fiondata di destro alzata in corner dall'erede di Casillas. E nella ripresa di nuovo Eder ha mancato il raddoppio dopo una bella fuga palla al piede.
BRILLANTI E POCO CONCRETI DAVANTI - L'han gridato tutti: bisognava chiuderla prima, dannazione; occorreva essere più concreti. Ma non si diceva, fino a poche ore fa, che il più grosso limite di questa Italia fosse rappresentato dalla mancanza di efficaci terminali offensivi? Ebbene, è ancora così, un Vieri, un Del Piero o un Toni non si inventano dall'oggi al domani, e con uno solo di questi tre la Spagna avrebbe probabilmente incassato, ieri, una delle lezioni più umilianti della sua storia. I ripetuti errori sotto porta hanno inevitabilmente esposto i nostri a un finale di gara in piena sofferenza, perché le leggende al tramonto non si arrendono senza combattere. Si incattiviscono, menano fendenti a ripetizione, magari lo fanno in maniera disordinata, ma sanno comunque portar scompiglio. Lì, e solo lì, si è rivista l'Italia della tradizione, quella da trincea, di super Gigi e della BBC (Barzagli - Bonucci - Chiellini), la sola su cui alla vigilia si puntava per uscire indenni da un confronto che pareva impari. Ed è stata invece un'Italia completa, a tutto campo, capace di coprirsi ma ancor prima di produrre un calcio bello ed essenziale, di andare al tiro e di fare paura, di tenere sotto pressione rivali fra i più reputati.
GIACCHERINI, DE SCIGLIO E BUFFON: SUPER - E' stata prima di tutto la vittoria del collettivo, dell'organizzazione, dei movimenti perfettamente sincronizzati e, finalmente, degli errori di tocco e di misura ridotti al minimo. Tutti su livelli di eccellenza, con pochi picchi autentici, direi lo straripante Giaccherini del primo tempo, esaltatosi nella funzione che più gli è congeniale, quella di micidiale incursore dal palleggio sovente letale. E poi un De Sciglio ripropostosi sulle misure azzurre che aveva lasciato intuire ai tempi degli esordi in Confederations Cup 2013, preciso e pulito negli interventi difensivi e sempre ben disposto a sganciarsi, per quanto nella gara di Parigi sia rimasto più che altro fedele alle consegne di copertura. Rivisto anche un Eder magari non lucidissimo ma sempre vivo e pronto a infilarsi nelle maglie della difesa iberica, un Bonucci talmente sicuro di sé da proporsi in frequenti avanzamenti, un Buffon che, inoperoso per due terzi di gara, ha saputo ergersi a baluardo nel momento più difficile, con almeno due deviazioni da urlo su Iniesta e Piquè e altri interventi impeccabili.
Chiellini: ha sbloccato il risultato
Chiellini: ha sbloccato il risultato
DIFESA PULITA E ARMONICA - Il fatto che, alla fine, nessuno dei nostri più importanti diffidati (il trio della terza linea) abbia raccolto il secondo giallo non è un dato da poco: significa che non c'è stato bisogno di affannosi recuperi, di falli più o meno scaltri, o di scorrettezze "tattiche" per troncare sul nascere pericolose offensive di David Silva e compagni; la copertura è stata perfetta e armonica, al punto da consentire ai tre dietro di giostrare in totale serenità, senza mai forzare un intervento. L'unico "cartellinato" ad andare in squalifica è stato alla fine Thiago Motta, la cui utilità nel meccanismo azzurro francamente continua a sfuggirmi. Non arrivo a dire che i patemi di ieri siano iniziati col suo ingresso in campo al posto di De Rossi, ma è persistente la lentezza sia nei movimenti sia nella lettura delle situazioni tattiche, nonché errori che da parte di uno coi suoi piedi sono assolutamente inaccettabili. Credo che in prospettiva sia più utile Sturaro, il quale anche ieri avrebbe portato più grinta, dinamismo e qualche idea. E, già che si parla di "riserve", menzione per Insigne, che nel suo solito part time ha sfiorato un gol anticipando troppo la conclusione (avrebbe potuto avvicinarsi un po' di più a De Gea) e ha dato il là all'azione del sospirato raddoppio, perfezionata dall'affondo di Darmian e conclusa dalla "consueta" girata sotto porta di Pellè, il nostro Ciccio Graziani 2.0, punta generosa e votata al sacrificio ma spesso pronta quando si tratta di far male in area.
FINE CICLO IBERICO? SI', MA... - I giornali spagnoli, in queste ore, parlano di fine di un ciclo. Sicuramente è così. Avevamo detto che la Spagna era ancora forte, ma non più ai livelli di quella che ha dominato l'Europa e il mondo fra il 2008 e il 2012. Il tonfo brasiliano era stato talmente fragoroso da non poter essere frutto di un momento di appannamento; il fatto che, poi, Del Bosque sia caduto nell'errore di tanti commissari tecnici vincenti di ogni parte del mondo (i nostri Bearzot e Lippi, il francese Lemerre), continuando a puntare sui "leggendari" dei primi trionfi e prolungando l'anticamera dei giovani rampanti (che sono forse... meno rampanti di come i media li dipingono) non poteva che produrre i frutti che abbiamo visto: ossia una rappresentativa ancora qualitativa, ancora in grado di sciorinare football di grana fina e di stendere avversari non irresistibili (cechi e turchi, in questo Europeo), ma più vulnerabile non appena si alza il livello dello scontro. Comunque i conti non sono ancora chiusi, per noi: nel prossimo biennio incroceremo gli iberici altre due volte, e non potrà che essere una Spagna nuova, forse ancora con tre o quattro totem, ma soprattutto con i vari Koke, Alcantara e Morata a dettar legge. Contenderemo loro la qualificazione mondiale, lo faremo sgravati dal peso di una serie negativa spezzata nell'umidità dello Stade de France, ma anche noi dovremo immettere linfa nuova nelle nostre vene, perché gli eroi di questi giorni francesi non saranno eterni.
BILANCIO GIA' IN ATTIVO - Il domani porta la Germania, che invece pare ben lungi dal chiudere il suo ciclo vincente. Dopo le brutture offerte con la Polonia nella seconda giornata, è andata in crescita lenta ma costante, pur se le avversarie affrontate non hanno certo rappresentato banchi di prova da far tremare i polsi. Impenetrabile dietro, forse l'unica difesa al mondo all'altezza, nei singoli, del nostro blocco arretrato juventino, dalla trequarti in su sta recuperando la freschezza e la forza penetrativa del Mondiale di Rio. Tuttavia, e non è per mettere le mani avanti, l'Italia questo Euro 2016 l'ha già abbondantemente onorato, vincendo quando doveva vincere, rovesciando pronostici avversi ed eliminando con pieno merito i campioni in carica: essere fra le prime otto del Continente è un progresso enorme, innegabile, rispetto al fondo toccato due anni fa. E aver raggiunto questo traguardo nel periodo di più acuta difficoltà mai attraversato dal pallone tricolore va vieppiù a titolo d'onore per gli azzurri e per il loro strano cittì "dimezzato". Sabato, a Bordeaux, que sera, sera...
stiamo vivendo un inaspettato sogno, anche se sotto sotto - sarà il tifoso che prevale sul giornalista - ci speravo, altrimenti che guardiamo a fare? Comunque, onore ai nostri, nonostante ancora qualche imperfezione e qualche errore, che vengono lasciati perdere, se compensati dalle grandi doti che hai nel migliore dei modi evidenziati tu..
RispondiEliminaOggi si può dire solo che L'Italia sia una nazionale oggettivamente forte. Opinione molto diversa rispetto a quella, negativa e quasi unanime, di un paio di settimane fa.
RispondiEliminaIl CT è indubbiamente l'uomo in più di questa squadra, se non altro per aver dato ad un gruppo meno talentuoso di molti altri (in relazione ad altre squadre del torneo e a quasi tutte le versioni dell'Italia del passato) una fiducia ed una carica fin qui davvero decisive.
Grande chiave di lettura la fase difensiva. Chiudersi negli ultimi 20 minuti era inevitabile, se la Spagna attacca per il tutto per tutto non si può fare diversamente. Ma per 70' gli Azzurri sono stati lì a pressare e a spingerli lontano, a tagliargli le loro fonti di gioco preferite e costringerli a cercare un piano B (ma anche un C e un D molto spesso). QUesto ha condannato gli iberici.
A proposito. Non ci siamo confrontati molto neglio ultimi tempi, ma... Nel 2014 io ero dell'idea che in ogni caso Del Bosque avrebbe voluto affrontare l'avventura brasiliana con i suoi fidati, se non altro per dargli una passerella d'uscita. Non è stata una passerella trionfale, ma ha scelto di affondare con i "suoi". Comprensibile.
Stavolta, forse, era il caso di cambiare qualcosa. Sono rimasti a casa giovani come Isco e Saul Niguez e in campo è andato sempre un Fabregas che sembra un corpo estraneo a quel gruppo (Non ho tempo e spazio per spiegarmi meglio, ma secondo me è spezza un po' troppo il ritmo del loro palleggio e non è più dinamico come una volta). Ma anche i terzini dx Carvajal, Bellerìn e Mario Gaspar sono stati ignroati (convocati Azpilicueta e Juanfran). Così come Koke e Thiago non hanno praticamente mai giocato. Diciamo che stavolta la scusa di voler affondare con i propri uomini non vale più...
Certo Del Bosque ha esagerato col conservatorismo. Anche se, va detto, questo biennio è stato piuttosto ingannevole per lui, visto che gli eroi della golden generation si sono quasi tutti mantenuti su livelli più che decorosi. Ma, appunto, l'invincibilità del periodo d'oro era già sfumata in Brasile, e qualcosa di nuovo, visti i tanti giovani rampanti a disposizione, si poteva provare.
RispondiEliminaRiguardo a noi, scrivo a poche ore da Germania - Italia, ribadendo la convinzione che questa Nazionale abbia già fatto moltissimo ad arrivare fin qui, e sottolineando che la cabala non scende in campo... Ma Conte ha plasmato una macchina da calcio a sua immagine e somiglianza, riuscendo persino a farsi beffe del deficit tecnico che ci attanaglia in certi ruoli. Sarà un vero peccato ripartire da zero, con un tecnico diverso e di certo non migliore, dopo questo bell'Europeo. Ne riparleremo.