Nulla di sorprendente, nei mille stenti attraverso cui è passata un'Italia imbolsita per venire a capo della Svezia e conquistare un'anticipata qualificazione agli ottavi di finale, risultato impensabile fino a una settimana fa e anche meno. No, non è stata la "sindrome da seconda partita" che avevo paventato nel mio precedente post, e che è stata infine esorcizzata: certo, in alcuni momenti del primo tempo qualche timore di un terribile deja vu si è manifestato, visto che i nostri prodi parevano in difficoltà anche sul piano fisico (quasi sempre secondi sul pallone, scarsamente mobili, lenti a smarcarsi), ma va detto che non si sono raggiunti gli abissi di non gioco di due anni fa contro Costarica e Uruguay, che peraltro ritengo difficilmente eguagliabili anche da rappresentative italiane meno valide di quella attuale.
QUELLE SQUADRE CHE PROPRIO NON DIGERIAMO... - Altri fattori hanno inciso sulla assoluta mediocrità della prestazione, solo in parte riscattata da un avvio di ripresa promettente e dal finale arrembante. In primis, la Svezia appartiene a quella categoria di squadre che, da sempre, la nostra Nazionale soffre: Bulgaria, Norvegia, Repubblica Ceca, solo per pensare a selezioni affrontate in anni recenti. Squadre, cioè, senza grossi picchi di classe (fra i nordici di questo Euro 2016 c'è giusto Ibrahimovic, che peraltro è stato disinnescato quasi senza colpo ferire, e pochissimo altro), ma solide, organizzate, tatticamente accorte e atleticamente sempre svettanti, tese più a distruggere e a coprirsi che ad aggredire. Rivali ispidi che ci mettevano in difficoltà già quando eravamo ricchi di risorse tecniche, figuriamoci in questa fase di involuzione del prodotto calcistico nostrano: senza stelle in grado di dominare là dove nasce la manovra, senza elementi di grande fantasia capaci di saltare l'uomo e scardinare il dispositivo difensivo avversario, e per di più senza la brillantezza e l'ordine sciorinati contro il Belgio, abbiam finito persino per lasciare agli svedesi l'iniziativa. Data la loro evidente modestia, non hanno saputo approfittare di questo regalo, finendo più o meno sistematicamente nelle maglie della nostra terza linea. Che però aveva un Bonucci maggiormente sulle sue rispetto alla straripante versione di Lione, mai sul pezzo quando si trattava di ribaltare con rapidità e precisione il fronte del gioco, e men che meno sapevano farlo i suoi compagni che operavano nella zona nevralgica, dove Giaccherini correva a vuoto e De Rossi non riusciva ad andare oltre un lavoro di interdizione.
MURAGLIA GIALLA SCARDINATA DA UN SOLISTA - Le poche volte che trovavamo la qualità di palleggio per spingerci in zona di potenziale pericolo, la nostra carenza di inventiva ci portava a impantanarci in una muraglia gialla, con spazi intasati all'inverosimile, con passaggi che non potevano arrivare a destinazione, se non sporadicamente. Ripeto, un tipo di partita che ho visto e rivisto più volte, grosso modo uguale, soprattutto nei vari bienni, nelle gare di qualificazione europea e mondiale; incontri in cui chi ha il... coltello del talento dalla parte del manico deve approfittare delle poche occasioni e dei pochi momenti in cui riesce a esprimersi al meglio; e se non lo fa, come non l'ha fatto l'Italia di Tolosa, deve sperare in un'alzata di ingegno di uno dei suoi uomini più dotati. Così è accaduto, con Eder che, sfruttando la puntuale torre di Zaza, si è letteralmente inventato dal nulla un ubriacante assolo da numero dieci vecchia maniera, chiuso con un destro chirurgico.
BRUTTI MA GIUSTAMENTE VINCENTI - Poco prima, Parolo aveva scosso la traversa di testa, e poco dopo Candreva, in uno dei suoi numerosi affondo sulla destra, aveva chiamato Isaksson a una difficile respinta, ignorando a centro area il liberissimo Sturaro; altre occasioni propizie erano rimaste a livello di pia intenzione, sbagliando l'ultimo passaggio o difettando in velocità di esecuzione o di lettura dell'azione, ma gli spiccioli di cronaca prima elencati bastano a evidenziare come il successo azzurro, per quanto bruttarello assai, sia nella sostanza meritato. La Svezia, come detto, è stata tutto fumo e niente arrosto: l'occasione migliore, a metà ripresa, l'ha avuta... in fuorigioco, con Ibra che ha mancato un gol a porta vuota su lungo traversone da sinistra, e nel primo tempo lo stesso fuoriclasse (per me un po' sopravvalutato, ma son pareri personali) ha sfiorato l'incornata vincente contrato all'ultimo da Chiellini; aggiungiamo una pericolosa mischia a fine gara, ben oltre i tre minuti di recupero segnalati dall'arbitro, con Granqvist che ha reclamato un inesistente rigore, e per il resto, da parte dei poveri eredi di Liedholm e Nordahl, solo uno sterile possesso palla e tentativi offensivi del tutto velleitari.
I POCHI DA SALVARE E I TANTI DA BOCCIARE - Vittoria che ci sta, dunque. Questa Italia non è una grande squadra, e quindi difficilmente avrebbe potuto ripetere la super prestazione dell'esordio, a maggior ragione per le oggettive difficoltà prima esposte, mentre è più facile che, in condizioni di particolare concentrazione e freschezza, possa fare il botto contro formazioni chiaramente superiori. Da salvare la tenuta stagna di una retroguardia che ha sofferto il giusto, la discreta vivacità di Giaccherini e Candreva (ma quest'ultimo ancora troppo discontinuo, dovrebbe essere un martello sulla sua fascia), l'intensità di un Florenzi però spesso confusionario, e l'acuto di Eder, che ha fiutato con l'istinto del campione il momento più propizio per scrollarsi di dosso le ruggini di sei mesi di buio interista. Il resto è stato una delusione totale, dal Bonucci che ha tradito i suoi compiti di primo costruttore del gioco, alla mancanza di gente capace di produrre idee efficaci nel mezzo (ma rinunciare in un colpo solo a Verratti e Marchisio e riuscire a fare sei punti in due gare è quasi un miracolo), dall'inconsistenza offensiva di Pellè e del subentrato Zaza (ottimo assist gol, ma nient'altro di rilevante) alla conferma della scarsa utilità di Motta, che quando è entrato non ha portato alcun contributo ed ha anzi incontrato grosse difficoltà al cospetto dei giganti svedesi.
Ibra perplesso: ancora una volta ai margini in una grande competizione per Nazionali
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CON L'EIRE TURN OVER MASSICCIO - Qualcosa da cambiare c'è, senza dubbio, e il terzo match con l'Eire (ma perché nessuno la chiama più così?) offrirà l'opportunità di fare un saggio turn over. Credo sia necessario sperimentare almeno quattro - cinque nuovi titolari e dare fiato ad almeno uno dei due difensori titolari gravati da diffida (direi Bonucci, molto più importante per l'economia complessiva del gioco rispetto a un Chiellini che comunque, lo ribadisco, mi pare più pulito e meno ruvido del solito nei suoi interventi). Da provare a tempo pieno Zaza, i fantasisti - velocisti Insigne ed El Shaarawy, uno Sturaro che potrebbe portare nuovo fiato e nuove intuizioni a un centrocampo che ha bisogno di trovare geometrie e soluzioni in fase di costruzione e di spinta, magari anche con l'accentramento di Florenzi.
SCHERZI DEL TABELLONE PRE CONFEZIONATO - Insomma, visto che in ogni caso andrà meglio rispetto al tonfo brasiliano, tanto vale cercare di allargare il mazzo di alternative per giocarci tutte le carte possibili in un Euro 2016 fin qui equilibrato ma anche di scarso appeal spettacolare, un torneo in cui hanno tradito quasi tutte le grandi, basti vedere le seconde performance di una Francia opaca, incostante, prevedibile e priva di idee che si è fatta irretire dalla non irresistibile Albania, e di una Germania stranamente depotenziata dalla trequarti in su, con Muller che sembra il parente povero del fuoriclasse ammirato negli ultimi due Mondiali. Poi, certo, in queste manifestazioni hanno un grosso peso anche i tabelloni preconfezionati in fase di sorteggio dicembrino: il nostro girone e quello del Portogallo sono gli unici i cui vincitori dovranno affrontare, nel turno successivo, una seconda classificata, e a noi, se ci aggiudicassimo il gruppo E, toccherebbe una fra Spagna, Croazia e, meno probabilmente, Rep. Ceca o Turchia. Ma non siamo nelle condizioni di fare calcoli, (e comunque raramente ne abbiamo fatti in queste competizioni, checché se ne dica, verificare per credere), e quindi prendiamoci tutto ciò che arriva.
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