Fortunatamente ci siamo quasi. Fra una settimana esatta scatterà Sanremo 2020 e non vediamo l'ora, perché francamente non se ne può più. E' vero, le polemiche hanno sempre rappresentato uno degli ingredienti fondamentali dell'universo festival, ma la sensazione è che stavolta si sia un tantinello esagerato. Ma giusto un tantinello, eh? Si è spesso parlato, in passato, di una separazione fra il Paese reale e la rassegna canora ligure, per sottolineare come quest'ultima fosse troppo spesso fuori dal mondo, lontana anni luce dalla realtà musicale, culturale e sociale italiana. Ebbene, la separazione si avverte anche quest'anno, ma in senso opposto: la complessa macchina - Sanremo ha saputo isolarsi in una provvidenziale bolla ideale, in cui tutto procede sostanzialmente secondo programma, il cast dei cantanti in gara è (ovviamente) confermatissimo, ospiti si aggiungono via via al cartellone e, insomma, il 4 febbraio il sipario si alzerà serenamente per dare il via all'edizione numero 70. E' ciò che si è scatenato fuori e attorno al Festivalone, invece, ad essere lontano dalla realtà, artificioso, inconsistente.
SCIAGURA SOCIAL - E' il prezzo da pagare all'era social, dicono, quella in cui un sassolino diventa una roccia, una goccia d'acqua si tramuta in oceano, quella in cui chiunque si sente in diritto di dire la propria, soprattutto su argomenti che non conosce. Nel magma social, sciagura autentica dell'umanità, si è creata una realtà virtuale in cui Amadeus è diventato un odioso sessista, il rapper Junior Cally il responsabile numero uno della discriminazione sessuale e della violenza sulle donne che affliggono l'Italia, argomenti drammaticamente seri maneggiati con imperdonabile leggerezza, e la kermesse canora un carrozzone allo sbando che perdeva pezzi un giorno sì e l'altro pure. Prese di posizione più o meno autorevoli, petizioni rispettabilissime ma numericamente irrilevanti, tramutate in sollevazioni popolari tali da rovesciare un governo. Tutto ingigantito a dismisura, con la complicità di certi media che, non sapendosi adeguare ai tempi, non trovano di meglio che andar dietro agli umori del web, condannandosi così a un'ulteriore perdita di credibilità e, di conseguenza, di lettori - utenti.
GLI ARGOMENTI CALDI - E già. Solo questa sbornia social, che ha ormai raggiunto livelli allarmanti, poteva portare alle assurdità che ci è toccato leggere o ascoltare nelle ultime settimane. Proviamo a ricapitolare.
1) Il povero (si fa per dire, ovviamente) direttore artistico - presentatore della kermesse additato come un retrogrado maschilista, per via di una mezza frase, sicuramente infelice e mal riuscita, pronunciata durante una conferenza stampa importante, lunga e stressante, poche parole del tutto fraintese e attraverso le quali, comunque, si pretendeva di giudicare la vita, la carriera, la professionalità e il modo di essere di un uomo. Al quale non è bastato neppure scusarsi e chiarire per ottenere il sacrosanto silenzio. Addirittura c'è chi ha tirato in ballo l'innocuo e divertente spot con Amadeus bambino, adolescente e ragazzo, perché in esso ci sono delle figure femminili che rimproverano il piccolo per le sue esuberanze canterine (nello stesso spot ci sono anche dei maschi che fanno lo stesso, ma questo nel furore ipercritico dev'essere sfuggito...).
2) Le defezioni di alcuni ospiti già annunciati (Salmo, Monica Bellucci) interpretate come segnale di una organizzazione deficitaria, di una kermesse che andava incontro a sicuro fallimento. I forfait dell'ultima e penultima ora di vip fuori concorso rappresentano da sempre una costante sanremese. Tanti superbig annunciatissimi sono poi scomparsi dal cartellone alla vigilia della partenza, senza che per questo scorressero fiumi d'inchiostro per mettere in cattiva luce tutto l'evento. Da Nino Manfredi nell'84 ad Elton John che mancò all'appuntamento nel '95, venendo redarguito aspramente in diretta tv dall'allora direttore artistico Pippo Baudo, da Mariah Carey nel '98 fino a Rag'n Bon Man annunciato nel 2017 e mai visto all'Ariston. Solo pochi esempi, fra i tantissimi che si potrebbero fare. Ma in quei casi nessuno gridò allo scandalo, semplicemente perché è normale, perché il puzzle degli ospiti a Sanremo si compone e scompone giorno dopo giorno, ora dopo ora, fino a pochi minuti dal via e a volte persino durante la manifestazione. E' così da sempre, ma solo quest'anno si è alzato il polverone, oltretutto per l'assenza di un'attrice che su quel palco era già stata senza lasciare il segno e che non si sa cosa potesse aggiungere allo spettacolo, e per un rapper che sarà anche in rampa di lancio, ma che non ha assolutamente il curriculum necessario per assurgere al ruolo di "super ospite italiano", categoria peraltro odiosa, come ho più volte ribadito in passato su questo blog.
3) Il caso Junior Cally, da manovrare con cura per non turbare le sensibilità di tanti. Qui si sono toccati i vertici dell'assurdo: lezioni di etica dettate da chi non ha alcun titolo per salire in cattedra. I vertici Rai che sono entrati a gamba tesa sul direttore artistico chiedendogli di ritornare sulla scelta di inserire il rapper nel cast, dichiarazioni davanti alle quali Amadeus ha fatto giustamente spallucce confermando la presenza del cantante, e dimostrando così una personalità e un'autorevolezza molto più spiccate di quanto sostiene chi ne sottolinea l'inadeguatezza. Cantanti che si sono schierati apertamente contro il collega, e questa è stata la cosa più triste pur nel rispetto di ogni opinione, mentre meritano il mio personale plauso artiste di indubbio valore come Irene Grandi e Levante, che invece si sono dette favorevoli alla presenza in competizione del giovane romano. La valutazione dell'artista (e dell'uomo) Cally che troppo spesso è sconfinata nella valutazione della galassia rap - trap nel suo complesso: genere che io non amo (anzi), ma che ha delle forme espressive ben precise, un racconto della realtà crudo spesso oltre il limite del sopportabile. Per giudicarlo bisognerebbe prima studiarlo, io stesso non lo conosco se non superficialmente, ma molti, in questi giorni, lo stanno liquidando come spazzatura tout court, e quando questi giudizi arrivano dallo stesso mondo della musica non si può non essere preoccupati, perché siamo all'anticamera della censura (in questo caso, oltretutto, retroattiva), e la censura uccide cultura e libertà di espressione molto più di un aspro testo trap. Piuttosto, perché chi protesta non lo denuncia direttamente all'autorità giudiziaria, se ritiene si tratti di un pericoloso istigatore alla violenza?
FORMARE ED EDUCARE - Trovo oltretutto piuttosto discutibile la volontà di attribuire finalità educative al mondo delle sette note. "Possibile che nessuno pensi ai bambini?", dice Boe Szyslak in un episodio dei Simpson. Ai bambini e ai ragazzi dovrebbero pensare i genitori, la famiglia, la scuola, le vere agenzie formative. L'arte è arte, non si è sempre detto così? Se questa è la tendenza, fermiamo subito la produzione di action movie zeppi di sparatorie, agguati e uccisioni, degli horror in cui il sangue scorre a fiotti, delle fiction in cui si parla di mafia, che sono invece orgoglio della Rai e della nazione tutta. Bisognava arrestare, negli anni Ottanta, l'ondata di cartoni animati giapponesi, che ha fatto crescere la mia generazione assistendo ai combattimenti dell'Uomo Tigre, con cornette del telefono conficcate in testa agli atleti, panche di legno spezzate addosso, dita infilate negli occhi, decessi sul ring considerati come normali episodi agonistici, ecc.
LIBERTA' D'ESPRESSIONE DIFESA A INTERMITTENZA - Qualche anno fa erano tutti Charlie Hebdo, a difesa della libertà di satira di un giornale la cui sferzante ironia su argomenti delicatissimi evidentemente è stata oggi dimenticata. E, rimanendo nel mondo canzonettistico, artisti rinomati, amati e stimati come Vasco Rossi e Marco Masini hanno scritto in passato pezzi molto scabrosi sul rapporto uomo - donna. Persino l'insospettabile Barbarossa, nella sua splendida "L'amore rubato", descriveva esplicitamente uno stupro: "Adesso muoviti, fammi godere, se non ti piace puoi anche gridare, tanto nessuno potrà sentire, tanto nessuno ti potrà aiutare...". Immagini forti, direi disturbanti, anche se inserite in un contesto sicuramente più morbido e meno urticante di quello del testo contestato a Junior Cally.
I "censori" si giustificano dicendo: ma le opere di Cally e dei suoi simili non c'entrano con l'arte, è solo "rumenta", come diciamo a Genova. E chi lo stabilisce? Non può essere certo il popolo di Facebook e di Twitter a sancire se una forma espressiva sia più o meno artistica. Per intanto, dicendo così si offendono decine di migliaia di persone che questo genere musicale lo ascoltano e lo apprezzano, per tacere di quelli che ne producono il repertorio. In questo caso, penso abbiano una pesante influenza due fattori: la nostalgia di un tempo canoro che non c'è più e la non accettazione di nuovi stili. In tanti chiedono il ritorno alle belle, candide e soffuse melodie di una volta, dopo che per decenni si è rimproverato a Sanremo di essere un carrozzone vecchio e ammuffito, incapace di aprirsi alla contemporaneità nei suoni e nei ritmi. Mettevi d'accordo prima di tutto con voi stessi, ragazzi.
La musica "degradata" di oggi sarebbe un rischio per le nuove generazioni, ma il sessismo e le discriminazioni di ogni genere (sessuale, religioso, razziale, territoriale) sono proliferate nel nostro allegro Paese proprio negli anni delle dolci e mielose canzoni sussurrate al microfono, delle opere cantautoriali impeccabilmente vergate. C'è in generale una diffusa idiosincrasia verso le novità, considerate di bassa qualità e frutto di un medioevo musicale. Non tocca a me ricordare cosa si dicesse degli urlatori, dei capelloni e dei beat nei Sessanta, o dell'italo-disco negli Ottanta. La bontà e il valore di un genere musicale si possono giudicare solo a distanza di tempo e, ribadisco, solo conoscendone alla perfezione dinamiche e codici espressivi. A me le ultime edizioni sanremesi sono in generale piaciute proprio perché hanno saputo aprire le porte alla nouvelle vague nelle sue varie tendenze, e in questa nouvelle vague, piaccia o meno, c'è anche la trap.
POLLICE IN SU PER LE TESTATE SPECIALIZZATE - Dopodiché, a Sanremo Cally porta tutt'altra canzone rispetto a quella contestata. Sì, perché è accaduto anche questo: petizioni e sollevazioni popolari nate nella convinzione che il ragazzo eseguisse all'Ariston proprio quel testo. Della serie, ergersi a censori senza nemmeno sapere di che si parla. Mi vien da sorridere a pensare che io possa passare per difensore di un rapper che non conoscevo fino all'annuncio del cast, e di un genere che, ripeto, non amo e non è nelle mie corde, come testi e come sonorità. Ma in questo caso si è andati davvero oltre. A non coprirsi di gloria sono stati i politici, e non è una novità, e gli utenti social che, ripeto, vivono in una realtà tutta loro. Una realtà piccola, poco rappresentativa, a cui fanno colpevolmente da megafono alcune testate. In questo senso, rilevo invece con piacere un contegno dignitoso da parte dei siti che si occupano seriamente di musica, tipo Rockol e All Music Italia, che hanno dato a queste polemichette il giusto peso (cioè poco) concentrandosi invece su una rigorosa analisi delle opere in concorso. E nelle loro pagelle seguite al pre-ascolto dei brani, fra l'altro, la canzone di Cally è risultata come una di quelle più apprezzate.
Nessun commento:
Posta un commento