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lunedì 21 giugno 2021

EURO 2020: FUNZIONA ANCHE L'ITALBRASILE. CONTRO IL GALLES VERRATTI CALIFFO, PESSINA BRACCIO ARMATO. MA E' MANCATA LA SPINTA SULLE FASCE, CHIESA A PARTE

E così anche Italia 2, o ItalBrasile che dir si voglia, si è ritagliata il suo spicchio di gloria in questo Europeo. Credo sia stata la Nazionale più audace, come scelta dell'undici iniziale, mai messa in campo nelle nostre partecipazioni alle fasi finali continentali e iridate. Perché anche Zoff nel 2000 e Conte nel 2016 diedero ampio spazio alle seconde linee nella terza gara, ma non si giocavano più nulla, essendo certi di qualificazione e primato nel girone, laddove ieri c'era ancora da capire in quale ottavo di finale saremmo andati a finire. 

RISCHIO CALCOLATO - Avevo pronosticato un turn over esteso a quattro, massimo cinque elementi. Mancini invece ha esagerato e rischiato, ma ha fatto ancora centro. Non bisogna cadere nella retorica dei "ventisei titolari": non è così, non lo è mai stato nemmeno per le rappresentative azzurre più forti, quotate e ricche di classe del passato, e osservando certe prestazioni singole nella nostra ultima uscita romana sono apparse ancora più chiare, nitide, indiscutibili le gerarchie dettate dal cittì all'inizio di questa avventura: lo vedremo tra breve. Il discorso è diverso e più articolato: in questi tre anni, il trainer che ha raccolto la disastrosa eredità di Ventura ha saputo ampliare oltre ogni previsione il bacino degli azzurrabili. Ha cioè creato un gruppo allargato di uomini buoni per tutte le occasioni, in grado di subentrare a chi gioca di più senza che la qualità complessiva della manovra ne risenta più di tanto, portando a volte qualcosa di meno, a volte qualcosa di più sul piano della classe individuale, ma sempre qualcosa di diverso e comunque utile al funzionamento del meccanismo generale. 

TANTI AZZURRABILI - Ha dato minuti in campo ed esperienza internazionale a tanti giovani,  l'antico Bobby gol, accelerandone così lo svezzamento e avvicinandoli al grado di maturazione di tanti pari età stranieri che, al contrario di loro, avevano già in curriculum anni di battaglie ad alto livello. Anche Prandelli aveva trasformato il Club Italia in un gruppo open, chiamando nel suo quadriennio una settantina di giocatori, potendo però contare su un tasso di talento nel complesso inferiore; non lo aveva fatto Conte, che prese semplicemente atto dello scarsissimo spazio dato dai club ai ragazzi in sboccio e puntò sull'usato sicuro, con tanti veterani e pochi emergenti, per un progetto di squadra che ci diede notevoli soddisfazioni all'Euro 2016 (le memorabili vittorie su Belgio e Spagna) ma che si rivelò a cortissimo respiro, senza una prospettiva che permettesse di guardare oltre il torneo francese. 

PRIMI BILANCI - Perdonate questa lunga digressione storica, che ho fatto per due motivi. Il primo, per sottolineare un ulteriore merito del Mancio, ossia quello di aver creato un listone di giocatori da Nazionale assolutamente credibile, in cui non ci sono intrusi e tutti sono funzionali, e di averlo fatto quasi dal nulla, dovendo agire in un contesto, quello della nostra Serie A, che non vuole mollare la presa sulla propria perniciosa esterofilia. Il secondo, perché a primo turno trionfalmente concluso si può già mettere sul tappeto un abbozzo di bilancio di questa esperienza. Prematuro? Forse, ma è il caso di non galoppare troppo con la fantasia, e posso dirlo dall'alto dell'ottimismo e della fiducia che ho sempre riposto, ricambiato, in questa Selezione. Sabato sera a Wembley troveremo Austria o Ucraina, due rivali contro le quali avremo i favori del pronostico ma che hanno tutti i mezzi per metterci in difficoltà: e si sa che nelle fasi a eliminazione basta davvero poco, un errore, una caduta di tensione, un attimo di appannamento, per mandare tutto a ramengo. Succede, nel caso farebbe male, ma non cancellerebbe quanto di buono realizzato finora dai nostri. Il futuro è di questa Italia, e non lo dicono solo i risultati, pur nella loro eloquenza. Avremo modo di ritornarci. 

MINOR COMPATTEZZA, BUON PALLEGGIO - ItalBrasile, si diceva, per via dei tre oriundi in campo. Non la vedremo più, credo, un'Azzurra così, ma che bello avere la conferma di essere tornati competitivi sui massimi palcoscenici, al punto di poter momentaneamente abbandonare l'undici base senza accusare scompensi esiziali. Nel 2016, per dire, la rivoluzione della terza gara portò a una sconfitta con la modesta Irlanda, condita da una prova oltremodo grigia. Certo non è stata una compagine compatta, armoniosa ed equilibrata come nelle versioni ammirate contro Turchia e, soprattutto, Svizzera. Qualche momento di scollamento, qualche attimo di comunicazione difficoltosa fra i reparti, con conseguente diminuzione della fluidità di manovra, ma è fisiologico quando una formazione improvvisata e inedita deve trovare rapidamente l'intesa sul campo. Col trascorrere dei minuti molti tasselli sono andati al loro posto, non si sono viste l'eleganza e il pregio estetico delle tessiture che la vera Italia sa offrire, il ritmo è stato leggermente più ridotto, ma sono rimasti intatti spirito di iniziativa, capacità di aggredire e di portare avanti il pallone con precisione di tocco e sufficiente rapidità, l'autorevolezza complessiva nel saper imporre la propria superiore caratura. 

TANTE OCCASIONI, POCO SOSTEGNO DAI TERZINI - Le palle gol questa Nazionale le costruisce sempre, e il pomeriggio dell'Olimpico non ha fatto eccezione: nel primo tempo due bei diagonali di Belotti e Chiesa, poi la volée di Pessina per il vantaggio e una "puntata" dello stesso atalantino che per poco non fruttava il raddoppio, nella ripresa un palo di Bernardeschi su punizione e altri due tentativi di Belotti, il primo con grande risposta di Ward. E' tantissimo, se pensiamo che alla manovra di attacco è sostanzialmente mancato l'apporto della spinta degli esterni bassi. Torniamo a quanto detto inizialmente sulle gerarchie imposte da Mancini: visti all'opera Toloi ed Emerson, si capisce perché i titolarissimi del momento siano Di Lorenzo e Spinazzola; timido il bergamasco, discontinuo il londinese negli sganciamenti: voglio dire, due elementi affidabili, ma, almeno attualmente, non esplosivi come i compagni citati (in attesa del rientro di Florenzi), non in grado di tamponare e ribaltare l'azione diventandone protagonisti. Stesso discorso per Belotti: che si è sbattuto come al solito, ha cercato spazi, se li è guadagnati ed ha concluso quando ne ha avuto la possibilità, ma ormai da qualche mese non ha il killer instinct che ha invece provvidenzialmente ritrovato l'amicone Immobile. 

VERRATTI C'E', PESSINA SENZA TREMORI - Meno scompensi si sono avvertiti nel settore di mezzo, perché i titolari d'occasione Pessina e Verratti hanno fatto anche più di quello che ci si attendeva. Senza paure, senza braccino da grande ribalta l'ex veronese: abbiamo detto del suo gol e del secondo tentativo mancato di un soffio, e in entrambi in casi a metterlo in posizione di sparo è stato il califfo del Paris Saint Germain, che al suo ritorno ha subito lasciato intendere di poter incidere pesantemente nel prosieguo della kermesse. E' stato lui il vero "pilota" della squadra; mentre Jorginho, che Iddio ce lo conservi, faceva da collante ricreando l'equilibrio giocoforza smarrito in una formazione rivoltata come un calzino, Marco giocava un'infinità di palloni, alzava il baricentro, affondava, tentava persino qualche conclusione, non certo la sua specialità. E azionava Pessina, come detto: continuiamo a scoprire centrocampisti che segnano, una cooperativa del gol che è forse l'arma più imprevedibile e difficile da disinnescare per i nostri avversari. 

LI RIVEDREMO - La mancanza di intesa ha portato qualche sbandamento in terza linea, e sono arrivati così ben tre rischi per Donnarumma, cosa mai accaduta nelle uscite precedenti: un'inzuccata di Gunter di poco alta e un mezzo scempio al volo di Bale, in entrambi i casi l'ex milanista avrebbe potuto fare ben poco, mentre ha saputo disinnescare un affondo di Ramsey favorito da un'incertezza di Acerbi, che in azzurro ha fornito in passato prove assai più rassicuranti. Più efficiente e sicuro è parso invece Bastoni, uno dei pilastri designati dell'Italia post Europeo. In avanti, Chiesa è stato premiato come migliore in campo dall'Uefa con generosità forse eccessiva, ma è comunque sempre stato vivo, pieno di iniziativa, al servizio dei compagni, pur con i soliti problemi di mira al momento di concretizzare: senz'altro più in partita rispetto all'altro laterale Bernardeschi, questo è pacifico. Basta così: Italia Due-ItalBrasile ha chiuso gloriosamente la sua breve esperienza. Ma statene certi: alcune di queste seconde linee le ritroveremo protagoniste più avanti, nella speranza che il torneo si prolunghi per noi il più possibile. In tal caso, Verratti, Pessina e Chiesa saranno tutt'altro che comparse.

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