Italia e Ungheria schierate a centrocampo prima della finale di Parigi
In questa terribile atmosfera spazzata da venti di guerra sempre più violenti, con le tensioni politiche che avevano minato anche la serenità dello sport, prese dunque il via, il 4 giugno del 1938, la terza rassegna iridata della serie. L'Italia, ammessa di diritto in quanto detentrice, era la più autorevole candidata al titolo, non solo per prestigio e consistenza del palmarés ma per la continuità di rendimento ai vertici che aveva sciorinato nel quadriennio. C'è anche da dire, entrando in una valutazione tecnica della competizione, che il campo delle partecipanti era di livello qualitativamente inferiore rispetto a quello di quattro anni prima. Intendiamoci, stiamo pur sempre parlando di football di elevato spessore, ma i migliori valori del pallone anni Trenta si erano senz'altro dati convegno nel 1934 in Italia.
In questa terribile atmosfera spazzata da venti di guerra sempre più violenti, con le tensioni politiche che avevano minato anche la serenità dello sport, prese dunque il via, il 4 giugno del 1938, la terza rassegna iridata della serie. L'Italia, ammessa di diritto in quanto detentrice, era la più autorevole candidata al titolo, non solo per prestigio e consistenza del palmarés ma per la continuità di rendimento ai vertici che aveva sciorinato nel quadriennio. C'è anche da dire, entrando in una valutazione tecnica della competizione, che il campo delle partecipanti era di livello qualitativamente inferiore rispetto a quello di quattro anni prima. Intendiamoci, stiamo pur sempre parlando di football di elevato spessore, ma i migliori valori del pallone anni Trenta si erano senz'altro dati convegno nel 1934 in Italia.
DOLOROSE DEFEZIONI E VALORI EMERGENTI - Rispetto alla seconda edizione del torneo, era venuta a mancare l'Austria, per il triste motivo già detto; era fuori gioco anche la Spagna e anch'essa per una ragione tragica, la guerra civile che flagellava il Paese. Delle grandi tradizionali, oltre alla squadra azzurra, resisteva la Cecoslovacchia, che stava attraversando una complessa fase di rinnovamento ma rimaneva comunque competitiva, mentre si era alzato il potenziale dell'Ungheria, nella quale giganteggiava il fuoriclasse Sarosi, tuttofare ma principalmente grande animatore offensivo e goleador implacabile. Sempre rinunciatarie Inghilterra, Uruguay e Argentina, dal Sudamerica emergeva un Brasile sempre più credibile: la Seleçao stava completando il suo processo di crescita, che l'avrebbe presto portata ad esplodere a livelli stratosferici.
La grande incognita era la Germania: su un impianto di squadra già notevole, equilibrato e possente, aveva innestato alcuni elementi austriaci, grazie all'Anschluss hitleriano: i due blocchi si sarebbero fusi in un insieme invincibile o si sarebbero rifiutati a vicenda? C'era poi la consueta folta schiera di rappresentative della "classe media", compagini buone ma non eccelse, in grado di offrire l'exploit di un giorno ma non di imporsi sulla lunga distanza, su tutte la Svizzera, la Francia, il cui movimento calcistico era esso pure in espansione e nella circostanza poteva avvalersi dell'indubbia incidenza del fattore campo, e la Norvegia che aveva brillato all'Olimpiade '36, eliminando i padroni di casa tedeschi e impegnando severamente in semifinale l'Italia.
La grande incognita era la Germania: su un impianto di squadra già notevole, equilibrato e possente, aveva innestato alcuni elementi austriaci, grazie all'Anschluss hitleriano: i due blocchi si sarebbero fusi in un insieme invincibile o si sarebbero rifiutati a vicenda? C'era poi la consueta folta schiera di rappresentative della "classe media", compagini buone ma non eccelse, in grado di offrire l'exploit di un giorno ma non di imporsi sulla lunga distanza, su tutte la Svizzera, la Francia, il cui movimento calcistico era esso pure in espansione e nella circostanza poteva avvalersi dell'indubbia incidenza del fattore campo, e la Norvegia che aveva brillato all'Olimpiade '36, eliminando i padroni di casa tedeschi e impegnando severamente in semifinale l'Italia.
DEBUTTO SOFFERTISSIMO - Proprio contro la Norvegia i campioni in carica esordirono, il 5 giugno a Marsiglia. E fu un esordio deludente: dopo un buon avvio coronato dal sollecito vantaggio ad opera di Ferraris II, e dopo alcune buone occasioni mancate per chiudere i conti, i nostri furono progressivamente messi in soggezione dagli avversari, complice la giornata poco felice della mediana e delle ali, Pasinati e il citato Ferraris II (gol a parte). I nordici colpirono due pali e Olivieri fu chiamato a diversi interventi risolutivi già nel primo tempo, poi, nella ripresa, i ragazzi di Pozzo sembrarono riconquistare il controllo della partita ma nella fase finale vennero raggiunti sull'1-1 da un guizzo di Brustad. In avvio di supplementari ci pensò Piola a rompere l'incubo e a promuovere l'Italia ai quarti, fra mille riserve. Opinione diffusa fu che i nostri avessero sbagliato approccio mentale alla partita, anche sull'onda di alcune amichevoli trionfalmente vinte nella fase di preparazione (6-1 al Belgio, 4-0 alla Jugoslavia).
RISCATTO CONTRO GLI ANFITRIONI - Pozzo e i suoi meditarono sugli errori, il Commissario Unico operò tre sostituzioni, lasciando fuori il veterano Monzeglio, Pasinati e Ferraris e rimpiazzandoli con Foni, Biavati (al debutto in Nazionale A) e Colaussi, e da quel momento non ebbe più necessità di rimetter mano alla formazione. Nel quarto di finale contro la Francia padrona di casa, dopo un avvio equilibrato siglato da un gol per parte, gli italiani (quel giorno in maglia nera) presero gradatamente il comando delle operazioni, poggiando sul rigenerato centromediano Andreolo (unico oriundo della compagnia) e sulla solidissima coppia di terzini formata da Foni e Rava. Nella ripresa due acuti di Piola, a finalizzare splendide azioni manovrate, misero il sigillo alla gara e consentirono di contenere egregiamente la furente reazione dei galletti. Una partita bellissima, ben giocata da entrambe le contendenti, che gli azzurri si aggiudicarono non senza qualche patimento ma manifestando una netta supremazia di classe e di gioco nei momenti topici dell'incontro.
BRASILE SURCLASSATO - Fu nella gara coi transalpini che, di fatto, prese definitivamente forma la seconda Italia campione del Mondo. Modificato opportunamente l'undici di inizio competizione, saliti di tono alcuni elementi cardine, soprattutto i tre uomini della mediana che, all'epoca, era la zona chiave per il corretto funzionamento di tutto il meccanismo di squadra, rinfrancato il gruppo dopo i patimenti dell'avvio, la compagine azzurra lievitò a livelli di eccellenza. In semifinale, di nuovo a Marsiglia, si trovò di fronte il Brasile, che aveva avuto la meglio sulla favorita Cecoslovacchia in due durissime partite. I ragazzi della selezione sudamericana (priva del bomber Leonidas: acciaccato o tenuto a riposo, con decisione azzardata, in vista di una ipotetica finalissima?) mostrarono straripanti risorse fisiche e doti da giocolieri del pallone, peraltro piuttosto fini a loro stesse; i nostri prevalsero nettamente, sul piano tecnico e su quello tattico, per finezza di gioco e per capacità realizzative, tanto che alla fine il punteggio di 2-1 non disse tutto della superiorità di Meazza e compagni. Proprio il Balilla disputò una delle sue migliori gare in Nazionale, siglando il secondo gol su rigore (fallo ai danni di Piola) dopo che Colaussi aveva aperto le marcature con un meraviglioso tiro al volo, ma già nella prima frazione, chiusa sullo 0-0, i nostri avrebbero potuto passare con lo stesso Piola e in due circostanze con Biavati, mentre in tutti i novanta minuti Olivieri fu impegnato severamente non più di un paio di volte.
FINALE: APOGEO AZZURRO - Fu finale, dunque. Dall'altra parte del tabellone era emersa con merito l'Ungheria. Dopo il galoppo di allenamento nel primo turno con le Indie Olandesi (6-0), aveva superato la prova più difficile nei quarti, estromettendo la Svizzera che aveva clamorosamente eliminato al primo turno la deludente "grande" (?) Germania. In semifinale non c'era stata speranza per la Svezia, sepolta sotto un eloquente 5-1. L'atto conclusivo del torneo, allo stadio parigino di Colombes, si presentava piuttosto equilibrato, ma alla prova dei fatti fu una recita sublime degli uomini di Pozzo, probabilmente al loro apogeo quanto a pregevolezza di manovra e concretezza. Il primo tempo, in particolare, fu strepitoso, tanto da poter ritenere addirittura bugiardo il pur franco 3-1 con cui si andò al riposo. Segnò Colaussi, pareggiò Titkos a stretto giro di posta, poi i nostri si riportarono avanti con una rete meravigliosa, che in molti avranno avuto modo di vedere in un celebre filmato d'epoca: fittissima serie di passaggi fra Colaussi, Piola, Ferrari, Meazza e ancora Piola, e tiro risolutore di quest'ultimo. Arrivò poi il 3-1, firmato ancora dall'incontenibile Colaussi di questo torneo, e a corollario un legno colpito da Piola e altre occasioni mancate di un soffio dai vari Biavati, Ferrari e Meazza. Più equilibrata la ripresa, con gli azzurri in controllo (e altro palo, stavolta di Biavati), il miglior periodo ungherese che portò al 2-3 di Sarosi e il sigillo finale dello scatenato Piola, al quinto gol mondiale.
UN DECENNIO DI SUPERIORITA' - Poi, l'apoteosi, in chiusura di un torneo iniziato con affanno e finito con un crescendo rossiniano, ad opera di una squadra capace di impartire autentiche lezioni di calcio. Come dicevo nel post precedente, la seconda Coppa del Mondo giunse a chiudere un decennio di supremazia azzurra nel football internazionale. Dal '28 al '38, il bilancio parla di due Mondiali consecutivi, due edizioni di Coppa internazionale (progenitrice in scala ridotta del campionato europeo), un oro e un bronzo alle Olimpiadi. Inoltre, tante partire memorabili e campioni epocali lanciati nel firmamento del pallone. Il fatto, poi, che il successo parigino fu raggiunto con una rosa quasi totalmente rinnovata rispetto a quella del '34, fu la testimonianza più lampante della bontà di un vivaio eccezionalmente prolifico. A tal proposito, un'ultima annotazione importante: per l'Italia calcistica degli anni Trenta, gli oriundi erano solo un valore aggiunto, a volte importante, altre meno, ma comunque una percentuale assolutamente minoritaria al cospetto dei tanti eccelsi talenti germogliati nei giardini di casa nostra. Ricordiamo dunque la formazione vittoriosa a Colombes: Olivieri, Foni, Rava; Serantoni, Andreolo, Locatelli; Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi. Partecipi della grande conquista anche Monzeglio, Pasinati e Ferraris II. (2 - FINE).
La foto è tratta da "La storia illustrata della Nazionale", 1950
BRASILE SURCLASSATO - Fu nella gara coi transalpini che, di fatto, prese definitivamente forma la seconda Italia campione del Mondo. Modificato opportunamente l'undici di inizio competizione, saliti di tono alcuni elementi cardine, soprattutto i tre uomini della mediana che, all'epoca, era la zona chiave per il corretto funzionamento di tutto il meccanismo di squadra, rinfrancato il gruppo dopo i patimenti dell'avvio, la compagine azzurra lievitò a livelli di eccellenza. In semifinale, di nuovo a Marsiglia, si trovò di fronte il Brasile, che aveva avuto la meglio sulla favorita Cecoslovacchia in due durissime partite. I ragazzi della selezione sudamericana (priva del bomber Leonidas: acciaccato o tenuto a riposo, con decisione azzardata, in vista di una ipotetica finalissima?) mostrarono straripanti risorse fisiche e doti da giocolieri del pallone, peraltro piuttosto fini a loro stesse; i nostri prevalsero nettamente, sul piano tecnico e su quello tattico, per finezza di gioco e per capacità realizzative, tanto che alla fine il punteggio di 2-1 non disse tutto della superiorità di Meazza e compagni. Proprio il Balilla disputò una delle sue migliori gare in Nazionale, siglando il secondo gol su rigore (fallo ai danni di Piola) dopo che Colaussi aveva aperto le marcature con un meraviglioso tiro al volo, ma già nella prima frazione, chiusa sullo 0-0, i nostri avrebbero potuto passare con lo stesso Piola e in due circostanze con Biavati, mentre in tutti i novanta minuti Olivieri fu impegnato severamente non più di un paio di volte.
FINALE: APOGEO AZZURRO - Fu finale, dunque. Dall'altra parte del tabellone era emersa con merito l'Ungheria. Dopo il galoppo di allenamento nel primo turno con le Indie Olandesi (6-0), aveva superato la prova più difficile nei quarti, estromettendo la Svizzera che aveva clamorosamente eliminato al primo turno la deludente "grande" (?) Germania. In semifinale non c'era stata speranza per la Svezia, sepolta sotto un eloquente 5-1. L'atto conclusivo del torneo, allo stadio parigino di Colombes, si presentava piuttosto equilibrato, ma alla prova dei fatti fu una recita sublime degli uomini di Pozzo, probabilmente al loro apogeo quanto a pregevolezza di manovra e concretezza. Il primo tempo, in particolare, fu strepitoso, tanto da poter ritenere addirittura bugiardo il pur franco 3-1 con cui si andò al riposo. Segnò Colaussi, pareggiò Titkos a stretto giro di posta, poi i nostri si riportarono avanti con una rete meravigliosa, che in molti avranno avuto modo di vedere in un celebre filmato d'epoca: fittissima serie di passaggi fra Colaussi, Piola, Ferrari, Meazza e ancora Piola, e tiro risolutore di quest'ultimo. Arrivò poi il 3-1, firmato ancora dall'incontenibile Colaussi di questo torneo, e a corollario un legno colpito da Piola e altre occasioni mancate di un soffio dai vari Biavati, Ferrari e Meazza. Più equilibrata la ripresa, con gli azzurri in controllo (e altro palo, stavolta di Biavati), il miglior periodo ungherese che portò al 2-3 di Sarosi e il sigillo finale dello scatenato Piola, al quinto gol mondiale.
UN DECENNIO DI SUPERIORITA' - Poi, l'apoteosi, in chiusura di un torneo iniziato con affanno e finito con un crescendo rossiniano, ad opera di una squadra capace di impartire autentiche lezioni di calcio. Come dicevo nel post precedente, la seconda Coppa del Mondo giunse a chiudere un decennio di supremazia azzurra nel football internazionale. Dal '28 al '38, il bilancio parla di due Mondiali consecutivi, due edizioni di Coppa internazionale (progenitrice in scala ridotta del campionato europeo), un oro e un bronzo alle Olimpiadi. Inoltre, tante partire memorabili e campioni epocali lanciati nel firmamento del pallone. Il fatto, poi, che il successo parigino fu raggiunto con una rosa quasi totalmente rinnovata rispetto a quella del '34, fu la testimonianza più lampante della bontà di un vivaio eccezionalmente prolifico. A tal proposito, un'ultima annotazione importante: per l'Italia calcistica degli anni Trenta, gli oriundi erano solo un valore aggiunto, a volte importante, altre meno, ma comunque una percentuale assolutamente minoritaria al cospetto dei tanti eccelsi talenti germogliati nei giardini di casa nostra. Ricordiamo dunque la formazione vittoriosa a Colombes: Olivieri, Foni, Rava; Serantoni, Andreolo, Locatelli; Biavati, Meazza, Piola, Ferrari, Colaussi. Partecipi della grande conquista anche Monzeglio, Pasinati e Ferraris II. (2 - FINE).
La foto è tratta da "La storia illustrata della Nazionale", 1950
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