Oggi è una giornata amarissima per milioni d'italiani calciofili, per tutti quelli nati dopo il 1958, che fin qui non hanno mai provato il brivido nefasto di una Coppa del Mondo senza l'Italia. E sì, oggi inizia Russia 2018, e sarà dura, durissima. Non è solo una questione di orgoglio nazionale, di tifo, ma una valutazione oggettiva: perché un Mondiale che non schiera ai nastri di partenza una Nazionale che l'ha vinto per ben quattro volte, beh, è un Mondiale zoppo. Sappiamo tutti chi dobbiamo ringraziare per questo scempio evitabile, evitabilissimo, ma tant'è. Si comincerà con malinconia, poi si entrerà nell'atmosfera magica del torneo che ci farà dimenticare per qualche giorno i nostri guai, ma il magone tornerà a galla nelle fasi decisive, quelle in cui le grandi del globo si sfideranno per la massima conquista e noi saremo lì, sui divani di casa nostra, impotenti a guardare gli altri gioire o disperarsi. Perché un Mondiale si può perdere, anche malamente com'è successo agli azzurri nelle precedenti due edizioni, ma l'importante è esserci, per una questione di prestigio e perché una volta sul posto può davvero accadere di tutto: episodi fortunati, ma anche giocatori al top della forma, o exploit di squadra imprevedibili che ti proiettano oltre le più rosee aspettative; casi del genere non sono mai mancati nella nostra storia, pensiamo ad Argentina '78, ad esempio: arrivammo circondati dal più cupo pessimismo, tornammo in patria con un quarto posto impreziosito da prestazioni brillanti e dal lancio dei virgulti Cabrini e Rossi.
E' PUR SEMPRE IL MONDIALE - Basta, inutile continuare a farsi del male. Per chi è appassionato di pallone ogni giorno dell'anno e non solo ogni quattro anni, l'evento Mondiale rimane un must. E' la manifestazione sportiva più importante, assieme ai Giochi olimpici, ma più dei Giochi catalizza passione e delirio popolare in ogni angolo della Terra. E' un evento radicato nell'animo, nel tessuto sociale del pianeta, in grado di regalare momenti che rimangono eternamente scolpiti nella mente del tifoso. Per cui, da oggi fino al 15 luglio, sarà comunque un mese di partite, di polemiche, di pronostici, di discussioni attorno a prodezze, delusioni, gioco brutto o esaltante. Anche se sarebbe sufficiente il fascino intrinseco della kermesse, Russia 2018 offre comunque un'enormità di motivi tecnici validi per piazzarsi davanti al televisore e seguire la tenzone.
IL GIUSTO RITORNO DEL PERU' - Non mi lancio in analisi dettagliate delle 32 protagoniste, c'è chi, in edicola e sul web, in questi giorni lo sta facendo in modo esauriente. Mi limito a segnalare alcuni elementi di notevole interesse, senza alcuna pretesa di completezza. Partendo dal basso, o comunque da posizioni non nobilissime nella griglia di partenza, attendo con simpatia le prove del Perù, perché ritorna dopo una lunghissima assenza: mancava dal 1982, e quell'anno, a Vigo, incontrò l'Italia poi campione, sfiorando persino la vittoria (attaccò costantemente nel secondo tempo, si vide negare un rigore e nel finale riusci a pareggiare il gol di Conti grazie a una punizione di Diaz deviata da Collovati). In precedenza, aveva giocato da protagonista i tornei del '70 e del '78, mettendo in mostra fuoriclasse come Cubillas, Gallardo e Chumpitaz; andando ancor più indietro nel tempo, era stata una delle tredici "eroiche" rappresentative che aveva dato vita alla prima Coppa del Mondo, nel 1930 a Montevideo. Dopo l'82, l'involuzione tecnica ma anche una sciagura vera, quella dell'Alianza Lima, una delle squadre guida del Paese, i cui componenti perirono in un incidente aereo nel 1987. Ora è giunto il momento della riscossa, e chissà che Jefferson Farfan e compagni non riescano ad essere la mina vagante di un girone insidioso, che li ha piazzati con Francia, Danimarca e Australia.
SPAGNA: TANTA QUALITA', MA IL PASTICCIO CT... - Il caso che ha animato la vigilia è stato senz'altro l'esonero del cittì spagnolo Lopetegui, a due giorni dal debutto contro il Portogallo. Capisco la rabbia del presidente federale iberico, per l'intempestivo annuncio del passaggio del trainer al Real Madrid, ma una decisione del genere rischia di destabilizzare il gruppo (che infatti aveva chiesto una conferma dell'ex portiere) mettendo a repentaglio un torneo al quale la Roja, tanto per cambiare, si presenta da favorita. Cosa potrà fare il subentrato Fernando Hierro, icona del calcio spagnolo poco vincente degli anni Novanta ma a digiuno di esperienza di panchina ad alti livelli? Si rischia l'autogestione dei giocatori, che storicamente nel calcio non porta mai buoni frutti. Si poteva forse rinviare ogni decisione a dopo la fine del Mondiale, oppure liquidare il tutto con una multa o una pubblica reprimenda. Vedremo che effetto avrà questa "rivoluzione", su una squadra più che mai intrigante, che guarda al futuro grazie agli exploit dei vari Asensio, Koke, Isco, Thiago Alcantara e l'ultimo grido Saul, ai quali faranno da chiocce Sergio Ramos, Busquets e l'immenso Iniesta: una mirabile fusione tra vecchio e nuovo potenzialmente devastante, ma che potrebbe essere depotenziata dal terremoto in panchina.
BRASILE DI NUOVO AL TOP, GERMANIA PER IL POKERISSIMO - Grande attesa circonda il Brasile. Sai che novità, direte. Ma questa volta è un'attesa diversa: non dimentichiamoci che quattro anni fa, nel Mondiale casalingo "che non si poteva non vincere", la Seleçao fu brutalmente umiliata dalla Germania con quel 7-1 in semifinale, e chiuse con un insipido quarto posto che valeva poco più di niente. Da quei giorni e fino alla Copa America del 2015, è stato senz'altro il periodo più travagliato nella pur movimentata storia degli auriverdes. Poi, molte cose sono cambiate: è arrivato il primo, sospirato trionfo olimpico (tabù pluridecennale infranto e mini rivincita sui teutonici), è arrivata soprattutto una rinascita scandita da un girone di qualificazione prima incerto e poi trionfale, con nove vittorie consecutive che hanno fatto la differenza rispetto agli avversari. Allison, Marcelo, Neymar e Firmino sono i cardini di una squadra che, come quasi sempre, ha tutto per poter centrare il bersaglio grosso. A proposito del celebre "cappotto" di Belo Horizonte, poco da dire sulla Germania campione in carica: sempre competitiva, vincente in tutte le dieci partite del turno eliminatorio, forte di un vivaio che sta vivendo una delle sue migliori fasi storiche, lancia sulla massima ribalta i nuovi Kimmich e Timo Werner, ma più della Spagna rimane (giustamente) legata ai suoi veterani carichi di gloria, come Khedira, Kroos, Thomas Mueller e Neuer, con quest'ultimo che se la deve vedere con gli agguerritissimi concorrenti Ter Stegen e Trapp, tutta gente di vasta esperienza internazionale. Mancherà Gotze, risolutore - meteora della finale mondiale di Rio.
GLI "ITALIANI" AL MONDIALE - Russia 2018 sarà da seguire con attenzione anche perché, se non ci sono gli azzurri, c'è comunque tanta Italia, rappresentata... per procura. Il fatto che moltissimi calciatori militanti nella nostra Serie A siano stati convocati dai vari cittì dimostra due cose, una positiva e una negativa: quella positiva è che il campionato italiano non deve essere tecnicamente ridotto male come in tanti asseriscono, se riesce ad esprimere un così gran numero di pedatori all'altezza di figurare sulla ribalta mondiale; quella negativa è che la presenza, nei nostri club, di tanti buoni - ottimi stranieri toglie giocoforza spazio ai giovani italiani, cosa che su questo blog si denuncia da anni e le cui conseguenze sul rendimento della nostra Nazionale sono sotto gli occhi di tutti.
ARGENTINA, CROAZIA E POLONIA IN... VERSIONE AZZURRA - Ad ogni modo, per chi vorrà tifare... un po' d'Italia, consiglio di concentrare l'attenzione su Croazia (Strinic, Badelj, Perisic, Brozovic, Mandzukic, Kalinic) e sull'Argentina (Ansaldi, Biglia, Fazio, Higuain, Dybala), due Nazionali che, fra l'altro, hanno tutte le carte in regola per percorrere una lunga strada: fra i croati ci sono Modric e Rakitic al culmine della carriera, mentre quella biancoceleste è una selezione piuttosto stagionata che vedrà, con ogni probabilità, l'ultima recita iridata di campioni rimasti sostanzialmente all'asciutto di allori con la loro rappresentativa, penso a Otamendi, Mascherano, Di Maria, Aguero e soprattutto Messi. Molto italiana è anche la Polonia, candidata a possibile sorpresissima: da Szczesny a Zielinski, da Milik a Linetty, e poi ancora Cionek, Bereszynski e Kownacki; se alla nostra "colonia" aggiungiamo gli esperti Blaszczykowski e Krychowiak e il super bomber Lewandowski, ce n'è abbastanza perché la squadra di Nawalka possa mettersi sulle tracce dei grandi del '74 e dell'82.
BELGIO E FRANCIA PUNTANO IN ALTO - In un ideale ranking di aspiranti alla coppa Fifa, con le grandi di sempre Germania, Spagna, Brasile e Argentina e con "le dernier cri" Portogallo, campione europeo in carica, dovrebbero recitare un ruolo di primo piano anche Belgio e Francia. Il Belgio di Roberto Martinez presenta la sua miglior generazione di sempre, assieme a quella che fiorì negli anni Settanta e che sfornò l'ostica Nazionale grandissima protagonista da Euro '80 in poi. Ma questo gruppo è ancora più qualitativo di quello dei Millecamps, Vandereycken, Ceulemans e Vandenbergh. E' un gruppo che ha classe, talento, raffinatezza nel tocco di palla, gusto per il bel gioco e grande concretezza: con gente come Courtois, Vertonghen, De Bruyne, Hazard, Fellaini, Lukaku e Mertens non si può non essere ambiziosi. La Francia ha mirabilmente seguito l'esempio delle altre grandi d'Europa, cioè curare con amore e competenza il vivaio locale, cosa che non ha fatto l'Italia, non a caso oggi spettatrice: così è nata una "covata" di campioni in grado di rinverdire i fasti del gruppo euromondiale di Jacquet e Lemerre. Permangono dubbi sull'effettiva capacità di ... mettere il gatto nel sacco: i transalpini hanno infatti mancato l'affermazione casalinga ad Euro 2016, pur avendo giocato un torneo di tutto riposo fino alla semifinale con la Germania. Ma nel frattempo sono trascorsi due anni in cui i nazionali francesi sono diventati protagonisti in club di primissimo piano, e poi Deschamps ha pur sempre in organico un Griezmann che già nel torneo continentale aveva sfoderato gol e prestazioni da Pallone d'oro. A proposito di Pallone d'oro, un cenno anche a Cristiano Ronaldo, che ai Mondiali raramente ha brillato ma che stavolta si presenta sulla scia di stagioni memorabili col Real Madrid, e alla guida di una rappresentativa che ha rotto il suo storico digiuno di trofei due anni fa.
IL MONDIALE DI MEDIASET - Per noi italiani, di interessante in questo Mondiale c'è anche il debutto di Mediaset, che per la prima volta si è aggiudicata i diritti per la trasmissione delle partite. Torneremo a rivedere tutte le gare in chiaro, cosa che nel nostro Paese non accadeva dal 2002, e già questa è una cosa positiva: assisteremo forse a un nuovo modo di raccontare la Coppa del Mondo, mentre di sicuro c'è l'impegno massiccio delle reti berlusconiane, con dirette, rubriche, trasmissioni di contorno non esclusivamente calcistiche. Insomma, il "pane" per gli appassionati non mancherà. Sulla qualità e sulla digeribilità di questo pane catodico, giudicheremo a cose fatte. Buon Mondiale a tutti.
Mi piacciono moltissimo i tuoi viaggi a ritroso nel tempo. A partire dal Perù: non sapevo granché della storia di questa Nazionale, ma ora sono felicissimo di averlo letto. E direi anche che hanno qualche speranza di passare il turno, se non altro perché nelle amichevoli hanno dimostrato di avere un gruppo molto più solido e rodato di Nazionali che, invece, hanno dalla loro maggior talento (parlo della Danimarca e, in misura diversa, della Francia).
RispondiEliminaSulla Spagna sei stato precisissimo, l'unica cosa che mi sento di dire è che l'esonero di Lopetegui è un moltiplicatore di forze. Il problema si ha se moltiplica anche gli aspetti negativi (banalmente: più per meno = meno).
Tra le favorite vedo, non so bene perché il Brasile più della Germania. Forse perché non immagino una seconda vittoria Mondiale consecutiva.
Anche la Polonia, nella "seconda fascia" (anche se era testa di serie), ha un bel gruppo e ha ottime probabilità di superare il girone. Ma nella mia personalissima lista di preferenze Colombia, Senegal e Giappone sono diversi gradini sopra Lewandowski e compagnia. Non posso proprio tifare per loro (nel mio Mondiale ideale passano il girone Costa Rica, Perù, due tra Senegal, Colombia e Giappone, Nigeria e Messico. Poi nella fase successiva tifo per le Nazionali più forti, perché voglio vedere il talento esondare da tutte le parti)
Ultima chiosa su Mediaset (come vedi ho cercato di seguire l'ordine dei paragrafi per non creare confusione, per me più che altro), non so se faranno un buon lavoro o meno, come giustamente dici tu: aspettiamo la fine per criticare. Ma credo che il dibattito calcistico in tv sia rimasto troppo ancorato al format da talk show di inizio anni Duemila. Non so se prima il discorso fosse più "alto". Quel che vedo, però, è che sempre più - tra i giovani almeno - si cerca un'analisi più "scientifica", più "studiata", forse più analisi. Credo si parli sempre troppo poco di quel che accade in campo e sempre troppo di decisioni arbitrali, spettacolo, errori grossolani ecc.: in 90' succedono tante cose interessanti, tante cose che possono essere studiate, magari con un tecnico si può cercare di spiegarle al pubblico a casa (magari con una lavagna tattica o cose simili). Ricordo che per un certo periodo, qualche anno fa - a dire il vero non so se si fa ancora - alla Domenica Sportiva, Adriano Bacconi faceva la sua "lezioncina" di tattica partendo da un'azione del posticipo. Mi sembrava una cosa molto interessante, alla quale veniva dato troppo poco spazio e importanza.
Ottime osservazioni, e interessantissima la riflessione sul format dei talk calcistici. E' vero, siamo rimasti indietro di vent'anni, ad esempio vedendo Tiki Taka mi sembra di assistere a qualcosa di molto simile a Controcampo, e da lì non ci si è più schiodati. Sì, oggi c'è voglia di maggior approfondimento analitico sulle dinamiche del calcio, basti vedere siti come Undici o Ultimo uomo, ma se lo proponi in tv saltano fuori i grandi vecchi del giornalismo sportivo che ti accusano di voler disumanizzare il calcio, rendendolo troppo "scientifico". Ricordo proprio l'ottimo Bacconi e la sferzante ironia con cui molti "esperti" bollavano i suoi interventi alla DS. La cosa triste è che, per ora, hanno vinto loro. Speriamo nei giovani... Io penso che si possa fare approfondimento tecnico - tattico senza scadere nella pedanteria.
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