Alla prima serata di gala del Mondiale russo, i protagonisti più attesi non steccano, Portogallo e (soprattutto) Spagna onorano la ribalta più prestigiosa regalando al pubblico un 3-3 da applausi. In un torneo iridato non è scontato che ciò accada: ne ho visti tanti di match di cartello deludere largamente le aspettative, soprattutto nelle prime giornate di gara, quando la tendenza, soprattutto da parte delle grandi squadre, è quella di giocare al risparmio conservando le energie per un cammino prevedibilmente lungo. E invece, tatticismo, chi era costui? La girandola dei gol inizia quasi subito, con il rigore (generoso) conquistato e trasformato da Ronaldo, e finisce con un'altra prodezza del Fenomeno (appellativo che merita lui come lo meritava il Ronaldo precedente, quello brasiliano), quando ormai la partita sembrava aver preso decisamente la via spagnola.
SPAGNA SUPERIORE, ISCO FUORICLASSE - Nel mezzo, tante cose da raccontare. Con una sensazione su tutte, credo destinata a rafforzarsi col passare dei giorni mondiali: la Spagna è sempre forte. O meglio, lo è di nuovo, perché nelle ultime fasi finali affrontate, Brasile 2014 ed Euro 2016, aveva sostanzialmente trapanato l'acqua, mostrando di essere alla fine di un ciclo. Ebbene, "quel" ciclo è finito, sì, ma si è rigenerato risorgendo sulle medesime radici: molti protagonisti sono scesi dal palcoscenico, ma altri veterani hanno saputo mantenere un rendimento costante e mettere la loro sapienza calcistica al servizio dei nuovi arrivati.
Quel che si definisce una rivoluzione intelligente: Roja nuova per metà e forse più, ma coi suoi totem che non rappresentano le uniche ancore di salvezza a cui aggrapparsi, perché se Sergio Ramos continua a giganteggiare in difesa e Busquets a lavorare palloni su palloni, e se Iniesta accende con più frequenza del previsto i fari della sua classe purissima ma stagionata, il vero perno della Selecciòn è uno dell'ultima covata, quell'Isco che già ci aveva fatto piangere lacrime amarissime nel settembre scorso al Bernabeu. Siamo di fronte a un fuoriclasse autentico, un costruttore e un ispiratore dal palleggio finissimo, dal tocco preciso al millimetro: strappargli la palla è pressoché impossibile, le trame offensive iberiche poggiano in larga parte su di lui, e bene è andata ai portoghesi, se questa sera non è quasi mai riuscito a liberarsi al tiro: l'unica volta che l'ha fatto, con una volée di sinistro, è stata traversa piena.... Attorno ad Isco, comunque, una squadra che sa di nuovo imporre il suo dominio assoluto sul gioco, con un giro palla fitto e avvolgente ma in grado di assumere velocità micidiale, perché accompagnato sempre dalla massima perizia.
Quel che si definisce una rivoluzione intelligente: Roja nuova per metà e forse più, ma coi suoi totem che non rappresentano le uniche ancore di salvezza a cui aggrapparsi, perché se Sergio Ramos continua a giganteggiare in difesa e Busquets a lavorare palloni su palloni, e se Iniesta accende con più frequenza del previsto i fari della sua classe purissima ma stagionata, il vero perno della Selecciòn è uno dell'ultima covata, quell'Isco che già ci aveva fatto piangere lacrime amarissime nel settembre scorso al Bernabeu. Siamo di fronte a un fuoriclasse autentico, un costruttore e un ispiratore dal palleggio finissimo, dal tocco preciso al millimetro: strappargli la palla è pressoché impossibile, le trame offensive iberiche poggiano in larga parte su di lui, e bene è andata ai portoghesi, se questa sera non è quasi mai riuscito a liberarsi al tiro: l'unica volta che l'ha fatto, con una volée di sinistro, è stata traversa piena.... Attorno ad Isco, comunque, una squadra che sa di nuovo imporre il suo dominio assoluto sul gioco, con un giro palla fitto e avvolgente ma in grado di assumere velocità micidiale, perché accompagnato sempre dalla massima perizia.
Una Spagna fresca e sbarazzina che ha saputo ispirare un Diego Costa fino a stasera raramente travolgente in Nazionale: se il gol dell'1-1 se l'è costruito praticamente da solo, con un'insistita azione tutta di potenza (e forse anche con un falletto), il secondo lo ha visto finalizzare sotto porta un perfetto schema su punizione battuta da David Silva. grazie anche alla torre dell'onnipresente Busquets.
SOLO RONALDO - Poi, ha trovato il gol uno dei "gregari" della squadra (ma ce ne sono davvero, di gregari, fra le Furie Rosse?), e che gol! Una bordata al volo di destro dalla distanza, che ha mandato in Paradiso Nacho e la Spagna. Da quel momento, la gara è parsa saldamente nelle mani di Ramos e compagni, che hanno mostrato di avere un'idea di gioco e di saperla sviluppare con efficacia. Se dall'altra parte non ci fosse stato CR7, avrebbero vinto, e sarebbe stato un verdetto del tutto legittimo. Ma, per l'appunto, c'era lui, che la partita l'ha pareggiata praticamente da solo: si è procurato un rigore, diciamo così, fortemente voluto e lo ha realizzato, ha assistito impotente e arrabbiato agli errori di Guedes, che ha sprecato due contropiede favorevolissimi, poi, dopo il primo acuto di Costa, ha riportato avanti i suoi con un sinistro dal limite e con la decisiva complicità di De Gea, che in questa sua apertura mondiale ha ricordato lo Zubizzarreta di Spagna - Nigeria '98.
MOLTO DA RIVEDERE NEL PORTOGALLO - Nella ripresa i campioni d'Europa non sono pressoché esistiti: incassato un uno - due da k.o. nella parte iniziale del tempo, sono rimasti in balìa della superiorità spagnola, non dando mai l'impressione di poter cogliere il pari, fin quando Ronaldo si è preso un fallo poco fuori area e ha azionato il suo destro malefico beffando De Gea. Ecco perché è finita pari: perché Fernando Santos ha a disposizione il cinque volte Pallone d'Oro. Siamo di fronte a una dipendenza persino più spiccata di quella che aveva l'Argentina '86 nei confronti di Maradona. Oltretutto, il Portogallo sembrava voler gestire il sollecito vantaggio con un semplice "difesa e ripartenza", ma quando i citati errori in contropiede hanno fatto saltare il piano, la squadra non è sembrata avere valide strategie alternative.
Questo per dire che il risultato finale non rispecchia la disparità di valori vista in campo, e deve destar preoccupazione in campo lusitano, perché i fenomeni possono vincere o pareggiare da soli alcune partite, ma per fare bene in un torneo ci vuole un impianto di gioco ben definito, ci vogliono un collettivo funzionante e giocatori in grado di esprimere appieno il loro potenziale: giocatori che il Portogallo ha, visto che la finale dell'Europeo francese l'ha vinta in pratica senza il suo "dio". Ma alcuni degli elementi visti stasera non sembrano avere il peso necessario per fare i titolari in un Mondiale.
Questo per dire che il risultato finale non rispecchia la disparità di valori vista in campo, e deve destar preoccupazione in campo lusitano, perché i fenomeni possono vincere o pareggiare da soli alcune partite, ma per fare bene in un torneo ci vuole un impianto di gioco ben definito, ci vogliono un collettivo funzionante e giocatori in grado di esprimere appieno il loro potenziale: giocatori che il Portogallo ha, visto che la finale dell'Europeo francese l'ha vinta in pratica senza il suo "dio". Ma alcuni degli elementi visti stasera non sembrano avere il peso necessario per fare i titolari in un Mondiale.
Bellissima analisi, Carlo. Concordo nel dire che la Spagna la sua partita l'ha - quasi - vinta. Il fatto che un giocatore davvero senza senso l'abbia pareggiata, per le Furie Rosse, ha importanza solo per la classifica (che come al solito già si complica, ora serviranno due vittorie anche se non impossibili). Nel senso: se la Spagna gioca così sette partite diventa davvero la miglior candidata alla vittoria finale. Da valutare la tenuta fisica di Iniesta e della coppia centrale (tutti a rischio acciacchi).
RispondiEliminaPiccola appendice: il Real Madrid ha, tra gli altri, Isco e Ronaldo. Con giocatori così decisivi, incisivi, inarrestabili, svincere possono anche vincere tre Champions di fila, per quanto sia difficile da immaginare
Dispiace che Guedes non sia stato all'altezza, sembra davvero un ottimo talento in molte cose. Ma comunque questo Portogallo, come l'Argentina, va dove lo porta il suo capitano
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