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martedì 1 febbraio 2022

SANREMO 2022, CI SIAMO: IL VERO SPETTACOLO SARA' LA GARA, CON TANTI BIG VERI CHE FARANNO OMBRA A OSPITI E SUPEROSPITI


Dalla notte al giorno, rispetto a undici mesi fa. La terribile vigilia di Sanremo 2021, coi suoi toni cupi, le polemiche sull'opportunità dell'evento, il senso di dramma e di tragedia che aleggiava sull'Ariston per via di una pandemia senza vaccini, è ancora incisa nell'animo di tutti noi, anche di chi, come me nel mio piccolissimo, combatté la sua infinitesimale battaglia per la riuscita e la sopravvivenza di una kermesse storica, in definitiva vincendola. Altra atmosfera, oggi: una fase di approccio tutto sommato soft, nonostante ci sia stato chi nuovamente ha cercato di rimestare nel torbido, trovando però, deo gratias, scarsissimo seguito. Non sarà nemmeno questo il Festival della rinascita, slogan coniato da Amadeus nella preparazione della precedente edizione e oggi messo da parte, nella consapevolezza che, probabilmente, non toccherà a lui allestire in futuro il primo vero Sanremo post Covid. Sarà però un Festival più sereno, di una serenità concreta e autentica che prescinde dalle inevitabili discussioni pronte a tener banco da mercoledì mattina, quelle su Auditel, qualità delle canzoni, livello dello spettacolo: pseudodrammi, tasselli di un puzzle che tradizionalmente compone la settimana rivierasca, contribuendo in fondo a tenerne vivo il mito. 
COL PUBBLICO RITORNA L'ATMOSFERA - Torneranno gli spettatori in sala, e già questo aspetto rivolta la rassegna come un calzino: l'anno scorso la bravura di tutti i protagonisti, la maestria della regia e un palcoscenico costruito ad hoc attutirono, sul teleschermo, l'impatto del teatro vuoto, che però fu sicuramente devastante per tutti gli animatori on stage dell'evento: il pubblico scatena emozioni che possono ringalluzzire o raffreddare gli interpreti, incidendo sul livello delle performance. Certo, permane lo spauracchio positività, che nel '21 colpì indirettamente lo sfortunato Irama, ma la "bolla" dell'Ariston, costruita attorno a un protocollo estremamente rigido, resse molto bene e non c'è ragione di pensare che quest'anno vada diversamente, vieppiù in ragione dell'efficacia del vaccino e delle mutate caratteristiche del virus, di cui gli esperti hanno dato ampie spiegazioni in queste settimane.
AMADEUS AL TG - Mare calmo nel ponente ligure, dunque. La serenità è stata un tratto predominante anche nella narrazione che la Rai ha voluto fare del periodo di avvicinamento alla kermesse, inaugurando un nuovo, estemporaneo format: Amadeus che annuncia le novità legate al Festival tramite interventi al Tg1 delle 20. Qualcosa di moderatamente rivoluzionario e di audace, se ci pensate: uno spazio della testata giornalistica tv tuttora più sobria, autorevole, per certi versi seriosa,  dedicato alle breaking news prodotte dall'evento leggero e glamour per eccellenza: un modo, appunto, per attutire la crudezza dello scenario politico e sanitario che lo stesso tg ci porta in casa ogni giorno. L'esperimento è riuscito, ma forse se n'è abusato: ok per la comunicazione del cast dei concorrenti, uno dei momenti chiave della liturgia festivaliera, ok per il lancio di ospitate straordinarie come quella di Checco Zalone, ma per altri passaggi tutto sommato normali si poteva soprassedere. 
GLI OSPITI EVITABILI E LE INUTILI SOVRASTRUTTURE - Come sempre negli ultimi tempi, il cartellone degli ospiti fatica a prendere forma. Si gonfierà a dismisura fino a sabato, con arrivi dell'ultimo e penultimo momento, atleti sulla cresta dell'onda (il primo della lista è Berrettini, notizia di ieri), personaggi Rai in promozione di fiction e show (riprendono Màkari e L'amica geniale, vuoi mettere?), qualche cantante italiano e poco o nulla dall'estero. In tal senso, non ci sono da attendersi inversioni di tendenza rispetto al passato recente, ma materiale dovrà pur arrivarne, perché i palinsesti  pubblicati dai giornali parlano chiaro: si chiuderà a notte fonda fin dalla prima serata, urgono dunque riempitivi. E' un discorso ormai annoso, anche in questo mio piccolo spazio: le sovrastrutture spettacolari che "pachidermizzano" il Festival hanno una funzione esclusivamente televisiva, ma sul piano artistico rischiano di nuocergli, più che rinvigorirlo. 
Sono da sempre favorevole agli ospiti, purché siano un arricchimento: lo erano le grandi vedettes di oltrefrontiera che ormai sono diventate merce rarissima da queste parti, ma lo è certo anche il citato Zalone, una primizia e un colpaccio autentico, essendo uno che quasi mai si presta a passerelle catodiche più o meno prestigiose. E ci possono stare, ovvio i Maneskin, che sono diventati in pochi mesi dei colossi, ma ci mancava pure che non tornassero all'Ariston a stretto giro di posta, visto che da lì è partito il loro sogno intercontinentale. Ci sta già un po' meno Laura Pausini, all'ennesima presenza, per non parlare di Cesare Cremonini, un cantautore di vasta popolarità ma non una superstar internazionale, che oltretutto mai si è sognato di mettere piede a Sanremo da concorrente e che vi approda direttamente da superospite vantando decisamente meno titoli di tanti artisti in concorso, stesse considerazioni fatte in tempi recenti per la Amoroso, per Antonacci, per Ghali. 
CENTRALITA' DELLA GARA - Sono solo appesantimenti, questo è, perché ormai, al Festivalone, la gara basta a se stessa. Avviene più o meno da quando Carlo Conti prese in mano il timone, nel 2015, raccogliendo la non entusiasmante eredità del Fazio quater: da allora, il concorso è tornato centrale, checché se ne dica. E non mi riferisco solo alla competizione in sé, ai piazzamenti, alla classifica: fattori che contavano moltissimo anche, ad esempio, nelle edizioni griffate Gianmarco Mazzi, solo che erano esasperati, con agonismo portato agli estremi, decimazioni più che eliminazioni, e concorrenti ridotti all'osso per la finalissima. No, centralità della gara significa soprattutto centralità di chi la anima, di chi vi partecipa, valorizzazione e spazio dato ai cantanti, possibilmente tanti, in modo da offrire ogni volta uno spettro sufficientemente ampio delle tendenze musicali nostrane. 
Ed è ciò che sta avvenendo sistematicamente da oltre un lustro, magari con linee artistiche ogni volta diverse, perché se l'anno scorso si è puntato coraggiosamente su nomi fuori dal giro mainstream, questa volta sono stati cercati e trovati i grandi e i grandissimi della nostra canzone. Del resto, fateci caso: a parte un Fiorello che fa sempre notizia, cosa è rimasto degli ultimi festival nella memoria collettiva? Non le tante passerelle promozionali, ma il trionfo dei Maneskin, il tormentone di Colapesce - Dimartino, la struggente invocazione di Diodato, il sorprendente Mahmood che per poco non vinceva anche lui l'Eurovision, la delusione di Ultimo per un argento che fino alla fine pareva poter essere oro, lo "scazzo" Bugo - Morgan, la vecchia che balla dello Stato Sociale... Tutti elementi, curiosità, "casi" inerenti la gara, non il resto. 
PRESTIGIO ANNI SESSANTA: I VETERANI... - Questa volta, davvero, sarebbe bastato solo il listone dei partecipanti per illuminare la rassegna (sperando che l'anno prossimo si torni al numero pari di cantanti: sembra una stupidaggine, forse lo è, ma è uno dei quegli tratti distintivi storici della manifestazione che, secondo me, non andrebbero mai toccati), sarebbe bastata una cornice meno ridondante perché il cast è davvero al livello dei Sanremo all stars anni Sessanta: forse il migliore di questo secolo, sul piano della qualità dei nomi in lizza, capaci di reggere benissimo sulle proprie spalle il peso dell'impatto con la spada di Damocle dell'Auditel. Ci sono i superbig di ieri ancora sulla cresta dell'onda, Ranieri, Zanicchi e Morandi, ci sono i divi pop della penultima generazione ancora pienamente nel cuore della gente, Elisa soprattutto, ma anche Emma e Fabrizio  Moro: tutti quanti, fra l'altro, ex vincitori che si rimettono in gioco, altro fatto non da poco, in contrapposizione a chi invece non vuole mai prendersi il minimo rischio. 
...E I NUOVI BENIAMINI - Ex vincitore è anche Mahmood, che in coppa con Blanco già raccoglie non pochi pronostici favorevoli: sono i capofila della cosiddetta musica giovane, quella che ascoltano e scaricano i ragazzi, quella che schiera all'Ariston anche Sangiovanni, Rkomi, Aka7even, per non parlare di Achille Lauro, di nuovo nell'agone dopo la pausa da guest star, ormai presenza fissa da quelle parti; e a proposito, sono sotto esame quelli che ritornano dopo soli undici mesi, perché dovranno superarsi: gli ascolti in anteprima degli esperti, che valgono quel che valgono, hanno promosso il pezzo dei Rappresentante di lista, avvolto quello di Noemi di qualche perplessità, raccontato di un Irama più classicheggiante e morbido rispetto al brano bomba che nel 2021 l'avrebbe probabilmente portato alla vittoria o lì vicino, se non avesse avuto l'handicap della quarantena. C'è ovvia curiosità per Ana Mena che riporta l'internazionalità nel certame ligure, e per i nomi meno commerciali, da Truppi a D'Amico, fino ai giovanissimi lanciati dalle Nuove Proposte in versione ridotta passate fugacemente da Rai 1 prima di Natale, ossia Yuman, Tananai e Matteo Romano.
PRONOSTICI? SARA' SFIDA FRA I SUPER - Scusandomi con chi non ho citato, ma che salirà di certo alla ribalta su queste pagine nei prossimi giorni, stento davvero a credere che questo cartellone possa lasciare qualcuno indifferente, perché c'è davvero di tutto, passato, presente e futuro, stili tradizionali e contemporanei, ci sono le ballad, il cantautorato, la dance, il rap e il rock, fors'anche il reggaeton. E  c'è una grossa incertezza su chi arriverà a contendersi il successo, perché è fin troppo facile, e probabilmente sacrosanto, parlare di Elisa o Morandi, Ranieri o Mahmood-Blanco, ma sono in tanti ad avere, almeno sulla carta, i mezzi per puntare alla sorpresa. Ecco, se ci saranno, queste sorprese, saranno però moderate, perché ad esempio i citati tre esordienti difficilmente riusciranno a inserirsi nello scontro al vertice fra giganti che, ci scommetterei, sarà il leit motiv di questo Sanremone numero 72, equilibrato più che mai ma con pochi spazi per colpi di scena epocali. 

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