Le prime parole non possono che essere per Leonardo Spinazzola, uno dei top player in assoluto di un Europeo che non potrà concludere, lui che più di tutti avrebbe meritato di giocarselo fino all'ultimo istante dell'ultimo match. Un infortunio che si preannuncia grave, giunto in maniera beffardamente banale al culmine di uno di quegli slanci di generosità agonistica che sono nel Dna di questo ragazzo talentuoso e fragilissimo. E di Spinazzola c'è stato tanto pure nel trionfo di Monaco di Baviera, anche se non nella maniera a cui ci aveva abituati: meno esplosività "spacca difese" nella spinta sulla fascia, anche se la sua presenza in appoggio all'attacco è stata al solito costante, ma un più sostanzioso apporto in copertura, come richiesto dal copione tattico assunto ben presto dalla gara, con la chicca di un provvidenziale e fortunato salvataggio quasi sulla linea su tocco di Lukaku. Poi, quando il laterale romanista stava finalmente cominciando a cercare con più insistenza l'incursione di forza, approfittando dei maggiori spazi concessi da un Belgio alla ricerca del pari, ecco il maledetto crac.
IL CRASH TEST PIU' DURO - Così, un'ombra di tristezza si è depositata sulla serata più bella e intensa del calcio azzurro dai tempi del disastro svedese dell'autunno '17. Chi scrive, è risaputo, mai ha nutrito dubbi sull'efficienza e sulla validità dell'ItalMancio, ma è certo che ieri sera si sia compiuto il passaggio definitivo dalla polvere agli altari. Era il crash test più duro, senza se e senza ma. Perché poi, alla fine, di super squadroni non è che ce ne siano tantissimi, in giro per il Continente. Non lo era la Francia iridata, quantomeno non più a livelli siderali, essendo stata spazzata via con pieno merito dall'intraprendente Svizzera di Petkovic, una delle "signore nessuno" che, secondo tanti pseudo esperti da bar sport, abbiamo affrontato in questo triennio; non il Portogallo, che non ha mai convinto in questo torneo, per tacere di una Germania in fase di passaggio generazionale. Forse può esserlo l'Inghilterra, che però, se arriverà in fondo alla kermesse, lo avrà fatto giocando quasi sempre in casa, a parte il quarto di questa sera a Roma, vantaggio non da poco. Come dire, Europeo itinerante ma non troppo, e non certo per i sudditi di Sua Maestà. E insomma, non è che si possano incontrare squadroni un giorno sì e l'altro pure, come pretendevano gli incontentabili critici della nostra Azzurra...
L'ITALIA NON SI E' SNATURATA - Rimaneva il Belgio, dunque, capofila del ranking FIFA, quindi una delle migliori selezioni al mondo. Esame tostissimo, per noi, e superato a pieni voti. Sempre che qualche ipercritico non abbia da eccepire sul come è stato superato. Certo sarebbe stato assurdo pretendere un'Italia al comando della sfida e in controllo assoluto come da piacevole tradizione della gestione Bobby gol, perché a volte ti trovi davanti squadre non attendiste, e anzi capaci di prendere per prime il pallino e di sprigionare luminarie offensive che è arduo contenere. Ma neanche di fronte al colosso belga la nostra Nazionale si è snaturata, se non in minima parte nei momenti di più acuta sofferenza, quando gli uomini di Martinez hanno spinto con vigore e continuità, diciamo nelle fasi iniziali dei due tempi e poi nel caotico arrembaggio conclusivo. Gli azzurri non si sono mai chiusi, non hanno mai fatto mucchio di fronte ai sedici metri, hanno accettato la sfida in campo aperto guadagnandosi gli spazi e i tempi per dispiegare la loro consueta manovra ariosa, elaborata, ieri confermatasi più che mai arma vincente da non mettere da parte mai, perché consente di alzare il baricentro, allentare la pressione avversaria e giostrare sempre vicini all'area altrui.
VERRATTI DI ROTTURA, LE PRODEZZE DI BARELLA E INSIGNE - Uno stile di gioco che calza a pennello ai nostri, perché sostenuto dall'ormai nota precisione di tocco e di palleggio che anche in questa occasione, salvo poche sbavature causate dalla tensione, non è venuta meno, consentendoci pure uscite dalla zona difensiva in velocità ed assoluta disinvoltura. Detto del lavoro oscuro dello sfortunato Spinazzola, anche Di Lorenzo ha fornito il solito contributo di peso in retroguardia, a parte il rigore su Doku che tuttavia è stato concesso, mi pare, con un pizzico di generosità; Bonucci e Chiellini si sono espressi su standard da Juve contiana e allegriana, e a proteggere il reparto ha dato una grossa mano un Verratti persino ruvido, a tratti, e che come spesso gli capita ha offerto il meglio di sé in fase di "rottura". Ma non solo, perché da un suo lancio a rimettere il pallone in area, dopo che la difesa si era arrangiata alla bell'e meglio su Immobile, è scaturito lo splendido assolo di Barella, che è sgusciato di forza fra due difensori per poi scaraventare di potenza in rete il pallone dell'1-0. Sono elementi di acclarata statura internazionale, dribblano e saltano l'uomo come i campioni di un tempo, questi ragazzi: lo ha fatto anche Insigne, che si è bevuto in scioltezza Tielemans sulla trequarti per poi bucare Courtois con uno dei suoi tiri a giro a lunga gittata; il solito movimento, lo scarto a destra e la conclusione, tutto come da spartito mandato a memoria, lo si diceva anche di Robben, ma sono gesti tecnici che, se eseguiti bene, risultano difficili da disinnescare, anche se ripetuti all'infinito.
MAI PASSIVI, E DONNARUMMA DECISIVO - Lo stesso Insigne sta nitidamente emergendo in questo Euro 2020 per il lavoro a tutto campo a sostegno dei reparti arretrati, mentre il neotitolare Chiesa ha giocato soprattutto in avanti e, nel primo tempo, ha avuto anche l'occasione per far male con una fiondata di destro dal limite e, prima ancora, con un tiro deviato che per poco non sorprendeva il lungagnone guardiano dei Diavoli Rossi. Nella ripresa ci ha provato al volo anche Spinazzola su assist dell'ispirato Insigne, altri potenziali pericoli sono rimasti in abbozzo ma spesso il pallone ha danzato nei pressi o all'interno dell'area belga. Sempre vivi, attivi e reattivi, insomma, con Jorginho un po' più sottotraccia del solito ma intraprendente nell'inserirsi in prima linea (e su di lui poteva starci un rigore, non nitidissimo esattamente come quello su Doku). Il numero di occasioni create non si è incrementato, stavolta, soprattutto per via della serata no di Immobile, che col suo incaponirsi in certi tentativi solitari ha palesato una certa mancanza di lucidità, dovuta forse a un serbatoio di energie che comincia a essere in riserva.
Poi, come detto, ci sono state le inevitabili concessioni alla possanza del gioco belga: nel primo quarto di partita Donnarumma ha tolto le castagne dal fuoco due volte su Lukaku e una su un De Bruyne che ha confermato appieno la sua classe, con accelerazioni che hanno messo in ambasce il nostro reparto di mezzo come raramente era capitato fino a oggi. Nel secondo tempo, come detto, un pizzico di buona sorte col rocambolesco salvataggio di Spinazzola a due passi dalla linea (ma almeno, come si dice in questi casi, era al posto giusto nel momento giusto...), e col solito Lukaku che non è riuscito a toccare di testa un cross di Chadli radente la porta, quindi l'assalto finale di Mertens e compagni del tutto inconcludente e contenuto senza nemmeno troppo affanno.
BELGIO SCONFITTO MA FORTE - E' stato quel che si dice un bell'incontro, perché trame di grana buona e giocate di pregio si sono fuse con il clima di acre battaglia agonistica che ha per lunghi tratti imperversato. Acre ma corretta, giova dirlo. Il Belgio non esce ridimensionato da questo confronto, tutt'altro: ha trovato sulla sua strada una rivale giovane in molti suoi uomini ma già credibile, organizzata, con un progetto di gioco moderno e sbarazzino e con individualità di assoluto spessore, al di là delle ormai risibili sottovalutazioni di certa critica ma soprattutto, spiace dirlo, di larga parte del pubblico. Non ho più voglia di polemizzare, ciò che avevo da dire sull'argomento l'ho scritto in lungo e in largo qua e sull'unico social che frequento: posso solo aggiungere che provo tristezza per chi ha scoperto l'Italia di Mancini solo a Monaco, perché si è perso tante gioie precedenti, tante partite godibili e prestazioni brillanti. Perché negarsi l'effimera felicità dello spettacolo calcistico per il puro gusto di fare i bastian contrari e i contestatori a tutti i costi?
ABBIAMO GIA' VINTO - La terra di Germania ci è stata di nuovo propizia, come nel 2006: peccato che stavolta sia stata solo una toccata e fuga. Ora, come scrisse Italo Cucci sul Guerino all'indomani di Italia-Brasile 1982, "non vorrei che gli azzurri fossero come me: felici e paghi". Già, perché per me l'Europeo è già vinto, non solo moralmente (alle vittorie morali non ho mai dato troppo peso nemmeno al Festival di Sanremo) ma sul piano meramente sportivo. Dopo essere entrata fra le prime otto d'Europa, ora la nostra Azzurra si ritrova fra le prime quattro, un traguardo splendido che nessuno con un minimo di raziocinio avrebbe potuto pretendere da Jorginho e compagni, alla vigilia. Nel 2017 avevamo toccato il fondo della ultracentenaria storia di questa gloriosa rappresentativa, ora abbiamo di nuovo una Nazionale competitiva ai massimi livelli, che può permettersi persino il lusso di sognare ciò che io per primo, da sempre estimatore del lavoro di Mancini e dei suoi ragazzi, non osavo nemmeno chiedere a questo Club Italia. Con la Spagna, a Wembley, si potrà benissimo perdere, perché quella di Luis Enrique è compagine fresca, coraggiosa e ricca di piedi buoni, proprio come la nostra. Ma non è più la mitica Roja 2008-2012, se è vero che stava per essere disinnescata dalla Svizzera già castiga-Francia. Ci possiamo provare, ancora una volta, senza assilli e senza pressione.
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