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sabato 10 febbraio 2024

SANREMO 2024: LA SOLITA SERATA COVER, POCHI PICCHI DI BELLEZZA E TROPPE CONCESSIONI AL FACILE CONSENSO. ANNALISA E ANGELINA IL TOP CON VOLO E SANTI FRANCESI, NON SCANDALOSO IL PRIMATO DI GEOLIER

 


Lo scrivo e lo dico da anni: la serata cover è il più grande "buco nero" della gestione festivaliera targata Amadeus. Soprattutto perché è musicalmente un corpo estraneo alla gara di inediti, e però finisce con l'incidere tecnicamente sull'esito della gara stessa, una distorsione regolamentare a cui nessuno è mai riuscito a fornire una spiegazione artisticamente accettabile, semplicemente perché non ne esiste alcuna. Ma non è solo questo: c'è la sensazione che questo happening di indubbio fascino si muova all'interno di schemi fin troppo elastici, in cui tutto è consentito, con lacci e lacciuoli normativi ridotti al minimo sindacale. Il che sarebbe anche accettabile se, ripeto, rimanesse un concorso a sé stante, che esaurisce la sua funzione nella notte del venerdì (o del giovedì, come è successo in altre edizioni). 

Sul piano squisitamente musical-spettacolare, questa kermesse nella kermesse ha confermato tutti i suoi pochi pregi e i tanti difetti. Un kolossal animato da circa settanta fra cantanti e musicisti, con alcuni indubbi picchi di bellezza ma anche performance banali e dimenticabili e qualche furberia di troppo. Mi si dirà: ma è esattamente ciò che avviene, sempre, al Festival di Sanremo nel suo complesso. Vero solo in parte, perché almeno nel concorso canoro tutti partono più o meno alla pari, vale a dire con una canzone nuova di zecca e sconosciuta, che è ciò che conta nella tenzone ligure. Quando scatta il momento delle cover, invece, c'è chi rischia e si mette alla prova e chi va sul sicuro ammiccando eccessivamente al pubblico e, di conseguenza, ai votanti. 

Alle corte: veramente discutibile il karaoke simil Arena Suzuki con medley e pout pourri assortiti, ai limiti dell'inaccettabile l'autocelebrazione. Lo ripeterò allo sfinimento: è veramente grottesco che evergreen del pop italiano e internazionale vadano a incidere sul verdetto finale del Festivalone. Questo è il vero scandalo, non la vittoria di tappa di Geolier, che può essere discutibile come tanti altri primi posti nella storia della manifestazione, ma che rientra nel gioco spesso imperscrutabile delle giurie. Del resto il ragazzo di Secondigliano ha presentato, per la specifica occasione, un progetto dignitoso e con una linea ben precisa, un rapido excursus lungo i sentieri della trap e delle nuove frontiere sonore partenopee. Avrei preferito un'altra medaglia d'oro, ma meglio questo ensemble napoletano del best of di Renga e Nek, o di Sangiovanni che addirittura ha riproposto il suo precedente successo sanremese, "Farfalle", in versione spagnola (mai tante "mariposas" all'Ariston come quest'anno). E spiace che Geolier se la sia presa per i fischi, perché anch'essi vanno messi in preventivo in circostanze simili: non è che il pubblico in sala debba sempre e costantemente accettare pacificamente tutto, e il fischio è il modo più classico per manifestare il proprio disaccordo, da che mondo è mondo. Sennò certi atleti dovrebbero passare la vita a piangere, e del resto è accaduto, spesso e volentieri, anche nei teatri lirici, contro autentici mostri sacri del canto.

Senza sale gli omaggi di Rose Villain e The Kolors ai loro partners Gianna Nannini e Umberto Tozzi; meglio, per intensità, il duetto Vecchioni-Alfa in "Sogna ragazzo sogna", scelta azzeccata perché è un brano che, fin dal titolo, sa tanto di passaggio di consegne fra vecchia e nuova generazione canora. Il ragazzino genovese ha chiuso il pezzo con una strofa rappata scritta di suo pugno, una soluzione che è stata spesso praticata in questi anni di cover rivierasche e che personalmente trovo originale e azzeccata: lo stesso ieri, hanno (ben) fatto i Bnkr44 per dare una veste nuova a "Ma quale idea" di Pino D'Angiò,  rivisto con piacere a proprio agio sul palco, nonostante le difficoltà vocali. Personalmente, pur senza delirare per l'entusiasmo, ho apprezzato la rilettura sommessa e intimista di "Notte prima degli esami" da parte di Gazzelle e del bravo Fulminacci, che spero di rivedere in gara quanto prima, e anche il delicato omaggio di Mahmood a Dalla in "Com'è profondo il mare". Tutto sommato gradevole anche il duo Emma-Bresh, rispettoso del Tiziano Ferro originale, e all'insegna della totale spensieratezza la rimpatriata sanremese Gabbani-Mannoia, con lei che guardava lui con aria scettica mentre intonava "Occidentali's karma", reo di averle "soffiato" la medaglia d'oro nel 2017. 

Pollice in su per chi è stato coraggioso e non banale, si diceva. Il coraggio può essere declinato in tanti modi, a partire dalla scelta del brano da coverizzare fino al modo di metterlo in scena e di eseguirlo. Coraggio ha mostrato Ghali, che ha portato il suo universo musicale ricco di contaminazioni, il suo essere cittadino del mondo, con l'intro in lingua araba, ma anche profondamente italiano, con l'omaggio a Toto Cutugno. E coraggiosa è stata Angelina Mango, perché non è facile reinterpretare un evergreen di un padre prematuramente scomparso e amatissimo dagli appassionati: lei l'ha fatto riuscendo a dare di "La rondine" una lettura nuova, più delicata, di grande suggestione, impattante quanto l'originale. Probabilmente il top della serata, assieme ad altre tre performance che hanno raggiunto livelli di perfezione, forza emotiva e professionalità elevatissimi, ossia Annalisa e Rappresentante di lista in una "Sweet dreams" ricca di feeling, Il Volo con Stef Burns alle prese, nientemeno, con "Who wants to live forever", e i Santi Francesi, poco considerate rivelazioni di questa edizione, con una versione impeccabile dell'Hallelujah di Cohen, ben spalleggiati dalla sempreverde Skin. Di contro, assolutamente dimenticabile l'ennesima riproposizione, ad opera di Bigmama, Gaia, Sissi e La Nina, di una "Lady Marmalade" che negli ultimi vent'anni ci è stata propinata in tutte le salse in ogni tipo di trasmissione non solo Rai, una hit di grandissimo successo ma di cui mi sfugge il fascino talmente dirompente da imporne la necessità di inserirla nelle scalette di show, contenitori musicali e quant'altro, a ogni piè sospinto. 

In mezzo a una proposta così sovrabbondante, tutti gli elementi extra hanno avuto pochissimo spazio, ma merita la citazione una Arisa in superba forma fisica e soprattutto vocale, per la quale spero arrivino presto nuove canzoni in grado di valorizzarla e di riportarla al successo di qualche anno fa. Nessuna sorpresa per una Cuccarini a proprio agio nelle vesti di presentatrice che già tante volte ha indossato, anche all'Ariston, e che potrebbe essere un'idea per conduzioni future del Sanremone, chissà. Per i Jalisse è arrivato infine il ritorno all'Ariston, ma solo come contentino. E contenti loro, contenti tutti, ma diciamo che per ripartire davvero serve qualcosa di più. Non credo ai complotti contro di loro, e non credo nemmeno che dal '98 a oggi abbiano presentato solo brutte canzoni; bisogna che ci sia davvero l'occasione, il momento giusto per il rilancio, e non è facile individuarlo e intercettarlo, questo magic moment, soprattutto per chi è fuori dal grande giro discografico da tempo. Guardate quanto tempo hanno dovuto attendere Paola e Chiara... E stasera? Sarà difficile non trovare nella cinquina finale Geolier, Annalisa e Angelina, ma a notte fonda tutto si azzererà e molto potrà ancora accadere, anche se il consiglio, a chi non lo conosce, è di... cominciare a imparare il napoletano.

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