Non c'è proprio pace per il Genoa, quest'anno. Neanche il tempo di godersi un mercato di riparazione di tutto rispetto, impreziosito da acquisti di livello assoluto come Gilardino (soprattutto) e Biondini, dal ritorno del figliol prodigo Sculli e dall'arrivo di un argentino di sicuro valore, Belluschi, oltre all'ingaggio di un tecnico (Marino) fautore di un gioco propositivo e fantasioso. E nemmeno il tempo di stropicciarsi gli occhi di fronte a tre partite casalinghe superlative, tre vittorie contro tre grossi calibri del campionato (Udinese, Napoli e Lazio) condite di gioco e gol. Tutto troppo bello per essere vero: e infatti, un febbraio maledetto ha portato prima l'infortunio di Gila (niente di grave, ma nemmeno poca roba: un mese di stop) e, a seguire, tre sconfitte consecutive, in tre gare (Catania, Atalanta e Chievo) che chiunque, al di là del rispetto che si deve ad ogni avversario, avrebbe giustamente considerato accessibili.
L'INDISPENSABILE GILA - Partiamo proprio da qui, ossia dal forfait forzato del bomber ex viola e dall'inopinata sequenza di k.o. Le due cose, ça va sans dire, sono intimamente collegate, anche se la prima non è la sola causa della seconda. Qui, fra l'altro, si entra nello spinosissimo territorio del modo di pensare di certi tifosi genoani: così come quest'estate molti avevano avuto l'ardire di affermare, senza alcuno sprezzo del ridicolo, che in fondo Caracciolo valesse grosso modo Gilardino e che con Palacio al fianco l'Airone avrebbe realizzato un numero di gol del tutto soddisfacente, così pochi giorni fa, dopo l'infortunio, c'è chi ha sostenuto che tutto sommato si potesse fare a meno anche del Gila, perché la macchina da gol rossoblù aveva preso a girare egregiamente e, in fondo, Alberto un solo gol aveva messo a segno.
Che Iddio li perdoni (il Dio del calcio, ovviamente!). Tutta gente, ovviamente, che si vanta di andare allo stadio e di seguire la squadra dal vivo, non comodamente seduta in poltrona. Strano, perché andando allo stadio sarebbe dovuto essere assai semplice capire come Gilardino fosse diventato non solo importante, ma addirittura "vitale" per il gioco d'attacco del Grifo. Un centravanti di classe sopraffina, capace di fare movimenti che solo l'astuzia, l'intelligenza e il talento di un campione del mondo possono consentire; un giocatore che, per fama acquisita e pericolosità conclamata, è in grado di catalizzare l'attenzione delle difese avversarie, lasciando giocoforza più libertà di azione ai compagni di linea; uno che detta i passaggi e indirizza il gioco con gli spostamenti più opportuni in ogni circostanza; uno che riesce anche a inventarsi sublime uomo - assist; insomma, qualcosa in più di un semplice centrattacco-boa buono solo a sbattere la palla dentro; e qualche ingenuotto forse pensava che Jankovic si fosse messo improvvisamente a sfondare reti perché aveva capito, dopo tanti dubbi, di essere un fuoriclasse.
Non a caso, una volta fuori il piemontese, la luce si è spenta per tutti, per Janko, ovviamente, e persino per Palacio, che quando ancora il bomber giocava a Firenze era riuscito a tirare egregiamente la carretta; ma anche l'argentino aveva guadagnato assai dall'arrivo di Gila: più ampi margini di manovra, possibilità di dialogare con un compagno di pari classe, e di conseguenza gol importanti e di squisita fattura (i gioielli con Napoli e Lazio, roba da incorniciare). E una volta azzerato l'attacco (nessun gol nelle ultime tre uscite), sono venute impietosamente a galla le contraddizioni di un mercato invernale che, lo si è detto inizialmente, è stato scintillante in attacco e buono a centrocampo, ma ha incredibilmente lasciato esposto alle intemperie il reparto più disastrato della squadra, quello arretrato.
MERCATO A META' - Certo, a gennaio la società ha fatto molto, questo va detto: ma l'ha fatto per porre rimedio a un mercato estivo che ha trapanato l'acqua in maniera oltremodo vistosa, va detto anche questo. Secondo fallimento consecutivo, riguardo alle grandi manovre di luglio e agosto: ma se nel 2010 fu soprattutto sfortuna (compri Eduardo, Rafinha, Veloso e Toni, e non puoi certo aspettarti che quattro big falliscano tutti insieme, e così fragorosamente), nel 2011 si sono commessi errori di valutazione incredibili, per una società di medio - alto livello come il Genoa: eccessivo, da azzardo totale, il ricorso a stranieri giovani e che per la prima volta erano chiamati a operare sulla scena calcistica italiana, se non addirittura europea; da brividi il reparto d'attacco "innervato", Palacio a parte, da Caracciolo, Pratto, Ribas e Zè Eduardo, e oggi totalmente cancellato, a mo' di implicita ammissione di colpa da parte della società (è rimasto il brasiliano, che però inizialmente sembrava il primo della lista a dover lasciare la Liguria, tanto che lo stesso Preziosi si era espresso pubblicamente su di lui in termini non proprio lusinghieri). Gli unici colpi, a conti fatti, sono stati quelli di Frey (prevedibile: uno dei migliori numeri uno del torneo da anni) e di Granqvist (a sorpresa: lo sconosciuto difensore svedese non aveva neppure convinto appieno durante il ritiro estivo).
E dunque, in inverno, rinforzi poderosi per seconda e prima linea, ma la terza pressoché abbandonata a se stessa: arrivato il solo brasiliano Carvalho, tutto da valutare all'impatto con la nostra Serie A, in un reparto costretto a fare i conti con lungodegenze alternate (la più duratura, quella del laterale Antonelli), assenze varie per squalifiche, cali bruschi di rendimento (Kaladze e Dainelli, quest'ultimo infine partito in direzione Chievo); e poi il caso Bovo, ex difensore del Palermo, ex Nazionale, e anche ex Genoa (stagione 2007/08), protagonista di una prima parte di campionato fallimentare e poi anch'egli cancellato da un lunghissimo infortunio. In più, l'incomprensibile gestione della fascia destra di difesa: lasciati partire negli anni i vari Tomovic, Sokratis e Rafinha, è rimasto il solo Mesto, per di più incappato in una delle sue peggiori stagioni. In pratica, una retroguardia che ha fatto affidamento per lungo tempo solo sulle strepitose parate di Frey.
COPERTA TROPPO CORTA - Con una difesa così male in arnese, non puoi che puntare tutte le tue fiches su un gioco d'attacco asfissiante e produttivo: qualcosa di molto simile ai concetti zemaniani, insomma. Marino ci stava riuscendo: già predisposto per mentalità a un approccio tattico di questo genere, trovandosi tra le mani un'arma micidiale come Gila ha potuto dare libero sfogo alla sua fantasia e i risultati, perlomeno tra le mura amiche, si sono visti eccome, anche grazie a una condizione atletica rimessa a punto dopo gli stenti dell'epoca "malesaniana". Ma anche quei trionfi nascondevano la... polvere sotto il tappeto: nel senso che tre partite stradominate sono finite 3-2, con sofferenza incredibile nel finale. Ma, appunto, finché c'era il fuoriclasse d'attacco a sostenere questo atteggiamento spregiudicato, le cose più o meno filavano: dopo il crack di Alberto, come detto, buio totale.
PERSONALITA' - Chiaro, non è tutto qui. Fuori casa, ad esempio, si perde pressoché sempre. Da quando c'è Marino, quattro sconfitte (due con Gila, due senza). E, nella grigia domenica trascorsa, è arrivato, puntuale e ormai "maturo, pure il capitombolo casalingo, benché secondo alcuni "illuminati" al Ferraris si potesse tranquillamente porre rimedio sistematicamente alle figuracce esterne, come se stessimo parlando di Playstation e non di football. Manca la personalità: la devono dare elementi da campo e da spogliatoio come capitan Rossi e come i nuovi arrivati Biondini, Sculli e, decisivo anche in questo caso, Gilardino. Ma ci vuole tempo a lavorare sullo spirito e sugli attributi di una squadra che viene smontata e rimontata ogni sei mesi al di là delle esigenze tecniche e, parere personalissimo, economiche. Non si può creare un gruppo consolidato e duraturo, c'è un continuo viavai, i giocatori si sentono costantemente dei "precari" (di lusso, ci mancherebbe), e molti di quelli che arrivano sono giovanotti di fuorivia privi di esperienza e di malizia: avrebbero bisogno di stabilità per inserirsi, e invece attorno a loro tutto muta troppo rapidamente.
LA SOCIETA' - E' una critica alla società? Sì, spiace dirlo. E lo dico qui perché farlo altrove, in spazi "ufficiali", è assai dura, in quanto, di default, le risposte sono grosso modo sempre le stesse: "Vai a seguire il Doria", "Trovami un altro presidente che sia meglio di Preziosi", "Ricordati sempre dei tempi della C1 e di Pizzighettone", "Sei un disfattista" e amenità simili. Molti tifosi hanno il difetto di ragionare per schematismi eccessivi, e senza mezze misure: se non è bianco, deve essere per forza nero.
Non è così, ovviamente. Per l'ennesima volta, ripetiamo che la gratitudine verso Prez non verrà mai meno. Come potrebbe essere altrimenti, nei confronti di un uomo che ha riportato il Grifone in Serie A e lo ha mantenuto stabilmente fra le prime dieci, sfiorando una volta la qualificazione alla Champions e portando a esibirsi a Marassi campioni di altissimo livello qualitativo? Ma l'apertura di credito non può durare in eterno, e non può impedire di stigmatizzare una maniera non sempre tecnicamente plausibile di allestire la squadra.
Ci vogliono maggior linearità ed equilibrio nelle scelte: chi più spende meno spende, meglio investire su pochi giocatori affermati già esperti del nostro campionato (come si è fatto in gennaio, dopo le avventure estive) e su giovani italiani di prospettiva, piuttosto che dedicarsi ai consueti tourbillon di giocatori (troppe volte esteri, mai mi stancherò dibattere su questo tasto) che fanno perdere la bussola tattica, privano il gruppo di un'anima e che magari, se sul momento paiono convenienti, alla lunga vengono a costare di più, perché portano con loro il surplus di spesa indotto dal dover rimediare agli errori compiuti, ormai decisamente troppi. Senza contare che con questi continui stravolgimenti è pressoché impossibile operare una programmazione tecnica che vada al di là del tranquillo mantenimento della categoria: che è importante, ma gli appassionati hanno bisogno di sognare, di poter puntare a un traguardo più alto di quello dell'anno prima, e anche i calciatori, per moltiplicare il loro rendimento, necessiterebbero di vedersi alzare ogni tanto l'asticella, altrimenti rischiano di sedersi, e di avvitarsi in una routine che nello sport è alla lunga dannosa.
Il Genoa è una squadra nobile, gloriosa, con una Storia da far impallidire chiunque. Gli anni bui della seconda e terza serie sembrano lontani ma in realtà non è tanto vero. Pertanto il difficile ora è trovare una vera dimensione alla squadra, posto che, come calore dei tifosi, importanza della città e appunto blasone, sarebbe facile auspicare una risposta che contemplasse per lo minimo l'Europa League. E allora come giudicare l'operato dell'iper attivo Preziosi? Schizofrenico? Imprenditoriale? Aziendalistico. Non mi spiego francamente il tourbillon di acquisti e cessioni delle ultime 3 stagioni, con squadre rivoltate puntualmente già a gennaio. il famoso "progetto" qui non si vede, ma ultimamente, perdonami, tolto Palacio, nemmeno grandi acquisti (e fortuna che Marino al suo arrivo ha puntato su un dimenticato Jankovic che, se libero dai perenni infortuni, può davvero fare la differenza. Per anni il peso della squadra se lo sono portati sulle spalle Juric, Milanetto (che peccato sia finita così) e Rossi ma anche Dainelli, Biava, Criscito, Mesto, Sculli - andato e ritornato da un gennaio all'altro- manca a mio avviso un'identità di squadra, un po' come al Palermo, dove guarda caso, al timone c'è un altro Presidente Imprenditore che alla prima occasione vende i gioielli di casa. Prevedo una posizione tra l'ottavo e il decimo posto, non più su!
RispondiEliminaBeh, obiettivamente Frey, Biondini e Gilardino sono dei grandi colpi, e Granqvist una piacevole scoperta. Il problema è che l'impatto di questi giocatori sul rendimento della squadra (e quindi sul campionato) viene di molto ridotto, se attorno continui con questo tourbillon che rende impossibile il crearsi di un gruppo, di una identità tattica e di un feeling con la piazza. Sono sostanzialmente d'accordo con la tua previsione, io allargherei il range al dodicesimo posto. Le ultime tre gare dovevano rappresentare l'esame di maturità e sono state fallite, ora bisogna solo cercare di mettersi in sicurezza e stare attenti, perché ci vuole poco a ritrovarsi nelle peste...
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