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domenica 19 febbraio 2012

SANREMO 2012: LE PAGELLE DEI BIG E DEI GIOVANI

I BIG
"La notte" - Arisa: smessi i panni della semplicità e dell'ingenuità un po' da "bambina fra le nuvole", su cui aveva costruito un'immagine fresca e vincente, si è gettata fra le braccia della più tradizionale melodia all'italiana, in un format che avrebbe letteralmente spopolato nei Festival anni Ottanta e Novanta. Il pezzo è gradevole, intenso, splendidamente interpretato, ma convenzionale, e con questo stile parecchio inflazionato non sarà facile per lei restare protagonista ai massimi livelli. VOTO: 7. 
"Un pallone" - Samuele Bersani: dopo le incertezze della prima serata, il cantautore ha ripreso quota e ha fatto "arrivare" agli ascoltatori il suo brano dalla costruzione insolita e dal ritmo cadenzato e coinvolgente. Testo a tratti ermetico ma tutto sommato accessibile, sempre sospeso fra fantasia, metafore e realtà, unite infine da un ideale fil rouge. VOTO: 7.
"Nanì" - Pierdavide Carone e Lucio Dalla: poetica veramente di stampo "dalliano", delicata, evocativa ma al contempo estremamente cruda nella lettura della vita quotidiana. Limitato ma di gran sostanza l'apporto del grande cantautore bolognese, con dei controcanti che evidenziano la suggestione intatta della sua voce. Un peccato non si sia "dato" di più al pubblico e alla canzone presentata. VOTO: 7
"Al posto del mondo" - Chiara Civello: come già detto in altri post, e sorvolando sul fatto che comunque questo brano è "vecchio" di due anni e già noto al popolo del web, ci si aspettava qualcosa di più. Presentata come eccellenza jazz di livello internazionale, di jazz non ne ha invero portato sul palco dell'Ariston, puntando su una classica melodia di stampo festivaliero, certo interpretata con garbo, ma non era questo che le si chiedeva. Altre artiste di nicchia che in passato hanno tentato la carta sanremese erano state più coraggiose, penso a Nicky Nicolai e ad Amalia Grè. VOTO: 6
"Respirare" - Gigi D'Alessio e Loredana Bertè: ribadisco quanto già scritto nel commento alla quarta serata: il remix in chiave dance avrebbe funzionato di più e meglio se fosse strato proposto come versione originale per la gara, spiazzante e ben confezionato. Giudicando invece la canzone nella sua forma primaria, il ritmo fonde il "neomelodismo dalessiano" con un arrangiamento "eighties" e vaghe reminiscenze disco settantiane. Piacevole, insomma, ma un po' demodé. Testo semplice ma che va dritto al cuore, una dichiarazione di affetto fraterno e protettivo che pare rivolta proprio all'interprete femminile del pezzo. Più dignitose di qualche anno fa, ma sempre pericolosamente altalenanti le prestazioni al microfono di Loredana.VOTO: 6. 
"Ci vediamo a casa" - Dolcenera: il ritornello meglio strutturato e più orecchiabile del Festival. La cantante pugliese prosegue la sua marcia verso sonorità pop più elaborate ed "europee", accompagnate da testi più complessi. Dei due pezzi maggiormente impegnati "socialmente" (l'altro è quello di Emma), questo mi è parso più toccante e azzeccato, perché descrive in maniera meno diretta e rabbiosa, e più soffusa ed evocativa, una situazione che coinvolge molti di noi, riportando alfine l'attenzione sull'amore che, anche in un quadro così fosco e scoraggiante, rappresenta una delle ancore di salvezza, forse la principale, a cui aggrapparsi per resistere. VOTO: 9. 
"Non è l'inferno" - Emma: costruita per vincere. Qui, come detto, lo sguardo sulla realtà è diretto, aggressivo, senza mediazioni e mezzi termini. Va comunque bene così, purché se ne parli, perché di fronte a questo sfascio non si può tacere. Nel merito musicale, trattasi di pop puro e senza arzigogoli, e la costruzione in crescendo enfatizza il tutto rendendo il pezzo di forte impatto. VOTO: 7. 
"E tu lo chiami Dio" - Eugenio Finardi: intensa e ispirata, questa composizione, ben servita dalla voce matura e dal carisma scenico del cantautore. Il testo non è immediatissimo, non tanto nel linguaggio quanto nei concetti espressi, la spiritualità e la ricerca di una entità superiore anche da parte di chi non si considera un credente a tutto tondo, un percorso che avviene per tutti attraverso esperienze di amore e di dolore. Azzardo e dico che potrebbe avere persino appeal radiofonico. VOTO: 7,5. 
"Grande mistero" - Irene Fornaciari: in questi giorni sono probabilmente stato l'unico a trovare che il brano pittoresco e favolistico di Van De Sfroos le sia stato cucito addosso alla perfezione (e forse rientra pure nelle corde del padre Zucchero, detto incidentalmente), e che lei vi si sia dedicata anima e corpo restituendolo al pubblico con convinzione e credibilità. Evidentemente deve ancora essere abbattuto un diaframma di empatia fra questa giovane artista e la grande massa. VOTO: 6/7. 
"Canzone per un figlio" - Marlene Kuntz: queste presenze musicalmente "aliene" per il Festival fanno sempre piacere perché accrescono lo spettro di generi da mettere alla portata del pubblico televisivo. Rock all'italiana (non particolarmente aspro) di discreta fattura e impreziosito da una voce graffiante, ma forse un po' troppo annacquato da un arrangiamento live che dà eccessivo spazio all'orchestra, soprattutto ai fiati. Anche loro, insomma, hanno optato per un compromesso e si sono banalizzati, ma non ai livelli della Civello. VOTO: 6 +. 
"Sei tu" - Matia Bazar: ritorno dignitosissimo dopo una lunga assenza. Mezzanotte ai limiti della perfezione, ritornello acchiappa applausi di quelli che si facevano una volta a Sanremo. Forse più convincente questa proposta rispetto a quella vincitrice nel 2002 ("Messaggio d'amore"). La parte iniziale dell'inciso evoca "Gente come noi" di Spagna, ma in maniera molto vaga, non si può parlare di scopiazzatura come qualcuno ha fatto. VOTO: 6,5. 
"Sono solo parole" - Noemi: il buon Fabrizio Moro è assai poliedrico e passa dai pezzi sociali al rap duro e puro e alle ballad con l'amore in primo piano: è il caso, quest'ultimo, della canzone confezionata per Noemi, la cui voce "nera" calda e affascinante l'ha colorata con le giuste tonalità, prima soffuse e poi grintose. Lei è un talento vero e il brano, pur non banale nella struttura, è furbo e orecchiabile, più di facile presa rispetto all'intensa "Per tutta la vita" di due anni fa. VOTO: 8. 
"La tua bellezza" - Francesco Renga: la miglior voce maschile del pop italiano si conferma, anche se la sua canzone (almeno per le mie orecchie) non è immediatissima e ha necessitato di più ascolti. Esce alla distanza, anche se di impatto minore rispetto a quella che gli regalò l'unico trionfo sanremese, "Angelo" del 2005. Arrangiamento di squisita fattura, specie con gli arricchimenti corali e strumentali nel finale.  VOTO: 7,5. 
"Per sempre" - Nina Zilli: una delle voci più complete ed eclettiche della canzone italiana anni Duemila, ha scelto il suo stile "vagamente retrò", come dicevano i Matia Bazar in "Souvenir" (Sanremo 1985), e sofisticato assai, con pennellate di jazz e blues, e lo persegue con convinzione. E' evidente il richiamo a Mina, che rende non originalissima nell'impostazione ma comunque di grande effetto la sua canzone. Può però fare di meglio. VOTO: 6,5. 

I GIOVANI
"E' vero" - Alessandro Casillo: la sua vittoria è quella della filosofia da "talent show": canzone che è l'essenza dell'easy listening, bella presenza e schiere di ragazzine adoranti. Più che la qualità del pezzo e il talento del giovanotto, ha deciso la sua provenienza artistica. Gli auguro comunque un bel futuro, ma non si illuda perché non sarà sempre tutto così facile come questo trionfo annunciatissimo. VOTO: 6.
"Nella vasca da bagno del tempo" - Erica Mou: ecco, a proposito di talento vero... Lei era la migliore, con uno stile scarno ma efficace, pensieri di una ragazza di fronte al futuro cesellati con finezza poetica ma anche concretezza e immediatezza. Ispirazione cantautoriale abbinata a un'immagine di grande serenità e semplicità. Non sprecate questa gemma, cari discografici. VOTO: 8.
"Guasto" - Marco Guazzone: lui è invece più convenzionale nel linguaggio, lo stile è maggiormente commerciale ma di stampo contemporaneo e internazionale. Brano di forte impatto. VOTO: 7,5.
"Incredibile" - IoHoSempreVoglia: ritmo incalzante per una "soft rock ballad" che richiama sonorità di alcuni gruppi dell'underground italiano anni Novanta, che parte in maniera promettente ma poi si sviluppa seguendo linee standard e prevedibili della musica leggera. Non impeccabile la voce solista. VOTO: 6. 
"Carlo" - Celeste Gaia: la canzone forse più insolita di tutto il Festival, per il testo stralunato e ricco, un linguaggio nuovo carico di suggestioni, di pennellate immaginifiche e sognanti ma anche di concreto realismo. E la musica non può non rapire l'orecchio, così come non può non rapire lo sguardo la sua bellezza particolare. Altro gioiello da non sciupare con scelte discografiche poco coraggiose. VOTO: 8. 
"Sono un errore" - Bidiel: svolazzi di rock and roll, qua e là, in un brano magari non originalissimo nell'impostazione ( addirittura con echi degli A-ha di "Take on me" nel refrain) ma tutto sommato di discreta fattura. Voci già sufficientemente graffianti. VOTO: 6. 
"La mail che non ti ho scritto" - Giulia Anania: sottotono. Canzone piuttosto banale e che sa un po' di vecchio e di già sentito.  La parola moderna inserita nel titolo non basta a dare al tutto un alone di contemporaneità.  VOTO: 5. 
"Incognita poesia" - Giordana Angi: brano pretenzioso e non facile, per una debuttante che ha feeling nella voce ma che, nella circostanza, ha voluto strafare, con virtuosismi ed arabeschi spesso fini a loro stessi e dannosi per la buona riuscita dell'esecuzione. Deve essere più moderata nella performance, poi se ne può riparlare, perché la stoffa c'è. VOTO: 5,5. 

2 commenti:

  1. mi è piaciuta la tua sincera analizi.. non concordo su tutto, ma ormai ci siamo già detti molte cose in questi giorni :-)
    noto però da parte tua uno stacco notevole tra il brano di Dolcenera (che comunque è piaciuto tanto anche a me) e gli altri. Emma tutto sommato non ha demeritato, da contestare semmai è il sistema che preclude ad altri artisti le stesse possibilità di vittoria e di votazione... non a caso, quando Morandi ha stilato la provvisoria graduatoria dei vincitori, dai primi 6 erano esclusi Finardi, Bersani e Zilli, ovvero i meno commerciali, a livello di televoto.. comunque, acqua passata, restano tante belle canzoni, per fortuna! :-)

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  2. Sai, io comunque non ho mai dato soverchia importanza alla classifica ufficiale. In questo, rimpiango ancora oggi la sdrammatizzazione della gara che aveva portato Fazio: al suo primo Festival, continuava a dire che era solo un gioco, nient'altro che un gioco. Continuo a pensare debba essere questa, per i cantanti, la filosofia di approccio alla kermesse: ciò che conta è presentare il proprio lavoro e godere di una formidabile vetrina promozionale.
    Detto questo, sì, il sistema di voto va modificato, fermo restando che non credo si possa fare a meno, nel breve periodo, del televoto. Ma ci vuole un direttore artistico che abbia "le palle" per mitigarne gli effetti nel rush finale, aumentando il peso della giuria di qualità. Poi però ti trovi gli esperti dell'orchestra che, il venerdì sera, votano per Casillo, e allora cosa puoi fare?
    E' vero, mi ha rapito il brano di Dolcenera, come mi aveva già rapito, e l'ho scritto sul blog, quello estivo, "Il sole di domenica". Trovo la ragazza matura artisticamente, aperta a diverse influenze musicali, ottima nell'interpretazione: sono sicura che una così negli anni Ottanta o Novanta avrebbe venduto centinaia di migliaia di dischi, oggi bisogna sopravvivere...

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