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lunedì 27 febbraio 2012

RECENSIONI DAL TEATRO: "LA CAGE AUX FOLLES - IL VIZIETTO"

Divertono e convincono, Massimo Ghini e Cesare Bocci, nella versione de "Il vizietto" in scena in questi giorni al teatro Politeama di Genova. "La cage aux folles", questo il titolo originale della celeberrima commedia scritta negli anni Settanta da Jean Poiret, e diventata autentico cult sul grande schermo grazie alla presenza di due "mostri sacri" quali Ugo Tognazzi e Michel Serrault, si presenta in questa circostanza con un allestimento assai "corposo", piacevolmente ridondante, ricco di atmosfere, suggestioni, colori. 
E' un "Vizietto" che concede tantissimo all'anima "musical" dell'opera, ed è per questo piuttosto spiazzante rispetto alla sua versione cinematografica. La vicenda narrata si alterna sul palco ad ampi scorci cantati, con larghissimo spazio alle canzoni e ai balletti messi in scena nel locale, "La cage aux folles" appunto, attorno al quale ruota la storia. Che ricordiamo qui in breve: i protagonisti sono Renato e Albin, una coppia omosessuale che gestisce e anima il suddetto, frequentatissimo locale, con spettacoli "en travesti" che hanno proprio in Albin, al secolo "Zazà", la vedette più luminosa e applaudita. Renato ha un figlio, Laurent, nato da una precedente relazione etero e allevato con amore insieme al suo attuale compagno: ma Laurent un bel giorno annuncia di essersi fidanzato, e di voler convolare  a nozze, con la graziosissima figlia di un influente uomo politico noto per le sue posizioni fortemente contrarie all'omosessualità, e in generale fautore di una mentalità fortemente retriva e conservatrice. Ben presto giunge il momento, per i genitori della ragazza, di conoscere Renato ed Albin, delle cui propensioni sessuali sono essi totalmente all'oscuro, e allora ecco prendere il via una commedia degli equivoci gradevole quando non esilarante, ma anche capace di stimolare nello spettatore riflessioni più serie su un certo bigottismo ottuso della società. Riflessioni che erano in una certa misura comprensibili all'epoca dell'uscita di questa commedia, in un mondo ancora immaturo e non attrezzato moralmente e culturalmente per accettare le persone e le situazioni descritte nella piéce, ma che oggi inducono invece all'amarezza, nel constatare come a ventunesimo secolo ampiamente iniziato certi pregiudizi siano terribilmente duri a morire. Ma non è certo questa la sede adatta  per inoltrarsi ulteriormente in tale spinoso argomento. 
Dicevamo dello spettacolo, e del fatto che, a impreziosire il tutto, ci sia la superba prestazione dei due protagonisti. Impeccabili nella recitazione e perfettamente a loro agio nei panni di scena, Cesare Bocci (reso popolarissimo, negli ultimi anni, dal ruolo di fedele compagno di indagini e amico fraterno del Montalbano televisivo) e Massimo Ghini formano una coppia affiatatissima e dai tempi comici pressoché perfetti. Del resto, siamo di fronte a due professionisti esemplari: entrambi calati mirabilmente nei panni della macchietta dell'omosessuale forse un po' datata ma sicuramente funzionale al tema dello spettacolo, e resa con passione e credibilità. Fra i due, un voto in più per Ghini, che tratteggia una versione deliziosamente naif, caricaturale nei momenti di puro divertissement, delicata e sensibile in quelli più seri, del personaggio reso immortale dalla rappresentazione che ne fece Serrault, che giustamente l'attore romano non tradisce né snatura e anzi cita e omaggia in più passaggi, e in particolare nella scelta dell'abbigliamento "in borghese". 
A proposito di costumi, è questo un altro punto di forza dello spettacolo: sfarzosi, un'esplosione cromatica che trasmette fedelmente la natura un po' gioiosa, un po' sensuale, un po' ambigua dell'atmosfera che si respira alla "Cage aux folles". Tra i personaggi, a parte i due "colossi" che fanno gara a sé stante, la caricatura più riuscita (e applaudita dal pubblico del Politeama) è quella dell'effeminato domestico di colore di Renato e Albin, il cui sogno di comparire almeno una volta, per pochi minuti, in uno dei numeri  di ballo previsti dal cartellone del locale viene infine esaudito. Forse troppo rigoroso, freddo e privo di slanci di "pazzia", invece, il Laurent la cui "ordinarietà", seppur ben recitata, risulta un po' stonata in una piéce così fragorosamente anticonvenzionale e fuori degli schemi. In ogni caso tutti, ma proprio tutti, da premiare anche per la voce da cantanti consumati, di cui viene fatto ampio sfoggio in uno spettacolo che, indulgendo più al musical che alla commedia, risulta un tantinello "appesantito" nella struttura complessiva (fa fede la durata: tre ore sono un po' troppe anche per la più godibile delle rappresentazioni): ma le parti cantate e ballate sono così suggestive, travolgenti e ben interpretate che si può perdonare questo innocente "eccesso autoriale". 

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