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mercoledì 3 marzo 2021

SANREMO 2021: LA COSTRUZIONE TELEVISIVA DELL'EVENTO ATTUTISCE LA MANCANZA DI PUBBLICO. AUDITEL IN CALO, CANZONI TENDENTI AL CLASSICO. ARISA, MANESKIN, COLAPESCE-DIMARTINO SUGLI SCUDI

Se ne parla già dagli anni Ottanta, ma è in questo 2021 che, complice la pandemia, si è definitivamente completata la transizione di Sanremo da rassegna canora a show televisivo. E nell'attuale situazione di emergenza è stata una mano santa, riconosciamolo: la costruzione dello spettacolo fatta su misura per il piccolo schermo (complice una scenografia ad hoc, mai così decisiva) ha reso meno impattante lo shock della platea desolatamente deserta, quasi neutralizzandolo. Certo, dal vivo, on stage, deve essere diverso, me ne rendo conto. E dev'essere terribile per cantanti, presentatori, performers esibirsi davanti a nessuno, soprattutto per professionisti di vasta esperienza che hanno bisogno del contatto col pubblico come dell'ossigeno. Ma il filtro della tv attutisce tutto, anche se magari alla lunga il disagio riemergerà: no, non sono stati gli applausi finti, espediente discutibile in tempi normali (quando spesso se ne abusa) ma accettabile oggi. Per quanto di basica elementarità, la trovatina esorcizzante del dialogo con le sedie vuote ha contribuito invece a sciogliere gli animi: il saluto alle poltronissime partito da Fiorello e poi ripreso da vari artisti in corso di serata, l'invito ad applaudire rivolto... ai braccioli, la corsa fanciullesca dei due presentatori fra i corridoi della sala vuota. Tutto fa, ma nel vernissage di Sanremo 2021 è stato fondamentale concepire l'evento come trasmissione tout court, non un grande happening ma un intrattenimento che è soprattutto vetrina promozionale catodica per novità musicali, e lo si è percepito soprattutto nelle esibizioni dei cantanti in gara, ciò che continua a contare di più, nonostante l'allungamento sempre più indecoroso di un brodo che potrebbe serenamente chiudere i battenti a mezzanotte e dintorni.

 GIOCARE CON L'AUDITEL - Lo si fa per giocare coi numeri dell'Auditel, solo che questa volta il trucchetto si è rivolto contro i signori dei dati, dello share e delle percentuali: avesse avuto una durata più umana, questa prima serata si sarebbe chiusa con un bilancio di spettatori del tutto soddisfacente, come possono esserlo 11 milioni e rotti di televisori sintonizzati sulla kermesse. La media ponderata con la seconda parte della puntata ha portato il calo che, del resto, avevo temuto, al di là dell'ottimismo di facciata sbandierato da molti. Lo abbiamo già detto: la concorrenza della Juve, un cast molto avveniristico e privo o quasi di "grandi vecchi", e soprattutto, ripeto, la lunghezza. Minore il peso dell'indegna campagna d'odio delle ultime settimane, fondata su argomenti talmente labili e imbarazzanti, per chi li porta avanti, da non poter essere fattore scatenante di un boicottaggio catodico. Ma poi, non ci sono cose più importanti da boicottare? Se proprio sentite la necessità fisiologica impellente di boicottare qualcosa, fatelo con  l'emittente ligure Primocanale e con la sua grottesca e ossessiva campagna anti festival, non vi pare?

 BERTE' EVITABILE, DIODATO SUPER - Torniamo all'Ariston. Le trovate carine non sono mancate, come la sigletta in stile musical di Ama e Fiore e le telefonate da casa dei vip sintonizzati su Rai 1. Evitabilissima, e anche questo era prevedibile, la presenza di Ibrahimovic, che sembra davvero la caricatura di se stesso: cose che accadono quando si diventa prigionieri di un personaggio, e non si riesce più a distinguere la realtà dalla parodia della stessa. Fra i tanti ospiti, meglio sorvolare, per carità di patria, sulla presenza della Bertè, che ha ormai dato al festival tutto ciò che le era possibile dare senza che si sentisse la necessità di questa ulteriore presenza, priva di pathos e colma solo di rimpianti per la bella voce che fu, mentre ha giganteggiato Diodato, davvero un nuovo fuoriclasse della canzone italiana. Molto, troppo autoreferenziale fino ad essere criptico Achille Lauro, sul pezzo Matilda De Angelis, che sarebbe stato bello vedere anche nelle prossime serate.

 L'ELEGANZA CLASSICA DI ARISA, MICHIELIN E FEDEZ PER VINCERE - Capitolo gara: per chi ha seguito in autunno AmaSanremo, nessuna novità dalle Nuove proposte: il pezzo d'atmosfera di Folcast e quello da "pugno nello stomaco" di Gaudiano, che rimane il mio favorito, erano nettamente superiori alla concorrenza, e non potevano temere scherzi se non un inserimento del fin troppo scanzonato Avincola, mentre Elena Faggi è passata senza lasciare tracce. Riguardo alla prima infornata di Big, sinceramente il livello mi è parso buono, pur se non siderale, e tenendo conto che per me si è trattato del primo ascolto in assoluto. Se una critica debbo fare sulla media delle canzoni, è forse mancato del coraggio ai veterani, quelli che hanno meno da giocarsi rispetto ad altri e potrebbero, una buona volta, osare un po' di più. Ma tant'è. Al netto di questa considerazione, Arisa e Annalisa portano avanti la classica linea melodica sanremese con due proposte di notevole classe ed eleganza, soprattutto quella di Rosalba, mentre forse la savonese tende un po' ad affondare nella banalità, pur facendosi ascoltare gradevolmente. Di Noemi ho apprezzato il buon crescendo vocale e orchestrale nella seconda parte di "Glicine", mentre Michielin (bellissima nel suo new look) e Fedez hanno il tipico pezzo costruito per soddisfare ogni esigenza: quelle radiofoniche e di streaming, quelle... economiche di vendita, quelle immediate di classifica al Festivalone. Possono vincere? Dopo questo primo approccio sembrerebbe di sì, ma tante cose possono ancora accadere, vista la quantità di giurie chiamate ancora a pronunciarsi di qui a sabato.

 POLLICE IN SU PER MANESKIN E COLAPESCE-DIMARTINO - Anche se c'è chi lo nega, quello dei Maneskin è rock duro e puro. Certo rock all'italiana, ma pur sempre genuino, sporco e maleducato: la loro "Zitti e buoni" è destinata a percorrere una buona strada fuori dall'Ariston. Lo stesso accadrà per Colapesce e Dimartino, grazie a una "Musica leggerissima" con deliziose reminiscenze seventies, in particolare nei rimandi ai primi Matia Bazar. Troppo forzata l'interpretazione di Aiello, sotto la cui veemenza non pare esserci molto se non un brano che musicalmente non appare modernissimo come nel testo, mentre per Max Gazzè c'è il rischio di cadere nella... prevedibilità dell'imprevedibilità. Alla fine persino gli Elii hanno stufato con la loro ricerca dell'originalità a tutti i costi... "Il farmacista" è comunque ancora un prodotto di spessore, certo con sprazzi di genialità, ma che sostanzialmente nulla aggiunge al suo percorso artistico. Gli devo comunque dare atto di avermi fregato: pensavo che la sua Trifluoperazina monstery band fosse un gruppo reale, di giovani musicisti sconosciuti, e invece erano dei cartonati di personaggi iconici. E vabbè.

 FASMA SUL SICURO, MISTERO RENGA - Fasma ha fatto breccia nel cuore della demoscopica con un "capitolo 2" del brano che gli ha dato popolarità l'anno passato. Nulla di male: per quanti anni abbiamo osannato e gratificato economicamente, comprandone i dischi, cantanti italiani e stranieri che proponevano ogni anno lo stesso pezzo, con piccole variazioni sul tema? Qui c'è almeno uno stile riconoscibile a chi frequenta quei territori musicali. Allegrotta, coinvolgente e neppur troppo spiazzante "Fiamme negli occhi" dei Coma_Cose, Madame più "omologata" del previsto, adattata cioè al palco sanremese che ne ha smussato certi angoli, anche se il punto forte rimane la sua particolarissima, straniante, distorta maniera di "porgere" la canzone, mentre chi non ha esitato a lanciarsi nel buio, sfidando le giurie, è stato il buon Ghemon con una miscela di jazz, soul e funk di non facile digeribilità, eppur rimarchevole. Una postilla per Francesco Renga: che non sia più molto "a fuoco" è chiaro perlomeno dalla sua precedente, opaca performance ligure del 2019, e ieri ha nuovamente lasciato interdetti. Forse qualche difficoltà esecutiva, sicuramente un'opera dalla costruzione strana e ardua da percorrere anche per corde vocali d'eccellenza come quelle del bresciano. Gli strali per lui si sprecano, io voglio riascoltarlo, perché non mi pare  terribile: sicuramente più ardimentoso di due anni fa, quando non rischiò alcunché e andò incontro al disastro.

 BATTAGLIA TERRIBILE CON LA SERIE A - Stasera seconda infornata di big e giovani. La battaglia è terribile: se ieri in concorrenza c'era "solo" la Juventus, ossia la squadra più amata e seguita in Italia, oggi c'è il resto della Serie A (con Ibra assente forzato all'Ariston, e non è detto sia un male), e c'è soprattutto il derby della Lanterna. Io ovviamente vedrò Sanremo, per antica passione e perché odio profondamente la stracittadina, una partita che provoca in me solo ansia e tensione, ma ovviamente sarò costretto a uno zapping compulsivo, perché al cuor calcistico non si comanda. Anche nel 2011 un derby genovese si svolse nei giorni del Festival, ma venne evitata la sovrapposizione anticipandolo al tardo pomeriggio. Vedremo come andrà, e capiremo nei prossimi giorni se, dati Auditel alla mano, sarà il caso di porre mano a un ripensamento della concezione artistica del progetto Sanremo, per quanto riguarda le edizioni future. Tante sbavature, tanti lati oscuri erano già emersi in questi anni (e puntualmente registrati su queste pagine, se avete avuto la bontà di leggere), ma il successo oceanico di pubblico aveva mitigato il tutto. A volte prendere qualche facciata fa bene, ma avremo modo di riparlarne.

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