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martedì 2 marzo 2021

SANREMO 2021 AL VIA DOPO UNA DRAMMATICA VIGILIA: FESTIVAL MADE IN ITALY E SPACCATO DELLA NUOVA CANZONE NOSTRANA. LEGGEREZZA CHE NON DIMENTICA LA TRAGEDIA

 Finalmente si canta. Siamo ai nastri di partenza del Festival più drammatico, surreale, straniante di sempre. La lunghissima vigilia è terminata, vivaddio. Tormentata come mai in passato, per motivi tremendamente seri ma anche per un eccesso di polemiche costruite su presupposti sbagliati, se non inesistenti. Avendo già sviscerato la tematica in maniera più che esauriente in questa sede, null'altro ho da aggiungere in merito. La mia scelta di campo l'ho fatta in tempi non sospetti, sono contento che il fronte dei favorevoli alla rassegna si sia nel frattempo arricchito di nomi prestigiosi e autorevoli, ma anche fossi rimasto da solo nulla sarebbe cambiato nel mio modo di vedere le cose. 

Il Sanremo numero 71 sarà un unicum, si dice. Lo spero sinceramente, anche se non ne sono più molto sicuro, alla luce dell'andamento sostanzialmente imprevedibile della pandemia e dell'inaccettabile lentezza della campagna vaccinale. E dunque, in una situazione del genere, l'auspicio è che possa essere se non altro uno show prototipo, un modello per tutti gli eventi spettacolari che verranno messi in scena nei prossimi mesi sul piccolo schermo e, sarebbe ora, nei teatri, in attesa di un'uscita dall'emergenza che ancora non si intravede all'orizzonte. Il protocollo sanitario ha creato attorno all'Ariston una bolla che, sulla carta, offre tutte le garanzie. Chi sta appollaiato sul trespolo nell'attesa quasi spasmodica del tampone positivo fa semplicemente pena, e ha evidentemente una vita molto triste. 

UN DISPERATO BISOGNO DI NORMALITA' - La mission della tv di Stato, ha ricordato ieri in conferenza stampa il direttore di Rai 1 Stefano Coletta, è sì informare, ma anche intrattenere con leggerezza. Del tutto refrattario all'idea di dovermi listare a lutto e chiudermi in casa in raccoglimento perenne con radio, televisione e pc spenti, per un malinteso senso di solidarietà posticcia, mi abbandono a questo disperato bisogno di evasione, in me tanto più accentuato in questo periodo, per questioni personali che vanno a sovrapporsi a quelle nazionali e mondiali. Già, un disperato bisogno di gioia e di normalità, seppur effimere; fame di una settimana di canzoni da poter vivere e raccontare comunque ai posteri. 

Sì, sarà strano, anzi straniante: sono sicuro che nessuno, sia chi seguirà da casa sia chi animerà l'evento on stage, perderà contatto con una realtà troppo cruda e incalzante per essere messa in un angolo; ma quando le luci si accenderanno sulla scintillante scenografia, per cinque serate tornerà la magia. "And It's gonna be so different when I'm on the stage tonight", cantava Frida degli Abba nella struggente Super Trouper: una frase che, tutto sommato, racchiude il senso di questo Sanremo 71. Ci sono il dramma e la tragedia, ognuno deve fare la sua parte, e gli artisti possono fare tantissimo tornando a cantare e suonare, facendoci rivedere spiragli di speranza e dando una poderosa spinta per la ripartenza di un settore in sofferenza. Questo non è ignorare il Covid, le sue vittime, il disastro economico, anzi: è voler almeno provare a dare un contributo per saltare l'ostacolo, un primo piccolo tassello per la ricostruzione e, fatto non trascurabile, per risollevare il morale di un popolo prostrato. 

SENZA PUBBLICO E' POSSIBILE - Un anno di tv ci ha dimostrato che, superati comprensibili imbarazzi iniziali, si può dare spettacolo anche senza pubblico. Abbiamo visto tanti varietà brillanti e luccicosi, eventi canori a vasta partecipazione, filati via lisci come l'olio. Non voglio farla passare come normalità perché, ovvio, così non è, ma si tratta dell'ultimo dei problemi, e non ci si dovrà scandalizzare per gli applausi finti, usati anche in passato a Sanremo per "mascherare" la proverbiale freddezza della platea festivaliera. Qualche impaccio in più potrebbe forse esserci per Fiorello: ricordo le prime puntate dell'one man show di Maurizio Crozza in lockdown, col comico genovese visibilmente a disagio a sfornare le sue battute davanti a seggiole vuote. Ma Rosario è talmente istrionico, geniale improvvisatore, che saprà tirare fuori il meglio anche da un quadro così emergenziale: già in questi giorni di approccio, nelle sue incursioni in varie trasmissioni televisive, si è mostrato in discreta forma. 

L'ORA (ANZI, LE ORE) DEL CHIACCHIERICCIO - Guardando a come è stato costruito, impostato e strutturato Sanremo 71, del resto, mi vien da pensare che non ci sarà tempo per avvertire momenti di vuoto e di freddezza. Personalmente non condivido la scelta di occupare militarmente le fasce di prima, seconda e terza serata per cinque giorni consecutivi, con venticinque ore complessive di trasmissione che, facilmente, diverranno ventisei, se non di più. Ma va dato atto all'organizzazione di aver fatto il possibile per riempire ognuna delle cinque puntate coprendo la più ampia gamma di gusti possibile. Fra conduttori, copresentatrici, battitori liberi (Fiore, appunto) e ospiti non cantanti, ci sarà un notevole chiacchiericcio, fatto apposta per tirare tardi, ma, al contrario di quanto avvenuto a volte in passato, soprattutto nel primo decennio di questo secolo, ciò non andrà a detrimento della musica, che è presente in maniera oltremodo massiccia, in termini di quantità e, credo, qualità. 

GOLDEN GLOBE E MOSTRI SACRI - Sarà la più grande celebrazione di sempre del made in Italy canoro, vista la scontata impossibilità di scritturare vedette straniere. Il parterre dei superospiti nostrani, presenza solitamente sgradita per via del "due pesi e due misure" che viene a crearsi con i concorrenti, quest'anno era imprescindibile, anche per andare nella direzione di quel "festival partecipato" che personalmente avevo auspicato fin dall'estate: partecipato sia in concorso che fuori. E se non altro, accanto ai soliti noti, offre qualche spunto degno di interesse: perché la Pausini torna, sì, ma lo fa per celebrare lo storico Golden Globe appena conquistato. Perché Diodato aprirà la kermesse con la sua canzone vincitrice di Sanremo 2020, diventata un inno alla speranza in questi dodici mesi cupi e duri. E perché ci saranno quelle vecchie glorie (senza offesa) da qualche anno sempre più distanti dalla gara: Gigliola Cinquetti, Marcella e Fausto Leali verranno a cantare alcuni loro successi del passato. Giusto così, perché la storia di Sanremo la fanno cantanti e canzoni in gara, e la gara ligure non poteva continuare in eterno a lisciare il pelo al pubblico di mezza età e oltre, proponendo oltre ogni logica personaggi ormai fuori da ogni discorso discografico. Pubblico che peraltro pare aver raggiunto il livello di saturazione, a giudicare dai recenti, clamorosi flop delle trasmissioni celebrative dedicate a Patty Pravo (prezzemolina di tanti festival recenti e dei palinsesti Rai in generale) e ai Ricchi e Poveri. 

LA NOSTALGIA HA STANCATO? - Un buon segno, sì, confermato indirettamente dal consenso che, invece, ha incontrato il progressivo svecchiamento del carrozzone rivierasco già in atto da almeno un decennio, pur se su presupposti via via diversi. Se direttori artistici come Gianmarco Mazzi e Carlo Conti portarono una ventata di freschezza facendo massiccio ricorso al vivaio sanremese e a quello dei talent show, Baglioni e Amadeus hanno deciso di scandagliare con coraggio i mondi rap, indie e della nuova musica in streaming, che ha creato idoli sconosciuti al popolo generalista ma apprezzatissimi in rete. Signori miei, tutto cambia, e la musica non può stare ferma: a chi protesta sui social parlando di cast di sconosciuti, di Nuove proposte travestite da Big, di assenza dei grandissimi nomi, è giunta l'ora di dire due paroline, senza illudermi che possano capire perché certe convinzioni sono difficili da scalfire.  

GUARDARE AVANTI - Orbene, i "grandissimi nomi", a Sanremo, in gara non ci vanno da almeno mezzo secolo. Quanto ai vostri/nostri idoli di gioventù, hanno avuto anni e anni di passaggi ripetuti, di occasioni più o meno sfruttate, ma ora hanno poco o nulla di nuovo e di valido da offrire; non si poteva continuare a fare Sanremo con i "Campioni" degli anni Ottanta, Novanta, Duemila. Avanti bisogna guardare, è vitale essere curiosi, affamati di novità, avere voglia di scoprire quanto fermento c'è nel sottobosco della canzone leggera tricolore. E se proprio non avete l'apertura mentale per compiere questi passi, beh, è legittimo, ma non giudicate ciò che non conoscete. E poi del resto funziona così, da sempre, è un automatismo mentale che proprio non si riesce a spezzare: negli anni Sessanta si rimpiangevano Achille Togliani e Giorgio Consolini contestando gli eccessi di Celentano e Little Tony; nei Settanta e negli Ottanta si rimpiangevano gli idoli Sixties guardando con sospetto all'innovazione (moderata) portata da Alice, Ruggeri, Mannoia ecc. Sempre, sempre a rimpiangere i tempi andati, che, guarda un po', sono sempre migliori di quelli che si stanno vivendo. E' un meccanismo pernicioso, un freno alla crescita culturale e musicale del paese che ha un solo nome: pigrizia mentale. 

CAST "FAMILIARE", NONOSTANTE LE APPARENZE - Nel dettaglio, il cast dei Big di Sanremo 2021 fornisce uno spaccato interessante e credibile, per quanto non esaustivo, della nuova canzone tricolore, di quello che, con buona pace dei nostalgici ad libitum, funziona oggi fra chi sull'ascolto di musica investe tempo, passione, denaro. Un cartellone che è sì fortemente innovativo e rivoluzionario, ma non al punto di lasciare di sasso il pubblico un po' più attempato. Se Orietta Berti è l'unica concessione ai "classic", c'è però un drappello di nomi divenuti ormai familiari anche per gli utenti in fascia "anta": Renga e Meta, Arisa e Annalisa, Malika e Noemi, tutti, fra l'altro, vincenti o piazzati in edizioni a noi vicine, quindi con solido palmarés e notevole repertorio. Nel gruppo dei volti, diciamo così, familiari, possono trovare posto anche l'estroso Gazzè, in pista ormai da fine anni Novanta, e, perché no, Lo Stato Sociale, "sdoganato" dal primo Festival baglioniano con un secondo posto a sorpresa e con la trovata scenica della "vecchia che balla", nonché Irama, principe delle hit parade estive. Ed è sicuramente una coppa da copertina quella formata da Michielin, seconda nel 2016, e Fedez, colpaccio di Amadeus. 

Aggiungiamoci Gaia e Maneskin, che si portano dietro l'enorme bacino di popolarità derivante dai talent, Bugo, per via del bagno di visibilità (non si sa quanto gradito) avuto l'anno scorso in seguito allo "scazzo" con Morgan, e tutto sommato Ghemon, raffinato artista già visto all'Ariston come concorrente e come duettante, senza contare Fasma che è perfettamente inserito nel meccanismo tipico del festival, arrivando dalla sezione giovani e promosso grazie a un maggior successo commerciale rispetto al vincitore di categoria Leo Gassman: nulla di diverso rispetto a quanto accaduto negli anni Ottanta a Marco Armani e Flavia Fortunato, e nei Novanta ad Alessandro Canino, Gerardina Trovato e Marina Rei, per fare solo qualche esempio. Al tirar della somme, una buona metà del cast non sarà assolutamente spiazzante, e renderà meno pesante lo sforzo di dover scoprire gli altri. Conoscendo e apprezzando buona parte di questi "nuovi" o presunti tali, posso dire che in linea di massima non ci sarà di che essere delusi e che, azzardo, possiamo ritenerci fortunati se il futuro immediato della canzone italiana è nelle loro mani, perché ci sono doti di scrittura, ricerca sonora e capacità di abbracciare la modernità senza abbandonare del tutto il solco della tradizione. Forse solo Madame e, in parte, Coma_Cose potrebbero risultare di difficile digeribilità, essendo persino oltre la contemporaneità e sconfinando nel futurismo canoro, ma non è detto. 

CHI VINCE? MICHIELIN E FEDEZ NOMI FORTI, MA... - Pronostici? Sulla gara non mi sento di farne. Ci troviamo alle prese con una di quelle edizioni in cui la canzone avrà un peso determinante, più del "peso" del nome dell'interprete. Ultimamente è successo spesso, in verità: nel decennio che ci siamo lasciati alle spalle, gli unici vincitori annunciati sono forse stati i soli Vecchioni, Volo e Meta-Moro. Certo, il collaudato duo Michielin - Fedez parte col vento in poppa, le pagelle giornalistiche seguite al preascolto dei brani, per quel che valgono, hanno un po' raffreddato gli entusiasmi attorno alla loro proposta. Vedremo, anzi, ascolteremo. Personalmente, sperando finalmente in una riscossa femminile, mi auguro un'affermazione di Malika ed Annalisa, con un occhio alle outsider Rappresentante di Lista e Coma_Cose. Fra i maschietti, punterei forte su Ermal Meta, che "sa come si fa" a Sanremo, meno su Renga, che nella sua ultima uscita rivierasca era parso un po' appannato, mentre si dice un gran bene della coppia Colapesce - Dimartino, di Aiello, di Fulminacci. E occhio allo Stato sociale, che dopo il primo assaggio potrebbero essere tornati per vincere. Fra i giovani "veri", in pole position metterei Gaudiano e il suo pezzo da pugno nello stomaco, per chi ha avuto l'occasione di ascoltarlo ad AmaSanremo nel tardo autunno scorso. 

COME RISPONDERA' IL PUBBLICO A CASA? - Altro tipo di pronostico, molto delicato, lo si potrebbe fare sulla resa Auditel del festival. Qui ancor di più è opportuno andarci coi piedi di piombo. Perché sulla carta potrebbe essere un'edizione da record, per la sua triste e auspicata unicità, per la situazione pandemica che costringe tutti a casa, ma anche, è ovvio, per gli innumerevoli spunti di interesse offerti sia dal lotto dei concorrenti che da quello degli ospiti. Ma ci sono tre incognite: la durata esagerata delle serate (passi per la finale, ma si farà notte già da stasera), la concorrenza del campionato di calcio (nel 2008 il Festival si fermò il mercoledì per non sovrapporsi alla disputa di un turno infrasettimanale di Serie A) e soprattutto la campagna di odio anti Sanremo che, per settimane, ha percorso innumerevoli pagine social. Io rimango del mio parere, e cioè che Facebook e compagnia siano il megafono di una esigua minoranza estremamente rumorosa e volgare, che sopperisce con i toni a un pauroso vuoto argomentativo che emerge da ogni rigo delle loro sgangherate tirate contro il festivalone. E tuttavia, anche solo parzialmente, il seme gettato potrebbe non essere caduto nel vuoto. Per questo ritengo che debba esser messo in preventivo un non marcatissimo calo negli ascolti, e che la conferma dei livelli del 2020 rappresenterebbe già un magnifico traguardo, in attesa di tempi migliori. Spero ovviamente di sbagliarmi. 

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