Dicono che noi "Sanremo-fanatici" siamo disposti ad accettare tutto, proprio tutto, del Festival. Beh, sapete, non è mica vero. Perché una serata come quella di ieri, ad esempio, è qualcosa di molto vicino ad un'offesa, tanto più grave nei confronti di chi Sanremo lo segue e lo ama con passione praticamente da quando ha l'età della ragione. Parlo soprattutto della struttura dello spettacolo (ma non solo, come vedremo): quasi cinque ore e mezza di trasmissione per la puntata meno importante e significativa dell'edizione rasentano la follia. Una decina di concorrenti lasciati nell'ultimissimo segmento, fino alle soglie delle due di notte, sono una mancanza di rispetto verso tutti, spettatori e artisti.
SCALETTA CONCETTUALMENTE SBAGLIATA - Chi mi conosce sa che guardo con grandissimo interesse al passato, facendone perfino oggetto di studio, come nel caso delle mie ricerche sulla storia della manifestazione canora più amata e popolare, ma non sono un nostalgico, tutt'altro. Penso semplicemente che si debba trarre il meglio dai tempi che ci siamo lasciati alle spalle, e ciò vale anche per Sanremo. Era estremamente funzionale, sul piano della resa televisiva e dei risultati di audience, il meccanismo degli anni Ottanta, che prevedeva di inserire gli elementi extra - competizione nella seconda parte dello show, perlomeno gran parte di essi (certo se ti trovavi fra le mani un Paul McCartney, come nell'88, era giusto riservargli un posto di riguardo in scaletta). In una serata riempita dalla gara (o meglio, pseudogara) come quella di poche ore fa, intermezzi evitabili come quelli di Valeria Fabrizi e del duetto Ibra-Mihajlovic, per tacere del taglio di baffi (con ferita annessa) di Amadeus a Fiorello, non si potevano mettere in coda a tutto il "mappazzone"? Date retta: ne avrebbe guadagnato la qualità dello spettacolo, per non parlare dei nervi di noi poveri spettatori inermi. Brutto segno quando anche un irriducibile come me, abituato al più rigoroso "festival minuto per minuto", sprofonda a più riprese nel sonno, vedendosi poi costretto a recuperare le esibizioni perdute sulle piattaforme video web.
CAMBIARE LA TERZA SERATA - Rimane poi il difetto di fondo di un pezzo di format festivaliero che nasce come serata evento e che qualche volta, in passato, ha saputo essere un happening grazie a una felice miscela di ospiti illustri e performance ben cesellate, ma che, in generale, è qualcosa di fondamentalmente debole, un corpo estraneo che aggiunge poco o nulla al prodotto Sanremo e anzi, spesso, sottrae. La ripetitività del modello l'avevo già, oltretutto, più volte sottolineata negli anni addietro: cover e celebrazioni della canzone d'autore e della storia della musica italiana o della stessa rassegna ligure, cose viste e riviste, trite e ritrite. La terza serata andrebbe ripensata in toto: magari cominciando a posticiparla di 24 ore, perché ad esempio secondo me non ha senso che per due sere-notti consecutive, venerdì e sabato, si debbano riascoltare le medesime canzoni nuove dei Big.
Ieri, in chiusura di commento, ho buttato lì l'idea di rimanere nel filone nostalgia, ma con gli interpreti e le opere originali: invece di gettare nel calderone le Cinquetti, le Marcella e i Leali di turno, quasi spersi nel mare magnum di maratone tv elefantiache, perché non costruire loro addosso un evento ad hoc, una puntata a tema, nella quale magari inserire anche la finale dei Giovani, i quali certo si gioverebbero dall'essere affiancati da nomi-totem amatissimi dal pubblico più maturo di Rai 1? Questa potrebbe essere un'idea: un'altra potrebbe essere il ripescaggio dei duetti con reinterpretazione dei pezzi in concorso, che in diverse edizioni di questo secolo hanno proposto rivisitazioni interessanti e versioni alternative degne di nota.
CHE C'ENTRANO LE COVER CON LA GARA DI BRANI NUOVI? - Tutto questo, sorvolando sul vero grande punto interrogativo della serata cover: il fatto che vada a incidere sulla graduatoria generale del concorso di inediti. Si possono trovare tutte le giustificazioni possibili, dire che è importante valutare le capacità interpretative degli artisti alle prese con composizioni di altri, ma Sanremo è una tenzone di canzoni nuove, e la conclusione è che si continua a mischiare pere con mele e a inquinare il verdetto finale di sabato. Per dire, i capiclassifica Annalisa ed Ermal Meta hanno avuto gioco facile, puntando su cover fin troppo sicure (rispettivamente "La musica è finita" e "Caruso", vedi te che fantasia), proponendole con misura e con sostanziale aderenza all'originale, fatto salvo l'apprezzabile arrangiamento di Federico Poggipollini per il pezzo della Vanoni, sicuramente un valore aggiunto. Così, hanno consolidato le loro posizioni di vertice e si apprestano ad affrontare le tre votazioni decisive partendo da un piedistallo non del tutto meritato, se guardiamo esclusivamente alle canzoni... di loro proprietà, quelle selezionate da Amadeus. Stesso discorso applicabile anche a "Quando", in cui Arisa si è avvalsa della presenza magari tecnicamente non ineccepibile, ma indubbiamente intensa e sofferta, di un Michele Bravi che spero di ritrovare presto in competizione in Riviera.
IRAMA. MANESKIN, GAIA E FULMINACCI OK - Insomma, l'ennesima occasione perduta. Peccato perché, quest'anno, si era intravisto un minimo di coraggio in più nella scelta degli evergreen, o presunti tali, da rielaborare per il palco dell'Ariston. Avrebbero meritato maggior considerazione la rispettosa interpretazione di "Cyrano" da parte di Irama (con tanto di intro di Guccini, una perla destinata a rimanere un unicum nella storia della manifestazione), lo sfacciato e irriverente vestito rock che i Maneskin e Manuel Agnelli hanno fatto indossare ad "Amandoti" dei CCCP, il "Penso positivo" di Fulminacci valorizzato dalla tromba di Roy Paci e, soprattutto, dalla rilettura in chiave surreal-ironica di Valerio Lundini, la struggente e sensuale atmosfera che Gaia e Lous and the Yakuza hanno saputo creare per "Mi sono innamorato di te".
MADAME, ORIETTA E STATO SOCIALE SU, BUGO GIU' - La voce delle Deva (rivista sul palco Laura Bono, sfortunata vincitrice fra i Giovani nel 2005) si è sposata come meglio non poteva con quella di Oriettona Berti, facendole fare un balzo in classifica grazie a "Io che amo solo te", "Giudizi universali" è stata soprattutto una performance di Samuele Bersani alla quale poco o nulla ha aggiunto Willie Peyote. Di Madame rimarchevole la citazione del famoso sketch in un'aula scolastica con cui Celentano lanciò "Prisencolinensinainciusol" in tv; fin troppo rigorosa, pur se efficace, la rilettura di "Del mondo" dei CSI da parte di Gazzè e Silvestri, i Rappresentante di Lista hanno ben riarrangiato "Splendido splendente", ma l'apporto di Rettore è stato pressoché impalpabile, mentre da promuovere gli Stato Sociale, che se non altro hanno colto l'occasione per parlare della situazione di grave sofferenza del mondo sello spettacolo, ben appoggiati da Francesco Pannofino ed Emanuela Fanelli, e magari solo per questo avrebbero meritato una più degna collocazione in scaletta. Menzione d'onore per lo scanzonato medley da festa di piazza degli Extraliscio con Peter Pichler, meno per il fanciullesco pout pourri di Fedez e Michielin e per la mediocre, se non peggio, versione di "Un'avventura" offerta da Bugo e dai Pinguini.
Tutto il resto è già passato nel dimenticatoio, ma il dramma è che anche il poco di meritevole verrà presto spazzato via, anche perché, verosimilmente, non finirà in alcuna incisione, e non so quanti, fra mesi o anni, andranno a ricercare queste esibizioni su Rai Play e dintorni. Insomma, il caso della cover di "Se telefonando" by Nek, divenuta successo commerciale, continua a rimanere più unico che raro, e stiamo parlando di un episodio di sei anni fa. Anche questo è un motivo, uno dei tanti, per porre energicamente mano a un deciso rimodellamento di questa serata-corpo estraneo. Ricaricate le pile e schiacciato un pisolino, siamo dunque pronti a rituffarci nel vero Sanremone, l'unico che conta, quello della gara. E sono sicuro che già da questa sera cominceranno ad emergere le qualità di brani dal livello tutt'altro che malvagio.
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