Powered By Blogger

martedì 29 novembre 2016

VERSO SANREMO 2017: PREVISIONI E SUGGESTIONI SUL CAST DEI BIG

                       Carlo Conti: ultime due settimane di lavoro sul cast di concorrenti sanremesi

La prima "giornata campale" lungo il cammino verso Sanremo 2017 sarà lunedì 12 dicembre, quando Carlo Conti svelerà, in pratica, l'intero cast dei concorrenti, sia Big che Giovani. Il direttore artistico, per il terzo anno consecutivo (e ultimo, almeno per il momento...) sulla tolda di comando, ha scelto di cogliere due piccioni con una fava: "Sarà Sanremo", la trasmissione in prima serata su Rai Uno che ospiterà la selezione decisiva delle nuove leve rivierasche, accenderà anche i riflettori sull'annuncio più atteso dagli appassionati, quello del listone dei venti vip che si daranno battaglia all'Ariston dal 7 all'11 febbraio prossimi.
Una scelta mediaticamente azzeccata, da parte dell'anchorman toscano e dell'azienda: in tal modo, risulterà potenziato l'appeal televisivo di un evento che, l'anno passato, non aveva granché fatto breccia in sede di Auditel (anche perché era una novità ripescata dopo tempo immemore, e dopo che tanta acqua era passata sotto i ponti della "musica da piccolo schermo", con particolare riferimento alla dittatura del format Talent show). Senza contare che l'effetto scoop legato alla comunicazione dei Big verrà sottratto alla brutta Arena di Giletti, che negli ultimi due anni, e in altri precedenti, ne ha beneficiato senza grossi meriti (parere personale, ovviamente). 
Già, ma chi saranno, alla fine, i grossi calibri in gara? Come consuetudine del blog, a meno di due settimane dall'annuncio è il caso di cominciare a tracciare un quadro d'assieme. Premetto che, come sempre, non ho contatti diretti con case discografiche, management ed entourage degli artisti; mi limito ad "annusare" l'aria e a fare considerazioni sulla base di vari fattori: l'andamento generale del mercato musicale italiano degli ultimi mesi, le partecipazioni recenti al Festivalone (cartina di tornasole attendibilissima per capire chi potrà tornare in lizza e chi rimarrà fermo un giro), nonché, ovviamente, i rumors riportati dalle fonti più autorevoli. 
I "COLPI" MANNOIA E THE KOLORS - A tal proposito, Sorrisi e Adnkronos, sicuramente bene informati, negli ultimi giorni hanno insistito parecchio soprattutto su due grossi nomi: Fiorella Mannoia e The Kolors. In entrambi i casi si tratterebbe di due indubbi colpacci, anche se qualche perplessità permane: riguardo a Fiorella, ha pubblicato da poche settimane un album (già nelle charts), possibile dunque che dopo appena tre mesi se ne esca con un altro inedito da lanciare in Liguria, con conseguente eventualità di proporre un repackaging del suddetto disco a strettissimo giro di posta? Tutto può essere, ormai nulla mi sorprende delle strategie dell'industria di settore... Riguardo a Stash e compagni, se saranno in lizza vorrà dire che hanno deciso, magari momentaneamente, di abbandonare il canto in lingua inglese: se la loro partecipazione si concretizzasse, la giovane band assurgerà inevitabilmente al ruolo di superfavorita per il trionfo finale. 
IL SOGNO DEI SUPERBIG - Nell'ultimo post dedicato al Festival avevo sottolineato come, per questa sua ultima esperienza sanremese in veste di direttore artistico (ma, ripeto, sul suo ritorno in futuro metterei entrambe le mani sul fuoco), Carlo Conti avesse bisogno di qualcosa di esplosivo, di un quid in più, un gruppetto di assi del pop da mettere in bella mostra in Riviera, per lasciare un segno indelebile e non limitarsi al piccolo cabotaggio di un cast dignitoso ma "medio". Avevo anche buttato là qualche nome, da Alessandra Amoroso a Mario Biondi, dai Modà a Carmen Consoli, da Cesare Cremonini a sogni "impossibili" come Antonacci (che nel 2017 pubblicherà un nuovo album), Zero e Venditti, tutti personaggi, giovani e meno giovani, pienamente sulla cresta dell'onda, da primi posti nelle classifiche o da tutto esaurito nei concerti. Finora nulla si è mosso su questo fronte, e in particolare sembra che la candidatura della Amoroso, dopo un'estate da "promessa sposa festivaliera", sia tornata a traballare, come è sempre avvenuto negli anni scorsi; confidiamo comunque in qualche boom dell'ultimo momento, accuratamente tenuto segreto dall'organizzazione.
Ad esempio, chissà che Conti non faccia un tentativo con Fabio Rovazzi, il "caso" musicale del 2016 (anche eccessivamente demonizzato, come se la canzone demenziale fosse una novità di quest'epoca, e come se giungere al successo tramite You Tube fosse ancora un delitto), o con Gigi D'Alessio, che da un po' di tempo non lancia inediti. Un coup de théâtre sarebbe rappresentato dal reclutamento di Alvaro Soler, nuovo re dei tormentoni estivi e ormai italiano d'adozione. 
I RITORNI DAL PASSATO RECENTE - Dicevamo dell'analisi dei partecipanti alle ultime edizioni, un modo per trarre indicazioni credibili su chi potrebbe tornare in competizione nel 2017. Dopo l'affermazione di dodici mesi fa, dovremmo rivedere il vincitore fra i giovani, Francesco Gabbani (la sua "Amen" si è ben imposta) e, perché no, un'altra nuova proposta rampante, quell'Ermal Meta che è anche autore assai considerato e che nel corso del 2016 ha inciso l'album "Umano", dal quale sono stati tratti altri singoli di buon livello. Si parla anche di un immediato bis di Clementino, rapper che all'Ariston e in hit parade ottenne un'affermazione superiore alle aspettative. 
Dal 2015 potrebbero riemergere Chiara Galiazzo (nome molto "gettonato" in queste ore), Nesli, Irene Grandi, Marco Masini e Anna Tatangelo, la quale sta vivendo un momento di gloria nelle  nuove vesti di attrice (è nel cast del cinepanettone "Un Natale al Sud"). Ancora, andando più a ritroso e guardando all'edizione 2014, dovrebbe essere scoccata l'ora del ritorno per Giusy Ferreri, che sta vivendo una delle fasi più appaganti della sua carriera grazie anche allo strepitoso successo, iniziato nel 2015 e prolungatosi nel tempo, del singolo "Roma - Bangkok" con Baby K. seguito dall'intensa "Volevo te"; verosimilmente ci riproverà Francesco Sarcina e magari pure Renzo Rubino, cantautore di indubbia originalità.
Fermi anche loro alla partecipazione del 2014, non è da escludersi la presenza di Raphael Gualazzi e Francesco Renga, due nomi di indubbio spessore pur se reduci da periodi diversi: il primo è lanciatissimo dallo splendido brano "L'estate di John Wayne", uno dei migliori prodotti italiani dell'ultimo lustro, e da un nuovo album, il secondo deve rimediare all'esito del cd "Scriverò il tuo nome", buono ma non eccezionale come era lecito attendersi. Mancano dal 2013, ma sarebbe bello rivedere all'Ariston la sofisticata e brillante Simona Molinari e il vincitore dei giovani di quell'anno, Antonio Maggio, che da allora ha continuato a fare musica ma senza più trovare una vetrina di altissimo livello. Dopo aver partecipato nel 2012 con l'accompagnamento del compianto Lucio Dalla, chissà che non torni alla ribalta Pier Davide Carone, un po' sparito dai radar ultimamente ma autore di notevole talento. 
QUELLI SULLA CRESTA DELL'ONDA - Poi, ci si può sbizzarrire con le candidature. Tra i più freschi protagonisti del pop, potrebbe esserci spazio per Fabrizio Moro, i redivivi Loredana Errore e The Ghost, Elodie e Sergio Sylvestre  di "Amici", Briga, Marco Carta, una Silvia Mezzanotte rilanciatissima da "Tale e Quale show" (come pure Bianca Atzei), la frizzante band Il pagante, che ha vissuto un 2016 sugli scudi (enorme successo per il singolo "Bomber"), l'ex Eiffel 65 Gabry Ponte; più difficile sarà vedere i nuovi teen idol Benji & Fede, in un momento di travolgente popolarità (toccata con mano in occasione di un recente "firmacopie" a Genova) ma che hanno lasciato capire di non sentirsi ancora pronti per affrontare la difficile platea sanremese, ed Emma, la quale a distanza di quattro anni dalla sua vittoria potrebbe tranquillamente rimettersi in gioco senza rischiare granché (ma è appena uscita una nuova versione del suo ultimo lavoro, "Adesso", con due inediti all'interno. Ergo...). 
VETERANI - Tra i veterani, la cui presenza sarà ridotta al lumicino come da giusta consuetudine degli ultimi tempi, il nome forte è quello di Al Bano (leggiamo su Adnkronos che vorrebbe festeggiare il 50esimo anniversario di "Nel sole", sua prima grande hit), "papabile" pure Fausto Leali; si potrebbe azzardare anche un Riccardo Fogli reduce dalle fatiche dell'ultimo tour con i Pooh, mentre a Michele Zarrillo, dopo i seri problemi di salute vissuti l'anno scorso, piacerebbe tornare sul palco che ha rappresentato il fulcro della sua brillante carriera. I Ricchi e Poveri nella nuova versione "duo" sarebbero una struggente operazione nostalgia; si potrebbe assistere a un tentativo di Loredana Bertè, rivista di recente in buona forma vocale dopo anni difficili; da valutare la posizione di Amedeo Minghi, attualmente nei negozi con un sostanzioso progetto discografico, un triplo cd con tanti inediti e alcune evergreen, ma mai dire mai... 
ANNI NOVANTA O GIU' DI LI' - Della generazione di mezzo, quella degli anni Novanta sempre un po' trascurata a livello sanremese (eccezion fatta per il 2015, quando ricomparvero i vari Nek, Masini e Grandi), da tenere d'occhio Syria, Gerardina Trovato (che ha scritto su Facebook di puntare molto su una nuova occasione festivaliera), Dirotta su Cuba,  Alexia, le sorelline Paola e Chiara Iezzi (ma ognuna per conto suo), Mariella Nava, Silvia Salemi, Massimo Di Cataldo, Paola Turci, Mietta, Marina Rei, Paolo Vallesi e i Jalisse, anche loro alle prese con un anniversario importante: i vent'anni di "Fiumi di parole", croce e delizia del loro percorso artistico. Fra i reduci dei primi Duemila, ma è solo una suggestione, sarebbe bello risentire i Velvet, un gruppo per nulla banale nella sua produzione. 
RAP E CANTAUTORI - Poi c'è la galassia rap, sempre padrona delle charts e che, quindi, almeno un paio di caselle dovrebbe occuparle nel cast finale: "campioni" come Marrakash, Guè Pequeno, Fabri Fibra o Salmo, oppure gli ultimi arrivati (ma già in cima alle preferenze dei giovani) come Ghali, Achille Lauro ed En?gma, o ancora un Moreno alla ricerca della gloria perduta (eppure il pezzo presentato a Sanremo 2015 non era male), oltre al citato Clementino: le alternative non mancano. Ancora: i nomi un po' meno commerciali, fautori di un pop più raffinato, faranno un tentativo? Sarebbe fascinoso ascoltare qualcuno fra i vari Niccolò Fabi appena incoronato al Club Tenco, Niccolò Agliardi portato alle stelle dalle canzoni scritte per la fiction "Braccialetti Rossi", Paolo Simoni, fra i cantautori più creativi e coraggiosi dell'ultima leva, Zibba, visto a Sanremo 2014, e ancora Brunori Sas, Dente, Levante, Erica Mou, Cosmo, oppure i Subsonica e i Negrita, che erano stati fra i "desiderata" di Conti per l'edizione 2016... Improbabile invece Sergio Cammariere, che ha pubblicato la settimana scorsa il suo nuovo disco.  L'auspicio è che non si punti soltanto sul pop più leggero, ma che si crei un cast oltremodo variegato, per fornire un quadro del panorama musicale italico più ampio rispetto alle abitudini sanremesi. 

lunedì 28 novembre 2016

DOPO IL TRIONFO SULLA JUVE: I PIU' E I MENO DEL GENOA A UN TERZO DEL CAMMINO


Un terzo del cammino in campionato è stato compiuto: tempo dunque di primi bilanci in casa Genoa. Debbo essere sincero: avessi scritto una settimana fa, e ne avevo pure fatto cenno su Facebook, non me la sarei sentita di archiviare come totalmente positiva questa prima, significativa parte di stagione. Poi, la strepitosa impresa contro la Juventus ha rimescolato le carte e mi ha reso più indulgente. Mi si obietterà: può una sola vittoria, per quanto prestigiosa, sorprendente e meritata come quella di ieri, far cambiare radicalmente un giudizio? Beh, radicalmente no di certo, ma parliamoci chiaro: l'impressione offerta dal Grifone al cospetto dei pentacampioni d'Italia è stata ben più che notevole. Gianni Cerqueti, a Novantesimo minuto, ha parlato di uno dei primi tempi migliori nella storia rossoblù. Con tutta la stima per il popolare telecronista Rai, certe affermazioni sono oltremodo azzardate, riferendosi a una società che ha alle spalle 123 anni di storia e di partite, e tuttavia... 
JUVE SCHIANTATA - Tuttavia, il dato oggettivo è che la formazione di Juric ha letteralmente schiantato Madama, sul piano della fisicità, del ritmo, della concretezza, persino della qualità di manovra. E lo ha fatto pur dovendo rinunciare ad elementi chiave come Veloso e soprattutto Pavoletti, che per il Genoa vanno ritenuti quasi vitali, in particolare la punta azzurra. Assenze ne aveva anche la Juve, certo, ma credo che il confronto non regga: basta dare uno sguardo all'organico a disposizione di Allegri per capire come qualche forfait, pur doloroso, possa essere tamponato con soluzioni che farebbero la fortuna di qualsiasi altro club di Serie A. 
Poi, ovvio che quando maturano certi risultati inattesi la verità va sempre cercata a metà strada: in parole povere, anche i torinesi ci hanno messo del loro, così come del resto hanno quasi sempre fatto fin dall'inizio della stagione (difficile trovare una loro partita in cui abbiano brillato di luce intensissima dal primo all'ultimo minuto); la differenza è che stavolta, come accaduto nelle due infauste trasferte a San Siro, hanno trovato una compagine abile, sveglia, svelta e tonica, e soprattutto non rassegnata al peggio, capace di metterne da subito impietosamente a nudo i limiti atletici, tattici e mentali. 
COME DUE ANNI FA? NO... - Una curiosità: anche nel felicissimo campionato di due anni fa (mancata licenza Uefa a parte...), nella prima parte del torneo il Genoa aveva messo a segno gli stessi colpacci contro le stesse grandi: Antonini e Antonelli castigarono Juventus e Milan di misura, mentre questa volta i due successi hanno assunto proporzioni decisamente più ampie, 3-0 ai rossoneri e 3-1 a Buffon e compagni. Credo però che i paragoni debbano fermarsi qua, rinviando i sogni di gloria. Il Grifone del 2014/15 non si era limitato a quei due acuti, ma aveva già dato ampie dimostrazioni di affidabilità e tenuta anche contro avversari più "terrestri", che è poi ciò che fa la differenza fra una squadra in grado di puntare in alto e una che deve accontentarsi di un piccolo cabotaggio interrotto da qualche isolato exploit. E il prosieguo confermò le favorevoli impressioni: nonostante la rivoluzione invernale di mercato, Gasperini continuò a far marciare il complesso a ritmi elevati, innalzandolo fino al sesto posto conclusivo. A quel Genoa indemoniato è casomai da paragonare la terribile Atalanta attuale, non a caso guidata dal medesimo nocchiero: vedremo se l'esito finale sarà lo stesso, tenuto conto che quello orobico, pur valido, pare un team un po' meno dotato, sul piano dei valori individuali, rispetto ai rossoblù dell'epoca (ricordiamo i vari Bertolacci, Kucka, Perotti, Niang e Iago Falquè). 
OCCASIONI MANCATE - Questo Genoa, ragionevolmente, non pare in grado di ripetere la splendida cavalcata di due tornei fa. E' una compagine dalle potenzialità notevoli, perché certi successi - boom non si ottengono per caso, soprattutto se sono sostenuti da prestazioni di così alto spessore. Ma la prima parte del campionato ha detto anche altro, e in primis che questa squadra manca drammaticamente di continuità. Il calendario è stato fin qui estremamente favorevole, però le occasioni migliori sono state gettate al vento: le mancate vittorie nelle tre gare casalinghe con Pescara, Empoli e Udinese (ma anche il derby perso contro una Sampdoria in gravi ambasce psicologiche, sfida peraltro assai sfortunata) gridano vendetta.
Scusanti di peso si possono accampare solo per il pari con gli abruzzesi, condizionato dalla clamorosa svista arbitrale sul salvataggio di mano di Zampano; ma la settimana prima era stato il Napoli a recriminare per certi episodi nel match di Marassi. Insomma, al contrario di quanto avvenuto troppo spesso in passato (anche nella citata, fausta stagione 2014/15), finora le giacchette gialle hanno avuto un'incidenza assai relativa sulle sorti del Grifo. Più pesante è stata, per l'appunto, la mancanza di killer instinct negli appuntamenti "alla portata", i black out che hanno frenato Perin e colleghi ogni volta che c'era la possibilità di spiccare il volo. 
PAVOLETTI, VELOSO E I POCHI RICAMBI - Di questo non si può certo accusare Juric, che sta anzi facendo sostanzialmente bene alla sua prima esperienza nella massima categoria: ha seguito il solco tracciato dal suo mentore Gasperini, magari con gioco meno verticale e più elaborato nonché più attenzione alla copertura. Ne risultano un maggior equilibrio complessivo ma anche un pizzico di difficoltà in più a pungere in zona gol (nonostante le occasioni arrivino), come dimostra del resto il misero score messo insieme nelle partite prima citate (Pescara, Empoli, Udinese).
Le attenuanti esistono, comunque: la solita spada di Damocle dell'infermeria, innanzitutto, con particolare riferimento a Pavoletti, che resta elemento chiave non solo come terminale ma più in generale per lo sviluppo di tutta la manovra offensiva (lo ha dimostrato chiaramente contro il Milan) e che Preziosi tenterà di trattenere fino a giugno, anche se le sirene si fanno sempre più insistenti; un Veloso che, per quanto dignitoso, anche in questa sua seconda esperienza sotto la Lanterna non riesce ad essere incisivo e carismatico nell'organizzazione di gioco come potrebbe e dovrebbe; le troppe espulsioni che hanno caratterizzato questa prima parte del cammino; e poi, una apparente inadeguatezza della rosa a livello di ricambi in determinati ruoli: è ancora tutta da dimostrare la validità a questi di livelli dei vari Orban, Biraschi, Brivio, Ntcham (spero ovviamente di essere smentito), mentre Pandev continua il suo digiuno nei sedici metri finali e Gakpè non regala più di qualche lampo. 
LE NOTE LIETE, DA RIGONI AL CHOLITO - Anche nel mezzo le alternative sono ridotte all'osso, soprattutto dal momento in cui è stato ulteriormente avanzato il raggio d'azione di Luca Rigoni, chiamato a un lavoro piuttosto sfiancante fra centrocampo e trequarti ma, in compenso, ancor più presente e pericoloso negli inserimenti in zona d'attacco. Le note liete vengono proprio dalla fascia di campo in cui si rifiniscono le azioni e si punta verso la porta avversaria: oltre al generoso ex Palermo, si stanno ritagliando spiccioli di gloria lo sgusciante Ninkovic e il virtuoso Ocampos che sta finalmente uscendo dal guscio dopo essere stato adeguatamente pungolato dal mister; ma si tratta comunque di due classe '94, e, come tali, naturali prede di quegli sbalzi di rendimento tipici dell'età più verde: possono dunque tornare utilissimi, ma difficilmente saranno sufficienti a far compiere un poderoso salto di qualità. Menzione anche per Lazovic, che però deve fare ben più dello splendido assist di ieri a Simeone  (gol del 2-0) per rimediare a tanti passaggi a vuoto accumulati anche nell'annata passata. 
Proprio Simeone jr è la novità più bella, una nuova scommessa vinta da Preziosi, una delle tante della sua turbolenta presidenza, va detto: l'impatto con la Serie A nostrana di questo giovanissimo è stato sensazionale, quattro gol pesanti, due realizzati ieri a mettere sollecitamente ko la Signora: un crack che rende il Genoa meno Pavoletti - dipendente e che deve essere accuratamente gestito, e quindi non gravato di eccessive responsabilità. Nelle retrovie, meritano una citazione soprattutto il ritrovato Munoz, un Laxalt stantuffo inesauribile ma anche capace di colpi tecnicamente esaltanti, e un Izzo sempre più sicuro di sé, solido perno del reparto difensivo. 
PROSPETTIVE - Come si vede, la squadra ha mezzi più che discreti, seppur limitati in certi ruoli. La lettura pare abbastanza semplice: c'è il necessario per un campionato dignitoso e per una salvezza anticipata (anche perché la quota di permanenza, quest'anno, potrebbe essere clamorosamente bassa: non lo dice solo la qualità delle ultime, invero assai modesta, ma la loro media punti e il conseguente rendimento in proiezione). Di alzare l'asticella, al momento, meglio non parlare: gli alti e bassi sono nemici dei grandi traguardi. Si badi, per il futuro prossimo, a muoversi in maniera oculata nella finestra di mercato di gennaio. Intanto già incombe un interrogativo: come verrà gestito il fattore Coppa Italia, tradizionale buco nero genoano (il fondo è stato toccato dodici mesi fa, con la resa di fronte all'Alessandria)? Tra pochi giorni, col Perugia, il primo verdetto. 

mercoledì 16 novembre 2016

DOPO ITALIA - GERMANIA: GIOVANI AZZURRI CRESCONO, PER LAPADULA C'E' TEMPO...

                                   Rugani: una sicurezza per la difesa azzurra del futuro

Ci siamo arrivati quasi per sfinimento. Sono stati necessari i tempi di attesa elefantiaci tipici dell'Italia, Paese "vecchio" per eccellenza, restio al cambiamento in tutti i settori; ci si è messo di mezzo anche qualche doloroso incidente di percorso, leggasi i gravi infortuni di Barzagli e Montolivo e la squalifica (preceduta da un netto calo di rendimento) di Chiellini, eventi imprevisti che hanno reso improcrastinabile le iniezioni di linfa verde nel tessuto azzurro. Fatto sta che, alla fine, il tanto atteso rinnovamento dei ranghi, su queste pagine invocato da tempo immemore, si è manifestato. Così, dopo il bicchiere mezzo vuoto di Vaduz, il terzo confronto con la Germania dell'anno solare ha visto in campo un'Italia sperimentale e con lo sguardo rivolto decisamente al futuro. 
I GIOVANI MOSTRANO GLI ARTIGLI - Ventura ha rotto gli indugi, ed era tempo: il conservatorismo degli esordi, la prudenza nello sperimentare nuove soluzioni, tattiche e di uomini, non ha pagato, riportandoci in stato di soggezione nei confronti della Spagna e mettendoci in posizione di svantaggio nella corsa alla qualificazione mondiale diretta, che ad oggi sembra poter passare solo attraverso una storica impresa in terra iberica, dove la nostra rappresentativa non vince dal 1949 (c'era ancora il Grande Torino in campo, poche settimane prima della sciagura di Superga). Ci sarà modo di riparlarne nei prossimi mesi: al momento, conta il fatto che si sia finalmente allargato il bacino di azzurrabili. 
Certo, rispetto a due - tre anni fa è anche cambiato, seppur impercettibilmente, il contesto generale in cui il cittì deve operare. Certi giovani perennemente condannati all'anticamera della panchina, o magari preda di eccessivi sbalzi di rendimento a causa di un utilizzo col contagocce, oggi sono finalmente delle realtà, più o meno solide. Se prima l'attacco azzurro aveva nel solo Pellè l'unica pedina di statura internazionale, condannandoci ad auspicare un ritorno in auge di Balotelli e Pepito Rossi, ora ci sono Belotti e Immobile che nei rispettivi club giocano bene, con continuità, e timbrano regolarmente il cartellino del gol; e dietro di loro c'è un Pavoletti che rimane sempre una valida alternativa, anche se la sensazione è che il suo magic moment azzurro potesse essere Euro 2016 (ma Conte la pensò diversamente), mentre ora le gerarchie sono diverse e ben delineate. 
GLI EREDI DEL "TRIO" - Ma anche la retroguardia sembra aver trovato finalmente un paio di attendibili eredi del trio delle meraviglie juventino: a San Siro, Rugani ha fornito una prestazione di assoluto spessore, sicuro e tempista dietro e sempre pronto ad appoggiare la manovra offensiva, proiettandosi spesso e volentieri in avanti; e Romagnoli, già bene in evidenza in precedenti uscite, lo ha spalleggiato con maestria, mostrandosi attento e concentrato. Da mesi "Note d'azzurro" batteva sul tasto Rugani - Romagnoli: era inevitabile approdare a questa soluzione, e si è facili profeti ipotizzando che i due metteranno in bacheca un bel gruzzolo di presenze azzurre. 
ANCORA PROBLEMI IN FASE CREATIVA - Contro la Germania il canovaccio tattico dei nostri è stato incentrato soprattutto sul continuo sfruttamento delle fasce laterali, e in quest'ottica va segnalata un'altra nota lieta, la buona prova di Zappacosta, che già aveva mostrato notevole brillantezza contro il Lichtenstein, e che ieri, chiamato a una prova assai più impegnativa, ha confermato il suo slancio e la sua intraprendenza, sganciandosi ogni volta che se ne presentava l'occasione, anche se non sempre è stato sostenuto dalla necessaria precisione di tocco. Parlando di svecchiamento, siamo ancora a metà del guado a centrocampo, dove in assenza di Verratti è stato il veterano De Rossi a menare le danze. Non abbastanza, però, da dare la necessaria continuità in fase di costruzione del gioco, e questo spiega anche la sostanziale penuria di palle gol italiane: in pratica, il taccuino racconta del clamoroso palo colpito, quasi in finale di match, da Belotti su splendida tessitura di Bernardeschi, il quale poco prima aveva concluso debolmente fra le braccia di Leno da posizione favorevolissima; in precedenza una bella incursione di Immobile nel primo tempo (ma tiro sballato), un affondo dello scatenato Belotti chiuso con una caduta e un rigore inutilmente invocato, un destro a giro impreciso di Immobile su passaggio filtrante ancora di Bernardeschi. Il fatto che il talentino viola abbia portato un pizzico di brio in più indica ulteriormente la via: per aumentare le chances offensive di questa squadra, occorre puntare forte sulla nostra batteria di incursori, trequartisti ed esterni alti, visto che a parte Verratti non abbiamo ancora, nella zona nevralgica, centrali in grado di verticalizzare con efficacia. 
TEDESCHI MINACCIOSI "CON PARSIMONIA" - Il bilancio del martedì milanese è comunque sostanzialmente positivo: sarà anche vero che i tedeschi non hanno mostrato particolare animus pugnandi, ma nemmeno hanno tirato indietro la gamba: potevano castigarci nel primo tempo con Gundogan (tiro telefonato dopo una bella triangolazione), Goretzka (salvataggio di Buffon) e Muller (respinta di Zappacosta), han fatto centro nella ripresa con un tocco sotto misura di Volland a beffare Donnarumma, ma l'arbitro ha annullato per offside. Dunque, la Mannschaft riveduta e corretta di Low ha fatto il suo, pur senza strafare. Per i nostri "nuovi" è stata un'utile esperienza contro avversari di gran classe, l'unica cosa che davvero conti in confronti sperimentali come questo. 
I FISCHI? GENERAZIONE IRRECUPERABILE - E' l'eredità più importante e positiva lasciata dal Meazza, mentre quella negativa è rappresentata dai soliti fischi all'inno degli avversari, problema irrisolvibile perché, sul piano dell'educazione civica e della cultura, la generazione attuale, quella che in larga maggioranza frequenta oggi gli stadi italiani, è ormai perduta e irrecuperabile; occorrerebbe lavorare fin dalle scuole elementari sui giovanissimi, ma i ragazzini vanno già adesso alle partite e magari ridono, o partecipano attivamente, quando il pubblico grida "ohhhhh, merda!" al portiere avversario che rilancia il pallone, una tiritera che ieri sera ha raggiunto livelli insopportabili e che è ormai uno squallido tormentone in molti impianti della Penisola. 
VADUZ E LAPADULA - Altri spunti di questa parentesi azzurra novembrina: inutile ritornare sulla nostra tradizionale idiosincrasia alle goleade, confermata sabato scorso dopo un ottimo primo tempo: solo che questa volta si gioca davvero col fuoco, visto che le reti segnate potrebbero risultare decisive per l'ammissione a Russia 2018. Di buono c'è che, in attesa di sciogliere il nodo - Albania in primavera, nel "girone di ritorno" l'Italia giocherà in casa con Israele, Macedonia e Lichtenstein, tutti confronti da risolvere, una volta per tutte, portandosi il pallottoliere. 
Altra "pillola critica" sulla convocazione di Lapadula, tecnicamente incomprensibile. Anni fa, su queste stesse pagine, auspicai che i cittì di volta in volta in carica forzassero la mano ai colleghi di club, convocando i giovani più promettenti quando ancora non erano titolari nelle società di appartenenza, per superare l'impasse determinato dall'esterofilia dilagante nelle formazioni titolari della nostra Serie A. In quel contesto, una chiamata come quella riservata all'attaccante ex Pescara avrebbe avuto senso. Oggi no, per i motivi già detti in apertura: oggi qualcosa si sta muovendo, l'emergenza sembra essere in fase di rientro (ma non diciamolo troppo forte...), qualche nuovo virgulto si sta ritagliando importanti spazi di gloria, e soprattutto in prima linea è aumentato il numero di elementi in grado di ambire legittimamente alla maglia azzurra: per questo, chiamare Lapadula dopo poche presenze e un solo gol in Serie A è scelta priva di fondamento. Che il ragazzo si faccia strada nel Milan e confermi nella massima categoria l'inesorabilità sotto porta sciorinata in B, poi ne riparleremo.