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mercoledì 28 marzo 2018

CLUB ITALIA: DI BIAGIO GIA' AL PASSO D'ADDIO, MALGRADO IL PARI DI WEMBLEY. LA NAZIONALE NECESSITA DI UN COACH DI ESPERIENZA E CARISMA


Di tutto aveva bisogno, la Nazionale italiana, fuorché di questo breve e grigio limbo in cui l'ha precipitata, ancora più del fallimento Mondiale, il caos politico in federazione che ha condotto al commissariamento. A meno di clamorosi sconvolgimenti, al momento impensabili, il fugace interregno di Di Biagio dovrebbe essersi concluso già ieri sera, col pareggio strappato a Wembley, che consentirà forse al gruppo di superare l'impasse psicologico che lo blocca fin dalla fatale sconfitta in Spagna del settembre scorso, e al cittì ad interim di uscire di scena con un risultato indubbiamente di prestigio. 
UN PAREGGIO CHE CAMBIA POCO - Ma la mini - impresa londinese non sposta più di tanto i termini della questione azzurra: sotto molti punti di vista, siamo ancora fermi all'autunno nero, al gioco espresso nella parte finale della gestione Ventura. Basta ricordare partite come quelle con Israele e soprattutto Svezia: allora come oggi, il nostro undici non è un complesso in balìa degli eventi, a tratti sa difendere bene, a tratti sa pure creare occasioni ghiotte in fase offensiva, ma le spreca immancabilmente tutte, o quasi. Come Insigne poteva portare in vantaggio l'Italia a Manchester e raggiungere il pari a Londra ben prima di trasformare il rigore, così Immobile ha mancato più di una palla gol in entrambi i match. Dopodiché, non appena caliamo di intensità, gli altri immancabilmente ci castigano, per due motivi: compagini come Argentina e Inghilterra hanno il killer instinct delle grandi storiche, riuscendo a capitalizzare al meglio il lavoro svolto, e hanno picchi di classe superiori a quelli che possiamo gettare noi sul tappeto (soprattutto i sudamericani). Così, agli avversari di rango basta veramente poco per infilarci, mentre i nostri continuano a fare una fatica bestiale nei sedici metri finali. 
INSIGNE, IMMOBILE, VERRATTI: MISTERI TECNICI - Non è cambiato nulla, dunque. E non poteva essere altrimenti, visto che Di Biagio ha deciso di giocarsi le sue scarse chances innovando il giusto e puntando ancora su molti elementi del nucleo "venturiano", che è andato incontro a una disfatta storica per demeriti da ascrivere principalmente al trainer di Cornigliano, non mi stancherò mai di ripeterlo. Dopodiché, occorre farsi qualche domanda sulla metamorfosi  che subiscono in azzurro pedatori del calibro dei citati Immobile e Insigne, nonché Verratti: quest'ultimo si fa costantemente apprezzare quando giostra nel suo club di appartenenza, un club dell'élite europea, per gli altri due l'alibi del crollo di competitività della Serie A nostrana continua a non convincermi, perché non saremo più i capofila, ma abbiamo pur sempre uno dei primi cinque - sei campionati del continente, per validità tecnica; non siamo ancora diventati la Finlandia o la Lettonia, insomma. Possibile che il torneo nazionale sia attualmente così poco allenante?
LAVORARE SU UN PROGETTO BEN DEFINITO - Non è cambiato niente, né poteva cambiare, perché non ha senso un allenatore "a tempo" in questa fase: mai come oggi c'è un disperato bisogno di un trainer coi fiocchi, uno di prima fascia, con le abilità e la personalità necessarie a prendere decisioni anche drastiche, se necessario. Invece si sono gettate al vento due amichevoli enormemente probanti per dare spazio a un piccolo cabotaggio che non porterà da nessuna parte. Non è stato solo un problema di materiale umano: neanche la presenza immediata del condottiero ufficiale, colui che dovrà sperabilmente farci fare bella figura in Nations League per poi qualificarci ad Euro 2020, avrebbe portato a sconvolgimenti totali della rosa, ma una cosa è lavorare su un progetto definito e definitivo, un'altra essere alle prese con due impegni di transizione, utili solo per riprendere confidenza col calcio internazionale e per qualche riscatto personale.
UN GIUGNO "GIOVANE", CON IN PIU' BALOTELLI - Come scrivevo l'altra volta, pretendere rivoluzioni radicali al primo colpo non aveva senso prima di questa settimana azzurra, e non ha senso nemmeno oggi: nell'attesa dei rientri di Caldara e Romagnoli, lasciamo che i Calabria e i Barella portino a termine la loro convincente stagione, che Bernardeschi confermi le buone cose mostrate anche in un contesto più impegnativo come quello della Juventus; poi, magari, potremo vedere all'opera questi ragazzi già nelle ultime gare pre Mondiali (per gli altri...) con Francia e Olanda a giugno, quando già dovremmo avere in panca il nuovo coach. Un coach che abbia il coraggio di operare scelte all'apparenza "controcorrente", in realtà assolutamente logiche come, per dirne una, il recupero di Balotelli, più che mai imprescindibile per rinvigorire le esangui risorse offensive della nostra rappresentativa. 
DA SUBITO ASTICELLA TROPPO ALTA - A proposito di Mario, rispolvero una massima mai passata di moda: ci servono gol, non buone maniere, e la punta del Nizza sa ancora come farli, così come li ha sempre fatti in azzurro, anche di pregevole fattura, e soprattutto quasi sempre decisivi. Con lui, in attesa delle conferme di Cutrone e di Chiesa, potremo superare questa sterilità. Per ovviare alla quale, nel frattempo, sarebbe forse stato opportuno iniziare con rivali un tantino più abbordabili: giocando con una Danimarca o un'Austria, un'Ungheria o un'Irlanda, tanto per fare degli esempi, forse (e sottolineo forse) avremmo trovato la via della rete con maggiore facilità, ma sarebbe stato utile per riconquistare un minimo di autostima, dopo un'intera stagione spesa a incassare schiaffi e pugni metaforici.
CONTO ALLA ROVESCIA PER I REDUCI VENTURIANI - Di questi due test, oltre alle difficoltà di gioco evidenziate, ci restano se non altro alcune prestazioni individuali incoraggianti, da Rugani a Chiesa, il quale con un'iniziativa personale ha illuminato il buio azzurro procurandosi il rigore dell'1-1, un ragazzo che per atteggiamento e incisività è già pronto per una maglia da titolare; poi, tutto sommato, anche De Sciglio, Zappacosta e Pellegrini, pur fra luci e ombre. Per i reduci come Parolo, Verratti, Insigne e Immobile il tempo stringe: rimarranno in gruppo, perché il bacino in cui pescare è assai ristretto e non si può rinunciare a cuor leggero a uomini che stanno comunque maturando esperienza internazionale; ma già da giugno dovranno dimostrare di poter avere un impatto diverso sul rendimento del Club Italia. Se non ci riusciranno nemmeno col nuovo allenatore, allora sì che ci sarà il repulisti.  

martedì 20 marzo 2018

RIPARTE L'AVVENTURA AZZURRA. IL "RINNOVAMENTO CON GIUDIZIO" DI DI BIAGIO, CT AD INTERIM


Sta per tornare in campo la Nazionale. Dopo il disastro svedese di novembre, dovrebbe essere uno dei momenti clou della stagione: l'inizio della rinascita, della ricostruzione, per porre le basi di un futuro che pretendiamo migliore e che già bussa alla porta, con la nuova Nations League che partirà a settembre. Invece, il nuovo corso azzurro è iniziato a fari spenti, messo in secondo piano dall'attesa per il derby italo - spagnolo in Champions e dalla lotta scudetto riapertasi nel fine settimana. Si dirà: in fondo sono solo amichevoli, quelle che attendono i nostri prodi. Già, ma a parte che si tratta di amichevoli extralusso (Argentina venerdì e Inghilterra martedì), rappresentano comunque il primo passo di un nuovo capitolo, il più oscuro e intricato di sempre, del romanzo calcistico nostrano. 
STAGIONE CAOTICA E TRAGICA - Nulla di cui sorprendersi, del resto. Dall'eliminazione dai Mondiali a oggi, il pallone nostrano è stato travolto dal caos e da eventi persino tragici, che hanno confinato il derelitto Club Italia a ultimo dei pensieri dei media e degli appassionati tricolori. Prima le dimissioni di Tavecchio, poi il commissariamento della federazione, e già ce n'era abbastanza. Poi è arrivata la disgrazia vera, la morte assurda e incomprensibile di Davide Astori, un azzurro, un volto amico e familiare. Anche in suo nome e nel suo ricordo, urge riannodare i fili agonistici di un discorso innaturalmente interrotto a San Siro nell'autunno scorso.
Certo le premesse tecniche non sono le migliori: c'è infatti da chiedersi come possa essere messo in cantiere un rinnovamento effettivo, se nei primi test in programma in quest'ultimo scorcio di stagione la rappresentativa sarà guidata da un cittì "a tempo". L'impegno primario di Di Biagio, in questi mesi, sarebbe dovuto essere la preparazione dell'Under 21 all'Europeo casalingo in programma nel 2019, e invece si trova a dover gestire una fase di transizione fra le più delicate di tutta la storia della Nazionale maggiore. Una fase in cui non ci si può permettere di traccheggiare, occorrendo invece gettare semi che possano dare frutti duraturi.
DI BIAGIO E' SOLO DI PASSAGGIO? - Un traghettatore? Probabile, ma non certo. Del resto, ricordiamo che anche l'avventura di Enzo Bearzot era cominciata in forma "precaria", come collaboratore del grande Fulvio Bernardini, e già pochi mesi dopo il suo debutto, anche a causa di una infelice prestazione casalinga contro la modesta Finlandia, in molti iniziarono a chiederne la testa, invocando l'ingaggio di allenatori "veri" come Vinicio, Liedholm e Giagnoni, allora sulla cresta dell'onda. E invece, passo dopo passo, il vecio prima conquistò la guida tecnica in solitaria e poi dimostrò le sue capacità di trainer di statura planetaria, costruendo quel capolavoro di squadra che trovò la sua sublimazione ad Argentina '78 e a Spagna '82. Altri tempi, certo, e soprattutto altro serbatoio di talenti a disposizione, ma, insomma, certe sorprese nel football sono all'ordine del giorno: se il buon  Gigi dovesse ottenere risultati insperati in queste prime uscite, metterlo poi da parte a giugno per far spazio a un coach di altissimo profilo (Mancini? Conte? Ranieri? Ancelotti?) potrebbe non esser facile per i vertici federali. 
QUALCHE VOLTO NUOVO E I GIOVANI "NON CAPITI" DA VENTURA - Leggo che da più parti ci si attendeva una vera e propria rivoluzione nelle convocazioni, rivoluzione che invece non vi è stata. Le novità o "quasi novità", si badi bene, ci sono: Cristante (che aveva già fatto capolino), Cutrone e Chiesa, senza dubbio i migliori prospetti giovani espressi dall'attuale Serie A assieme a Barella, quest'ultimo per il momento costretto ancora all'anticamera come i difensori Romagnoli e Caldara, che sarebbero di certo stati della partita se non fossero alle prese con fastidiosi malanni. Poteva starci il milanista Calabria, per il quale tuttavia sono attese ulteriori conferme dell'attuale buon rendimento, e avrebbe meritato anche l'ottimo El Shaarawy di questa annata, ma è stato chiamato Ferrari, valido rappresentante della Samp rivelazione di Giampaolo (almeno fino a due settimane fa), e ritorna giustamente l'indemoniato Bonavenura ammirato negli ultimi mesi rossoneri.
Per il resto, c'è ben poco da criticare, perché gli emergenti su cui lavorare non mancano, ma quelli già totalmente pronti per i confronti sul palcoscenico internazionale sono... quelli che sono. E poi, come era possibile non ripartire anche dai vari Darmian e Florenzi, Rugani e Zappacosta, Pellegrini e Verratti, e dal trio Insigne - Immobile - Belotti? E' vero, erano tutti parte integrante del gruppo affondato con Ventura, ma si tratta di elementi di indiscutibile valore, non certo i principali responsabili della disfatta mondiale: in un contesto diverso, con una guida diversa, con nuove motivazioni e la mente serena, potranno senz'altro fornire un miglior contributo alla causa. 
I VETERANI: SITUAZIONI DIVERSE - Riguardo ai veterani e agli anziani rimasti in gruppo, ci si potrà accapigliare all'infinito, ma la verità in tasca non ce l'ha nessuno. Un coach carismatico forse avrebbe avuto meno remore e operato un restyling pressoché totale, mentre Di Biagio, conscio della sua posizione in un indefinibile limbo tecnico, non ha voluto rinunciare al collante dello spogliatoio. Ma per Buffon si è trattato probabilmente solo di un gesto di riconoscenza per uno dei più grandi portieri di tutti i tempi, che non poteva chiudere la sua storia azzurra con le lacrime post Svezia (ma Zoff chiuse con lo 0-2, proprio in Svezia, che nell'83 sancì l'eliminazione dei campioni del mondo dall'Euro '84, e nessuno ebbe da ridire...), Bonucci e Chiellini resteranno probabilmente le uniche chiocce dello spogliatoio nel futuro prossimo, mentre sarà da definire la posizione di Candreva, spesso contestato nell'Inter ma che, anche nei mesi nefasti che hanno condotto all'eliminazione iridata, è stato uno dei pochi a saper movimentare il gioco offensivo della nostra selezione. 
FUTURO CON BALOTELLI E RINNOVAMENTO SENZA FRETTA - Sullo sfondo, c'è sempre il discorso Balotelli: il CT ha spiegato la sua esclusione con motivazioni legate al gioco e non al comportamento, ma un elemento che ha ritrovato se stesso dopo alcuni anni bui, che sa inventare gol quasi dal nulla e che nel Club Italia ha quasi sempre fornito prestazioni all'altezza, condite da gol belli e importanti, non potrà restare a lungo ai margini, piaccia o non piaccia come personaggio. Per il resto, il passato insegna che certi rinnovamenti non possono essere fulminei e totali, neppure in epoche di vacche grasse (dopo Mexico '86, Azeglio Vicini inserì i ragazzi d'oro della sua memorabile Under a poco a poco, col contagocce), e che non bisogna mai fare di tutta l'erba un fascio, ossia buttare tutto a mare dopo un fallimento, senza ben distinguere le responsabilità. Fallimento che, nel caso di Russia 2018, ha un nome e un cognome precisi, perché rimango convinto che, con un altro allenatore, non solo lo spareggio sarebbe stato vinto, ma avremmo persino conservato qualche possibilità di prevalere nel girone sulla Spagna (che Conte aveva sonoramente battuto all'Europeo francese, non dimentichiamolo mai). Ora basta, dunque: cerchiamo di lasciarci definitivamente alle spalle questa brutta avventura e di ripartire verso orizzonti meno nebbiosi. Si comincia venerdì sera a Manchester, contro l'Albiceleste.