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giovedì 16 aprile 2015

SANREMO 2015 NELLE CLASSIFICHE DI VENDITA: VOLO, DEAR JACK, NEK E FRAGOLA SUGLI SCUDI, GIOVANI NON PERVENUTI

                                                Nek: molto bene nelle charts

Bene i Big, non pervenute (o quasi) le Nuove Proposte. In parole poverissime, è questo il bilancio commerciale del Festival di Sanremo 2015, a due mesi dalla conclusione dell'evento. Un bilancio certo più dolce che amaro: molti dischi lanciati all'Ariston si son fatti dignitosamente largo nelle graduatorie di vendita e di download, ma il flop dei Giovani pesa, eccome, perché sul vivaio sanremese la gestione Conti aveva puntato molte fiches, in primis con il cambio di collocazione nella scaletta dello spettacolo, riportando cioè le esibizioni degli emergenti in "prime time", dopo anni di confinamento ad orari da vampiri. Ma torneremo più avanti su questo tasto dolente. 
BUONA PRESENZA NELLE CHARTS - Per il resto, si diceva, il quadro non può che essere considerato soddisfacente, Se i tempi delle hit parade invase in massa dai dischi rivieraschi sono lontani, e lo abbiamo detto più volte in questi ultimi anni, i Big protagonisti dell'ultima kermesse hanno saputo farsi valere, eccome. Quest'anno abbiamo preso in considerazione i dati della FIMI, ossia il "vangelo" delle vendite in Italia, e la Superclassifica di Sorrisi e Canzoni TV, anch'essa un totem da decenni. Il dato di rilievo è sostanzialmente il seguente: il verdetto delle giurie liguri è stato confermato dai consumatori, i ragazzi del Volo hanno sbancato anche nei negozi reali e virtuali. Non basterà a zittire i loro critici "a prescindere", di certo rappresenta un buon viatico in vista dell'ormai imminente Eurovision Song Contest viennese, per il quale gli esperti preconizzano loro una corsa di testa. 
FIMI - I vincitori del Festival  e i Dear Jack hanno presidiato pressoché costantemente la Top ten degli album più venduti, rispettivamente con "Sanremo grande amore" e "Domani è un altro film - Seconda parte", sostando a lungo nelle primissime posizioni. Si è fatta onore anche Annalisa con "Splende", mentre ha sorpreso favorevolmente l'iniziale exploit di Nesli ("Andrà tutto bene" il suo cd), la cui svolta schiettamente pop è stata evidentemente ben digerita dal suo pubblico, e gli ha consentito perfino di allargare il personale bacino d'utenza. A inizio marzo è uscito il disco di Nek ("Prima di parlare"), che si è subito attestato nelle zone altissime, mentre nelle settimane scorse è stata la volta di Lorenzo Fragola, entrato addirittura direttamente al primo posto con "1995". Complimenti. 
Si sono affacciati fra i primi dieci anche Marco Masini con "Cronologia" (una raccolta arricchita da alcuni inediti) e Malika Ayane con "Naif", mentre nelle posizioni di rincalzo (ho preso in considerazione solo quelle fino alla trentesima) sono riuscite a farsi parzialmente largo Chiara e Nina Zilli, peraltro su livelli inferiori alle attese. Ha invece piacevolmente stupito "Bianco e nero" di Bianca Atzei (che ha appena superato un delicato intervento chirurgico al cuore: in bocca al lupo!), per alcune settimane presente nei "dischi caldi" (così si definivano, un tempo, le posizioni dall'undicesima alla ventesima). Le Nuove proposte? sostanzialmente assenti, a parte un paio di comparsate (Caccamo in 29esima posizione, Amara in 30esima). 
CERTIFICAZIONI - Ma il vero asso pigliatutto delle classifiche è stata la compilation "Supersanremo 2015",  ininterrottamente in testa nella graduatoria dedicata, dall'uscita fino a oggi, pur non contenendo tutti i brani dei Big (mancano quelli di Britti, dei Dear Jack e della Atzei). La raccolta ha così, inevitabilmente, ottenuto la certificazione FIMI come "disco di platino", la stessa conquistata dal Volo, mentre al momento Nek e i Dear Jack devono... accontentarsi dell'oro. Sempre in ambito FIMI, la classifica dei singoli "Top Digital" ha rilanciato le azioni di Chiara, non brillantissima con l'album, mentre hanno ben figurato Il Volo, Nek, Annalisa e Fragola. 
SORRISI - La mitica Superclassifica del periodico milanese fornisce un quadro grosso modo identico: gli album del Volo e dei Dear Jack, nonché la compilation (Sorrisi non ha una chart a parte per questo genere di dischi) sono stati sempre in primissima fila, spesso sul podio, Nek ha scalato rapidamente la montagna una volta uscito nei negozi, si sono discretamente difesi Annalisa, Nesli e, un po' più indietro, Masini e Malika; anche qui, da registrare l'exploit della Atzei, nei primi venti fino a metà marzo. E fra i singoli, il solito pokerissimo: Volo, Nek, Annalisa, Chiara e Fragola, al momento l'unico sanremese a resistere fra i primi dieci. 

                                Giovanni Caccamo: lui e gli altri giovani non hanno sfondato

GIOVANI, DOVE SIETE? - Sanremo 2015 ha dunque aperto una significativa breccia nel mercato, ma rimane il buco nero delle Nuove Proposte. Un flop di queste proporzioni era difficile prevederlo, per quanto, personalmente, qualche dubbio l'avessi lasciato emergere già fin dall'analisi preliminare dei brani effettuata su questo blog: si era parlato, in estrema sintesi, di livello medio dignitosissimo, di alcuni pezzi davvero ben costruiti, moderni e orecchiabili che avrebbero potuto imporsi anche lontano dall'Ariston, ma si era anche detto che non vi erano guizzi di novità, operazioni coraggiose e un po' fuori dagli schemi del pop all'acqua di rose, come potevano esserlo lo Zibba, il The Niro o il Diodato dell'anno passato: buone produzioni, sì, ma che andavano ad affollare fasce già "intasate" di mercato, senza offrire alternative al mainstream che occupa le classifiche "manu militari". Mi autocito: "Un sostanziale rivolgersi a modelli di recente successo. Non è un modus operandi particolarmente produttivo, in generale: tentare di inserirsi in nicchie già sature è, di questi tempi, impresa disperata. Auguri a tutti, ma non sarà facile". Ecco, quindi, che il rischio di un rendimento inferiore alle attese poteva essere messo parzialmente in preventivo, per quanto la scarsa resa del pezzo vincitore, "Ritornerò da te" di Giovanni Caccamo, fresco e radiofonico al massimo, non può non lasciare esterrefatti. 
ABOLIRE LE NUOVE PROPOSTE? MAI! - Non è servito nemmeno lo spostamento di orario, con le esibizioni degli emergenti posizionate in apertura delle serate del Festival, ma anche qui si potrebbe dire che non basta una singola edizione di Sanremo per porre rimedio a un quinquennio assurdo, in cui il "vivaio" è stato trattato quasi come un ingombro, piazzato a... mezzanotte e dintorni, fra un'ospitata inutile e l'altra. Ci vorrà tempo per raccogliere i frutti di questo ritorno alle sane abitudini di una volta, che però da solo non basterà. Ovviamente, non va preso nemmeno in considerazione chi chiede di eliminare dal Festival la sezione Nuove Proposte, che si è quasi sempre dimostrata linfa vitale per Sanremo e per la musica italiana in generale (sfogliate gli almanacchi e andate a vedere i nomi che sono emersi da questa categoria: altro che abolirla...). 
SELEZIONE MODELLO TALENT? - Il ripristino della selezione autunnale lanciata da Baudo negli anni Novanta è progetto da portare avanti, ma da strutturare adeguatamente: quel periodo fu, per le Nuove proposte rivierasche, il più florido e prospero, il periodo in cui sbocciarono Giorgia, Bocelli, Irene Grandi, Carmen Consoli, Grignani, Silvestri, Di Cataldo e Paola & Chiara, solo per citarne alcuni. Ora, le gare televisive per cantanti in erba sono tutte modellate sul format "talent show", e la sensazione è che questo paventato "pre Sanremo 2016" non possa essere diverso. Però, occhio: "Destinazione Sanremo" dell'autunno 2002 fu proprio uno dei primi esperimenti di talent, e si risolse in un flop clamoroso, soprattutto perché sfornò, per il Festival 2003, una sezione Giovani nel complesso assai deboluccia (Dolcenera, Patrizia Laquidara, Daniele Stefani e pochissimi altri i nomi di spicco). E non è detto che oggi, col pubblico abituato a questo tipo di concorsi, la cosa possa funzionare meglio, proprio perché c'è un'offerta sovrabbondante in tal senso, mentre solo "Amici" ed "X Factor" hanno fin qui dimostrato di poter fare una credibile opera di scouting.
Ci si pensi bene, dunque; nel mio piccolo, posso dare un paio di suggerimenti: la categoria, più che abolita, andrebbe allargata, perché otto partecipanti rimangono una miseria. Allargarla non solo numericamente, però: ampliare lo spettro di generi rappresentato, dare un quadro il più completo possibile della produzione giovanile in Italia, non rivolgersi solo al pop da classifica e da radio private, dare uno sguardo al negletto mondo "indie", tornare a girare la Penisola, andando nei pub e nei mini - festival a visionare le esibizioni live di solisti e gruppi alle prime armi.  Cercare, scovare e proporre novità, non la solita minestra. 

lunedì 6 aprile 2015

DOSSIER GENOA: IL GRIFONE SFIORISCE IN PRIMAVERA, E NON E' SOLO COLPA DEGLI ARBITRI...

                            Perotti: neanche lui riesce a rendere mortifero l'attacco del Genoa

Come l'anno scorso, al medesimo punto della stagione calcistica, il Genoa sfiorisce, diventa brutto anatroccolo, e torna ad essere più croce che delizia per i propri tifosi. Questa volta le premesse parevano radicalmente diverse, rispetto a dodici mesi fa: nel 2013/14, la zavorra iniziale della gestione Liverani (trionfo nel derby a parte) aveva costretto il subentrato Gasperini a una rincorsa ad handicap per rimettere la squadra in carreggiata; una volta approdato brillantemente ad una posizione di classifica tranquilla, il Grifo semplicemente sbracò, "regalando" un finale di campionato da matita blu (tanto da meritarsi la mia insufficienza, come giudizio complessivo sull'annata, voto di cui non mi pento). 
ILLUSIONI - Questa temporada, si diceva, sembrava esser nata sotto auspici diversi: fino a metà dicembre, gioco rossoblù di grana finissima, tale da aver issato il team fino al terzo posto, al termine della gara vinta a Marassi sul Milan. Avevo dedicato un post, a quel trionfo: un pezzo celebrativo, forzando un po' le mie abitudini (nei confronti del Zena preferisco sempre la critica costruttiva all'esaltazione), ma in quel caso avevo ravvisato la presenza di qualcosa di solido, di basi sostanziose sulle quali poter edificare una stagione - gioiello: non un momento di effimera gloria, insomma. Ovviamente, mai previsione fu più fallace: errore gravissimo, il mio, visto che per esperienza so di non dover vaticinare ore liete per il Genoa, per il quale il piccolo - grande disastro è sempre dietro l'angolo. 
PERSECUZIONE ARBITRALE - Dalla settimana dopo, il bel sogno è andato progressivamente in frantumi, e le cause sono state molteplici. Ignorare la vera e propria persecuzione arbitrale abbattutasi sul club di Preziosi fra dicembre e gennaio sarebbe miope: lo scempio del match Genoa - Roma, con direzione di gara da radiazione dall'albo, il rigore negato a Matri a Torino sull'1 a 0 per i liguri, il gol convalidato al Sassuolo dopo un fallo su Perin, l'altro capolavoro del fischietto di turno al San Paolo (Napoli vittorioso con un gol in offside  e un penalty fantasma), fino alla rete del pareggio di Rodriguez in fuorigioco in Genoa - Fiorentina. Chi li chiama episodi mente a se stesso e ai propri interlocutori; e l'occasione è buona per ribadire, qui, un concetto che sul blog ho sottolineato fino alla nausea: l'inadeguatezza della nostra classe arbitrale non è il solo male, né il più grave, del moribondo calcio italiano, ma esiste, e non è nemmeno il più trascurabile, perché mina alla base la credibilità della competizione. 
I PUNTI CHE MANCANO - Da allora in poi, la... tempesta gialla contro il Genoa si è attenuata, tanto che Perotti e compagni sono riusciti a vincere persino una gara a Roma, contro la Lazio, su massima punizione (ineccepibile). Ciò non toglie che, quando c'è da prendere una decisione sbagliata, i genovesi rimangano in pole position, anche se in maniera sporadica e "a random", come accaduto sabato scorso con l'Udinese per l'evidente fallo in area su Borriello, ovviamente non sanzionato. Le classifiche "virtuali" emendate dagli svarioni arbitrali, in primis quella del settimanale Panorama assurta a icona del tifo rossoblù, attribuiscono al Grifone una dozzina di punti sottratti dalle disattenzioni dei vari Calvarese, Banti e compagnia. Forse è troppo, ed è difficile valutare il peso specifico di ogni erroraccio, ma possiamo tranquillamente affermare che sei - sette  punti manchino alla classifica dei Gasperini boys, e a quota 45 invece che 38, con un match da recuperare, si parlerebbe di prospettive radicalmente diverse. 

                                        Matri: con lui in avanti il Grifo era un'altra cosa...

CALENDARIO NON SFRUTTATO - Però non basta: si rischia di sconfinare nel vittimismo fine a se stesso, facendo sempre e solo leva su questo aspetto. Perché dopo Genoa - Milan, la squadra ha messo insieme 12 punti in 14 gare, e la media è da retrocessione; ha vinto solo due volte, oltretutto nell'arco di pochi giorni, con Lazio e Verona; ha perduto un'infinità di occasioni soprattutto sul terreno amico. Ecco, questo è un tasto dolente: in uno degli ultimi pezzi scritti sul tema, avevo detto che, nonostante gli ostacoli esterni, il girone di ritorno proponeva al Vecchio Balordo un calendario estremamente ghiotto fra le mura di casa: dopo il periodo nero (o "giallo", parlando di arbitri), ci sarebbero stati Verona, Parma, Chievo, Udinese, Cagliari, Cesena, Torino e Inter al Ferraris, oltre al derby. Un percorso indubbiamente abbordabilissimo, sulla carta, in grado di portare la squadra tranquillamente oltre i cinquanta punti, consentendole di poter continuare l'inseguimento alla zona europea. E invece, tutte le opportunità sono state fin qui gettate al vento: Verona asfaltato a parte, ecco l'inaccettabile sconfitta coi clivensi e i pari con Samp e Udinese. Errori difensivi assurdi (quello di Roncaglia pro Eder grida ancora vendetta), cali di concentrazione, mancanza di continuità sui novanta minuti, intensità che va e viene, approccio troppo leggero a certe fasi di gioco, scarsissima concretezza in avanti ed elementi tecnicamente non all'altezza. 
MERCATO SBAGLIATO - Mancano cattiveria e convinzione, perché certe gare vanno portate a casa a tutti i costi. Si è poi perso lo spirito del girone di andata, causa mercato invernale sciagurato. Il Genoa aveva costruito, in estate, una rosa imprevedibilmente solida e pressoché completa, fondata su un nucleo centrale italiano; a gennaio si è votato all'esterofilia più spinta, rinunciando ad Antonelli, Sturaro e Matri. Soprattutto il laterale e l'attaccante potevano tranquillamente essere trattenuti, senza grossi sforzi finanziari del club e senza immani sacrifici da parte dei due calciatori. Si è buttato alle ortiche un patrimonio di 15 gol, tanti ne avevano realizzati i partenti nelle prime venti giornate. Sono arrivati giocatori pressoché inutilizzabili (Ariaudo), riemersi solo di recente (il talentuoso ma fragilissimo Tino Costa) o di scarsa utilità (il misterioso Pavoletti e, soprattutto, Borriello, idolo incontrastato della Nord, ma di fatto fin qui assolutamente inconsistente: mancano dieci turni al termine, non ha ancora battuto chiodo mentre il tanto deprecato Matri il suo contributo di sette segnature lo aveva portato: riuscirà, il buon Marco, a metterne dentro due o tre prima della fine della stagione?). 
Insomma, non dimentichiamoci di come il Genoa è stato spinto verso il basso, ma che nessuno si appelli a questa anomalia come comodo alibi. La squadra è arenata in una zona di aurea mediocritas che offre prospettive per nulla esaltanti: e una primavera di bruttezza come quella di dodici mesi fa, o come altre precedenti, sarebbe difficile da digerire, perché questa compagine ha comunque le risorse di classe e le  potenzialità di gioco per entrare tranquillamente fra le prime sette - otto della squallida Serie A 2014/15. 

venerdì 3 aprile 2015

LE MIE RECENSIONI: "MA CHE BELLA SORPRESA", FILM NON FACILE. LEGGEREZZA, MALINCONIA E DRAMMATICITA' IN SOTTILE EQUILIBRIO


"Ma che bella sorpresa" non è l'ennesima commedia italiana "spuria" come tante, troppe, uscite di recente nelle sale della Penisola. Spurie, per chiarirci, in quanto non guidate da una linea artistica ben definita: commedie che si presentavano come palesemente "leggere", financo ridanciane, per poi perdere la bussola e deragliare, a secondo tempo inoltrato, verso un clima di stucchevole melassa sentimentale, quando non addirittura di drammaticità. Il fatto è che queste anime convivono anche nell'ultima pellicola di Alessandro Genovesi, ma la situazione qui è del tutto diversa: si tratta infatti di una scelta pressoché inevitabile per meglio rendere il complesso canovaccio narrativo di quest'opera, remake del film brasiliano "A mulher Invisivel", datato 2009. 
LEGGEREZZA DI FACCIATA - No, non è una commedia leggera, questa, sebbene la presenza di Claudio Bisio e Frank Matano nelle vesti di interpreti principali possa indurre a crederlo. Certo, c'è allegria, ma è un'allegria a sprazzi, persino un po' posticcia, utile a rendere più lievi i contorni di una vicenda sicuramente malinconica, per certi versi inquietante. Perché Guido, ossia Bisio, professore di liceo a Napoli, non riesce proprio a superare il trauma di un'inattesa separazione dalla donna amata (che sembra non sopportarne più la vita un po' monotona e gli eccessi di romanticismo) e finisce col crearsi la più classica delle amanti immaginarie: un viaggio cerebrale che diventa, in breve, un disagio, una vera e propria ossessione, una patologia. 
DISAGIO PSICHICO - Questa donna ideale (interpretata da Chiara Baschetti) si chiama Silvia (vago richiamo alla poetica leopardiana?), e nella testa e negli occhi del povero Guido diventa in carne e ossa: con lei parla, divide il suo appartamento, fa persino l'amore, ma il guaio ulteriore è che la questione non rimane rinchiusa fra le mura di casa. Guido "esce" con Silvia, la porta al ristorante, chiacchiera con lei per strada, con lei mangia un gelato sul lungomare. Insomma, una situazione mica tanto divertente, in fondo, anzi... Per quanto la vicenda si presti, in certi suoi eccessi, a dare spazio a siparietti ironici, è l'amarezza a dominare, quasi l'ansia per la salute di un uomo che rischia davvero una pericolosissima deriva mentale. 
REGISTRI DIVERSI - Va da sé che, in un quadro a tinte così contrastanti, trovare il giusto equilibrio nel racconto non era semplice. Genovesi si è infilato in un terreno minato, una commedia multiforme da maneggiare con estrema cautela. Ne esce tutto sommato a testa alta, grazie a una buona scrittura e alle doti camaleontiche del cast: che Bisio sapesse passare da un registro ilare a uno più serio era cosa nota (lo testimonia soprattutto il suo percorso teatrale), più sorprendente vedere queste trasformazioni in corso d'opera sul volto di Matano, riapparso in versione decisamente più convincente dopo lo scempio autunnale di "Tutto molto bello" by Paolo Ruffini (scempio come film in generale, non solo per la sua dimenticabile performance). 
POZZETTO E VANONI MODESTI - In un canovaccio così articolato, tutti camminano sul filo recitativo, riuscendo a non cadere: la comicità "dura e pura" dovrebbe essere delegata, nell'occasione, a due figure di contorno, gli ospiti d'onore Renato Pozzetto e Ornella Vanoni, i genitori di Guido; due anziani brontoloni, le cui schermaglie tuttavia non strappano più di qualche stracco sorriso. Sono comunque oasi di disimpegno che ci stanno, in un'opera ben costruita e che arriva alla conclusione senza perdere mordente, dopo aver sviluppato il proprio filo conduttore anche con alzate d'ingegno non indifferenti, in primis la bizzarra seduta nello studio della psicanalista, o anche gli "incontri" fra Silvia, la donna di fantasia, e Giada, la donna in carne e ossa, una casalinga napoletana, dapprima moglie insoddisfatta e poi vedova, la migliore "medicina" che Guido abbia a... portata di cuore: riuscirà il nostro tormentato prof ad assumerla, questa "terapia"? 
LODOVINI E BASCHETTI, FEMMINILITA' PROROMPENTE - Giada è interpretata da Valentina Lodovini, che con questo ruolo accresce vieppiù la sua immagine di nuova... maggiorata del cinema italiano: al di là delle forme, esposte maliziosamente ma con discreta parsimonia e senza alcun volgarità, rimane una prestazione di notevole spessore per uno dei volti rampanti della nouvelle vague tricolore: una recitazione costruita sapientemente anche sulla sua prorompente espressività fisica, per certi versi sulla scia della Loren degli esordi. Non dello stesso livello la Baschetti (dieci anni fa candidata, secondo i rumors, a presentare Sanremo con Bonolis, poi non se ne fece nulla), che del resto è una modella prestata al cinema: una prova piuttosto "scolastica", ma a parlare è soprattutto il suo corpo, come richiesto dalla parte a lei assegnata: l'incarnazione di una donna sognata, bellissima, statuaria, fedele, innamorata, addirittura con le stesse passioni e gli stessi interessi del proprio uomo. Sognata sì, ma tutt'altro che perfetta, per inciso: perché la compagna o il compagno non possono essere un nostro alter ego di sesso opposto... 
L'EX MONELLA - Si è rivista con piacere Anna Ammirati (la compagna di Guido - Bisio a inizio film), più matura e ancor più fascinosa rispetto agli esordi con Tinto Brass in "Monella", e che nel frattempo si è costruita un corposo curriculum attoriale, soprattutto in teatro. In definitiva, "Ma che bella sorpresa" supera un esame non facile, quello di raccontare una storia complessa (delusione d'amore e conseguente disagio anche mentale che rasenta l'anormalità, e anzi vi sconfina) trattandola con la giusta chiave di lettura, senza buttarla in caciara ma mantenendo comunque una sottile patina di leggerezza. 

mercoledì 1 aprile 2015

CLUB ITALIA, COSI' LA SETTIMANA AZZURRA: BERTOLACCI E SORIANO SICUREZZE, FASCE BLINDATE. EDER NON RISOLVE I PROBLEMI OFFENSIVI

                                                  Bertolacci: bene a Sofia

Una breve ricomparsa dopo quattro mesi di stop, e ora la Nazionale torna di nuovo in letargo fino al 12 giugno,  salvo stage o amichevoli organizzate in tutta fretta: l'appuntamento è in Croazia, per la tappa più difficile verso Euro 2016 (ma poi ci saranno quattro gare da potenziale bottino pieno, a settembre e a ottobre). Se non altro, c'è molto da salvare di questa settimana azzurra fra Sofia e Torino: diverse indicazioni positive e comunque utili in prospettiva, al di là di certi strali critici che con eccessiva virulenza si sono abbattuti soprattutto sulla prestazione di sabato, e al di là delle inutili polemiche partite da casa Juve. 
BERTOLACCI E SORIANO OK - Abbiamo scoperto, ad esempio, che il serbatoio verde della nostra rappresentativa è meno vuoto di quanto si sia indotti a pensare, in questi tempi di vacche magre. Bastino due nomi: Bertolacci e Soriano. Il genoano è stato il vero protagonista azzurro nella serata invernale del Vasil Levski, alla pari del celebrato Eder: ha illuminato la manovra col suo dinamismo e la sua intraprendenza, ha spinto e creato gioco, dialogando mirabilmente sulla sinistra con l'ex compagno Antonelli (una coppia rossoblù che non si sarebbe mai dovuta scindere, ed era possibile tenerli entrambi in Liguria...). Il blucerchiato ha invece brillato di vivida luce ieri sera a Torino, giostrando a tutto campo, con un contributo particolarmente sostanzioso in fase di filtro. Non sono risultanze da poco: due nomi nuovi definitivamente aggiunti al gruppo, due sicurezze su cui si potrà sempre contare in futuro, soprattutto ora che l'addio di una grande figura come Pirlo si fa sempre più imminente e lo stesso De Rossi non pare più il totem di un tempo. 
CANDREVA E PAROLO: CERTEZZE - Ancora: in Bulgaria si è visto come Candreva sia, attualmente, il nostro centrocampista di maggior spessore internazionale, per doti atletiche, classe e personalità, un vero leader, mentre nel primo tempo contro gli inglesi ha ben figurato Parolo, propositivo, veloce, abile in appoggio alla manovra offensiva e coraggioso nel tentare la conclusione. Quattro nomi da cui il nostro reparto nevralgico non potrà prescindere per lungo tempo, così come non si potrà fare a meno di Verratti, per quanto il "parigino" non abbia ancora preso totalmente possesso della squadra: potendo contare sul sostegno di tanti affidabili scudieri, da lui si pretenderebbe una presenza più sostanziosa nel vivo dell'azione, là dove prende corpo il lavoro di impostazione. Valdifiori è ovviamente da rivedere, ma ha sciorinato coraggio e discreta visione di gioco.
VARIE SCELTE PER LE FASCE - Buone nuove anche dalle corsie esterne, fondamentali nel gioco di Conte: Darmian ha stentato in Bulgaria sulla destra, ma si è pienamente ritrovato una volta spostato sul versante opposto, confermandosi allo Juventus Stadium. Potrebbe essere l'ideale... soluzione mancina, che libererebbe spazio dall'altro lato per giovani rampanti come Donati e Zappacosta (o per il multiforme Florenzi), in attesa che De Sciglio si riappropri delle misure tecniche palesate ai tempi della Confederations Cup in Brasile. Antonelli, molto attivo in fase di spinta nella gara di qualificazione, ha però mostrato il difetto di sempre, ossia scarsa precisione nel cross, limite certo più grave dell'occasionale errore sotto porta di ieri sera, quando ha mancato la rete della vittoria dopo un bel duetto con Immobile, cose che capitano ai terzini... La classicissima con gli inglesi ha anche mostrato una difesa più sicura, soprattutto un Ranocchia senza sbavature, ma non c'è da farvi grosso affidamento: la carriera dell'interista è stata fin qui contrassegnata da alti e bassi e clamorosi cali di concentrazione. Non è mai troppo tardi per maturare, ma fossimo nel cittì non differiremmo ulteriormente la chiamata di Rugani e Romagnoli, gioielli di terza linea ai quali occorre dare minutaggio ed esperienza, in fatto di sfide "che contano". 
IN ATTACCO SBAGLIANO TUTTI - Il reparto avanzato è stato un po' il punto dolente del doppio impegno azzurro. Immobile ha sbagliato molto sotto porta, Zaza ultimamente si è votato (per nuova vocazione o per necessità?) a un lavoro più oscuro, di sponda e di sostegno ai compagni, in stile Ciccio Graziani a fine carriera: ma l'avvio di stagione l'aveva visto ergersi a protagonista per la sua incisività al tiro, ed è in quelle vesti che può avere una sua effettiva utilità. Gabbiadini, a Sofia, ha mancato la rete che avrebbe potuto darci tre punti pesantissimi, Pellè ieri ha freddato Hart con uno svolazzo di testa, ma nella ripresa ha fallito il raddoppio a porta quasi vuota, dopo una respinta del portiere. 
C'è insomma da aggiustare la mira, però questi sono ragazzi che valgono, e alla fine comunque le occasioni là davanti arrivano. Non è neanche vero che l'oriundo Eder sia la panacea di tutti i mali: perché ha salvato la baracca sabato scorso (gran prodezza, chapeau), ma ad esempio poche ore fa ha sprecato una palla gol che pareva più difficile sbagliare che realizzare, a tu per tu col guardiano inglese. Il discorso è sempre lo stesso: solo giocando tanto ad alti livelli è possibile acquisire maggior freddezza sotto porta, anche Vialli e Mancini a inizio carriera si divoravano gol clamorosi (lungi da me il voler fare paragoni arditi, la questione è un'altra)... Viene una rabbia immensa pensando all'ennesima annata gettata alle ortiche da Balotelli, uno che, anche solo al 60 per cento della forma, potrebbe essere utilissimo alla causa di Conte (guai a dimenticare i tanti gol pesanti messi a segno durante la gestione Prandelli). 

                                               Candreva, ormai insostituibile

POCA CONCRETEZZA - E' un peccato, perché questa scarsa consistenza offensiva impedisce di cogliere frutti che il nostro team meriterebbe: contro la rinvigorita armata di Roy Hodgson, per dire, la nostra Azzurra ha ben figurato, per oltre un'ora ha tenuto il campo con autorità, correndo pochi rischi, controllando gli avversari con una malizia tattica e una tranquillità che da tempo non sfoderava; ma ha mancato il colpo del ko, consentendo agli ospiti di restare in partita e di centrare infine il pari con Townsend, dopo che Buffon e Rooney avevano inscenato una serie di bei duelli tutti stravinti dal vecchio Gigi. 
Stessi esiti in Bulgaria, anche se quella partita si è sviluppata in maniera diversa, e l'Italia vi ha palesato difetti ormai congeniti. I nostri han giocato da grande squadra solo in due fasi, le più prevedibili e in genere le meno redditizie: in avvio di gara, il che però serve a poco se non dai contorni cospicui alla tua superiorità (un solo gol su autorete e un paio sbagliati), e nel finale, quando è naturale e ovvio andare all'assalto per rimediare agli errori precedenti, ma quando, però, la frenesia rappresenta un limite insormontabile per attaccanti già, come detto prima, scarsamente lucidi in condizioni normali. Così, si concretizza poco e si concede agli avversari la puntualissima rimonta, in Bulgaria favorita anche dai consueti errori di tocco e di misura in fase di gestione della palla, errori tuttavia in parte scomparsi nel test match piemontese.  
LA SCORCIATOIA ORIUNDI E I NOSTRI BUONI UNDER - Rimane comunque la sensazione di una squadra in crescita, in formazione, alle prese con una maturazione certo laboriosa ma poggiata su buone basi. E gli oriundi, lo ripetiamo, rappresentano una scorciatoia facile ma di scarsa prospettiva, il tutto mentre, dopo la bella Under 21 costruita da Ferrara e da Mangia seconda all'Europeo 2013, ci ritroviamo fra le mani, fra lo stupore generale, un'altra giovanile discretamente competitiva, che mesi fa ha centrato la qualificazione alla rassegna continentale (ai danni fra gli altri della Serbia e del quotato Belgio), e venerdì scorso ha sfiorato il colpaccio in Germania. Ma siam sempre lì: se poi questi ragazzi non giocano nei loro club, o vengono relegati in Serie B, è inevitabile che le promesse siano destinate a rimanere tali: non certo per mancanza di talento, ma perché vengono negate loro le possibilità di esprimersi. Certo è più semplice pescare l'Eder o il Vazquez di turno, piuttosto che lavorare pazientemente su un Berardi o su un Baselli.