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martedì 9 gennaio 2018

VERSO SANREMO 2018: CONFERENZA STAMPA DELUDENTE, PER UN PUZZLE CON TROPPE TESSERE MANCANTI


Il Sanremo dei misteri continua a percorrere la sua tortuosa strada. Dopo la lunga attesa per la nomina del direttore artistico "post contiano", dopo il sospiratissimo rinnovo della Convenzione Rai - Comune giunto solo in chiusura di 2017, oggi è andata in scena, dal casinò della cittadina ligure, una conferenza stampa surreale. Un incontro con i rappresentanti dei media che doveva essere un po' il vernissage ufficiale del 68esimo Festival, ma che al tirar delle somme ha grosso modo lasciato le cose come stavano. 
Nulla di nuovo sotto il sole, quasi tutto noto (di quel "quasi" parleremo tra breve). Ciascuna delle cose dette questa mattina da Claudio Baglioni e compagnia era di dominio pubblico da giorni, se non da settimane: già sicuri nelle vesti di padroni di casa Michelle Hunziker (di ritorno dopo undici anni, si spera più matura e convinta rispetto a quel pulcino spaurito che deluse ampiamente al fianco di Baudo) e Pier Francesco Favino, già ampiamente conosciuti dagli addetti ai lavori il meccanismo di gara e le novità relative alle giurie e all'abolizione delle eliminazioni (il regolamento è online da tempo sul sito della kermesse), già visti e stravisti i tre spot tv con protagonisti alcuni celebri anchorman festivalieri del passato (Pippo Baudo, Fabio Fazio, Carlo Conti, impegnati in strambi colloqui col cantautore romano). E dunque per che cosa, di grazia, i giornalisti sono stati convocati oggi? Bastava un comunicato stampa... O no?
Spesso, in passato, l'appuntamento con la conferenza "ufficiale" di gennaio è servito a regalare primizie e anticipazioni sulla manifestazione e sul suo contorno: soprattutto qualche notizia boom sui nomi di artisti italiani e stranieri chiamati a esibirsi fuori concorso.  Invece, nada de nada. Gli ospiti? "Abbiamo diramato degli inviti", è stato detto. Laura Pausini, Sting, Liam Gallagher?  "Sono nomi che confermiamo tutti - ha affermato Baglioni - vediamo se li confermano anche loro", cioè i cantanti stessi. Come dire che i contratti, probabilmente, devono ancora essere chiusi. Assolutamente nulla, poi, è trapelato sui format del Pre-festival (la breve striscia tv che da qualche anno precede le serate della gara) e del Dopofestival, se non con la precisazione che quest'ultimo dovrebbe, negli auspici, diventare uno spazio defatigante per gli artisti in concorso, dove fare musica senza animi infiammati né accese polemiche. Chi lo animerà, chi ne sarà l'anfitrione, non ci è dato saperlo. Persino il Festival propriamente detto potrebbe avere altre figure aggiunte a fare gli onori di casa sul palco, ha lasciato intuire Baglioni... Chi? Mah! 
I comici? Ci saranno, e già era stato detto. Le star hollywoodiane? Vade retro, ed è giusto così perché, nel novanta per cento dei casi, il loro apporto qualitativo al Festival è sempre stato di scarsissimo peso (poche le eccezioni, ricordo ad esempio una bella intervista di Baudo a Sharon Stone nel 2003), ma anche questo "niet" il buon Claudio lo aveva anticipato in tempi non sospetti. E allora, di che si è parlato stamane? Tanta teoria, tanti scenari che colpiscono la fantasia (il Festival "come una tela bianca" da dipingere sera dopo sera, "l'immaginazione al Festival" cinquant'anni dopo "l'immaginazione al potere" di sessantottiana memoria); insomma, l'impegno di fare bene come per le squadre di calcio che, conclusa la campagna acquisti, si apprestano a iniziare il campionato. Solo che, qui, la campagna acquisti è lungi dall'essere completata, troppi aspetti della struttura spettacolare dell'evento sono ancora aleatori. 
L'unica vera novità emersa è rappresentata dalla "regola di ingaggio" che verrà applicata nella convocazione degli ospiti canterini d'oltrefrontiera: "Dovranno venire a cantare e suonare qualcosa con una matrice italiana", ha spiegato il direttore artistico. Lodevole da un certo punto di vista, per scongiurare il mero passaggetto promozional - commerciale e spingere gli ospiti a portare qualcosa di più corposo e impegnativo, ma in tal modo potrebbe restringersi il campo dei divi pop disposti a venire in Riviera; l'ideale sarebbe una via di mezzo, ossia consentire loro di fare sia l'autopromozione sia l'omaggio al Bel Paese (e probabilmente, azzardo io, sarà così, anche se non lo si è capito molto bene da quanto è stato detto in conferenza). Lodevole il proposito di salvaguardare ed esaltare l'italianità dell'evento, ma se il Sanremone ha raggiunto le vette attuali è stato anche grazie alle innumerevoli presenze di grandi figure della musica mondiale venute a proporre le loro opere, non dimentichiamolo mai. 
Si è intuito che ci sarà meno glamour, ossia meno lustrini e ingredienti da mega-super show, contrariamente a quanto spesso è accaduto in passato: la musica dovrà essere al centro di tutto, frase peraltro ripetuta come un mantra già alla vigilia di tante edizioni più o meno recenti (e promessa spesso mantenuta, checché se ne dica, ad esempio nell'ultimo triennio, nel quale si è cantato tanto senza per questo tradire l'aspetto spettacolar - televisivo del carrozzone). Insomma, per il momento la rassegna non ha ancora un aspetto ben definito, e ci si domanda se non fosse il caso di aspettare ancora un paio di settimane, prima di convocare questo incontro con la stampa: 15 giorni in cui mettere le firme su qualche contratto e fornire un quadro più esauriente della struttura di Sanremo 2018. Di buono c'è che, a quanto è stato detto, gli introiti pubblicitari (25 milioni di euro) hanno già coperto il costo della kermesse (poco più di 16 milioni), alla faccia di chi dice che "il Festival lo pagano gli italiani con il canone". 

lunedì 8 gennaio 2018

GENOA 2018: FINALMENTE SQUARCI DI SERENO. SI RIPARTE DA BALLARDINI, PERINETTI E PEPITO


Ballardini, Perinetti, Pepito Rossi. Sono le tre facce nuove (o quasi, pensando al mister... di ritorno) che hanno traghettato il Genoa nel 2018, aprendo squarci di sereno in un cielo rimasto a lungo plumbeo. E' un Vecchio Balordo dai nervi finalmente distesi, quello che arriva alla bizzarra sosta invernale post natalizia. D'accordo, la salvezza è ancora tutta da conquistare, ma gli ultimi due mesi hanno rappresentato un'autentica boccata d'ossigeno, al termine di un anno solare terribile. Un 2017 in cui il Grifone, più spelacchiato che mai, dopo aver toccato il fondo ha cominciato alacremente a scavare, e sembrava non volersi fermare più.
Numeri da far strabuzzare gli occhi: fino all'inizio di novembre, fino al terzo derby consecutivo perso (un'onta), in campionato ventuno (ventuno!) sconfitte (di cui quattro subite con Mandorlini trainer), sette pareggi e la bellezza di quattro (quattro!) vittorie. Un incubo, un vero incubo sportivo, disseminato di prestazioni sconsolanti e di alcune impennate di risultati (successo a Cagliari) e di gioco (primo tempo con la Juve a inizio stagione, partita intera a Milano con l'Inter prima della beffa finale) che hanno avuto effetti nefasti, illudendo Preziosi che Juric fosse comunque l'uomo giusto per la panchina rossoblù, che avesse il pieno controllo della situazione e che la squadra fosse vicina ad esprimere compiutamente le proprie doti, discrete pur se non eccezionali. 
2017: SQUADRA IN PICCHIATA - Illusioni, appunto: onestamente, non si vede cos'altro dovesse fare, il buon Ivan, per ricevere il benservito. Con tutto il bene che si può volere a una storica bandiera del recente passato genoano, con tutta la fiducia che aveva meritato dopo la promozione miracolo alla guida del Crotone, numeri e dati tecnici lo condannavano da ben prima dell'ultimo boccone amaro, la caduta autunnale nella stracittadina. Una compagine in difficoltà fisica e tattica, fragilissima dietro e nel mezzo, inconsistente davanti, e psicologicamente non del tutto consapevole del baratro che le si stava spalancando davanti, alla luce degli endorsement indirizzati al coach croato da parte dei giocatori. Un cocktail micidiale, tale da abbattere la resistenza di un toro.
MA NON E' UN GENOA SCARSO... - Onestamente, non si poteva andare avanti così. Ripeto qui quanto già scritto quest'estate in sede di presentazione del nuovo Genoa: rosa non eccelsa, costruita in maniera non razionale in alcuni ruoli, ma dotata di uomini di classe ed esperienza in misura sufficiente per guadagnarsi una salvezza più tranquilla di quella del precedente torneo. Pareva una bestemmia, la mia: era la semplice verità. Bastavano pochi ingredienti: un allenatore più esperto e (si può dire?) migliore del precedente sotto tutti i punti di vista; un dirigente in grado di riportare fiducia e linearità in società e di riavvicinarla al pubblico, dopo mesi sfiancanti in cui i vertici del club sono apparsi colpevolmente lontani e distratti, fin troppo concentrati su una trattativa di cessione finita poi in una bolla di sapone (almeno momentaneamente...). 
TORNA IL PRIMATO DELLA DIFESA - Ballardini e Perinetti hanno ristabilito la realtà delle cose: la squadra c'era, pur se lacunosa, aveva solo bisogno di lavorare in tranquillità e di essere guidata all'insegna della massima concretezza, senza voli pindarici. Un buon team di calcio si costruisce a partire dalla solidità in retroguardia, si è sempre detto in Italia: può essere vero anche oggi che l'arte nostrana del saper difendere si è impoverita, lasciando spazio a fortunati frombolieri che trovano vita fin troppo facile in terze linee dalle maglie larghissime (si veda ad esempio Spal - Lazio di sabato scorso). Da quando "zio Balla" è tornato sotto la Lanterna, in otto gare di campionato il Genoa ha segnato appena sei gol, ma ne ha subiti tre, di cui due nella stessa, sfortunata gara con l'Atalanta; Perin, il ritrovato, splendido Perin, non viene infilato da quattro partite; una squadra che ha conquistato una compattezza impensabile, e che si è portata a casa ben quindici punti, dopo averne fatti sei nelle prime dodici giornate. 
L'IMPENNATA DI FINE AUTUNNO - Certi numeri parlano da soli: dopo il derby, scommettere sulla salvezza rossoblù era azzardo da ottimisti; oggi, con sei punti di vantaggio sulla terzultima, si respira tutta un'altra aria, anche se non si può certo abbassare la guardia, visto che le avversarie sul fondo paiono tutte molto più combattive rispetto alle retrocesse dell'anno passato. Ma anche su questo versante il Genoa del new deal ha messo in cassaforte risultati importanti: quattro vittorie contro quattro rivali dirette (Crotone, Verona, il ringalluzzito Benevento e il Sassuolo che, come dicono in tanti, sarà anche là sotto per caso, ma intanto c'è, e quindi...), vittorie che al momento lo avvantaggiano in caso di arrivo a pari punti. Il Grifo ballardiniano ha trovato una sua identità: non è bello a vedersi, è sovente sparagnino, ma subisce poco, sa resistere agli assalti di squadre più qualitative come Fiorentina, Roma e Torino, e fa punti: onestamente non si poteva desiderare di meglio, impantanato com'era nei bassifondi. Il livello della manovra lieviterà, si spera, quando la classifica sarà messa in sicurezza e alcuni big sottotono raggiungeranno la migliore forma.
ROSSI LA GEMMA, LAPADULA IN RIPRESA? - E poi, ciliegina sulla torta, è arrivato Pepito: se dopo la sosta si ripresentasse almeno al 70 per cento delle sue effettive potenzialità, il Grifo avrebbe risolto buona parte dei suoi problemi. Rossi è un fuoriclasse del calcio del ventunesimo secolo, un professionista esemplare che non ha potuto toccare le massime vette della gloria perché bersagliato dalla malasorte: meritava questa chance, anche perché per lui "non può piovere per sempre". Così come merita fiducia Lapadula, sulle cui grigie prove (e sullo scarso minutaggio) ha pesato la preparazione ridotta per via della fascite estiva, a cui si è aggiunto l'infortunio al ginocchio alla terza di campionato. Nelle ultime uscite è parso in crescita, in fatto di sacrificio e partecipazione al gioco: deve ritrovare la mira, che non è poco, deve essere ancor più presente in fase conclusiva, ma ora ha due settimane di tempo per migliorare il tono fisico e ritrovare fiducia nei suoi mezzi. I due ex nazionali azzurri sono, sulla carta, due pezzi da novanta, che potrebbero tirare fuori in quattro e quattr'otto i liguri dalle sabbie mobili, a maggior ragione se coadiuvati dai guizzi di un Taraabt a cui si chiede solo più continuità. 
SPOLLI E PERIN RITROVATI - Ecco perché dico che il Genoa, così com'è, ha ancora margini di miglioramento: la risalita delle ultime gare è stata costruita sull'impenetrabilità, sulla razionale organizzazione del collettivo, sulla scorza coriacea dei recuperati Spolli e Rigoni, su un Perin che, riappropriatosi delle sue misure di campione, è al momento superiore a Donnarumma, su un Izzo sempre affidabile e su un Galabinov che ha potenza e colpi da dignitoso attaccante di categoria; se questa compagine troverà la quadra anche là davanti, se riuscirà a costruire di più e a concretizzare le occasioni che comunque sa creare, la salvezza anticipata non sarà un'impresa impossibile. 
MERCATO: UN PREZIOSI PIU' TRANQUILLO? - Il che non toglie che sul mercato appena apertosi bisognerà comunque intervenire: occorre un altro puntello per la difesa, e soprattutto un forte incontrista nel mezzo, chimera inseguita da oltre un anno; se arrivasse qualcosa anche per le corsie esterne sarebbe l'ideale, pur se Biraschi (soprattutto) e Migliore hanno fin qui dimostrato di essere qualcosa di più di alternative ai titolari. E riguardo alla prima linea, bisognerà sciogliere il nodo Lapadula: puntare ancora su di lui, come auspicato sopra (anche per valorizzare l'importante investimento fatto sull'italo-peruviano), o cercare subito una punta pronta all'uso?
MANTENERE LA CATEGORIA: OBIETTIVO IMPRESCINDIBILE - E ancora: partirà qualche big? Possibile, perché il risanamento finanziario della società rimane prioritario e per portarlo a compimento è fondamentale mantenere la massima categoria. E' questo il punto chiave della stagione: una retrocessione, pur amarissima, sarebbe comunque un boccone digeribile sul piano tecnico (anche se è un'esperienza che nessun genoano vorrebbe di nuovo provare...); in fondo ci sono passate un po' tutte le medio-piccole in tempi più o meno recenti, dalla Samp al Toro, dall'Atalanta al Bologna: è un'eventualità che rientra fra i pericoli di un campionato "storto". Ma il declassamento comporterebbe, probabilmente, rischi incalcolabili sul versante economico e gestionale. E' dunque una iattura da evitare a ogni costo. Per questo, ritengo che Preziosi, ben... indirizzato da Perinetti, quest'anno non commetterà gli errori di dodici mesi fa, quando si privò di Rincon e Pavoletti mettendo in enormi ambasce il già insicuro Juric. Ora come non mai, è il momento giusto per essere ottimisti, il che non vuol dire volare troppo con la fantasia: ma si riparte dall'impagabile Balla, dal saggio Perinetti e dai piedi fatati di un Pepito che vuole finalmente prendere a calci la sfortuna. Tre carte vincenti: non è poco, per il Grifo di questi avventurosi anni.