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mercoledì 23 settembre 2015

LE MIE RECENSIONI: "TUTTE LO VOGLIONO", UN BRIGNANO DA COMPITINO PER UNA COMMEDIA CON POCO SALE


Una disintossicante commedia leggera old style, caciarona e ridanciana dall'inizio alla fine, senza cedimenti né involuzioni dovute a inopportuni cambi di registro narrativo. Questo chiedo da anni al cinema italiano, per poi essere quasi puntualmente tradito dalla pellicola di turno. E purtroppo nemmeno il nuovo film con Enrico Brignano, "Tutte lo vogliono" (regia di Alessio Maria Federici), ha sciolto il nodo dell'attesa. Nel caso specifico la mancanza è ancor più grave, perché chi ha concepito e realizzato l'opera aveva fra le mani un mattatore dei giorni nostri come il lanciatissimo artista romano, affiancato oltretutto da una spalla come Vanessa Incontrada che, grazie ad alcune pregresse esperienze televisive, ben si presterebbe a una parte comica tout court. 
Intendiamoci, nulla di male nel sentimentalismo, nel mood romantico di una storia d'amore dai contorni favolistici. Si vorrebbe, solo, un minimo di coerenza stilistica, una scelta netta sulla strada da far imboccare alla sceneggiatura. O, ancora meglio, una più adeguata fusione fra sorriso e lacrima, fra comicità e sdolcinatezza, quella capacità di sintesi che il cinema italiano sembra aver smarrito, salvo rare eccezioni. Che poi, se proprio si vuol virare sul feuilleton rosa, bisognerebbe avere almeno un'idea originale, cosa che non si può certo dire di questa scintilla che scocca, imprevedibilmente (ehm), fra Orazio - Brignano e Chiara - Incontrada, fra un ragazzo del "popolino" che tira a campare grazie agli animali (letteralmente: lavora in un negozio di toelettatura per gli "amici a quattro zampe" e realizza video improbabili, con bestioline protagoniste, da caricare sul web sperando di trarne notorietà e guadagno) e una fanciulla dell'alta società che ha intrapreso con successo uno dei nuovi mestieri del 21esimo secolo (food designer) e opera in contesti di alto lignaggio. 
Insomma, su questo fronte le alzate d'ingegno latitavano, e allora non era meglio insistere fino alla fine sul registro disimpegnato di inizio film? Per un'oretta, in fondo, qualche guizzo brillante emerge qua e là, a partire dalla lunga avventura "on the road" del protagonista: Brignano è alla guida di un'auto accanto a un autentico scimpanzè, passeggero sui generis che, paziente, ascolta il suo racconto a posteriori dell'avventura con Chiara. Una serie di battute a doppio senso, ma tutto sommato buttate là senza insistervi troppo e quindi diluendo lo sgradevole effetto "umorismo da caserma", poi la trovata del GPS (Generoso Partner Sessuale), improbabile figura professionale attorno a cui ruota l'equivoco su cui si regge il film, con l'ingenuo e bonaccione Orazio che si vede trasformato, involontariamente, in "stallone" e insegnante di sesso. Un equivoco che avrebbe fatto la felicità degli sceneggiatori di certe commedie scollacciate anni Settanta e Ottanta, ma che in questo caso viene sfruttato solo in minima parte. Il vero peccato originale è però, come si accennava all'inizio, la valorizzazione inadeguata dello stato di grazia di un Brignano ultimamente debordante in altri contesti (teatro, tv), e che si limita qui al compitino, intristendosi alfine nella deriva sentimentale della seconda parte del film. 
Ricapitolando: puntare tutto su Enrico, far emergere la vis comica di Vanessa (che oltretutto ormai parla un italiano quasi perfetto, con scarse inflessioni iberiche) e lavorare sul divertente intreccio di malintesi e situazioni esilaranti che poteva scaturire dallo scambio di persona di cui è "vittima" Brignano. Erano queste le sole strade percorribili per far salire di tono il film, per trasformarlo da pellicola dignitosa (e nulla più) in buon esempio di commedia leggera 2.0. Altre soluzioni non ce n'erano, anche perché gli attori di contorno erano, appunto, di contorno, comprimari, a distanza siderale dalle potenzialità dei due grossi calibri, e quanto di più lontano da certi caratteristi del passato capaci di "griffare" una pellicola anche con pochi minuti di recitazione. Fastidiosa l'insistenza, in questo come in altri film del genere, su reduci di Zelig che, fuori dal loro habitat naturale, rendono sì e no al 30 per cento, soprattutto Andrea Perroni e Massimo Bagnato, mentre un pochino più "in parte" è parsa Marta Zoboli, senza però miracol mostrare. 

martedì 22 settembre 2015

CINEMA, SPORT E UNIVERSITA' IN SINERGIA: CUS GENOVA E CIRCUITO CINEMA GENOVA LANCIANO LA CUS CARD



Da oggi, la massima latina "mens sana in corpore sano" trova a Genova nuova espressione, grazie a una futuribile sinergia fra cinema, sport e istruzione universitaria. Di che si tratta? L'iniziativa è denominata "C.U.S. Genova e Circuito Cinema Genova insieme, in una sola card, per una città più smart!". Il cinema si lega a doppio filo all'Ateneo della città della Lanterna, strizzando in particolare l'occhio agli studenti impegnati, attraverso il glorioso C.U.S. del presidente Mauro Nasciuti, nella pratica delle più svariate discipline sportive. 
Nel dettaglio, la card in oggetto, valida per l'anno accademico 2015/16, è uno strumento che vuole unire le potenzialità di due realtà profondamente radicate nel capoluogo ligure, dando vita a una collaborazione capace di favorire la mobilità degli studenti universitari nel territorio cittadino, facilitandone in particolare l'accesso agli esercizi di intrattenimento cinematografico e alle molteplici possibilità offerte dalla CUS Card ( la pratica delle attività sportive e le convenzioni con numerosi esercenti genovesi).
La nuova CUS Card renderà possibile l’interazione tra i soci C.U.S. e il sistema di biglietteria di Circuito Cinema Genova; il possessore della CUS Card potrà accedere a condizioni vantaggiose in tutte le sale di Circuito Cinema Genova: Sivori, Odeon, Corallo, Ariston, City, Italia (Arenzano). La Card offrirà a tutti i ragazzi universitari soci C.U.S. Genova la possibilità di vedere gli spettacoli, in tutti i cinema sopra citati, a prezzi ridotti; sarà inoltre possibile ricaricare la carta con gli abbonamenti agli spettacoli di Circuito Cinema Genova.
Dunque, "mens sana in corpore sano", come si diceva all'inizio. Massima rivisitata però in versione 2.0: una strada nuova e contemporanea per unire l'attività fisica, la cura del corpo, al cosiddetto allenamento mentale, l'ampliamento dei propri orizzonti culturali attraverso un percorso privilegiato per accedere a un cinema non prettamente commerciale e di consumo: "Vorremmo indirizzare i nostri giovani verso una filmografia di qualità - ha dichiarato Alessandro Giacobbe, amministratore delegato di Circuito Cinema Genova - valorizzando quelle opere che, pur essendo degli autentici gioielli, rimangono troppo spesso sconosciute al grande pubblico, e dedicando particolare attenzione a certi titoli di grande interesse che però, per vari motivi, restano in programmazione nelle sale per periodi di tempo assai limitati". In quest'ottica si inquadra anche la scelta del film che verrà proiettato giovedì 24 settembre, alle 18 e 30, presso la Sala Sivori di Genova, in occasione del vernissage ufficiale dell'iniziativa: si tratta di "Southpaw - L'ultima sfida" di Antoine Fuqua, pellicola oltretutto dedicata al mondo del pugilato e quindi emblematica di questa "alleanza" tutta genovese fra agonismo e celluloide. 
Un'occasione formativa eccellente, per gli universitari, che oltretutto avrà anche dei risvolti pratici sul percorso di studi: infatti, a seguito della visione di titoli tra quelli riconosciuti di interesse culturale dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dalla Federazione Nazionale del Cinema d’Essai, i ragazzi titolari della card potranno ottenere un attestato di frequenza valido ai fini del conseguimento del Credito Formativo. Ma l'iniziativa C.U.S. Genova - Circuito Cinema Genova si inserisce anche in più ampio progetto di "europeizzazione" delle opportunità offerte dalla nostra "vegia Zena" ai giovani che qui studiano e vivono, un progetto incentrato sulla ricerca di strategie di marketing e cooperazione atte a snellire le modalità di fruizione dei servizi esistenti in città. E "smartizzare", o diciamo meglio semplificare, l'utilizzo delle offerte cittadine tramite iniziative come la CUS Card produce un risparmio in termini finanziari per gli utenti, senza dimenticare che una maggior facilità di accesso a determinati servizi induce anche una crescita economica generalizzata del sistema - Genova. 
Ulteriori e più dettagliate informazioni presso C.U.S. Genova (www.cusgenova.it) e Circuito Cinema Genova (www.circuitocinemagenova.com). 

lunedì 7 settembre 2015

CLUB ITALIA: CON LA BULGARIA BUON GIOCO, MA L'ATTACCO LANGUE. NESSUNO LO AMMETTE, MA BALOTELLI E' INDISPENSABILE

                                              De Rossi: gol ed espulsione per lui

Buona la seconda? Potremmo dire di sì, a patto di non esser troppo schizzinosi. Anzi, una visione largamente ottimistica della situazione azzurra mi spingerebbe ad affermare di avere assistito, ieri sera, alla miglior prestazione dell'Italia di Antonio Conte dai tempi dell'esordio settembrino del 2014, con quelle due brillanti affermazioni su Olanda (in amichevole) e Norvegia, quella stessa Norvegia imprevedibilmente assurta al ruolo di mina vagante del nostro girone europeo, con concrete chances di qualificazione al torneo francese del giugno 2016. 
ATTACCO SOTTO ZERO - Ebbene sì: contro la Bulgaria, a Palermo, tutt'altra musica rispetto al fiasco fiorentino di giovedì. Si è vista una squadra equilibrata, organizzata, volitiva. Un undici con le idee sufficientemente chiare e in grado di ridurre a sostanziale impotenza i non irresistibili avversari, davvero pericolosi solo in un paio di circostanze (assolo di Mitsanski nel primo tempo e tiraccio centrale da fuori di Milanov in chiusura: in entrambe le occasioni ci ha pensato un Buffon reattivo e decisivo come ai bei tempi). Onestamente, anche per il più arcigno dei critici sarebbe impossibile bocciare un team che ha saputo costruirsi una decina di palle gol nitide nell'arco dei novanta minuti. E' luogo comune del football dire che l'importante sia crearle, le occasioni, ché tanto prima o poi le reti arriveranno. Vero in larga parte, ma non del tutto: minacciare ripetutamente la porta avversaria significa aver prodotto una manovra efficace, significa avere un progetto di gioco e saperlo tradurre in pratica: significa, in poche parole, essere una squadra "viva". Ma la prodigalità nei sedici metri finali, la pervicacia con cui si sono fallite opportunità anche clamorose, rappresentano la fotografia definitiva, e impietosa, di una congiuntura storica fra le più sfavorevoli di sempre, quanto a qualità delle nostre presunte "bocche da fuoco".
BALO - PEPITO - FARAONE: ERA QUESTA LA STORIA... - Scarsa prontezza di riflessi, incapacità di intuire in anticipo il passaggio del compagno, mancanza di precisione o di potenza in fase di tiro: al Barbera i nostri uomini di attacco hanno sfoggiato il campionario completo della più assoluta modestia offensiva. Eppure, gli Dei del pallone avevano scritto un'altra storia, per questa Nazionale degli anni Dieci: una storia i cui protagonisti dovevano essere il devastante Balotelli, il guizzante e tecnico Pepito Rossi, il furetto El Shaarawy. Il destino ha deciso diversamente, per tutta una serie di motivi. Piangersi addosso è inutile, sperare in un recupero di elementi utili alla causa è invece doveroso. 
In attesa di verificare la tenuta fisica del puntero fiorentino, torno a insistere sul "Mario non più super", come lo definii l'anno scorso: rimango convinto che, anche solo al cinquanta per cento della condizione fisica e psicologica, da solo possa riassumere, e forse anche incrementare, il potenziale d'attacco sciorinato (si fa per dire) in questi due impegni europei dai vari Eder, Pellè, Zaza e Gabbiadini. Per il neo (ehm) milanista parla il ruolino di marcia in azzurro, fatto di tredici gol disseminati in tre stagioni, quasi tutti belli, e soprattutto quasi tutti decisivi. L'abbiamo (momentaneamente?) perso soprattutto per colpe sue, ma anche per responsabilità di trainer e dirigenti che non si sono mostrati in grado di "educare" un ragazzone indubbiamente esuberante e fuori dagli schemi, ma non certo un atleta "dissipato" come se ne sono visti in passato. Ripeto: un Balotelli vero anche solo per metà ieri avrebbe chiuso la pratica bulgara in men che non si dica. 
ZAZA E PELLE', NON BENE - Dopodiché, è chiaro, il talento esiste anche al di là dei grandi assenti: Gabbiadini, in particolare, è un ragazzo dai piedi buoni e dalle doti balistiche notevoli, e meriterebbe più spazio. Continua invece a lasciarmi perplesso una prima linea incentrata su un Pellè che si muove tanto ma è raramente lucido; sempre in attesa del riscatto di Immobile, che non può aver perso il suo guizzo sotto rete, ieri ha gettato al vento un'ottima chance Zaza, parso fuori fase nelle poche occasioni in cui è stato chiamato in causa. 
DE SCIGLIO RISORTO - Il meglio, a Palermo, è venuto dalle retrovie: terza linea sicura con un Bonucci rivisto nella duplice veste di... serratura difensiva e punto di partenza delle controffensive, e fasce percosse dalle sollecitazioni di Darmian (più attento in copertura) e soprattutto di un ritrovato De Sciglio, la più piacevole sorpresa del match, abile nelle chiusure, inizialmente restìo a sganciarsi per poi invece proporsi in numerose discese, alcune chiuse con cross di buona fattura. Parolo e Verratti (il parigino con maggiore continuità) hanno fatto interdizione con altissimo profitto, filtrando e rallentando il gioco quando necessario, e questo spiega la quasi inesistente pericolosità dei bulgari, mentre De Rossi, rigore doppiamente trasformato a parte, non ha particolarmente brillato, trovando anche il modo di scadere in una reazione da debuttante (stile Sturaro all'Euro Under 21) con conseguente espulsione.  
EL SHAARAWY SULLA BUONA STRADA - In avanti, creatività affidata a un Candreva diventato un po' monocorde col passare dei minuti (ma rimane elemento da cui non si può prescindere, anche se deve assumersi maggiori responsabilità in fase di tiro) e soprattutto a El Shaarawy, uno dei tre "gioielli smarriti" di cui si diceva poco sopra, di certo il più vicino al recupero completo. Ha fatto il diavolo a quattro sulla sinistra, ha giocato per sé e per i compagni, e tuttavia anche lui sembra aver smarrito il senso del gol che ne caratterizzò la splendida, prima parte di esperienza in rossonero (non a caso proprio in quei mesi trovò anche il primo e unico acuto azzurro, in amichevole con la Francia): ma è evidente che il Faraone sia uno su cui vale la pena insistere. E chissà che alla lunga non possa finalmente ricomporsi il tridente con Balo e Pepito, per riallacciare i fili di una vicenda bruscamente interrotta.

venerdì 4 settembre 2015

IL NUOVO GENOA: UN'ESTATE... QUASI TRANQUILLA, I MAGNIFICI "DIECI PIU' UNO" E LE INCOGNITE STRANIERE

                                    Perotti veste ancora rossoblù, contro ogni pronostico

Il Genoa riparte dai suoi "magnifici dieci... più uno", e vediamo se qualche opinionista a corto di idee avrà ancora l'ardire di parlare di squadra smontata e rivoltata come un calzino. Andiamo con ordine: per il Grifone è stata un'estate tutto sommato tranquilla, più di quanto si potesse prevedere, viste le tempestose premesse. Ma l'orrendo pasticcio della mancata licenza Uefa è passato presto in cavalleria: i media locali, tradizionalmente agguerriti contro la società di Preziosi, non hanno rigirato più di tanto il coltello nella piaga (sono alle prese con ben più gravi problemi, come la chiusura di testate storiche), e i tifosi rossoblù hanno mandato giù il boccone amaro con imprevedibile velocità. 
CONSOLAZIONE... - Certo, un ruolo importante in tale, rapida "digestione" l'ha avuto la... campagna - lampo europea della Sampdoria, ossia della squadra che era andata a sostituire il Genoa nei preliminari di Europa League pur non avendone conquistato il diritto sul campo (e attraverso un'ammissione che desta ancora perplessità, vista la discutibilissima interpretazione del vecchio illecito del 2011 per il quale il club blucerchiato patteggiò un punto di penalizzazione): uscita disastrosamente dalla competizione, con un rovescio interno che ha messo in imbarazzo il calcio italiano (oltre a danneggiarlo fortemente in chiave ranking), ha così "sanato" fulmineamente una situazione che avrebbe senz'altro provocato qualche mal di stomaco di troppo, in Gradinata Nord e dintorni, se si fosse prolungata. 
LUCIDA GESTIONE SOCIETARIA - Ben più dei rovesci dei cugini doriani, tuttavia, a raffreddare eventuali bollenti spiriti nell'ambiente genoano ha contribuito l'atteggiamento del patron: la sua immediata assunzione di responsabilità per il mancato accesso alla seconda competizione continentale (anche se non è stato chiarito fino in fondo il motivo del diniego Uefa), le rassicurazioni giunte da più parti sullo stato di salute finanziario del club (con immissione di denaro fresco da parte del Joker), e soprattutto una campagna di mercato accettabilissima, sia nei sacrifici sia nelle novità. La stagione 2014/15 del Genoa, esaltante in toto, era stata impreziosita in particolare dal luccichìo di quattro gioielli: Perin, Bertolacci, Perotti e Iago Falque. Trattenerli tutti sarebbe stata pura utopia per chiunque, non solo per la squadra più antica d'Italia; tre su quattro sarebbe stato un successone; due su quattro un bilancio nel complesso positivo. 
Ebbene, si è concretizzata la terza ipotesi: il futuro portiere della Nazionale azzurra difenderà anche quest'anno i pali del Grifo, una volta ripresosi dall'infortunio; ma soprattutto, con grande sorpresa di stampa e tifoseria, Don Diego è rimasto in Liguria, ed è forse "l'acquisto" più importante, perché un Genoa senza Perotti sarebbe stato un Genoa da salvezza tranquilla ma senza squilli, un Genoa con Perotti, con le invenzioni, le giocate, le sollecitazioni alla manovra offensiva dell'argentino, è un team capace di ritentare la scalata europea, anche se, obiettivamente, con assai meno chances del torneo passato, visto il poderoso rinforzamento di molte grandi in crisi e le perdite di Bertolacci e Falque, buchi non facili da colmare (più agevole dovrebbe essere porre rimedio all'addio di Kucka, comunque da non sottovalutare). 
GRUPPO STORICO - Ma c'è uno zoccolo duro. I magnifici dieci, si diceva all'inizio. Gasperini (altra conferma fondamentale, se non la più importante) potrà costruire una nuova, funzionale macchina da football attorno a certezze acquisite: dalla difesa in su, ecco Perin, Burdisso, De Maio, Izzo, Marchese, Rincon, Tino Costa, Laxalt, Perotti e Pavoletti. E poi un undicesimo, che in realtà sarebbe... un dodicesimo, ossia Lamanna, un lusso autentico come portiere di riserva. Con diverse gradazioni, sono tutti elementi che offrono ampie garanzie; in particolare, l'asse centrale Rincon - Costa è, sulla carta, uno dei migliori schierati dal Grifone dai tempi di Thiago Motta e Milanetto: i due offriranno alla causa muscoli, corsa, fosforo e precisione. Izzo è uno dei difensori più promettenti del vivaio nostrano, particolarmente asfittico nel ruolo specifico, per De Maio Preziosi ha resistito a continui assalti di pretendenti di alto livello, Pavoletti ha finito alla grande a maggio e ricominciato sulla stessa lunghezza d'onda, prima che un infortunio lo togliesse di mezzo col Verona (ma la pausa per la Nazionale dovrebbe consentirgli un tranquillo recupero). 
LE SOLITE INCOGNITE DALL'ESTERO - Certo, il viavai non è mancato neanche quest'anno, ma molte altre compagini di Serie A hanno cambiato radicalmente volto: la differenza è che, per un motivo o per l'altro, è sempre e solo il Genoa a finire sotto i riflettori. Poiché i nuovi arrivi sono quasi tutti stranieri di scarsa fama, perlomeno dalle nostre parti, va da sé che stiamo parlando di incognite autentiche: quanto valgono davvero, e che apporto forniranno i vari Diogo Figueiras, Cissokho, Gakpè, Ntcham, Lazovic, Capel e Ansaldi, l'ultimo ad aggregarsi al gruppo? Soprattutto Figueiras e Ansaldi sono calciatori di valore già certificato, ma l'impatto col campionato italiano continua ad essere difficile per molti "insospettabili", anche in tempi di scadimento qualitativo del nostro movimento (qui a Genova si ricorda bene il buco nell'acqua di un presunto top player come Miguel Veloso, per dire, e l'anno scorso Lestienne, atteso come un campioncino in pectore, ha largamente tradito le attese).
Stessi discorsi, a ben vedere, fatti gli anni scorsi per tante altre misteriose figure di fuorivia, in primis proprio Falque, rivelatosi poi un autentico "craque". Non sempre le ciambelle del mercato riescono col buco, ma se anche solo un paio dei sopra citati esplodesse, allora il Grifone vedrebbe ulteriormente incrementato il proprio potenziale tecnico. Gakpè (gol all'Hellas) e Ntcham (gran dinamismo e presenza costante nel vivo del gioco) hanno iniziato bene, ma la strada è ancora lunga. L'incognita più indecifrabile è casomai una vecchia conoscenza del nostro calcio, Goran Pandev, che sta pagando, e non poteva essere altrimenti, le scorie di una stagione in cui non ha visto molto il campo. Stesso discorso per Dzemaili, che se non è troppo logoro dovrebbe rappresentare il classico usato sicuro. 
E L'ITALIA? - Il buco nero di questa sessione del mercato, anche se sono fra i pochi a sottolinearlo, è il pressoché totale abbandono della "linea azzurra": ha infatti preso forma un Genoa sempre più in versione multinazionale, come purtroppo la grande maggioranza dei nostri club di massima divisione, laddove appena dodici mesi fa si era riusciti a mantenere in rosa un consistente "prodotto indigeno": Perin, Izzo, Marchese, Antonelli, Bertolacci, Sturaro, Mandragora, Matri... Oggi, la rappresentanza italiana è ridotta davvero ai minimi termini, una scelta ineccepibile sul piano regolamentare, ma inaccettabile su quello "culturale". Il Grifo, assieme al Sassuolo e a pochi altri, era stato fino a ieri uno dei sodalizi capaci di resistere a questa massiccia esterofilia che, se prolungata, porterà rapidamente alla decadenza irrimediabile della scuola calcistica nostrana: il fatto che sia uscito da questo ristretto "club tricolore" mette tristezza, ma mi rendo conto di essere quasi solo in questa battaglia... donchisciottesca. 

CLUB ITALIA: CONTRO MALTA UNA VITTORIA IMBARAZZANTE. DENTRO I GIOVANI, SUBITO

                                             Pellè: terzo gol azzurro per lui

Ha ancora senso usare un termine impegnativo come "vergogna", per una mancata goleada contro una delle rappresentative più deboli del globo, piegata oltretutto solo grazie a una rete irregolare? Lo si è già scritto più volte su questo blog, negli ultimi anni: l'Italia non è più squadra da larghi punteggi. Gli ultimi quattro confronti con Malta, tutti giocati dal 2012 a ieri, hanno portato due successi per 2 a 0 e altrettanti per 1 a 0. E i più fedeli tifosi azzurri ricorderanno pure l'indecorosa vittoria in casa delle Far Oer, nel 2011, altro 1 a 0 sancito, anche quello, da un punto non valido (fuorigioco di Cassano). Sorvolerei invece sulla ormai proverbiale crescita fatta registrare da alcune nazionali "deboli". 
GLI INSEGNAMENTI DEI TRAINER ITALIANI... - Abbiamo visto a Firenze, in cosa consiste questa crescita: ancorati a una mediocrità tecnica sostanzialmente immutabile nel tempo, gli isolani hanno fatto mucchio difendendosi in undici nella loro metà campo e intasando gli spazi, sganciando sporadicamente il velocista Effiong in qualche pericoloso contropiede. Se questo è il progresso tattico, se questi sono gli insegnamenti che i nostri allenatori portano nei Paesi calcisticamente depressi, beh, molto si spiega sulla inarrestabile decadenza del pallone tricolore: dopodiché, ci tocca anche sentire il "nuovo" commentatore tecnico Rai, Giovanni Trapattoni, tessere le lodi del suo ex collaboratore Pietro Ghedin, ora cittì maltese (insieme firmarono uno dei periodi più disastrosi nella storia della nostra Nazionale). 
AZZURRI CON GROSSI LIMITI - Contro queste "squadre - ammucchiata" è difficile giocare da sempre, lo si sa, ma non dovrebbe esserlo al punto di dover inseguire il prezioso vantaggio fin quasi alla fine del match, e ottenerlo per di più con un colpo di mano. Vergogna no, dunque, ma un bel po' di imbarazzo sì, senza dubbio. Illudiamoci ancora per qualche giorno che l'alibi del "siamo ancora a inizio stagione" sia valido, ma vedere l'Italia, ormai ex grande potenza mondiale, ruminare football di discutibile qualità al cospetto di una selezione di quarta schiera non può che mettere tristezza. 
Del resto cosa può esserci di più triste di una compagine che, proprio quando avrebbe bisogno di una radicale rinfrescata di organico, rimane aggrappata alla compassata regia del decadente Pirlo? L'undici sceso in campo ieri era appesantito da limiti tecnici e dinamici evidenti: ormai non desta nemmeno più scandalo la quantità esorbitante di lanci e passaggi mal calibrati, di controlli sbagliati, di agganci mancati, di tiri sballati, oltre alla lentezza nell'elaborazione della manovra, all'incapacità di dar via la palla rapidamente, trovando in pochi secondi la soluzione giusta; sotto quest'ultimo profilo ha particolarmente deluso Bertolacci, mentre è lampante che l'Italia attuale non possa assolutamente prescindere da elementi come Florenzi e Candreva. Triste anche la continua ricerca di improbabili rigori, alfine punita dall'arbitro col cartellino giallo per l'incursore laziale, che ci ha provato in maniera un po' troppo plateale.
ATTACCO DISASTRO - Le idee continuano a latitare dalla trequarti in su, e la messa a punto di una funzionale formula offensiva è ancora di là da venire: Gabbiadini si è svegliato solo per mostrare quel meraviglioso sinistro a giro finito sotto l'incrocio dei pali, Eder si è mosso tanto e male, sbagliando anche un paio di facili conclusioni, Pellè ha cercato di essere sempre nel vivo dell'azione mostrando però grande imprecisione, rete (irregolare) a parte. Si diceva della mancata goleada: sarebbe tollerabile, fosse il frutto di una serie di opportunità mancate, ma non è stato purtroppo il caso dell'Italia di ieri. Che alla fine sei - sette palle gol le ha messe insieme, più che altro per inerzia, ma che non è mai riuscita, se non per brevissimi break di cinque minuti o poco più, a mettere in affanno i maltesi, a stringerli d'assedio, che sarebbe stato il minimo sindacale. Per questo, quella di ieri è stata sostanzialmente una prestazione da mani nei capelli. 
LINEA VERDE IMPRESCINDIBILE - E' un'Azzurra, si diceva, che ha un disperato bisogno di svecchiarsi, per trovare nuove risorse tecniche e nuove soluzioni tattiche. Non è più differibile l'inserimento di ragazzi come Zappacosta, Rugani, Romagnoli, Baselli, Berardi (quando guarirà) e Sturaro (a patto che smussi quegli angoli caratteriali che sono costati, a lui e a noi, l'Euro Under 21); l'Insigne di queste prime giornate di Serie A, poi, non meriterebbe una maglia da titolare? E si faccia un pensierino anche a Balotelli, bistrattato oltre i suoi demeriti: anche al 50 per cento della condizione, è in grado di garantire da solo il potenziale offensivo offerto dai tre schierati al Franchi. Dice Conte che chi gioca poco nei club non può pensare di andare in Nazionale: si ricordi del suo predecessore Prandelli, che diede un segnale forte convocando gente come Perin e De Sciglio, giovanotti all'asciutto o quasi di esperienze in campionato. E basandosi sul criterio enunciato nei giorni scorsi dal CT in conferenza stampa, uno come Rugani, di certo il migliore in assoluto dell'ultima leva per classe e personalità, rischierebbe di non vedere l'azzurro per tanto, troppo tempo.
NAZIONALI: MA QUALE CRISI? - Dopodiché, qualche riflessione generale: certi opinionisti di grana grossa asseriscono da anni che il calcio delle Nazionali sia in declino, senza portare prove che lo dimostrino e ignorando il clamoroso successo di pubblico e di sponsor delle ultime edizioni di Mondiali ed Europei. Dato uno sguardo fugace agli highlights delle gare di qualificazione europee di ieri sera, ho visto discrete quantità di spettatori in molti stadi del continente, anche per incontri non propriamente di cartello. Ad essere in crisi, dunque, crisi tecnica e di credibilità, non è il calcio delle Nazionali, ma la Nazionale italiana, che ieri, come tante altre volte nel recente passato, ha giocato in un impianto vuoto per tre quarti. Certo non è stata proprio da volpi la scelta di Firenze per un match di scarsissimo appeal: il Club Italia dovrebbe tornare a battere i campi di provincia, senza vergogna, e i dirigenti federali mostrare maggiore fantasia nella scelta delle sedi (ancora Firenze, e domenica ancora Palermo: perché?).