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lunedì 15 dicembre 2014

FESTIVAL DI SANREMO 2015, ECCO I BIG: I RITORNI DI RAF E NEK E I "NON CANTANTI" DI CUI SI POTEVA FARE A MENO

                                             Raf: ritorno all'Ariston dopo 24 anni

Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo alla notizia che Suor Cristina (pardon, Sister Cristina, non sia mai...) non aveva presentato alcuna richiesta di partecipazione al Festival di Sanremo, ed ecco una serie di brividi freddi percorrere la schiena, dopo aver udito i nomi di Platinette  e dei Soliti Idioti fra i convocati da Carlo Conti per la kermesse di febbraio. Si è così concretizzato il rischio che avevo paventato pochi giorni fa, ossia che l'allargamento del cast fosse anche un modo per aprire le porte a proposte di scarso spessore musicale ma di consistente appeal televisivo (e "social").
 Sopravviveremo, e del resto la forzatissima presenza del Coruzzi, che in passato aveva già tentato la carta rivierasca, dovrebbe beneficiare del tocco di classe di Grazia Di Michele, un ritorno inatteso e gradito sul palco dell'Ariston a ventidue anni (ebbene sì) dall'ultima partecipazione, quella del sensuale e fascinoso duetto con Rossana Casale in "Gli amori diversi"; e bisognerà poi vedere se il nostro si presenterà effettivamente nella sua più celebre versione en travesti o piuttosto "al naturale". Vada come vada, anche questi corpi estranei, in fondo, si inseriscono nel solco del ritorno alla tradizione che le prime mosse del direttore artistico avevano già reso evidente: i "non cantanti" in gara furono per alcuni anni un classico del Festivalone, anche se poche volte tali incursioni beneficiarono di effettivo successo: le partecipazioni di Sabani, Laurito, o ancor prima di Beruschi, rappresentarono più che altro simpatici diversivi acchiappa - audience e nulla più: il solo Francesco Salvi azzeccò un filone che per un po' di tempo gli diede non poche soddisfazioni, tanto che ad un certo punto si era messo a sfornare LP come un vero professionista della canzone.
FINALMENTE RAF E NEK - Per il resto, è un cast senza grossi sconvolgimenti, rispetto a ciò che avevo anticipato col mio post sui "papabili" pubblicato a fine novembre. Blindatissima da mesi la partecipazione dei Dear Jack, boyband fenomeno del momento che non mancherà di convogliare davanti alla tv e per le strade di Sanremo migliaia di giovanissime fans, non era difficile da prevedere il ritorno, dopo due anni, di Annalisa, Chiara e Malika Ayane, e dopo tre di Nina Zilli. I nomi di Irene Grandi, Anna Tatangelo e Marco Masini erano gettonatissimi, la rentrée  di Nek sulla bocca di molti, casomai posso "vantarmi" di aver preconizzato, forse unico in Italia, la presenza di Raf, decisosi a rompere un silenzio festivaliero di ventiquattro anni, mentre non sono certamente spiazzanti i ripescaggi di Alex Britti e Gianluca Grignani, che hanno assoluto bisogno di dare una riverniciata a una fama ultimamente un po' scolorita. E non poteva mancare il piccolo drappello rap: la commissione ha premiato Nesli, che rimase scottato dalla bocciatura di un paio di anni fa, e Moreno, altro nome più che mai à la page, per quanto discutibile nel modo di porsi e nei contenuti di certi suoi pezzi: basterebbero forse il solo genovese e i citati Dear Jack per assicurare a Sanremo 2015 il trionfo assoluto presso il pubblico in più verde età. 
FRAGOLA, SCELTA A RISCHIO - Qualche nome a sorpresa c'è, ma non tale da far gridare al miracolo: casomai si possono avanzare leciti dubbi sulla qualifica di Big attribuita a  Bianca Atzei (esclusa dodici mesi fa, quando si presentò in coppia con Britti), la quale non può vantare nemmeno un curriculum prettamente sanremese come altri ragazzi emergenti inseriti in passato nel gruppo dei "campioni" (pensiamo a Renzo Rubino l'anno scorso), mentre per Lorenzo Fragola rischierei di ripetere un discorso già fatto più volte: passare direttamente dalla vittoria a X Factor alla categoria regina del Festival continua a non convincermi. E' stata una mossa che ha funzionato davvero, nel senso più pieno della parola (popolarità duratura, dischi venduti, concerti sold out), solo con Marco Mengoni,, non a  caso il talento più puro espresso nell'ultimo lustro dal panorama talent nostrano; per Nathalie, il salto si rivelò troppo grande, al punto di risultare insostenibile, mentre Chiara Galiazzo è artista ancora in fase di crescita; rimango convinto che l'ingresso tra i veri big debba avvenire, in linea di massima, in maniera più graduale. 
LARA, STRANIERA "IN SOLITARIA" - Il "reclutamento" dei ragazzini del Volo è un tributo alla platea sanremese più tradizionale, anche se va tenuto nel debito conto il successo di pubblico che questo ensemble riesce a registrare da diversi anni in tutto il mondo. C'era infine il punto interrogativo legato ai nomi stranieri: alla fine ne è stato scelto solo uno, quella Lara Fabian nota in Italia (ma nemmeno tanto) più che altro per una lontana collaborazione con Gigi D'Alessio; è comunque una novità di peso, perché da tempo immemore, forse dal Luis Miguel del 1985, un artista di fuorivia non prendeva parte al Sanremo in solitaria: nel nuovo secolo i vari Morris Albert, Noa, Youssou N'Dour e Lola Ponce erano sempre stati in concorso in coppia  o in trio con colleghi nostrani.  

                                       Con Lara Fabian tornano gli stranieri in gara

VETERANI PIU'... FRESCHI - E' un cast ecumenico ma non troppo, e in questo senso non del tutto "baudiano": si è preferito, cioè, andare sul sicuro, sullo strettamente commerciale, piuttosto che ampliare al massimo lo spettro delle tendenze musicali. Intendiamoci, i nomi per soddisfare diverse fasce di pubblico non mancano: ci sono, l'abbiam visto, i figli dei talent che nel frattempo hanno imparato a camminar da soli, pur con diverse gradazioni di successo; ci sono invece i ragazzini "sfornati di fresco" dalle medesime trasmissioni, e la cui celebrità alle stelle, effimera o meno che sia, va cavalcata senza remore; c'è il rap e ci sono i "classici". Ecco, per quest'ultima categoria va fatta una riflessione: il salto generazionale può dirsi ormai completo, il tempo dei reduci dei Sessanta e dei Settanta pare definitivamente trascorso (segnali incoraggianti, in questo senso, erano già arrivati nelle ultime tre edizioni): i nomi di Patty Pravo e Loredana Bertè, circolati massicciamente nei giorni scorsi, sono fortunatamente rimasti lettera morta, e Fausto Leali ha avuto modo di adontarsi per il rifiuto oppostogli da Carlo Conti: lui e le altre se ne faranno una ragione, così come me la son fatta io. Si è puntato invece su veterani più... freschi, su Masini e su Grignani, sulla Grandi, su Raf e sulla Di Michele: questi ultimi due sono i più "anziani" artisticamente del cast, e fa un po' effetto rimarcarlo, a me che in pratica ne ho visto nascere il successo. 
VIVAIO TRASCURATO - Però, come detto, c'è qualche vuoto. Stona fortemente la scarsa considerazione nei confronti dei più recenti prodotti del vivaio sanremese, il cui vessillo è tenuto alto solo da Malika e Nina Zilli; ad esempio Antonio Maggio, vincitore due anni fa, non ha più avuto una chance. Il serbatoio locale meriterebbe una maggior valorizzazione, anche perché, non mi stancherò mai di ripeterlo, il futuro di Sanremo e della musica italiana passa anche da lì, non solo dai talent. Altra lacuna: gli indipendenti rampanti sono rimasti al palo, è stata riempita da altri la casella occupata nelle ultime edizioni dai vari Perturbazione, Riccardo Sinigallia, Marta sui Tubi. Peccato.
 FESTIVAL MAINSTREAM ED EQUILIBRATO - Ancora: è mancato il coraggio di pescare fra gli artisti un po' più di nicchia, per quanto comunque di fama: io avevo parlato di Teresa De Sio ed Eduardo De Crescenzo, oppure di Alice, ma poteva starci anche un Cammariere, il cui nome era stato esplicitamente fatto da qualcuno. Insomma, un Sanremo molto "mainstream", deciso a puntare a una occupazione finalmente massiccia e prolungata delle classifiche di vendita e di download. Di certo è un cast che promette una battaglia equilibrata: a meno che Raf non tiri fuori il pezzone epocale, o che i Dear Jack non sbaraglino il campo forti di un sostegno popolare oceanico, dire chi possa giungere primo al traguardo è impresa assai ardua, ed è senz'altro un punto  a vantaggio della godibilità dello show.
SANREMO "TIRA" ANCORA - Infine, una considerazione di carattere generale: le canzoni presentate al vaglio della commissione sono state 186 (parliamo sempre della categoria Big, per i giovani la quantità sale esponenzialmente). Tante, decisamente: il Festival è denigrato, osteggiato, ferocemente criticato da più parti, persino dall'interno dell'ambiente musicale. Eppure, serve come il pane a centinaia di artisti: giovani all'inseguimento della consacrazione, personaggi sulla cresta dell'onda in cerca di ulteriori conferme, onesti professionisti di classe media che necessitano di visibilità, "anziani" bramosi di un rilancio. Non comprenderne l'utilità è grave; ancor più grave sarebbe perderlo, visto che ogni anno spunta fuori chi ne chiede l'abolizione: la musica di casa nostra, già in crisi e privata di una così formidabile vetrina, andrebbe definitivamente incontro a un declino inarrestabile. 

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