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giovedì 23 giugno 2016

EURO 2016: CONTRO l'IRLANDA L'ITALIA NON ERA UNA SQUADRA, IMPOSSIBILE FARE RISULTATO. E CON LA SPAGNA...



Solo il più ingenuo dei tifosi poteva credere in una vittoria sull'Eire (ripeto la domanda del precedente post: perché quasi nessuno la chiama più così?), o comunque in un risultato positivo, magari accompagnato da una brillante prestazione dei nostri. Ieri sera non esistevano le condizioni perché tali auspici si avverassero. Per far bene a livelli così alti, dicasi la fase finale di un campionato d'Europa, bisogna essere innanzitutto una squadra nel senso più pieno del termine, e l'Italia di Lille non lo era, né lo poteva essere. Non puoi cambiare otto undicesimi della formazione - tipo e farla franca, sperando che sul campo, come d'incanto, si creino in pochi minuti amalgama, intesa, organizzazione, automatismi. Difficile che avvenga in un club, coi suoi tempi di lavoro più dilatati, figuriamoci in una rappresentativa, ricostruita da zero in pochi giorni. 
RIVOLUZIONE ECCESSIVA - Proprio per questo, nel pezzo di commento alla stentata vittoria sulla Svezia, avevo auspicato quattro - cinque cambi, non una rivoluzione: un mix tra titolari e "riserve" (anche se nel calcio di oggi, votato al buonismo, è vietato chiamarle così), il "brodo di coltura" ideale per consentire ai nuovi di esprimersi al meglio delle loro potenzialità, venendo inseriti in un meccanismo già collaudato. In una squadra, per l'appunto. Conte ha invece costruito, per la pleonastica terza uscita azzurra a Euro 2016, una formazione raccogliticcia, composta da elementi che mai avevano giocato assieme.
Una cosa del genere la fece Lippi durante il suo secondo mandato, nel 2009: titolarissimi in campo a Dublino, nell'autunno 2009, per strappare proprio agli irlandesi il punto necessario per la qualificazione a Sudafrica 2010, e squadra totalmente rinnovata per l'impegno di pochi giorni dopo con Cipro a Parma, scaduto a livello di amichevole. Risultato: Italia in bambola per un'ora e addirittura sotto di due gol contro i modesti isolani, fino al risveglio finale, con assalto all'arma bianca e risultato capovolto da un Gilardino scatenato, autore di una tripletta. Ecco: ieri, giusto qualche guizzo dei singoli più dotati avrebbe potuto evitarci la figuraccia, quantomeno sul piano del punteggio. Ci stava quasi riuscendo Insigne, che ha chiuso con un palo schioccante un'azione personale simile a quella che aveva portato in gol Eder pochi giorni fa. Ma non sarebbe stato un premio meritato, ed è infine giunto un ko poco meno che inevitabile, con Brady e compagni che avrebbero potuto passare anche prima. 
NON ERA IL VERO BERNARDESCHI - Compagine raccogliticcia e improvvisata, si diceva, fatta apposta per mettere tutti nella condizione di dare il peggio. Avete visto Bernardeschi? E' uno dei talenti più fulgidi dell'ultima generazione nostrana, ma ieri ha giocato una partita francamente imbarazzante: timido, confusionario, impreciso persino nel tocco di palla, che dovrebbe essere una delle sue doti più cristalline. Lo stesso giocatore, visto a Udine in una squadra vera, aveva invece portato brio, freschezza, imprevedibilità in fase offensiva. E anche Sturaro non è certo il cieco cursore messosi in mostra ieri.. Nulla di sorprendente, invece, negli errori di Thiago Motta, che da due anni è un corpo estraneo alla Nazionale eppure continua a godere di credito largamente superiore ai meriti acquisiti. Hai un bel dire che ha esperienza internazionale, gioca in una big del calcio europeo e amenità simili, ma poi questa caratura va dimostrata sul campo, e l'ultimo Thiago di livello, in azzurro, lo si è visto forse ai tempi della rassegna continentale 2012. 
BONUCCI IN CAMPO, PERCHE'? - Partita difficile da analizzare tecnicamente e tatticamente, quella di poche ore fa: l'Italia non è stata in grado di togliere l'iniziativa a un avversario aggressivo ma modesto, ha da subito lasciato il pallino ai verdi, rattrappendosi in una difesa esclusivamente passiva, che si limitava a chiudere o a respingere di testa (molto efficace in questo senso Ogbonna, un'alternativa che potrebbe tornare utile se l'Europeo si allungasse e se qualche diffida si tramutasse in squalifica, come temo prima o poi avverrà), senza però far ripartire l'azione. Cosa di cui di solito si occupa Bonucci, sul quale bisognerebbe aprire un capitolo a parte: per quanto ci si sforzi, non si riesce a trovare una giustificazione alla sua presenza in campo. Già gravato da un'ammonizione, un altro cartellino può essere dietro l'angolo in qualunque partita, può arrivare anche in modo casuale, o per una svista dell'arbitro: non è successo, ma il cittì si è preso un rischio veramente assurdo, mettendo a repentaglio la presenza di uno dei nostri uomini cardine nel durissimo match contro la Spagna. La formazione era talmente improbabile, talmente slegata e priva di equilibri, che un giocatore  nuovo in più in aggiunta agli otto già schierati non avrebbe spostato alcunché. E allora, perché? 

                                             Da Insigne gli unici lampi di Lille

RANKING FIFA E SCARSA FORZA PENETRATIVA - E' stata una delle gare più inutili nella storia degli azzurri alle grandi manifestazioni, sullo stesso piano di Italia - Paraguay (Mondiale 1950) e Italia - Svizzera (Mondiale 1962), due confronti che i nostri affrontarono sapendo già di essere eliminati. Comunque un peccato: spezzare una serie positiva, addirittura perdendo, insinua pur sempre qualche dubbio, qualche incertezza in un morale fino al giorno prima granitico. E poi la nostra rappresentativa non si trova nelle condizioni di negarsi la possibilità di provare a vincere anche quando la posta in palio immediata non è altissima, come ha fatto questa volta per un mero eccesso di sperimentalismo: accumulare vittorie è necessario, molto banalmente, anche per il ranking FIFA, e certi punti persi nel recente passato in partite abbordabilissime ci sono costati cari, negandoci il titolo di testa di serie nei sorteggi per la fase finale di Brasile 2014 e per le eliminatorie di Russia 2018. Senza dimenticare che, fra Svezia ed Eire, con due undici diversi abbiamo mostrato gli stessi difetti: incapacità di praticare un gioco di iniziativa, assurdo attendismo al cospetto di rivali non eccezionali, clamorosa sterilità offensiva. Sentivo ieri in tv che questa è l'Italia che crea meno, in avanti, dai tempi di Euro '80, e non mi sorprende: ricordo selezioni azzurre, anche in versioni non particolarmente scintillanti, che sapevano premere, concludere, impegnare le difese avversarie, come quella del biennio 2010 - 2012, che affrontava senza paura anche "squadroni" certamente più dotati. Questa lo fa molto raramente, troppo raramente. 
SERVE UN'ITALIA MIGLIORE DI QUELLA DI LIONE - Certo, contro gli iberici il problema non dovrebbe porsi. Il copione in apparenza è scritto: i magnifici di Del Bosque a fare la partita, noi a rispondere con difesa ferrea ma propositiva e ripartenze a tambur battente. In parole povere, potremmo sfangarla ripetendo la medesima impostazione di gara che ci ha premiati col Belgio, solo che questa volta dovranno essere davvero tutti sul pezzo, dovranno rasentare la perfezione, cosa che al debutto di Lione non si verificò, con qualche prestazione singola non all'altezza del collettivo. Poi può essere pure che invece, come avvenne nella semifinale di Confederations Cup 2013, il team di Conte sorprenda tutti e prenda pallino: quel giorno l'Azzurra di Prandelli, in una delle sue ultime versioni di grana buona, tenne in scacco le Furie Rosse e minacciò ripetutamente Casillas, per poi cedere ingiustamente ai calci di rigore. Ma per avere autentica vivacità dalla trequarti in su bisognerebbe dare più fiducia ai nostri ragazzini terribili, Insigne ed El Shaarawy in primis, che finora invece hanno visto il campo col contagocce. 
NON PIU' EXTRATERRESTRI, MA FORTISSIMI - Non è per fare gli schizzinosi, ma la sfida contro i campioni in carica sarebbe stato meglio averla più avanti. La Roja non è più, in senso assoluto, la macchina perfetta che passò come un rullo compressore su Euro 2008. Sudafrica 2010 ed Euro 2012. Due anni fa in Brasile fu bruscamente ridimensionata, ma era evidente che, con l'organico a disposizione, non fosse giunta al capolinea. Era semplicemente divenuta più "umana", ecco tutto. E la Spagna di oggi è una squadra umana, che nei momenti migliori palleggia che è un piacere (ma il tiqui taca esasperante del passato si è attenuato, a vantaggio di un gioco spesso più verticale), avvolge gli avversari e li "mata" grazie alla precisione nel tocco, nei passaggi, nelle conclusioni dei suoi campioni. Ma ha anche qualche momentanea défaillance e presa in velocità può andare in crisi. Speriamo... 
BENTORNATA, UNGHERIA! - Rimane comunque una delle realtà migliori espresse da un primo turno molto equilibrato e raramente spettacolare (fragorosa eccezione, il 3 a 3 di ieri fra Ungheria e Portogallo). Come da tradizione di questi grandi tornei, alcune fra le squadre più attese hanno steccato totalmente (vedi Austria, la delusione più clamorosa) o parzialmente (lo stesso Portogallo, che non è andato al di là di tre pareggi, l'ultimo soffertissimo). Francia e Germania hanno lasciato intravedere solo in minima parte le loro grandi potenzialità (ma i tedeschi sono parsi in netta crescita nel terzo match coi nordirlandesi). L'Islanda ha confermato l'eccellente trend delle qualificazioni, dove aveva fatto fuori nientemeno che l'Olanda terza nel mondo, il Galles ha sorpreso solo i superficiali, visto che attorno al fuoriclasse Bale, pienamente all'altezza del compito, ha costruito una compagine solida e di discreto talento. A destare clamore è soprattutto l'exploit dell'Ungheria, poco considerata, forse poco dotata tecnicamente, ma scaltra e motivata. I magiari erano in debito con tutti gli amanti del calcio: trent'anni di assenza totale dai grandi palcoscenici (mancavano da Mexico '86) sono imperdonabili per quella che è stata una delle migliori scuole di football di sempre, ma si è in tempo per rimediare, e questo boom è già un primo passo per riassaporare scampoli di gloria.  

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