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martedì 13 dicembre 2016

SANREMO 2017, ANALISI DEL CAST DEI BIG: MANNOIA E AL BANO, MA SOPRATTUTTO TANTA GIOVENTU', CON SCELTE FIN TROPPO AZZARDATE. RIFLETTORI SU COMELLO, META, GABBANI

                                        Fiorella Mannoia: in gara mancava dal 1988

Carlo Conti aveva davanti essenzialmente tre strade, per allestire il mega cast di Big del suo ultimo (per ora) Sanremo: formare il classico cartellone di certi Festival passati, all'insegna della "medietà" pop e in buona parte slegato dal mercato; cercare il boom memorabile rincorrendo un drappello di grandissimi nomi, di quelli che solitamente in Riviera non ci vanno manco in villeggiatura, figuriamoci all'Ariston in gara, e restare nella storia come "quello che è riuscito a convincere gli irriducibili"; oppure, azzardare totalmente sposando in pieno la linea verde, e gettare così le basi per le edizioni future della rassegna, pompando forze fresche nelle vene della musica italiana. La prima strada era da evitare assolutamente, perché il piccolo cabotaggio non ha mai giovato alla buona salute del Festivalone; la seconda era impraticabile, perché il 99 per cento delle candidature dei superbig, da Alessandra Amoroso in poi, si è puntualmente liquefatta strada facendo, come sempre e con due sole eccezioni che vedremo fra poco. Rimaneva la terza, la più coraggiosa ma anche quella maggiormente affascinante.
DUPLICE RISCHIO - L'anchorman toscano ha messo insieme un cast fresco e frizzante, forse perfino troppo. Un azzardo, si diceva, soprattutto sotto due punti di vista: c'è il rischio che alcuni di questi personaggi possano rivelarsi meteore, personaggi effimeri, non in grado di reggere sulla lunga distanza; e c'è il rischio che la platea televisiva volti parzialmente le spalle a un Sanremo stracolmo di emergenti e tutto sommato povero di quei volti tipicamente rassicuranti per il pubblico del primo canale Rai. Ma, del resto, da qualche anno la kermesse sta tentando di assumere un volto sempre più social, si sta aprendo al web, ai nuovi canali di fruizione della musica, e allora chi ne cura l'organizzazione non può più ragionare solo in base a logiche di audience catodico, che potevano andar bene fino a una decina di anni fa ma che oggi mostrano la corda.
DUE GENERAZIONI SALTATE - Per cui, per il momento va bene così, anche se questa volta l'appeal della manifestazione, più che in altre edizioni, è totalmente legato alla bontà della proposta musicale, mostrandosi invece un po' "debole" sul piano del richiamo offerto dal prestigio dei protagonisti. Certo la scelta di campo di Conti è stata netta: sono state quasi totalmente saltate due generazioni canterine. Nessun sorpresa per quella degli anni Novanta, ormai da tempo trascurata in sede sanremese: cara grazia che sia stata reclutata Paola Turci, dopo tempo immemorabile (Marco Masini è un discorso a parte, avendo attraversato quasi tre decenni della nostra musica, fra alti e bassi, e comunque aveva già fatto la sua rentrée nell'edizione 2015). Ma anche i "nativi" canterini del primo scorcio di Duemila non è che abbondino: spiccano i nomi di Fabrizio Moro e Giusy Ferreri, mentre le esplosioni di Samuel (dei Subsonica) e Gigi D'Alessio possono collocarsi a cavallo fra i due secoli.
TALENT E VIVAIO SANREMESE - Si è invece puntato massicciamente sulle rivelazioni dell'ultimissima ora, dell'ultimo quinquennio, a voler stare larghi. Tanto talent, forse troppo, ma non solo: la sensazione è che fra Elodie, Sergio Sylvestre, Michele Bravi e Alice Paba (in coppia con Nesli) almeno un paio siano di troppo; in compenso si è data piena fiducia, come avevo auspicato sul blog, ai due prodotti più recenti del vivaio sanremese, che deve tornare a essere centrale nel progetto Festival: ecco dunque in lizza Francesco Gabbani, trionfatore l'anno scorso fra le Nuove Proposte, ed Ermal Meta, protagonista assoluto del 2016 come cantante e come autore. Poi il jolly, non inquadrabile in nessuna particolare categoria canora, eppure destinato, è il mio pronostico, a recitare un ruolo di primissimo piano nel "romanzo" di Sanremo 2017: Lodovica Comello, già attrice nella serie Disney "Violetta", conduttrice televisiva e cantante di buona voce e piglio contemporaneo. 
ATZEI: FU VERA GLORIA? - Queste sono in linea di massima le principali chiavi di lettura delle scelte del direttore artistico. Si vede, eccome, che Conti è cresciuto musicalmente a pane e anni Ottanta: grazie a lui, e alle sue scelte controcorrente rispetto all'andazzo del periodo precedente, noi appassionati abbiamo riscoperto il sapore dei cast pletorici dell'epoca, quando venti Big erano il minimo sindacale ma, solitamente, erano molti di più (nell'88 si arrivò alla cifra record di ventisei). Questa volta abbiam toccato quota ventidue, scelti su un ventaglio di circa 150 proposte, un'enormità: c'è la speranza che l'allargamento sia giustificato dalla bontà dei pezzi presentati, perché altrimenti certe caselle potevano restare vuote (Bianca Atzei continua a rimanere in una sorta di limbo dorato e non riesce a sfondare, Alessio Bernabei è alla terza partecipazione consecutiva e una pausa poteva pur prendersela) oppure essere riservate ad artisti che da troppo tempo mancano da quella ribalta, laddove altri, soprattutto certi veterani, sono ormai degli autentici prezzemolini festivalieri. Fra questi va annoverato, ci spiace, anche Al Bano, che merita tutta la nostra simpatia per la grave disavventura vissuta in questi giorni (infarto con conseguente intervento chirurgico d'urgenza: in bocca al lupo), ma di cui prima o poi il Festival dovrà imparare a fare a meno. Per lui vale, probabilmente, il discorso fatto l'anno scorso per Patty Pravo: celebrare in gara un anniversario importante (nel caso del cantante di Cellino San Marco, il cinquantesimo compleanno della sua prima grande hit "Nel sole").
MANNOIA, D'ALESSIO E I GIOVANI LEONI - Ad Al Bano, Michele Zarrillo e Ron è affidata la quota che Bonolis, nel 2005, definì "Classic": i vecchi leoni della nostra canzone, habitués dell'Ariston e volti familiari per il pubblico televisivo di mezza età, alla stregua di Fiorella Mannoia, l'unico vero "colpo gobbo" messo a segno dal direttore artistico in tema di "campionissimi" della canzone italiana: rimane difficile da capire la strategia discografica alla base di una tale partecipazione, con un cd di inediti appena pubblicato, ma prevale la felicità di rivedere in concorso la "rossa" a ventinove anni dalla meravigliosa "Le notti di maggio" (meglio della splendida "Quello che le donne non dicono", parere personale e opinabilissimo). Favorita? Sulla carta sì, ma non certo per distacco. I giovani leoni daranno battaglia, a partire da una Giusy Ferreri in stato di grazia, dopo la collezione di dischi di platino con "Roma - Bangkok" in abbinata con Baby K., dalla Comello, da Gabbani e da Ermal Meta. Ma occhio a Gigi D'Alessio, altro grosso nome scritturato da Conti, che però fa meno rumore della Mannoia perché un po' più assiduo dalle parti dell'Ariston (ultima presenza nel 2012, con Loredana Bertè), uno che continua a vendere dischi e a fare il pienone ai concerti: da non sottovalutare. 
QUASI BIG - Chiara Galiazzo deve tornare a convincere dopo il parziale passo falso di Sanremo 2015, quando si presentò con un brano che non spiccava per originalità, Fabrizio Moro e Samuel dei Subsonica sono garanzia di proposte sostanziose e non banali, Clementino vuol giustamente raccogliere i frutti dell'ottimo exploit fatto registrare nell'ultima edizione, e rappresenta la sparuta quota rap assieme a Raige, che arriva in coppia con Giulia Luzi: un duo che  è un altro grosso azzardo di Conti, portando nella categoria regina due nomi con un percorso dignitoso ma tutt'altro che eclatante. Concludo ribadendo: cast poco incline a compromessi televisivi e di ecumenismo (accontentare tutti, come cercava di fare Pippo Baudo) e con lo sguardo in avanti, volto a dare futuro e continuità al carrozzone festivaliero, sdoganando nomi non ancora consacrati. Anche col rischio di trapanare l'acqua con qualche ragazzo che non manterrà le promesse: ma è un rischio che vale la pena correre, se in passato si è dato tanto spazio a veterani sfiatati che non avevano più nulla da dire né in termini commerciali, né artistici.
GRISPO E LA RUA OUT A SORPRESA - Sulle Nuove proposte, anch'esse selezionate ieri a Villa Ormond,cercherò di tornare più avanti. Solo alcuni spunti: l'eliminazione clamorosa di Chiara Grispo, con un pezzo moderno, "radiofonico", che aveva tutto per imporsi a febbraio, e quella, contestatissima, dei La Rua (talmente contestata che Conti ha fatto una mezza promessa: la loro canzone potrebbe diventare sigla o jingle della manifestazione).  Di Marianne Mirage la proposta più fresca, dal sound "internazionale", di Tommaso Pini quella più frizzante e bizzarra. 

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