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mercoledì 14 dicembre 2016

BILANCIO DI "SARA' SANREMO": LA RESA ALLA DITTATURA TALENT E I TROPPI BRAVI GIOVANI SACRIFICATI


"Sarà Sanremo", versione riveduta e corretta del "Sanremo giovani" televisivo ripristinato l'anno passato dopo tempo immemore, è stato tutto sommato uno spettacolo gradevole, dignitoso, ma finché manterrà la struttura attuale sconterà per sempre un peccato originale: l'essere giunto buon ultimo, in coda all'abbuffata di talent show canori che ha invaso nell'ultimo lustro gli schermi italiani. Certo, è un format che bene o male funziona: il bancone dei giurati (non tutti all'altezza), le dissertazioni spesso discutibili di tali esperti, per giustificare promozioni ed esclusioni ingiustificabili, i giovanissimi concorrenti sottoposti alle forche caudine di un'eliminatoria crudele, in cui ti sbattono in faccia il risultato negativo esponendo la tua amarezza a una platea di milioni di occhi. 
TALENT SANREMO - Non capirò mai perché una tale idea di gara abbia riscosso successo planetario, al punto di venir riprodotta in decine di versioni catodiche, con qualche variante qua e là che non ne intacca lo spirito originario. Speravo che l'universo Sanremo, forte della sua storia, della sua tradizione, della sua specificità, riuscisse alla lunga a farne a meno, invece vi si è consegnato mani e piedi. Prendo atto... La serata televisiva di lunedì scorso ha comunque tenuto discretamente, sul piano Auditel, anche perché fortemente arricchita dall'annuncio del listone dei ventidue Big del Festivalone prossimo venturo, uno dei momenti più attesi dagli appassionati della rassegna ma anche dalla stampa, specializzata e non, come dimostra la marea di articoli riversatasi sul web nei giorni scorsi, molti dei quali pretendevano di rivelare, con scoop memorabili, il cast dei vip in concorso in anticipo rispetto a Carlo Conti. 
QUELLA VOLTA CHE "STRISCIA"... - Nessuno è riuscito nell'impresa, parliamoci chiaro, anche se fino a poche ore fa in rete erano rintracciabili risibili esultanze di giornalisti e blogger che si vantavano del colpaccio. Poveri noi. Trattasi del resto di operazione ai limiti dell'impossibile, visto che la scelta delle canzoni avviene da anni in un metaforico bunker del tutto privo di spifferi giornalistici e di gole profonde: siamo fermi al memorabile blitz operato da "Striscia la notizia" nel dicembre '93, quando Ezio Greggio e Ric (di Ric e Gian) snocciolarono in diretta tv i nomi dei "Campioni" scelti per Sanremo '94, bruciando così di pochi minuti Pippo Baudo che, proprio come Conti quest'anno, aveva allestito uno show in prime time per celebrare l'atteso evento. 
GRISPO, CAROLA E LA RUA, OCCASIONI PERSE DAL FESTIVAL - Tornando nel merito di "Sarà Sanremo", giusto dedicare un po' di attenzione in più a quello che era inizialmente l'elemento centrale dello spettacolo: l'ultima selezione delle Nuove proposte, dodici in lizza fra cui sceglierne sei da mandare all'Ariston in febbraio. La nota positiva è che si è percepita una sensazione di generale "easy listening" e di sostanziale aderenza agli stilemi contemporanei della musica pop. E tuttavia credo che il direttore artistico si morderà parecchio le mani, in questi mesi che ci separano dalla kermesse, per aver perso per strada almeno tre brani molto validi, che avrebbero dato lustro al Festival  e che potrebbero ottenere ottimi riscontri commerciali. Parlo in primis della proposta di Chiara Grispo, una "Niente è impossibile" dal sound moderno e trascinante (che aveva tutto per vincere fra due mesi), di Carola Campagna con la suggestiva "Prima che arrivi il giorno", e soprattutto dei La Rua con la frizzante, solare e musicalmente colorita "Tutta la vita questa vita" (che ha le stimmate del tormentone). Questi ultimi, di fatto eliminati dal giurato Massimo Ranieri senza che si sia ben compresa la motivazione, hanno ricevuto solidarietà diffusa in diretta, da parte del pubblico in sala e di altri esperti presenti, al punto che Carlo Conti, fiutando l'aria, si è impegnato a studiare qualcosa per riproporli fuori concorso all'Ariston, magari come sigla o jingle (e sarebbe ora che la rassegna ligure tornasse ad avere una vera sigla, come non avviene più da troppo tempo). 
L'ETERNO PROBLEMA DELLE GIURIE - Siamo nella zona grigia delle tante occasioni gettate al vento da Sanremo, un amaro classico della storia della kermesse cui non si riesce a porre rimedio, per il semplice motivo che non si è ancora trovata una giuria  - commissione di selezione in grado di intercettare totalmente i gusti del pubblico, e soprattutto di saper percepire i fremiti di novità e di originalità dei giovanissimi che si sottopongono al loro vaglio. Rileggiamo, parola per parola, ciò che ha detto Ranieri al momento di estromettere la band La Rua: "Se devo scegliere fra loro due (l'altra era la Grispo, in occasione della prima selezione della serata, ndr) è solo per una mia rimembranza,  un mio ricordo, mi ricorda... Pur piacendomi molto loro... A me dietro quel faccino si nasconde una forza incredibile, tutta così carina, tutta così, molto bambina.."; ecco, diciamo che per decisioni così importanti ci si aspetterebbe un minimo di motivazione tecnica in più, ma non si può avere tutto dalla vita... 
FORMULA DA RIVEDERE, PER DIFFERENZIARSI - Colpa dei giurati, certo, ma c'è un difetto di base, quello della formula di gara che, nella prima fase, ha diviso i dodici finalisti in gruppi di tre, con l'ovvia conseguenza di "gironi" fin troppo equilibrati e qualitativi che avrebbero comunque lasciato per strada voci pregevoli, mentre altri emergenti si facevano strada in maniera più semplice. Certo, così i momenti di thrilling e di suspense si moltiplicano, ma si tratta, in fondo, di un altro compromesso col format del talent che non fa onore alla storia sanremese: perché non far partire tutti alla pari, dando un punteggio al termine di ogni esibizione e facendo poi i conti alla fine? Possibile che sull'altare dell'Auditel si debbano sacrificare anche le speranze di ragazzini tutto sommato meritevoli? Oltre che risolvere questo problema, "Sanremo giovani" potrebbe ancor più differenziarsi riscoprendo ciò che fecero Gianni Morandi e Gianmarco Mazzi nel 2011, ossia una storica diretta fiume sul web per selezionare decine di aspiranti Nuove proposte. Nell'epoca del Sanremo 2.0, sarebbe una carta da giocare.
RIMPIANTI PER THE SHALALALAS - Tornando alle promesse viste l'altroieri, all'opposto delle occasioni mancate c'è stato l'entusiasmo eccessivo per le proposte di Leonardo La Macchia ("Ciò che resta"), un misto Cammariere - Ferro con poco sale e rari guizzi, e di Francesco Guasti ("Universo"), tanta grinta ma brano nel complesso banale. Spiace per l'eliminazione degli Shalalalas ("Difficile"), nei quali ho ritrovato gustose atmosfere anni Novanta sulla scia degli ingiustamente dimenticati Soon di Odette Di Maio, ma che sono stati penalizzati da un'esibizione live non ineccepibile. Tutto sommato pochi rimpianti per le talentuose Aprile e Mangiaracina (la prima già vista in competizione a Sanremo 2009), con una "Il cielo di Napoli" nel solco della tradizione melodica all'italiana, non particolarmente ficcante pur se con un testo di indubbia presa poetica; poteva meritare qualcosina in più "La vita è un'illusione" di Valeria, composizione ben arrangiata, dal sound variegato e al passo coi tempi, ma voce ancora acerba. 
MIRAGE, PINI E LELE I FAVORITI A FEBBRAIO - Al Festival, la vittoria di categoria dovrebbe essere un affare fra Marianne Mirage, con una "Le canzoni fanno male" ritmata, orecchiabile e moderna, e l'estroso Tommaso Pini di "Cose che danno ansia", testo ironico e sonorità dance; lecito attendersi sorprese da Lele con la sostanziosa e intensa "Ora mai", che ha un ritornello che si fa ricordare, e da Maldestro con "Canzone per Federica", voce sofferta per un cantautorato ricco di idee. Da "Area Sanremo" gioie e dolori, come al solito: Braschi con "Nel mare ci sono i coccodrilli" fonde un po' di Massimo Bubola e un po' di De Andrè junior, ma lo fa con perizia e tutto sommato il prodotto risulta godibile, mentre la Valeria Farinacci di "Insieme" scorre via senza lasciare traccia, un lento old - style di scarso appeal. 

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