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sabato 21 dicembre 2013

IL CASO JALISSE: DA 17 ANNI BUSSANO INVANO A SANREMO. DA DON BACKY A MIETTA, GLI ALTRI ESCLUSI DI LUNGA DATA



Entrare a far parte del cast dei Big del Festival di Sanremo è ormai un privilegio riservato a pochi, vista la... cura dimagrante a cui la categoria d'élite della rassegna canora (come anche la sezione giovani, del resto) è stata sottoposta negli ultimi anni: appena 14 posti a disposizione, mentre ci fu un tempo in cui si arrivò addirittura a quota 26. Gli esclusi, quindi, sono fatalmente tanti, e molti di essi, dopo aver esternato ai quattro venti mediatici la loro rabbia o averla faticosamente repressa, non possono che esclamare "sarà per l'anno prossimo!". D'accordo, ma c'è chi "sarà per l'anno prossimo" è costretto a dirlo sistematicamente tutti gli anni, nientemeno che dal 1998. E' lo strano caso dei Jalisse, dei quali ho letto stamane un accorato sfogo sul profilo ufficiale Facebook: "Si avvicina Sanremo - scrivono - Anche quest'anno abbiamo presentato il nostro prodotto. Anzi due, come vuole Fazio. Sono 17 anni e 17 brani inediti che presentiamo, ma non passano". 
Ce ne sarebbe abbastanza per parlare di ostracismo. Non mi piace tranciare giudizi senza conoscere a fondo tutti i fatti e i retroscena, ma di certo la parabola dei Jalisse ha in sé molto di insolito, e un retrogusto che definire amarognolo è forse eufemistico. Stare qui a discutere le scelte della commissione artistica di quest'anno avrebbe poco senso, perché non si conosce la qualità dei brani ammessi alla gara, né quella dei "bocciati". Qualche considerazione la si può invece fare sui Festival del passato: canzoni come "6 desiderio" (2004), "Linguaggio universale" (2007) e "Ritornerà il futuro" (2011), tre tra le tante proposte dai Jalisse, potevano approdare all'Ariston senza scandalo, soprattutto pensando a certi dimenticabilissimi "capolavori" ammessi in concorso in quelle edizioni. 
LA SORPRESA DEL 1997 - Ma chiaramente il discorso è più ampio: diciassette tentativi consecutivi di partecipazione andati a vuoto fanno sensazione. Anche perché Alessandra Drusian e Fabio Ricci, i Jalisse per l'appunto, non sono dei parvenus delle sette note. Sono dei professionisti con alle spalle una lunga carriera, sono musicisti e cantanti preparati ed eclettici, come la loro vasta produzione testimonia. Hanno modalità espressive di grande raffinatezza, sono capaci di recepire le sonorità più moderne di stampo internazionale riuscendo a sposarle con i classici stilemi italiani, in particolare con la melodia coniugata in chiave contemporanea. Hanno anche vinto un Festival di Sanremo, i Jalisse, nel 1997, e da quel momento è iniziata per loro una lotta impari, che li ha visti respinti ai margini dell'arengo della musica da classifica e da rotazione radiofonica.
Il trionfo del duo in quell'ormai lontano Festival rappresentò senz'altro una sorpresa clamorosa, ma avvenne in maniera del tutto cristallina, nel pieno rispetto di un regolamento che, in quegli anni, concedeva alle Nuove proposte in gara nell'edizione precedente di concorrere per la conquista di quattro posti nella categoria "regina". E i Jalisse, debuttanti nel 1996 con la sofisticata ed eterea "Liberami", superarono questa pre - selezione, entrarono fra i Big (assieme a Marina Rei, Silvia Salemi e agli O.R.O.) e sbaragliarono concorrenti più onusti di gloria, conquistando il primo premio. Sorpresissima, ma fu esattamente lo stesso, identico percorso seguito due anni prima da Giorgia: nessuno si scandalizzò, nel '95, e anzi tutti plaudirono, giustamente, alla nascita di una nuova stella che, lo si intuiva, avrebbe segnato la storia della musica italiana. 
ALTRO CHE METEORE... - L'affermazione di "Fiumi di parole" venne invece presa da più parti come il paradigma di ciò che Sanremo non dovrebbe essere. Addirittura anni dopo, ai tempi dei primi trionfi di Fazio sulla Riviera ligure, un importante dirigente Rai esclamò, trionfante: "Abbiamo traghettato il Festival dai Jalisse agli Avion Travel: indietro non si torna". Incomprensibile. Alla base di tutto c'è anche un equivoco di fondo: i Jalisse vengono citati spesso come esempio di meteora sanremese subito caduta nel dimenticatoio, e invece, ancora oggi, anche chi non è a conoscenza del loro (intenso) percorso artistico successivo si ricorda di loro, e ricorda perfettamente "Fiumi di parole" che, piaccia o no ai detrattori, è diventata una evergreen del Festival, e pochi mesi dopo quella "vittoria di Pirro" si comportò molto bene all'Eurovision Song Contest, strappando un bel quarto posto. Era, è, una canzone di buona fattura, un pop brillante e intenso, ottimamente interpretato. Più apprezzata all'estero che da noi, così come il duo che l'ha lanciata.
OLTRE LA CANZONE - Già dall'anno dopo tentarono un ritorno a Sanremo (con "Le cime del Tibet"), ma non ci fu verso, e così successivamente, fino ad oggi. Senza parole. Rimane la soddisfazione di un curriculum comunque di notevole spessore: Alessandra e Fabio han continuato a produrre musica di qualità ma, soprattutto, sono andati oltre la canzone fine a se stessa. Si sono impegnati in ambito sociale e didattico, con progetti come "Artisti nelle scuole", finalizzato allo sviluppo della creatività e alla formazione musicale dei bambini, o iniziative di promozione culturale e turistica del territorio nostrano come "Localitour d'Italia". E ancora, un fortissimo impegno civile: i loro brani, i loro dischi sono spesso il risultato finale di intense collaborazioni con artisti di ogni parte del mondo, per lanciare messaggi di pace e di speranza, per promuovere la difesa dei diritti umani anche nelle zone più martoriate del pianeta... Chi vuol saperne di più può dare un'occhiata al loro sito, www.jalisse.it. Insomma, altro che meteore: i Jalisse sono... sopravvissuti a quel tempestoso 1997, e hanno saputo interpretare il loro mestiere in chiave estesa e altruista, nonostante i "niet" arrivati da Sanremo, che però bruciano ugualmente, e lo si capisce. 
NON SOLO JALISSE: REITANO E GLI ALTRI - E' altresì vero che che, prima e dopo i Jalisse, altri cantanti hanno dovuto subire la freddezza di commissioni e direttori artistici sanremesi. Il povero Mino Reitano, ad esempio, stando ai giornali è stato in lizza per partecipare al Festival quasi ogni anno, nel corso della sua carriera, ma alla fine ha collezionato appena sette presenze, quasi nulla se si pensa alla sua longevità artistica. E che dire di Don Backy, un altro che ci ha tentato spessissimo ma, una volta uscito dal giro dei grandi venditori di dischi (diciamo a inizio anni Settanta) in riviera ha sempre trovato la porte sbarrate? Arrivò al punto, nel '95, di inscenare una protesta plateale, denudandosi davanti al Colosseo per denunciare l'ostracismo decretato nei suoi confronti dalla Rai. 
Little Tony il Festival fu costretto a vederlo sistematicamente in tv,  proprio negli anni in cui suoi coetanei e rivali di antiche battaglie, come Bobby Solo, Fausto Leali e Patty Pravo, videro rifiorire la loro popolarità partendo dal palco dell'Ariston (particolarmente bruciante per lui fu l'esclusione del '94 con il bel pezzo "Dentro ad ogni cosa", poi portato al successo dagli Audio 2). In tempi più recenti ha avuto ragione di lamentarsi Mariella Nava, che per la verità fino all'inizio del secolo di partecipazioni sanremesi ne aveva accumulate un bel po', ma che dopo la brillante comparsa del 2002 con "Il cuore mio" ha visto andare a vuoto i suoi numerosi tentativi (con alcuni gioiellini come "It's forever" e "In nome di ogni donna", che avrebbero meritato di essere ascoltati da una immensa platea come quella della kermesse ligure, così come "Piano inclinato" e "Dimmi che mi vuoi bene", respinte negli anni Novanta). E ancora, Mietta: rimane ancora oggi una delle voci più calde e convincenti della nostra canzone, ha mostrato coraggio e versatilità passando attraverso gli stili più disparati: è incredibile che negli ultimi vent'anni alla cantante pugliese siano stati concessi solo tre passaggi festivalieri, di cui uno come ospite di Morris Albert, nel 2004. Molto discussa fu, in particolare, la bocciatura del 2003: la sua "Abbracciati e vivi", canzone dal sound moderno, in linea con le nuove sonorità anni Duemila, era superiore ad almeno quattro dei motivi ammessi alla gara. 

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