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lunedì 17 marzo 2014

GENOA: "IL FUTURO E' UN'IPOTESI", FRA GLORIOSE SCONFITTE E SCENARI SOCIETARI "FLUTTUANTI"

                                             Così Pirlo ha condannato il Genoa 

Genoa - Juventus 0-1. Era da tempo che non mi accadeva di... inalberarmi così per una sconfitta della mia squadra del cuore. L'anno scorso, per dire, vissi la lenta discesa agli inferi dell'orrido grifone di Del Neri con rassegnazione, più che con rabbia. Quasi un olimpico distacco, confortato da una certezza di fondo: era una compagine così scombiccherata, quella, così priva di gioco e di animus pugnandi, che la zona retrocessione le calzava a pennello, e lo scrissi anche qui su "Note d'azzurro". Ieri sera no: la punizione di "Von Karajan" Pirlo, così lo ha definito in radiocronaca diretta Francesco Repice di "Tutto il calcio", è stata una stilettata che brucia, brucia ancora, a quasi ventiquattr'ore di distanza. Da un lato è positivo: significa che il calcio italiano, malato grave, in crisi tecnica e di credibilità internazionale, è ancora in grado di regalare emozioni forti a chi lo vive con passione genuina. Ma prevale comunque l'amaro in bocca, dovuto, oltre al ko, alla constatazione che, a realtà medio - piccole come quella genovese, per cogliere la soddisfazione effimera di bloccare il perfetto ingranaggio bianconero non basta nemmeno giocare un match su standard quasi "europei". 
VOLTARE LE SPALLE ALLA FORTUNA - Mi si dirà: ma l'hai visto lo score stagionale della Vecchia Signora? Come poteva pretendere di far risultato, la squadra undicesima nella stessa classifica, con meno della metà dei punti della capolista? Ebbene, lo score lo conosco benissimo, è impressionante, una cosa mai vista in Italia: ventiquattro vittorie, tre pareggi e una sconfitta, il celebre capitombolo di Firenze maturato non in seguito a una sfida giocata peggio dei viola, ma per un quarto d'ora di follia, uno di quei black out che, alle grandi squadre, capitano giusto una volta all'anno. Ma il ruolino di marcia bianconero, per come si stava svolgendo la sfida di Marassi, aveva assunto un'importanza del tutto relativa: molto semplicemente, il Genoa stava giocando meglio dell'augusto avversario. Agonismo financo sopra le righe, ritmi elevati, brillantezza fisica, manovra di qualità e palle gol: forse solo il Verona, al di fuori del novero delle grandi, era stato in grado di far vedere in tal misura le stelle al team di Conte. 
Però, paradossalmente, non mi va di unirmi al coro di chi grida alla sconfitta ingiusta: fallire un paio di facili occasioni a tu per tu con Buffon e buttargli addirittura fra le braccia il rigore che poteva regalare "La vittoria dell'anno" (un rigore contro la Juve: evento da segnare sul calendario), il successo da raccontare con orgoglio ai nipotini e a chi non c'era, significa semplicemente voltare le spalle alla fortuna, che sembrava davvero disposta a confortare col suo... beneplacito la serata di grazia dell'undici gasperiniano. Il rigore dell'anno affidato a Calaiò, uno che nella rinascita genoana di questo campionato ha recitato, sostanzialmente, il ruolo di comparsa: a ben vedere, basterebbe questa scelta infelicissima a giustificare la resa finale.
PRESTAZIONE RIPETIBILE? - Un'occasione così, contro una Signora stanca, poco lucida, priva di Tevez, con tre quarti di scudetto già in tasca e concentrata più che altro sul ritorno di Europa League, resterà probabilmente irripetibile. Il popolo rossoblù, solitamente ipercritico nei confronti della squadra tanto amata, l'ha presa bene, fin troppo, e ha già inserito questa partita nella galleria dei match storici del Grifone, per qualità e intensità della prestazione. A partire da un assunto elementare e inflazionato: se si gioca così contro la Juve, lo si può fare anche contro le altre, e in quel caso di partite se ne perderanno ben poche. In realtà, come direbbe Enrico Ruggeri, al momento "Il futuro è un'ipotesi" e nulla più, perché sulle "gloriose sconfitte" raramente si costruiscono progetti vincenti e perché nel calcio due più due raramente fa quattro: il calciofilo dimentica presto, ma io, ad esempio, ricordo ancora perfettamente la splendida prestazione del Genoa di De Canio, sempre al Ferraris, contro una Juventus non molto diversa da quella di ieri sera: gol di Immobile, raddoppio mancato un'infinità di volte, primo tempo che poteva terminare tre a zero e partita che invece si concluderà... 1-3. Da quella straordinaria e sfortunata dimostrazione di gioco non sbocciò alcunché: strada facendo, il Genoa si dimostrò una delle realtà meno competitive del torneo, dovette passare attraverso due cambi di allenatore e una rivoluzione d'organico al mercato di gennaio per salvare la ghirba in extremis. 

                                  Gasperini: sta costruendo un Genoa nuovo e frizzante

UN GENOA CREDIBILE - Certo, oggi la situazione appare diversa: paragonare questo Genoa a quello dell'anno scorso è, in effetti, eresia pura. Il Genoa 2012/13 era un ensemble senza capo né coda, povero di talento e senza una linea tecnica precisa. Quello di oggi ha ritrovato antiche certezze, una nuova  e fresca credibilità: Gasperini, con grande fatica, pare infine esser riuscito a imporvi il suo marchio di fabbrica. E' una squadra con un'anima, con una filosofia di gioco, col gusto della sfida a viso aperto, senza paura. E' una squadra giovane e molto italiana, e non è poco in questa Serie A così ottusamente esterofila da risultare irritante. 
E' un Grifone, anche, con una forte connotazione azzurra: ad Antonelli e al veterano Gilardino si è aggiunto il ragazzino terribile Perin, mentre Bertolacci continua a crescere e nelle ultime gare sta emergendo, per personalità, precisione e pulizia di gioco, il centrocampista Sturaro, altro prodotto della locale "cantera". E ora, come detto, comincia a riconoscersi l'impronta di Gasperson, la stessa che, nel 2009, portò un Genoa decisamente più dotato, sul piano della classe pura, a un passo da una Champions League che sarebbe stata oltremodo meritata. Tutto questo per dire che, oggi, i presupposti parrebbero diversi rispetto a dodici mesi fa, che quanto visto ier sera potrebbe essere davvero un ponte gettato verso un futuro un tantino più ricco di soddisfazioni. Ma una discreta squadra può diventare una buona squadra (non diciamo grande) se acquista concretezza e, soprattutto, se sa battersi con eguale intensità con colossi e con peones. In altre parole, in prospettiva contano poco le prestazioni di spessore con Juve, o Inter o Fiorentina, se poi viene il braccino come col Chievo, otto giorni fa, o come in un derby ampiamente alla portata. Cattiveria (calcistica) e continuità di gioco e di mentalità, ci vogliono: non è di gloriose sconfitte che si nutrono il palmarés e la storia di un club. E dunque, il luminoso futuro sognato dai supporters è ancora del tutto ipotetico. Comincerà a prender forma già da domenica prossima?
STRAVOLGIMENTI SOCIETARI... FORSE - Ma soprattutto: sarà ancora Preziosi a guidare questo  nuovo corso dai connotati assai poco chiari? Negli ultimi sette giorni, due illustri firme di due prestigiosi quotidiani cittadini hanno suonato incessantemente la grancassa mediatica su un passaggio di proprietà, in casa Genoa, ormai alle porte. Uno di essi aveva parlato addirittura di "ore decisive per la cessione della società" (roba di una settimana fa, ma non aveva specificato il numero di ore, va detto...), annunciando che questo Genoa - Juventus sarebbe stato l'ultimo match vissuto dal Joker come proprietario del club. Non è accaduto, e già questo basterebbe per inserire la notizia nel novero ormai ampio delle bufale calcistiche nazionali, anche sulla scorta delle decise e reiterate smentite della dirigenza. Poi, magari, alla lunga qualcosa si concretizzerà, e me lo auguro sinceramente per gli estensori di questo presunto scoop, "prime firme" la cui credibilità, in caso contrario, subirebbe un colpo che non potrebbe né dovrebbe lasciare indifferenti i lettori. 
Insomma, ci abbiamo fatto il callo. Poi magari chi lancia queste "bombe" (nell'accezione inventata anni fa da Maurizio Mosca e Aldo Biscardi) dice di farlo per il bene del Genoa, salvo sottolineare, nei propri articoli, che, caspiterina, "la fuga di notizie potrebbe aver rovinato le intenzioni degli acquirenti", fuga di notizie da loro stessi alimentata... E neanche si capisce, se si vuole davvero il bene del Genoa favorendo quindi l'arrivo di facoltosi investitori, l'utilità di rigirare continuamente il coltello nella piaga di una situazione finanziaria e debitoria rossoblù che, da mesi, viene descritta come drammatica, con una certa approssimazione nell'affrontare tematiche economiche che richiederebbero competenza e lunga opera di documentazione: roba da "Il Sole 24 ore", insomma, non da pagine sportive di quotidiani locali. Nel recente passato ci sono state società professionistiche di Serie A che si sono viste infliggere punti di penalizzazione in classifica per ritardi nei pagamenti degli stipendi: il Genoa, al momento, ci risulta eroghi regolarmente gli emolumenti, ha investito in un nuovo centro sportivo nella periferia cittadina e ha appena acquisito una nuova sponsorizzazione per la propria casacca. Non naviga nell'oro, insomma, ma credo che siano altri i sodalizi che debbono tremare per il loro futuro. Vedremo come andrà, con la precisazione che, giornalisticamente, questa telenovela mi appassiona quanto un romanzo di  Fabio Volo...

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