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martedì 24 novembre 2015

IL PUNTO SUL GRIFONE A UN TERZO DEL CAMMINO: GENOA "TRIPALLICO" MA INCOMPIUTO

                                     Perotti: sempre positivo, ma può fare ancor di più

Meno tecnici, ma più... tripallici. Giunti a un terzo del cammino della Serie A, è il momento di fare il primo punto della situazione genoana. Traduco subito il termine "tripallico", forse ignoto ai più giovani e a chi non ha praticato buone letture calcistiche: lo coniò l'immaginifico Gianni Brera, a indicare un atleta, o una compagine, particolarmente dotati di carattere, di determinazione; di "attributi", insomma, per usare un'espressione inflazionata in un ambiente maschilista come quello del pallone. Ma il Grifone attuale questo è: una squadra che insegue l'obiettivo fino all'ultimo secondo di recupero, anche quando tutto sembra congiurare contro. 
FINO ALLA FINE - Tre volte in appena tredici giornate ha fatto risultato in extremis: gol vittoria di Tachtsidis contro il Chievo, pareggio di Laxalt a Torino coi granata, per finire con l'incredibile girandola di emozioni di due giorni fa al Ferraris, col Sassuolo capace di trovare l'immeritato 1-1 oltre il  93esimo e il Genoa che, rimessa palla al centro, è partito all'assalto trovando infine, con un lungo traversone di Cissokho, la testa dell'inesorabile Pavoletti per il successo a fil di sirena. Dove sarebbero gli uomini di Gasperini senza i ben cinque punti raccolti in questo modo è la classifica a dirlo; in questa sede, preferiamo sottolineare la netta inversione di tendenza rispetto al recente passato, quando spesso i rossoblù si sono trovati a pagare dazio in dirittura d'arrivo: l'esempio più clamoroso rimane la sconfitta patita contro i granata due anni fa all'Olimpico, con Cerci e Immobile giustizieri oltre il novantesimo, ma gli episodi son stati numerosi. 
MENO CLASSE - Vincere o pareggiare nei minuti di recupero non è questione di fortuna, come molti sostengono: un gol segnato al 95esimo vale quanto uno fatto al primo minuto o alla mezz'ora. E', anzi, l'espressione più genuina della grinta e dello spirito indomabile di un gruppo che, vivaddio, sa finalmente essere più forte delle avversità. Questo ci voleva, in un'annata che, ormai lo si è capito, ha proposto ai nastri di partenza un Genoa più povero di classe, rispetto a quello della splendida cavalcata 2014/15 parzialmente vanificata dalla défaillance societaria costata l'Europa League; dico parzialmente perché l'ottimo sesto posto, il gran gioco espresso e la supremazia cittadina, quelli nessuno potrà mai cancellarli. Le perdite di Bertolacci e di Falque si sono rivelate purtroppo pesantissime: se pensiamo che questi due campioncini si affiancavano, nell'organico dell'anno scorso, a due potenziali fuoriclasse come Perin e Perotti, avremo il quadro completo della forza d'urto di quella squadra; e non faticheremo a comprendere come fosse pressoché impossibile, con questi chiari di luna, trattenerli tutti e quattro sotto la Lanterna. 
MERCATO NON PREMIATO - Scrissi l'estate scorsa che il non aver ceduto alle lusinghe per il portierino e per il delizioso argentino doveva essere considerato già un successo, e resto della mia idea. Il fatto poi che Bertolacci abbia inizialmente incontrato delle difficoltà a Milano non può sollevare dubbi sulle sue doti: non è un super, ma un centrocampista che, inserito nel contesto giusto, può far impennare il rendimento della squadra e risultare sovente decisivo; certo il Milan di transizione di Mihajlovic non rappresenta il brodo di coltura ideale per un giocatore delle sue caratteristiche. Tornando al Genoa, il calo rispetto all'anno passato (sette punti in meno, al momento) è dunque imputabile anche alla partenza dei due suddetti big, un po' meno agli addii di Kucka, Edenilson e Roncaglia, tutti elementi validi ma rimpiazzabili senza drammi (soprattutto l'ultimo); il problema è che molte scelte di mercato non hanno finora pagato. 
LACUNE DIETRO E DAVANTI - Qui bisogna distinguere fra reparto e reparto. Perché con Perin e Lamanna la sorveglianza della porta non desta preoccupazioni, le fasce laterali e la zona nevralgica risultano blindate sotto tutti i profili, quantità e qualità, garretti e piedi buoni (da Cissokho ad Ansaldi a Laxalt, da Rincon a Tino Costa passando per Dzemaili), mentre in difesa e in attacco è evidente l'errore di valutazione in sede di campagna acquisti, allorquando la società non ha saputo (o potuto?) rimpolpare adeguatamente i due settori con alternative plausibili; così, dietro si è sostanzialmente aggrappati al trio Burdisso - De Maio - Izzo (gli altri sono ripieghi o adattamenti), mentre in avanti tutto ruota attorno a un Pavoletti che ha in canna una media gol anche più alta di quella attuale (cinque segnature, ma tutte fondamentali), ma che è forse troppo solo; Gakpè ha avuto buoni lampi ma può dare di più, mentre Pandev si è giocato male le sue poche chances prima di essere momentaneamente cancellato da un infortunio. 
RIFINITORI A MEZZO SERVIZIO - E i suggeritori, gli assist man? Qui il club aveva fatto il possibile, ma sono i calciatori a dover rispondere diversamente. Pur rischiando di incorrere nel delitto di lesa maestà, credo sia lecito chiedere a Perotti ancora maggiore continuità; il discorso va elevato all'ennesima potenza per Lazovic, devastante e fondamentale nel 2-2 di Frosinone ma per il resto inconsistente, e per l'attesissimo Capel,  che al di là dei problemi fisici ha finora solo regalato qualche sprazzo di gran livello contro il Milan, eppure avrebbe nei piedi il talento per far decollare il Grifone ben oltre l'anonima posizione attuale. 
MENO BRILLANTEZZA - Anche il gioco, al momento, non sgorga sempre brillante come nel precedente campionato (ma col forte Sassuolo è stata fornita una buona dimostrazione di forza, al di là del risicato punteggio). Qualche interprete diverso in campo, certo, ma non basta a spiegare la parziale involuzione, perché quest'anno rivoluzioni vere e proprie non ce ne sono state, lo zoccolo duro della squadra è rimasto pressoché immutato. Consola però il fatto che quattro delle cinque sconfitte finora incassate (troppe) siano arrivate nelle prime cinque giornate, con Gasperini oberato dal peso di un'infermeria assurdamente affollata, che lo ha costretto ad agire a lungo in emergenza. La sensazione è che quando gente come Ansaldi, Tino Costa, Lazovic e Capel, tutti al di sotto delle rispettive possibilità per diversi motivi, prenderanno a marciare a pieno regime, questa compagine possa guadagnare ulteriormente terreno. 
IL FUTURO NEBULOSO - Ma per conquistare stabilmente la parte sinistra della classifica serve altro, non molto: sul campo, uno o due difensori affidabili e un'alternativa credibile a Pavoletti. In società, maggiore chiarezza sulle prospettive di un club che, dopo il pasticciaccio Uefa, naviga in un limbo di incertezza. Cosa avverrà di qui a pochi mesi? Il mio omonimo Calabrò entrerà con nuovi capitali? Ci sono altri investitori all'orizzonte? E senza questi investitori, il solo Preziosi fin dove può spingere i suoi sforzi finanziari per sostenere tecnicamente il team? Il Genoa vive in un tempo sospeso che sembra frenare gli stessi giocatori. Un Genoa al 60 per cento. Tripallico, certo, il che basta a superare gli ostacoli di medio livello, ma con le grandi del torneo ci vuole di più. Perché il vero Grifo, tanto per dire, avrebbe fatto risultato anche contro la modesta Juve di questo avvio di stagione. Un bel passo avanti rispetto all'ultimo campionato, questo va detto in chiusura, è nel rapporto con gli arbitri, tutto sommato: finora, se escludiamo l'inconcepibile espulsione di Perotti domenica scorsa, torti e favori si sono grosso modo bilanciati, e non vi sono nemmeno stati episodi eclatanti. Una rarità, nella storia recente del Vecchio Balordo, soprattutto se torniamo con la memoria a quanto accadde dodici mesi fa da Genoa - Roma in poi. 

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