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domenica 12 agosto 2012

CAOS SUPERCOPPA: LA SCHIZOFRENIA DEL CALCIO ITALIANO E IL PROTAGONISMO DEGLI ARBITRI


Si comincia come si era finito, con il calcio italiano che spreca le sue potenzialità tecniche e spettacolari, nonostante tutto ancora di buon livello, bruciandole sull'altare del protagonismo arbitrale e della gazzarra "di default". La Supercoppa italiana, andata in scena ieri a Pechino, è stata tristemente emblematica del momento del nostro football, sul quale, è già certo fin da ora, la bella figura fatta dalla nostra Nazionale agli Europei in Polonia e Ucraina non ha avuto alcun effetto rigenerante o calmante. Anzi... 
SCHIZOFRENIA - Emblematica, Juventus - Napoli in salsa cinese, perché sintesi perfetta della schizofrenia, dello "sdoppiamento di personalità" che affligge il pallone nostrano, inducendolo a mandare tutto regolarmente in vacca. Per tre quarti della sua durata, lo scontro fra scudettati e detentori della Coppitalia è stato quel che si può definire una bella partita, compatibilmente coi limiti imposti dal dover giocare ad alto livello già prima di Ferragosto, quindi con preparazione fisica del tutto approssimativa e coi nuovi arrivati che devono ancora inserirsi alla perfezione nei meccanismi. Gara intensa, agonisticamente tirata, buoni ritmi, emozioni in dose decisamente soddisfacente. 
BELLA PARTITA - Mi ero messo davanti al teleschermo con discreto scetticismo (ciò che ho scritto nel post dell'altroieri sulla mia nausea da sport e soprattutto da calcio, e che potete leggere qui, non era aria fritta), e invece minuto dopo minuto la passione per il football stava riprendendo il sopravvento, di fronte a una sfida godibilissima, per merito di entrambe le contendenti. Una Juve più manovriera, che tentava di tenere pallino e di giocare di più la palla scontando, fatalmente, qualche impaccio nel fluido scorrere delle azioni, per via di meccanismi non ancora oliati; dall'altra parte, un Napoli che accettava di buon grado di lasciare ai più quotati (e oggettivamente più dotati) avversari il compito di fare la partita, agendo più che altro di rimessa e affidandosi a un gioco scarno ed essenziale, pochi passaggi per arrivare in porta, cercando così di ottimizzare al meglio il limitato tempo di possesso palla a disposizione. 
Così agendo, i partenopei trovavano il vantaggio su contropiede micidiale di Cavani, i torinesi pareggiavano con un bel sinistro al volo di Asamoah e ancora il Ciuccio si riportava in testa con una prodezza di Pandev, favorita da un erroraccio di Bonucci (l'ombra del difensore quasi perfetto visto a Euro 2012). E dopo, un florilegio di occasioni da ambo le parti: Cavani due volte, Pirlo, Vucinic (per lui anche un legno) esaltavano il match e sembravano poter trasmettere un'immagine di nuovo vincente del calcio tricolore di club, dopo anni di brutte figure internazionali. Troppo bello per essere vero: irrompevano, sulla scena cinese, dei protagonisti di cui avremmo fatto volentieri a meno, l'arbitro Mazzoleni e i suoi  pletorici collaboratori (fra i quali un nome di "prestigio" come quello di Rizzoli). 
IL PROTAGONISMO DEGLI ARBITRI - Da anni, fra gli addetti ai lavori calcistici della Penisola, circola un luogo comune: "Ce l'hanno tutti con i nostri arbitri, ma alla fine sono fra i migliori in assoluto, a livello mondiale". Ecco, per quanto mi riguarda tale affermazione ha la stessa valenza di quella che recita: "A fine stagione, torti e favori arbitrali si compensano". Ossia zero, zero spaccato, zero assoluto. La classe arbitrale nostrana, da decenni e con poche, lodevoli eccezioni, si dibatte in una mediocrità disarmante. Al di là degli errori in serie, delle carenze tecniche, delle divergenze di valutazione su episodi fra loro identici, da parte di una squadra di giacchette nere che studia e si prepara collettivamente, e che quindi dovrebbe avere un modus operandi univoco, al di là di tutto questo spicca l'autentica mania di protagonismo di molti esponenti del gruppo. In certi Paesi, non solo i tifosi, ma le stesse squadre arrivano spesso allo stadio senza sapere chi arbitrerà. Qui da noi, il direttore di gara ha assunto col passare del tempo un rilievo abnorme, eccessivo, sopra le righe.

                                                     L'arbitro Mazzoleni

QUANDO IL "FISCHIO" INCIDE E DECIDE - L'arbitro è un elemento, superfluo dirlo, imprescindibile per il corretto svolgimento di una partita, ma quando sale in cattedra e finisce addirittura col decidere il risultato finale, beh, diventa un fattore odioso e insopportabile, di cui un movimento calcistico sano dovrebbe necessariamente fare a meno. L'indecoroso spettacolo andato in scena a Pechino ha avuto origine da una serie di decisioni in parte discutibili, in parte eccessive per severità, di Mazzoleni e dei suoi collaboratori. Dal "rigore light" su Vucinic alla doppia espulsione di Zuniga nel momento topico del match, per una serie di infrazioni, se tali erano, non così gravi da giustificare una doppia inferiorità numerica, passando per il rosso a Pandev causa insulto al guardalinee. Il tutto a senso unico, ma il discorso avrebbe avuto identica valenza se ad essere penalizzata fosse stata la Juventus.
SUSCETTIBILITA' - E già: oltre che modesti tecnicamente, i nostri arbitri sono anche spaventosamente suscettibili, pronti a inalberarsi e a sventolare cartellini per qualche parolaccia detta in piena trance agonistica (e oltretutto facendolo a corrente alternata, perché in Italia, senza fare nomi, ci sono calciatori che possono permettersi di gridare di tutto agli arbitri senza venire sanzionati). Non è, vorrei che sia chiaro, una difesa della parolaccia e dell'espressione irriguardosa, sempre condannabile: ma deve esserci una proporzione, una gradazione nella misura della punizione (l'insulto non vale un fallaccio di gioco).
PREMIAZIONE DISERTATA, MA... - Più in generale, non mi è parso di avvertire, ieri in campo, un clima di nervosismo e di cattiveria eccessiva, tale da giustificare un atteggiamento arbitrale così punitivo nei confronti della squadra che, fra l'altro, è stata in vantaggio fin quasi alla fine, e non aveva quindi necessità di alzare i toni agonistici della contesa. E quando, con motivazioni labili, un fischietto lascia una squadra in 9 contro 11, dopo averla già punita con uno di quei rigori che si possono dare o non dare (ma in genere sono più da "no" che da "sì"), beh, è stato lui a decidere il risultato finale, non le prodezze dei campioni in campo. Sinceramente, di fronte a un andazzo sempre più fuori controllo, la diserzione della premiazione da parte del Napoli, per quanto clamorosa e non proprio esempio di sportività, non mi è parsa la cosa più grave dell'happening pechinese. Lo fece anche l'allenatore della Nazionale olandese Happel, al termine della discussa finale mondiale del '78 in Argentina, e nessuno gridò più di tanto allo scandalo. Come per il caso delle maglie di Genoa - Siena, pur esecrabile (ne parlai diffusamente qui), si continua a vedere la pagliuzza e non la trave, ci si sofferma su episodi magari eclatanti ma marginali (le magliette fatte togliere, il "no" alla premiazione) tralasciando i veri, gravi problemi del calcio tricolore. Si discute dei sintomi e non delle malattie vere e proprie. Chiaro che così non se ne esce.
AUTODISTRUZIONE - Insomma, peccato. Nonostante la crisi economica e il depauperamento tecnico, nonostante le picconate alla credibilità del calcio portate da scommessopoli e da illeciti puniti con l'acqua di rose, la gara di ieri stava dimostrando che l'italico pallone avrebbe ancora i mezzi per ritagliarsi un posto al sole. Ma la voglia di autodistruggersi pare davvero più forte di tutto. 

7 commenti:

  1. Complimenti, Carlo.
    Un'ottimo articolo, come gli altri del suo blog che ho immediatamente letto (quello sull'Heysel vale un Pulitzer).
    L'ho trovata stasera per caso, cercando notizie di Pagine70, ma ho subito inserito il suo sito tra i miei preferiti.
    Vive a Genova? Mi piacerebbe scambiare due chiacchiere anche su questa meravigliosa citta' che 30 anni fa ho eletto a mia dimora.
    Un caro saluto
    Pietro Salemi

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    1. Grazie Pietro, troppo gentile e troppo buono per il discorso "Pulitzer", anche se le posso confermare che gli articoli sul dramma dell'Heysel risultano tuttora fra i più letti di sempre del blog. Non è mai facile scrivere su argomenti così delicati e tragici.
      Avendo fatto il giornalista e non facendolo più oggi, ma avendo ancora la passione, in questo piccolo spazio, creato quasi un anno fa, cerco di dare libero sfogo alle mie idee e alle mie opinioni, con un taglio, appunto, il più giornalistico possibile.
      Io, di origini siciliane, sono nato a Genova, una città con la quale, in questo momento, ho un rapporto di odio - amore. Ne amo certi impareggiabili scorci, la dicotomia mare - collina, certi negozietti e botteghe che sanno tanto di antico e che nei grandi centri urbani non si trovano davvero più. Amo l'orgoglio genovese per le radici e per le locali tradizioni artistiche e culturali, ne ammiro e rispetto profondamente la storia di città martire della seconda guerra mondiale e snodo fondamentale della lotta di liberazione. Più terra terra, ne amo aspetti più frivoli eppure importanti socialmente, come il nuovo Porto Antico, centro aggregativo multietnico, e... il Genoa, capostipite del calcio italiano.
      Ma in questo periodo Genova mi è anche città matrigna, perché da qualche mese mi rifiuta un posto di lavoro e mi costringe a grossi sacrifici, e purtroppo non vedo prospettive incoraggianti. Ma questa è un'altra triste storia, che da settembre in poi spero prenda una strada diversa.

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  2. complimenti assolutamente meritati Carlo! anche questo articolo dimostra molta competenza e senso della misura, lontano da certe invettive lette su quotidiani molto famosi a proposito della partita di Pechino. Come ho avuto modo di scriverti in altra sede, a mio avviso, è troppo esagerato tutto questo malcontento, questo clamore, ad inizio stagione per giunta quando i veleni dovrebbero essere ancora poco in superficie. Purtroppo in Italia è una questione di mentalità, di dietrologie, di complottismo e di sudditanza., certo! A poco, ahimè, può contribuire un'immagine pulita come quella che sta cercando di dare Prandelli, anche a livello di nuove filosofie in fatto di gioco e giovani. I problemi da noi sono radicati, e non solo nel calcio

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    1. Grazie Gian. Per questo post mi sono beccato anche un'accusa indiretta di "cafonaggine" e "beceraggine" (nel senso che in alcuni commenti sul GS Roberto Gotta considera cafoni quei giornalisti che, riguardo alla Supercoppa, hanno preferito puntare il dito sull'arbitraggio piuttosto che sulla "diserzione" del Napoli, perciò mi son sentito chiamato indirettamente in causa...).
      Ribadisco che ritengo poco sportivo il comportamento dei partenopei, ma ho scritto ciò che, nell'immediato del dopo gara, più mi ha colpito e amareggiato, ossia il deteriore protagonismo arbitrale. Direttori di gara che incidono sui match fino a indirizzarli con decisioni eccessive sono un male del calcio, certo meno grave della violenza interna ed esterna, della disorganizzazione, degli stadi obsoleti, degli illeciti e delle scommesse, dell'incapacità di garantire la sicurezza dei tifosi "sani", della crisi economica, della mancata valorizzazione dei vivai. Ma è comunque un problema, che dà il suo significativo contributo alla perdita di credibilità del carrozzone.
      Ripeto che quella partita non mi sembrava tanto violenta e fuori controllo da richiedere un intervento così pesante e determinante dell'arbitro; dopo il 2-2, la gara è stata totalmente squilibrata e non per demerito del Napoli, e uno spettacolo di grana buona è stato rovinato. Sinceramente, di questa tutela della classe arbitrale come elemento "comunque più sano" del mondo del calcio sono stufo: è ipocrita; penso che una questione arbitrale esista e debba essere affrontata. Poi, chiaro, alle premiazioni bisogna andarci, e casomai protestare vigorosamente nelle sedi appropriate: ma la reazione a caldo, seppur non giustificabile, è comprensibile (sbagliata come quasi tutte le reazioni a caldo, ecco).

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    2. ho scoperto ora che sei siciliano d'origine. Cavoli, una terra che mi affascina tantissimo, tanto che per il viaggio di nozze stiamo seriamente valutando di farlo lì, alle Isole Eolie e Lipari. Di dove sei precisamente? Pensa che sabato scorso stavo per farci un pensierino.. come sai ero stato invitato dal Comune di Milo, vicino all'Etna, per l'assegnazione di un Premio Letterario per cui ero giunto tra i finalisti :-)

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    3. I miei genitori sono della provincia di Messina. Pur essendo venuti via già negli anni Cinquanta per stabilirsi a Genova, sono rimasti molto molto legati sia alla loro terra, sia ai tanti parenti che vivono ancora giù. Indubbiamente la Sicilia non può non affascinare: ricca di storia, di cultura nei settori più svariati, paesaggi splendidi, cucina ... goduriosa, gente perlopiù affabile, e alcuni paesi ancora legati a usanze e tradizioni contadine che meriterebbero di essere riscoperte anche altrove. Le mete che offre sono innumerevoli, vale la pena visitarla, nonostante sia anche una terra ricca di contrasti e di problemi.

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    4. sottoscrivo in pieno quanto detto a favore della Sicilia.. dal cognome potevo intuirlo però dai tuoi commenti e da certi "segnali" ti reputavo un genovese purosangue :-)

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