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mercoledì 1 agosto 2012

GENOA IN VENDITA, LO MONACO VIA: PREZIOSI, CI FACCIA CAPIRE...

                                   
Trovare una definizione unica e caratterizzante per l'Enrico Preziosi dirigente (sull'uomo non è lecito sindacare per chi non lo conosca a fondo) è oltremodo difficile, quasi impossibile. "Volubile" è l'aggettivo più calzante che mi viene in mente, alla luce della gestione quantomeno "ondivaga" della società Genoa nell'ultimo anno e mezzo. Certo, volubili sono anche certi tifosi, ai quali è bastata una intervista (che in realtà era più un monologo...) rilasciata ieri sera a una emittente locale genovese per tornare a sostenere l'amato "Prez", dopo che, nei giorni precedenti, in molti gliel'avevano giurata, promettendogli una stagione gonfia di contestazioni. Mutevoli umori del "tifosopiteco", detto simpaticamente: volubilità, per l'appunto. 
Quando può parlare a ruota libera, senza essere insidiato da domande puntute e "cattive" dell'intervistatore di turno (e di interviste "aggressive" nel giornalismo italiano se ne vedono poche, il problema è sistemico e non contingente), l'intervistato appare sovente più convincente e ragionevole di quanto in realtà sia. Ma la ragionevolezza, la lucidità, il sano realismo sfoderati nella circostanza dal Joker non possono mascherare quello che era, e rimane, un clamoroso autogol, uno dei peggiori nella storia recente del Grifone: il divorzio fulmineo da Pietro Lo Monaco. 
NEMMENO DUE MESI - Meno di due mesi fa, pubblicai sul blog un post dal titolo "Il nuovo Genoa: ciò che si chiede a Lo Monaco" (lo potete leggere qui): in esso, sottolineavo senza mezzi termini la positività e l'importanza "esplosiva", a breve, medio e lungo termine, dell'approdo in casa rossoblù del dirigente ex Catania. Uno degli uomini di calcio più capaci e apprezzati della Penisola, una vera volpe del mercato (con particolare predilezione per quello sudamericano): ma, soprattutto, un uomo "di polso", in grado di dare finalmente una direzione stabile alla rotta di un Genoa che, nelle ultime due stagioni (segnatamente dopo il fallimento della costosissima campagna di mercato estiva 2010) aveva smarrito la trebisonda, navigando a vista, senza un progetto tecnico preciso, con allenatori cambiati vorticosamente e un andirivieni di giocatori talmente massiccio da far girare la testa, con i migliori della rosa sempre in vetrina a disposizione del miglior offerente e l'arrivo sempre più numeroso di modesti e inaffidabili pedatori d'oltrefrontiera, con tanti saluti alla caratura tecnica e all'identità tattica del team. 
CLUB DA RIORGANIZZARE - Ecco, con Lo Monaco in plancia di comando tutto ciò sarebbe dovuto finire o quantomeno attenuarsi fortemente, complice il tanto sbandierato passo indietro di un Preziosi deciso a prendersi una pausa di riflessione, dopo una stagione altamente negativa e dopo il fattaccio di  Genoa - Siena. Un Lo Monaco quasi plenipotenziario ed energico nella gestione di "casa Genoa" sarebbe stato un evidente toccasana, in grado di rigenerare strutture e morale all'interno del club e di garantire al sodalizio calcistico più antico d'Italia un futuro più equilibrato. Con queste motivazioni Lo Monaco pareva esser stato preso, e il suo ingresso sulla scena genoana, certo non con i piedi di piombo, confortava la speranza nella nascita di un nuovo Grifo, magari non scintillante come quello gestito sul campo dagli impagabili Gasperini e Fabrizio Preziosi (un dirigente che non verrà mai abbastanza rimpianto) ma di certo autorevole e non più porto di mare e "passerella" per giovani in rampa di lancio. 
OCCASIONE PERDUTA - Per tutto questo, il Joker non doveva assolutamente lasciarsi sfuggire il signor Lo Monaco. Perdere un dirigente così, nel bel mezzo della preparazione, a mercato ancora da ultimare, significa fare cento passi indietro quando se ne potevano fare cento in avanti: De Canio cerca di tenere l'attenzione concentrata sul campo, di creare una campana di vetro attorno alla truppa, ma un divorzio del genere non potrà non causare traumi, sbandamenti, vuoti organizzativi in una compagine societaria e tecnica che stava cercando faticosamente di ritrovarsi, di ricostruirsi dopo una stagione da incubo. 
Il Genoa aveva necessità di essere rivoltato come un calzino, per tornare a intravedere non dico un progetto calcistico vero e proprio (che nella squattrinata Serie A attuale non ha quasi più nessuno, forse solo la Roma degli americani) ma una linea tecnica e operativa plausibile e non mutevole un mese sì e un mese no; ne aveva necessità anche per avvicinarsi a molti tifosi certo contenti della lunga permanenza nella massima categoria, e ci mancherebbe pure, ma altrettanto certamente disorientati da anni di campagne di mercato condotte senza il necessario rigore tattico, dai giocatori che arrivavano ad agosto e a gennaio andavano via, da dichiarazioni presidenziali evitabili e discutibili (come il dire, in pieno inverno, "non vedo l'ora che questo campionato finisca": davvero un bel modo per caricare il gruppo). 
Il Genoa, nessuno me lo toglierà dalla testa, aveva un bisogno feroce, quasi disperato di uno come Lo Monaco, che non è un dio sceso in terra,  ma semplicemente l'uomo giusto al posto giusto come lo fu lo stesso Prez nel 2003. E qui torniamo all'intervista di ieri sera: dire che il divorzio si sia consumato per divergenze sulla gestione della società ("Avevamo visioni diverse - ha sostenuto il patron in tv - Lui voleva perseguire un progetto sportivo, io voglio mettere a posto il Genoa per poterlo cedere") ha dell'incredibile, posto in questi termini, e nemmeno una dichiarazione congiunta dei due inneggiante alla pace, all'armonia, al "ci siamo separati ma ci stimiamo ancora profondamente", potrà farmi cambiare idea.

                               Lo Monaco - Genoa: un addio consumatosi troppo in fretta

DIVERGENZE - Sì, perché questo fraintendimento è veramente abnorme, pazzesco: non c'era in ballo una "quisquilia", un dettaglio organizzativo come tanti, ma la vera e propria filosofia a cui si sarebbe dovuta improntare la gestione societaria nell'ottica di un prossimo cambio di proprietà. Una cosa epocale, uno di quei passaggi che incidono profondamente sulla vita e sulla storia di un'azienda. Ergo, un concetto sul quale non sono ammissibili fraintendimenti: sono questioni che vanno chiarite subito, non quando il nuovo collaboratore è al lavoro da due mesi. 
Non è una vicenda che si possa liquidare con l'amara leggerezza mostrata da Preziosi: o c'è stato un deficit di comunicazione interno agghiacciante per quanto è stato clamoroso, oppure, se invece i compiti attribuiti a Lo Monaco erano stati chiari a tutti fin dal principio, forse l'ex catanese ha esagerato e allora bisognerebbe ricalibrarne al ribasso l'ottima fama che lo accompagna nel mondo del pallone. Sapere come effettivamente siano andate le cose non è aspetto di secondaria importanza. E comunque, il modo in cui si stava muovendo Lo Monaco era davvero così in contrasto con la volontà presidenziale di far quadrare i conti per poi passare la mano? Io non ho avuto questa sensazione: riorganizzare lo staff facendo chiarezza sui ruoli, chiedere rispetto mediatico per i colori rossoblù (ultimamente sbertucciati ben al di là dei demeriti), dichiarare incedibili non più di due o tre giocatori di spessore quando comunque c'era e c'è la possibilità di far cassa con altri, battere vie di mercato più logiche e razionali di quelle degli ultimi dodici mesi: cosa c'era di sconveniente in tutto ciò? 
PREZIOSI STUFO - Preziosi è stufo del Genoa e del calcio, e vuole vendere, però nel contempo torna sulla tolda di comando con pieni poteri a dettare la linea. Boh. Cioè, benissimo, il Genoa è suo, e, a parte l'ultimo anno e mezzo, i risultati sono totalmente dalla sua parte, e il bilancio della sua gestione non può non essere considerato attivo:  la promozione in A conquistata in una B con la Juventus Mondiale e il Napoli; il quarto posto ex aequo con la Fiorentina, dopo aver mostrato il miglior calcio d'Italia; l'Europa League conclusa dignitosamente ai gironi dopo una sfida quasi alla pari col Valencia di David Villa; i cinque derby vinti in quattro anni e la conseguente riconquista della leadership cittadina; i conti finanziari in ordine; la parte sinistra della classifica quasi costantemente mantenuta, con la pericolosa eccezione del 2012; il lancio e rilancio di tanti giocatori di alto profilo, da Milito a Thiago Motta, da Ferrari a Palacio; la restituzione alla società di una credibilità interna e internazionale dopo anni con le pezze al sedere. Ma è altrettanto incontestabile che ultimamente il patron non sia stato né sereno, né lucido nel programmare le strategie del club: ci consenta di dire che questi ripensamenti, questi misunderstanding su questioni vitali, non possono non lasciare disorientata la piazza. E non parlo di quei genialoidi che fin dal 2005 sono suoi irriducibili contestatori anche a dispetto dell'evidenza, e che ora ovviamente godono nel dire: "Avete visto? Lo dicevo io che ci avrebbe mollati per strada, prima o poi"; sì', grazie, solo che voi lo dite da quasi dieci anni, della serie "io continuo a ripetere che pioverà, tanto prima o poi qualche goccia dovrà pur cadere"...): parlo dei tifosi normali, quelli che non studiano contestazioni durante la settimana, ma che vorrebbero solo andare allo stadio a mente sgombra, trovando un Genoa competitivo e guidato dai vertici con mano salda. 
Nell'ultimo anno entrambe queste cose sono mancate, e aprire la stagione del desiderato riscatto sul campo con dichiarazioni di nausea, di distacco, di demotivazione, in certi passaggi addirittura ostili ("Solo l'idea di correre come una volta sotto la gradinata mi fa rabbrividire": Presidente, le torture sono altre...), e con gli stravolgimenti organizzativi di cui si è detto, beh, non è il massimo della vita, ne converrà. Si può benissimo cercare un compratore, ma con discrezione. Perché nel mondo d'oggi, e ancor più marcatamente nel mondo del football, saper comunicare è tutto. Lo Monaco ci riusciva, magari indulgendo talvolta alla retorica, ma tutto fa brodo. Ecco: se vogliamo proprio dire un terreno sul quale Preziosi, nella sua quasi decennale presidenza grifonesca, ha clamorosamente fallito, è quello della comunicazione. 

2 commenti:

  1. veramente un articolo completo, impeccabile, chiaro ed equilibrato. Peccato che a non essere più tanto equilibrato sia il vostro presidente e tutto l'ambiente tutt'altro che sereno.. almeno, questo è ciò che da fuori traspare! Diciamo che le colpe vanno sempre divise, Lo Monaco probabilmente avrà fatto la voce grossa in alcune occasioni e, per quanto Preziosi sembrasse convinto a delegare alcuni strategici compiti, poi cambiare prospettiva di punto in bianco non è mai facile. E poi sovente si leggeva di smentite, di opinioni divergenti, di comunicazioni assai differenti su un medesimo argomento, non solo tra Preziosi e Lo Monaco, ma comprendenti pure le parole di Capozucca.. insomma, una triade di difficile convivenza. Ti dirò, ci sono rimasto malissimo, avrei scommesso su questo nuovo corso, magari con i mezzi del presidente, Lo Monaco avrebbe potuto non replicare ma pure col tempo superare il progetto Catania.. peccato davvero per questo esito negativo.

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  2. E già, un salto nel buio. Io ci son rimasto male davvero, sarebbe stato un Genoa cazzutissimo, soprattutto come società. Speriamo bene, ma non si è cominciato col piede giusto.

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