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domenica 13 ottobre 2013

IL FALLIMENTO DI "RADIO BELVA": NON E' STATA SOLO COLPA DI SGARBI...


Il turpiloquio, la volgarità, la totale deriva verbale. Tutto vero, ma questa è stata solo la crosta, la superficie, il fattore scatenante dell'ennesimo esperimento televisivo fallito sul nascere (quanti ne abbiam visti seguir la stessa sorte, negli ultimi anni?). Perché per spiegare la sospensione (momentanea?) di "Radio belva" occorre andare più a fondo. La trasmissione, apparsa fugacemente in settimana sugli schermi di Retequattro e subito congelata, ha rappresentato la mirabile sintesi di ciò che una tv contemporanea non dovrebbe mai mandare in onda, e che un pubblico maturo non dovrebbe mai tollerare. E ciò sia detto senza offesa per chi a quella trasmissione ha lavorato: è solo la constatazione di una realtà, del resto, certificata impietosamente anche dai dati Auditel e di cui la stessa rete Mediaset ha preso atto senza drammi.
TROPPI TALK - In sede di premessa ci si potrebbe chiedere, innanzitutto, se nel panorama catodico odierno si avvertisse davvero così urgente il bisogno di lanciare l'ennesimo talk show di "varia attualità". Insomma, era proprio il caso? Perché non se ne può più, davvero: si comincia la mattina presto con Omnibus su La7 e il sopravvalutato Agorà su Raitre, si finisce a ora tardissima con Night Desk e Linea notte sugli stessi canali, per tacere di tutto ciò che sta nel mezzo. Da mane a sera, negli studi televisivi sfilano parlamentari, senatori e ministri (più o meno sempre gli stessi, quelli più ciarlieri e capaci di bucare lo schermo, e già una "selezione" di questo genere dovrebbe fare inorridire), tanto che non è per nulla peregrino l'interrogativo un po' populista ormai sulla bocca di tanti: "Ma se stanno sempre in tv, quando diavolo lo trovano il tempo per lavorare?". Ecco, come se già non ve ne fosse da far venire la nausea, spunta pure "Radio belva": mi dicono esser stato il trapianto sul piccolo schermo di un programma radiofonico di successo che ammetto di non aver mai ascoltato, e senza il quale sono tranquillamente sopravvissuto fino ad oggi. 
MA QUALE ANTICONFORMISMO?- L'ennesimo talk, dunque. Ma sapete, raccontavano, questo sarà un talk diverso, fuori dall'ordinario, fuori dagli schemi, controcorrente. Beh, in effetti diverso dagli altri lo è stato, perché ne ha sintetizzato tutto il peggio aggiungendovi un po' di suo. La prima impressione è stata quella di una brutta copia di "Quinta colonna", il che avrebbe già di per sé rappresentato una condanna inappellabile. Purtroppo è stato ancora di meno: un progetto televisivo senza capo né coda, caotico, pretenzioso e inconcludente. E con l'equivoco di fondo che caratterizza ormai tanti, troppi prodotti della nostra scialba tv: vuoto di idee mascherato da trasgressione e anticonformismo. 
SENZA CAPO NE' CODA - "Radio belva" è stato un qualcosa di informe, di indefinibile: pretenzioso, si diceva, perché ha voluto gettare sul piatto praticamente tutti gli argomenti all'ordine del giorno della cronaca: dal razzismo a Lampedusa, dai dolori di Berlusconi ai travagli del Pdl fino agli stipendi dei nostri rappresentanti istituzionali e al finanziamento dei partiti, svilendoli tutti con una trattazione che definire superficiale è eufemistico, con una spolverata di demagogia a far velo su tutto. Tanti argomenti miscelati nel calderone senza un fil rouge, slegati l'uno dall'altro, affidati a un parterre di opinionisti e ospiti rappresentanti (con poche eccezioni) di un modo di fare informazione e politica che, personalmente, vorrei veder bandito dal futuro dell'Italia. Un cast e una costruzione della trasmissione che avevano già scritto a chiare lettere nel DNA il finale in caciara. 
Se inviti un Vittorio Sgarbi, e arrivo buon ultimo a sottolinearlo, non puoi aspettarti nulla di diverso da ciò che è accaduto. Perché lo Sgarbi degli ultimi anni non è il polemista iracondo ma tutto sommato godibile visto all'opera fino ai primi anni Duemila, adesso è una molla sempre pronta a scattare, una bomba innescata sotto ogni trasmissione, a maggior ragione sotto una come quella di Cruciani e Parenzo, giocata dai due conduttori costantemente sul filo della provocazione, con tutti i rischi connessi. Ma, come si diceva all'inizio, il turpiloquio e la volgarità del politico - critico d'arte - opinionista sono stati solo la parte più evidente del problema. Il difetto era nelle fondamenta di una trasmissione concepita male e portata avanti peggio, tanto che mi è parso di ravvisare insofferenza anche in molti ospiti, nei confronti di un canovaccio e di contenuti non all'altezza. 
GLI ETERNI RIPESCAGGI - Il vuoto in studio, il vuoto fuori: che senso ha avuto l'ennesima inchiesta volta a "smascherare" l'ignoranza che alberga in certe zone d'Italia, quando chi si informa seriamente sa bene, e da tempo, che il nostro Paese è ormai preda di un incontrollabile analfabetismo di ritorno e di arretratezza culturale galoppante? E la candid camera riservata al pidiellino Malan, quale scopo aveva? Era un divertissement fine a se stesso? Me per giochini simili non c'è già il decadente Scherzi a parte, che mi dicono debba ricominciare prossimamente? Per non parlare del ripescaggio di Emilio Fede nelle vesti di inviato speciale... Eccolo, l'anticonformismo mascherato: l'inutile rilancio di un giornalista fra i più discussi fatto passare per genialata. Il ritorno di Fede ha la stessa valenza della promessa, fatta dalla dirigenza di Retequattro, di un prossimo ritorno di "Radio belva" in versione riveduta e corretta: in Italia non si riesce più a chiudere alcun conto col passato, e ciò vale sia per le cose serie sia per quelle futili. Non si accettano più i giudizi negativi, che siano della storia, della giustizia o... dell'Auditel: c'è sempre un "Sì ma", un "No, non è detto, potrebbe anche essere che...", per cui si danno seconde, terze e quarte chances a chi non ha più titoli per meritarle: giornalisti, trasmissioni tv, leader di partito e presidenti della Repubblica, non c'è niente da fare: ce li ritroviamo sempre di torno quando togliendo il disturbo farebbero la sola cosa giusta...
HA VINTO SOLO... CAPITAN HARLOCK - Tornando a bomba, la sconfitta è certo anche dei conduttori e del loro stile provocatorio fin quasi agli estremi, uno stile che può pagare solo in un Paese come il nostro, un Paese in cui il giornalismo ha davvero tanti problemi da risolvere, e il modo di concepire la cultura televisiva dovrebbe essere totalmente rifondato. Ma se scherzi troppo col fuoco finisci per bruciarti, e alla fine il Cruciani e il Parenzo hanno fatto persino un po' di tenerezza: mentre il secondo continuava a ostentare ingiustificata vivacità, il primo, turbato dagli scossoni sgarbiani, aveva ormai perso il bandolo della matassa, chiudendo la trasmissione con una sconcertante intervista ad Alba  Parietti, richiesta di fornire gustose curiosità sulle sue storie d'amore e sui suoi interventi di chirurgia plastica. Ma perché? Talmente nel pallone, i due conduttori detronizzati, da essersi dimenticati di spiegarci la presenza in studio di un gruppo di cosplayers, uno dei quali abbigliato da Capitan Harlock: peccato, perché sono stati decisamente la cosa migliore della trasmissione... 

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