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lunedì 26 maggio 2014

FINALE DI CHAMPIONS LEAGUE: ECCO PERCHE' HO DOVUTO "TIFARE" REAL MADRID

                                    Gareth Bale, protagonista della finale Champions 

Giorni, anzi, settimane di articolesse grondanti retorica sulla necessità, quasi il "dovere" di tifare Atletico Madrid, nella finale - derby di Champions League 2013/2014, in quanto esponente di un'idea di calcio ancora a misura d'uomo, di un modo di gestire un club senza scialare coi milioni di euro, in totale controtendenza rispetto alla grandeur economica del Real Madrid. Bene, a parte il fatto che la sociologia spicciola e le lezioncine morali applicate allo sport non mi sono mai piaciute, alla fine il giudice supremo, per fortuna, rimane il campo: e dall'atto conclusivo di quella che fu la Coppa dei Campioni è sempre lecito attendersi prestazioni di livello almeno decente da parte delle due contendenti. Per quanto mi riguarda, se seguo una partita in cui non sono coinvolto emozionalmente, o rimango neutro o mi viene spontaneo parteggiare per coloro che provano quantomeno a onorare il calcio sul piano estetico e tecnico. 
LA VITTORIA DEL CALCIO - Ecco perché, sabato sera, sono stato quasi "costretto" a tifare Real. Perché c'è un limite a tutto, anche alla voglia di celebrare un successo storico per una realtà media (non certo piccola, attenzione) del football europeo. Deve vincere il calcio, alla fine: e  al Da Luz, due giorni fa, il pallone stava invece andando incontro a una colossale Caporetto. Bisogna dire grazie a Sergio Ramos, inatteso eroe di questa chiusura di Champions, già "giustiziere" del Bayern in semifinale: non fosse stato per la sua poderosa inzuccata su corner, al terzo dei cinque minuti di recupero della ripresa, la cosiddetta "coppa dalle grandi orecchie" sarebbe andata a premiare chi non la meritava, lanciando un messaggio "minimalista" che non avrebbe certo aumentato l'appeal di questo sport. E sì, perché è stato un brutto Atletico, quello visto in campo a Lisbona; esauriamo subito il discorso legato alle attenuanti: quelle contingenti, come l'immediato infortunio di Diego Costa (ma qualcuno avrà pur deciso di mandarlo in campo nonostante fosse noto il suo "zoppicante" stato fisico, o no?), e quelle di lungo periodo, e il riferimento è alla rosa ristretta e di qualità non sovrumana con cui la squadra ha dovuto affrontare una stagione mai così carica di impegni, di stress, di sollecitazioni emotive. 
CATENACCIO PURO - Concesse però ai Colchoneros tutte le giustificazioni del caso, rimane la ben povera impressione suscitata dalla squadra di Diego Simeone, che, ricordiamolo, è arrivata a un passo dal centrare il più grande traguardo della sua storia giocando pochi scampoli di un football accettabile ma non trascendentale nella prima frazione, andando in vantaggio col più classico dei gollonzi (comproprietà Godin - Casillas) e poi armando un secondo tempo all'insegna del catenaccio inteso nella sua forma più retriva e deteriore: Gabi e compagni hanno cominciato a rinculare fino ad asserragliarsi nella loro trequarti, con un affanno via via sempre più marcato ed evidente. Merito anche del Real, certo, che aveva le risorse di classe e di atletismo per reagire al rocambolesco svantaggio. Ma i bianchi non erano in una delle loro serate migliori: Cristiano Ronaldo ha girato in folle per lunghi minuti, Benzema semplicemente non è esistito, un centravanti boa vecchia maniera inconsistente quanto a partecipazione alla manovra, piazzato in avanti in attesa di palloni giocabili e puntualmente neutralizzato dalla retroguardia avversaria, al punto da far sorgere seri dubbi sulla sua effettiva consistenza internazionale (attendiamo i Mondiali per conferme o smentite). 
BALE FENOMENO - Anche il team di Ancelotti, tuttavia, ha avuto le sue brave attenuanti: al di là della condizione precaria di CR7,  infatti, si è scoperto una volta di più quanto sia vitale per la manovra "blanca" la presenza del cervello tuttofare Xabi Alonso, malinconicamente relegato in tribuna dalla squalifica, mentre poco comprensibile è stata la rinuncia iniziale a "Ficarra" Marcelo, poi rivelatosi autentico apriscatole della partita nei supplementari assieme a un Di Maria già in forma Mundial, intermittente ma in grado di regalare pregevolezze mai fini a loro stesse. 
Per fortuna e abilità del Real, come detto, ci sono stati un Sergio Ramos sempre più autoritario col passare degli anni, al punto da tentare con frequenza (e successo) l'incursione offensiva, un Bale che sprecherà l'inverosimile ma è un martello pneumatico, un mostro di tecnica, fisico e agonismo le cui percussioni, alla lunga, sono in grado di fiaccare anche la difesa più serrata (e quella dell'Atletico lo era), e ci sono state soprattutto "garra" e fiducia cieca nella rimonta anche quando tutto oramai pareva perduto: armi, queste ultime, di cui di solito si fanno vanto le piccole e medie realtà calcistiche, sintetizzabili con quell'umiltà che invece, ogni tanto, anche i colossi finanziari dell'impero pallonaro riescono a tirare fuori: e quando accade, fatalmente, le gerarchie e la classe superiore tornano a prendere il sopravvento. 
L'ATLETICO SENZA INTENSITA' - Riguardo all'Atletico Madrid, lo si dovesse giudicare solo dall'orrenda prestazione di Lisbona verrebbe fin troppo facile parlare di bluff destinato a durare poco. Probabilmente non sarà così, sia per il grandissimo spessore del trainer (se resterà) sia perché il club ha mostrato grande abilità nello sposare morigeratezza gestionale ad acume tecnico, capacità di sostituire i partenti con elementi magari non quotatissimi ma in grado di garantire affidabilità e rendimento (con conseguente rapida crescita delle loro quotazioni finanziarie). 
Per quanto mi riguarda, ho visto all'opera i biancorossi altre volte, in stagione, e se debbo dirla tutta raramente mi hanno estasiato: per come la vedo io, praticano un gioco tradizionale ma declinato secondo canoni tattici e atletici assolutamente contemporanei. E' una manovra scarna, essenziale, fondata sulla maniacale attenzione alla copertura, sull'equilibrio assoluto fra i reparti, sul dinamismo: uno stile che viene esaltato quando è possibile tenere ritmi di gioco elevatissimi, la cosiddetta intensità: sabato scorso, al Da Luz, i ragazzi di Simeone sono stati "intensi" solo per pochi minuti, poi hanno sposato il primo non prenderle spingendolo fino al limite estremo. Ed è stato giusto che, alla fine, non abbiano vinto i peggiori. 

7 commenti:

  1. In buona misura concordo con la tua critica al calcio messo in mostra dalla squadra di Simeone, e alla fine il Madrid ha meritato la Decima, ma le energie mancavano. Sul serio. Come tu hai detto la rosa corta si è sentita, ed era un mese abbondante ormai che gli uomini del Cholo boccheggiavano.
    Non vorrei giustificare l'atteggiamento tattico dell'Atletico, assolutamente, però c'erano poche alternative.
    Bravo anche Carletto: motivati il giusto i suoi uomini, tanto cuore e tanta voglia di vincere, ma mai irruenti o spazientiti.

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  2. Ciao Ale. Concesse tutte le attenuanti, l'ho detto. E un applauso enorme per la splendida stagione disputata dai biancorossi madrileni. Dopodiché, vincere il più importante trofeo per club giocando per un'ora asserragliati in difesa dopo aver trovato un gol che definire rocambolesco è riduttivo, sarebbe stata una colossale ingiustizia, avrebbe premiato un calcio di basso livello. Perché bisogna distinguere tra il messaggio positivo lanciato dall'impresa dell'Atletico sul piano gestionale, cioè fare ottimi risultati con pochi soldi (relativamente: stiamo pur sempre parlando di una società di prima fascia di uno dei maggiori tornei europei) e ciò che si vede sul campo, che rimane il principale e più attendibile giudice in materia calcistica.

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  3. secondo me la parabola dell'Atletico non è frutto di una stagione. Hai sottolineato bene anche tu il concetto. Magari non si riveleranno più a questi livelli, ma negli anni hanno inanellato trionfi "minori" seppur prestigiosi e sono riusciti a crearsi una solida identità, capace di sopperire anche a inevitabili cessioni eccellenti (vedi quella di Falcao dodici mesi fa). Per questo, dovesse partire il big Costa - che peccato sia arrivato stremato a livello fisico proprio sul più bello, Mondiale compreso, che rischia seriamente di vedersi precluso -credo che la squadra avrà i mezzi per rimanere ad alti livelli, un po' come successo in Germania al Dortmund che comunque è espressione di un calcio nettamente più bello esteticamente. Meglio il Real decisamente in questa sfida ma scudetto ampiamente meritato dei Colchoneros

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    1. Probabile che il fenomeno Atletico possa durare ancora, anche se secondo me molto dipenderà da Simeone, ossia da quanto tempo resterà su quella panchina, perché questo mi pare uno di quei casi in cui l'exploit clamoroso di una squadra "non grandissima" è legato a doppio filo alle capacità del condottiero. Poi penso che questo gruppo sia andato al di là dei propri limiti: se i vari Juanfran, Tiago e Arda Turan sapranno ripetersi su certi livelli buon per i biancorossi, ma ho qualche dubbio. Se però la società sarà in grado di rinnovare i ranghi con competenza come ha fatto in questi ultimi anni (migliorare dopo aver perso Falcao pareva impossibile, e invece...), l'altra metà del cielo madrileno potrà ancora divertirsi. Del resto, qualche anno fa il Valencia non si è forse fatto due finali di Champions consecutive?

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  4. www.pianetasamp.blogspot.com

    Se non avessi visto la partita e mi dovessi basare sul tuo commento dedurrei che in campo c'è stata una squadra soltanto...e così, in tutta sincerità non mi pare sia andata...
    Certo, gli ultimi 20/25 minuti sono stati un monologo Real ma ciò favorito in larga parte, a mio parere ovviamente, da un Atletico che non ne aveva veramente più e che nei supplementari era praticamente in 9 visto che due elementi stavano in campo per onor di firma...
    Sulla spettacolarità del match nulla di nuovo, le finali raramente soddisfano i palati fini...
    Non so se la maggioranza tifasse per l'Atletico, io in tutta sincerità in questo tipo di partite istintivamente parteggio per la squadra sfavorita ed in questo caso particolare il mio "tifo" era tutto per i colchoneros, vuoi perchè ho una spontanea avversione ( eufemismo...) verso i grandi club e sia perchè le imprese stagionali degli uomini di Simeone avevano un non so che di eroico, di epico...e vedere che nello sport e più in generale nella vita qualche volta a spuntarla è Davide rispetto a Golia a me non dispiace per nulla...ma queste sono sensazioni assolutamente personali e di...pancia:-)...ciao!

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    1. Il riferimento, come ho scritto, è soprattutto a ciò che è avvenuto nella ripresa, con un Real via via sempre più arrembante e un Atletico sempre più rintanato e passivo. Nel primo tempo i biancorossi avevano fatto qualcosa di più, indubbiamente: ribadisco, niente di trascendentale ma una buona copertura del campo e la solita organizzazione che stava mettendo in notevole difficoltà i rivali, ma al tirar delle somme il vantaggio è arrivato su gollonzo, mentre la palla gol più nitida della frazione era forse stata quella capitata sui piedi di Bale. Ripeto, se il Real non avesse raggiunto almeno il pari prima del novantesimo sarebbe stata un'ingiustizia. Anche a me piace vedere Davide che batte Golia, ma lo deve meritare: essere "piccoli" (per modo di dire, ripeto: si sta parlando dell'Atletico Madrid, non dell'Extremadura o dell'Hercules di Alicante) non è che dia il diritto di inseguire il più importante dei risultati attraverso strade di gioco molto discutibili e "minimaliste". Tutto questo, lo sottolineo ancora una volta, con tutte le attenuanti del caso, e soprattutto senza nulla togliere alla magnifica cavalcata dei colchoneros in Champions e alla loro affermazione in campionato. Ciao a te, alla prossima.

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  5. Con Cristiano che lascia il Bernabeu durante l'estate, sarà compito di Gareth Bale riempire il vuoto, ma a giudicare dai suoi due gol in finale di Champions League dalla panchina, l'ala destra non è quella di evitare la responsabilità.

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