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mercoledì 6 gennaio 2016

DOPO IL DERBY, GENOA ALLO SBANDO E SENZA CERTEZZE: SQUADRA DA CAMBIARE, TRAINER IN BILICO

                                             Gasperini - Genoa: fine di un ciclo? 

Non è vero che l'unicità del Genoa sia una leggenda alimentata da sciocche convinzioni tifoidee. E' una realtà, purtroppo. E dico purtroppo perché, nel dopoguerra, tale unicità si è quasi sempre tradotta in eventi negativi, quando non sportivamente drammatici, maturati peraltro in circostanze spesso ai limiti dell'incredibile. Unico anche quest'anno il Grifo, ovviamente: unico nel mandare a carte quarantotto previsioni e analisi consolidate. In genere, un terzo di campionato dovrebbe esser sufficiente per valutare l'effettiva caratura di una squadra; dodici, tredici giornate, dopo le quali le gerarchie di classifica hanno più o meno preso forma, e si può capire chi lotterà per i più alti traguardi, chi rimarrà intruppato nel limbo della "terra di mezzo" senza alcun obiettivo concreto da inseguire, e chi sarà invece destinato a sudare sette camicie per restare a galla.
DAL GIORNO ALLA NOTTE, DOPO CARPI - C'ero cascato anch'io, perché dopo tre mesi di torneo persino la mia proverbiale prudenza nei pronostici non può che vacillare... Alla tredicesima, il Genoa aveva piegato a Marassi il forte Sassuolo con la più gagliarda delle prestazioni sin lì fornite, trovando allo scadere del recupero il gol vittoria con Pavoletti. E io avevo sottolineato il carattere "tripallico" del team di Gasperini, capace di crederci fino alla fine, di non mollare mai, di andare oltre i limiti tecnici oggettivi imposti da un mercato rivelatosi, allo stato delle cose, fallimentare. Ecco, da quel giorno è cambiato tutto: quello che sembrava scritto come un campionato anonimo, senza squilli ma senza neanche immani triboli, si è trasformato in una via crucis. Ero purtroppo stato buon profeta scrivendo a caldo, su Facebook, che la sconfitta col Carpi rappresentava una di quelle batoste i cui effetti non si esauriscono nel giro di una settimana, e che anzi avrebbe inciso in maniera pesantissima sul prosieguo del torneo rossoblù. Un capitombolo troppo grave per non essere la spia di un malessere che stava montando e che, in men che non si dica, è esploso in maniera fragorosa.. 
Quel pomeriggio, l'assurda ingenuità di Pavoletti e la sua conseguente espulsione avrebbero anche potuto non avere conseguenze, nell'immediato del match: perché si può vincere in inferiorità numerica, giocando in casa contro la penultima in classifica e matricola della Serie A, oltretutto trovandosi in vantaggio. Con quei tre punti ampiamente alla portata si sarebbe forse visto un cammino diverso invece di questo orrendo avvio di inverno, e la gravissima assenza dell'unico attaccante efficace in rosa sarebbe verosimilmente stata assorbita con meno danni. Non è accaduto, e adesso è inutile piangere sul latte versato. 
BUIO TECNICO - Certo, da quel catastrofico scivolone in poi non è arrivato nessun segnale incoraggiante, anzi. Timore reverenziale al diapason nelle due trasferte con le grandi (e passi per l'Inter, ma affrontare col braccino l'inguardabile Roma attuale...), e, in casa, due partite disastrose: perché se si prende a pallonate il Bologna dei miracoli e si perde, e se nella partita più sentita dell'anno, il derby, si gioca per davvero solo per venti minuti (perdendo ugualmente), la situazione non è da allarme rosso: è addirittura peggiore. E non tragga in inganno la tardiva e inutile reazione coi blucerchiati, una reazione di puro stampo nervoso, favorita dall'appagamento di una rivale che si considerava evidentemente già in porto: di quell'arrembante finale, da salvare solo la certezza che Lazovic non è giocatore da Serie A, e che senza Pavo è la fine. Su ciò che si è visto prima, sull'inconsistenza tattica e fisica di ogni reparto, è forse meglio tacere per carità di patria, ma chi di dovere ne dovrà tenere adeguatamente conto. Del resto, ricordiamo che questa squadra, dopo aver concesso al Carpi l'unico successo esterno del suo asfittico torneo, era riuscita nell'impresa di farsi eliminare in Coppa Italia da una compagine di due categorie inferiori: perché, al di là delle inevitabili e retoriche lodi mediatiche all'Alessandria di turno (o allo Spezia, nel caso della débacle della Roma), una qualsiasi formazione di massima serie anche solo al 40 - 50 per cento delle proprie potenzialità non deve avere alcun problema, mai e poi mai, ad imporsi su un avversario di terza serie. Diversamente, le colpe di chi è caduto sono infinitamente superiori ai meriti dei vincitori. 
IN TROPPI SOTTO IL LORO STANDARD - Troppi, troppi davvero i segnali negativi. Lo avevo scritto nella mia ultima analisi sul Genoa: le scelte in entrata del mercato estivo si stanno rivelando totalmente sballate. Siamo quasi sui livelli della campagna acquisti 2010, a parer mio, lo dico da sempre, svolta negativa della gestione Preziosi: quattro top player acquistati, Eduardo, Rafinha, Veloso e Toni, e quattro colossali delusioni (con parzialissima eccezione per il brasiliano). Questa volta, campioni non ne sono arrivati, ma da gente come Figueiras, Ansaldi, Capel, Dzemaili e Pandev era lecito aspettarsi molto, moltissimo di più, pur se per alcuni di loro il rendimento insufficiente è stato dovuto anche a sfortuna, sotto forma di gravi problemi fisici. Ma anche molti di quelli che già c'erano stanno ampiamente esprimendosi sotto tono, gente come Burdisso, De Maio, Tino Costa e, ebbene sì, anche il "divino" Perotti, che erano considerati certezze della squadra: Perin e Pavoletti, ma anche Izzo, Laxalt e Rincon han tirato la carretta fin quando è stato possibile, ma da soli non possono farcela. Leggendo questi nomi, ci si accorge che il quadro qualitativo è sì inferiore a quello del 2014/15, ma non drammatico: ciò fa ancora più rabbia e rende per molti aspetti incomprensibile (e inquietante) l'involuzione in atto. 
UNA LUCE CHE SI E' SPENTA - Al momento, il futuro non promette nulla di buono. Tutto ruota attorno alle capacità finanziarie della società, che si sanno limitate ma non si sa fino a che punto: Rigoni e Suso non bastano, la squadra ha bisogno di pesanti interventi nel cuore della difesa, sulle fasce (soprattutto a destra) e in attacco, perché allo stato dell'arte difficilmente potrà cavarsi fuori dai guai. I problemi, lo si è detto, non sono nella carenza di classe (che c'è ancora in dosi sufficienti per rimanere a galla), ma in una luce che si è spenta. La magia creatasi nello scorso campionato si è spezzata, e di questo giocatori e tecnico hanno oggettivamente poche colpe. Avevo detto che non avrei mai perdonato al joker il fattaccio della mancata licenza Uefa, e la sensazione, sette mesi dopo, è che quell'autogol abbia incrinato la credibilità del sistema Genoa e abbia tolto sicurezza a molte componenti della società: anche al buon Gasperini, che ha tutta la mia stima ma il cui sacro fuoco sembra essersi affievolito. 
DUBBIO GASP - Il suo ennesimo Genoa non ha brillantezza, spesso latita sul piano del gioco: eppure, in passato era riuscito ad ottenere risultati sensazionali anche con rose sulla carta inferiori a questa, penso al primo anno di A dopo il lungo purgatorio. Ecco, sulla questione - panchina sono onestamente molto combattuto: perché è mia convinzione che Gasperson, con una squadra adeguatamente puntellata (non rattoppata, attenzione: puntellata) potrebbe tranquillamente portare lo spelacchiato Grifone fuori dalle secche, però ciò che si percepisce dall'esterno è che al momento non abbia assolutamente il controllo, tattico e mentale, sul gruppo. Insomma, se dovessi decidere io, dopo grandi tormenti punterei ancora su di lui, ma se la società optasse per un cambio della guardia non griderei allo scandalo né mi strapperei i capelli, anche se le alternative plausibili sono al momento solo due: Guidolin e Corini. Resta il mistero di come il team da "aurea mediocritas" del primo terzo di torneo, arrampicatosi fino a quota 16 punti pur dovendo combattere con molti handicap (buchi nella rosa e infermeria piena) si sia così improvvisamente volatilizzato. Per porre rimedio ai danni fatti nell'ultimo mese ci vorrà un impegno colossale: questa corsa salvezza, ora come ora, rischia di essere difficoltosa quanto quella del Grifo raccolto da Ballardini, tre anni fa, dopo la fallimentare gestione Del Neri. Auguri. 

2 commenti:

  1. Io direi che Gasp non va messo in discussione, più che altro per mancanza di alternative che mi sentirei di dire che darebbero quel quid in più alla formazione.
    Anch'io penso che il grosso delle colpe vada indirizzato verso quei nuovi acquisti arrivati sull'onda di carriere più o meno prestigiose, ma penso anche che nella lotta salvezza di quest'anno il Genoa abbia un'arsenale decisamente superiore a quello di qualunque avversario. Mi vien da dire che con prestazioni "medie" di chi di dovere (non c'è bisogno di fare i salti mortali) il Genoa non correrebbe alcun pericolo. Certo che ora la situazione è complicata e, si sa, camminare in salita è più faticoso che camminare in pianura

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    1. Caro Ale, proprio il fatto che la rosa sia sulla carta discretamente competitiva deve far preoccupare enormemente, perché se giocatori di buon livello (rispetto alla concorrenza di bassa classifica) forniscono un rendimento inaccettabile come quello delle ultime settimane, vuol dire che il problema non è nella qualità, ma che si è rotto qualcosa a livello di testa e di ambiente. Proprio per questo ritengo che ci voglia una scossa di qualsiasi genere, persino un cambio di allenatore, se servisse a rivitalizzare certi giocatori a terra o a valorizzarne altri che finora hanno avuto scarsissimo spazio. Ma più importante di un cambio in panca sarebbe l'arrivo di almeno quattro titolari di esperienza e personalità, in grado di riportare nel gruppo non dico serenità, che in una situazione del genere è impossibile, ma quantomeno maggior forza morale e convinzione nei propri mezzi. Un altro tipo di svolta potrebbe essere quella di tipo societario: nuovi capitali, nuova proprietà... Se ne parla da tempo a Genova (e forse anche questa situazione di incertezza sta pesando sulla squadra), chissà se si arriverà a concludere qualcosa in breve tempo.

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