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giovedì 16 febbraio 2017

FESTIVAL DI SANREMO: CHI PER IL DOPO CONTI? BONOLIS, DE FILIPPI, AMADEUS E ALTRE IPOTESI PLAUSIBILI


Sanremo 2017 è andato in archivio con un bilancio sostanzialmente positivo. Ottimi gli ascolti (in linea con le cifre d'oggidì, ovviamente: i 18 - 20 milioni di spettatori di un tempo sono ormai vette irraggiungibili), buono il livello qualitativo dello show, dignitosissima la proposta musicale. Il brano del trionfatore Gabbani ha in sé le stimmate di un tormentone che ci accompagnerà per diversi mesi e che potrebbe lasciare un segno profondissimo nella storia del pop nostrano; altre canzoni hanno mostrato notevole impatto e grande cantabilità, e a occhio e croce dovrebbero percorrere una lunga strada nelle chart. Però ora si apre una fase oscura, dalle prospettive non facilmente intuibili.
DA UN'ERA ALL'ALTRA - Il passaggio di consegne da un direttore artistico a un altro è sempre un momento delicato, per il Festivalone. In questo caso, però, più di altre volte: chi arriverà dopo Carlo Conti si troverà fra le mani una bella patata bollente. Non solo per i risultati contingenti di cui ho detto in apertura, che pure basterebbero a far tremare i polsi al successore: perché ad esempio, le tre volte che Baudo ha lasciato (1996, 2003, 2008), lo ha fatto dopo edizioni non particolarmente fortunate, quantomeno sul piano dell'Auditel, e chi ne ha preso il posto è dunque potuto partire "dal basso" per tentare di... guarire il malato; e anche Fabio Fazio arrivò in Liguria nel '99 all'indomani di un Festival, quello del trio Vianello - Pivetti - Herzigova, che ottenne una buona audience ma che trapanò l'acqua sul piano musicale; il savonese ebbe quindi carta bianca o quasi per cambiare pelle all'evento. 
SANREMO FUTURIBILE - Il triennio "contiano", si diceva, ha portato in dote alla kermesse ligure molto di più dell'immediato consenso popolare, e l'ho già spiegato in più di un articolo della settimana scorsa: il Festival è entrato finalmente in una nuova era, si è aperto al nuovo in tutte le sue sfaccettature, alla gioventù dei suoi protagonisti, alla contemporaneità nel modo di concepire lo spettacolo, alla tecnologia con lo sfruttamento delle più avanzate piattaforme digitali. Non si può tornare indietro, da una gestione come questa. Chi arriverà sul ponte di comando, dovrà avere prima di tutto il coraggio dell'umiltà, ossia riconoscere l'immenso lavoro fatto dal predecessore e cercare di non snaturare la macchina - Sanremo, che ha bisogno di ritocchi e aggiustamenti, non di sconvolgimenti. Perché la "formula Conti" ha prodotto un Sanremo quasi ideale, rispettoso della tradizione ma proiettato in avanti, aspetto quest'ultimo che è emerso particolarmente con l'edizione appena conclusa. 
DE FILIPPI? IDEA SUGGESTIVA MA DI ARDUA APPLICAZIONE - Eccoci dunque al punto: chi, dopo il toscanaccio? La scelta è meno facile di quel che sembri, il quadro intricato assai. Ad esempio, la tendenza degli ultimi anni, assolutamente condivisibile, è parsa quella di affidarsi a risorse interne Rai, di utilizzare il potenziale di idee e talento dell'azienda; tuttavia, proprio l'ultimo Festival ha visto schierarsi in palcoscenico, accanto al vero "gran cerimoniere", il volto simbolo della concorrenza Mediaset, nonché figura di grande rilievo e influenza anche nel mondo discografico, visto il ruolo centrale conquistato negli anni da "Amici", il talent griffato Maria De Filippi. 
Ergo, mai dare le cose per scontate. E a proposito di volti Mediaset, quella della stessa Maria è una ipotesi da prendere in considerazione, anche se affidarle il ruolo organizzativo più importante sarebbe un salto in avanti un tantino azzardato, da parte dell'ente tv di Stato: qualcosa di più di una semplice pax televisiva, un notevole stravolgimento delle consuetudini della concorrenza catodica. Senza contare poi che per Maria si creerebbe una situazione di notevole imbarazzo, visto che ormai la presenza in gara a Sanremo di giovani provenienti dal suo "vivaio canoro" è la normalità.
PERPLESSITA' SU BONOLIS - Si è parlato molto di Paolo Bonolis, che rimane una candidatura attendibilissima ma che personalmente mi lascia un po' perplesso. Vero, i suoi due Festival (2005 e 2009) sono stati due successi, entrambi storicamente fondamentali, perché giunti a resuscitare la kermesse dopo edizioni deludenti al punto da averne messo in discussione l'esistenza stessa. Nel frattempo, però, il popolare conduttore ha intrapreso una strada televisiva essenzialmente legata a un intrattenimento fin troppo leggero e caciarone: legittimo, ci mancherebbe, ma il Sanremo, per come è diventato in questi anni, avrebbe bisogno di qualcosa di più, o comunque di diverso. Da ricordare comunque che, in entrambe le occasioni citate, accanto a Bonolis fu presente la fondamentale figura di Gianmarco Mazzi: quest'ultimo gestì il Festivalone anche dal 2010 al 2012, e fu il primo a portare una decisa ventata di rinnovamento nell'obsoleto e stanco carrozzone rivierasco, a traghettarlo nel ventunesimo secolo, rinfrescando gli schemi dello show e favorendo il progressivo svecchiamento del cast di cantanti.
DA MAZZI A CECCHETTO, LE SCELTE POSSIBILI - Ecco, quella di Mazzi, manager contestato ma sempre vincente in Riviera, sarebbe una figura da prendere seriamente in considerazione, nonostante al termine della sua ultima esperienza, nel 2012, avesse detto di aver esaurito le idee applicabili al Festivalone. Ma in cinque anni si cambia e di idee possono esserne spuntate di nuove.... Oltretutto, risolverebbe un problema non da poco, quello di dover reperire un padrone di casa che possa occuparsi anche della direzione artistica, in particolare delle selezione di artisti e canzoni. Carlo Conti, e prima di lui Pippo Baudo, avevano i titoli per farlo, essendo uomini di musica oltre che di tv, ciascuno con la propria cultura e il proprio percorso. Ma non vedo nessun professionista in giro con caratteristiche simili: Federico Russo, forse, ma è un po' troppo giovane e inesperto per accollarsi il doppio ruolo (organizzatore e presentatore); l'identikit più attendibile, in tale ottica, sarebbe quello di Amadeus, che oltretutto nell'ultimo anno ha saputo ritagliarsi spazi sempre più ampi come anchorman di buona presa. Da tenere d'occhio... Tornando invece a personaggi chiamati ad esercitare unicamente il ruolo di direttore artistico, nomi interessanti potrebbero essere quelli di Mauro Pagani, Pino Donaggio (che l'hanno già fatto in passato) o, perché no, Linus e Claudio Cecchetto, più volte giurati di qualità all'Ariston (e Claudio anche presentatore del Festival per tre volte, all'inizio degli anni Ottanta).
NO A GILETTI. FRIZZI E I GIOVANI - Da escludere recisamente, per il ruolo di conduttore, Massimo Giletti: fa un altro tipo di televisione (che mi piace zero, ma non è questo il punto), lo vedo inconciliabile con la manifestazione ligure. Di Fabrizio Frizzi ho più volte scritto: il suo momento d'oro fu negli anni Novanta (col travolgente successo di "Scommettiamo che...", in coppia con Milly Carlucci), ma all'epoca le porte di Sanremo gli furono sbarrate prima dal lungo regno di Baudo, poi da scelte discutibili della Rai che preferì puntare su volti Mediaset come Mike Bongiorno e Raimondo Vianello. Negli ultimi anni ha acquisito spigliatezza e sicurezza, però continuo a vederlo poco adatto a gestire una macchina complessa come quella della rassegna canora: gli manca l'esperienza recente di un grosso show, a parte Telethon, che è sicuramente un impegno improbo ma ha caratteristiche del tutto diverse da Sanremo. Esperienza che invece possiede Milly Carlucci, grazie alla pluriennale guida di "Ballando con le stelle".
Tornando ai giovani, non è che ve ne siano molti in rampa di lancio: si è parlato prima di Federico Russo, il più vicino alla meta festivaliera (ne ha curato l'anteprima in occasione della recente edizione), poi ci sarebbero Alessandro Cattelan e il bravo Nicola Savino, mentre Mika, pur reduce dall'ottima affermazione col suo show su Rai 2, mi pare una candidatura al momento un tantino rischiosa. Fiorello? Grossissimo nome, inutile dirlo, ma con l'incognita di una certa idiosincrasia per il piccolo schermo, ove le sue apparizioni sono sempre centellinate, e per lo stesso Festival, dove, dopo la parziale delusione del 1995 (quando partì favorito per arrivare "solo" quinto), si è fatto vedere solo un paio di volte come ospite. E un istrione così sarebbe di certo uno spettacolo nello spettacolo, che però concentrerebbe tutta l'attenzione su di lui, sviandola dal concorso, ciò che invece Sanremo deve cercare di evitare.
BAUDO: PRO E CONTRO - Capitolo Baudo: da solo o abbinato ad altri, mi pare francamente da escludere. Come conduttore non lo vedo più in grado di reggere oltre venti ore di diretta in cinque giorni, più conferenze stampa e altri impegni collaterali; come direttore artistico... Beh, son passati nove anni dalla sua ultima comparsa in tale ruolo, e non fu un buon Festival, forse mai come in quel momento vicino alla sparizione, dopo il rischio corso negli anni Settanta.
Da allora, Sanremo è cambiato profondamente nella sua struttura di spettacolo, ed è cambiato il panorama pop italiano, con riflessi profondi anche sulla composizione del cast di partecipanti alla kermesse. Non sono sicuro che il Pippo nazionale possa essere in grado di recepire e fare propri tali profondi fremiti di rinnovamento: dal 2008 ad oggi ha fatto pochino, in Rai (non per colpa sua, sia chiaro, quanto per scelte editoriali), e quel poco lo ha visto nella trincea della difesa della "bella televisione che fu", come dimostra ampiamente la sua ultima "Domenica in...", all'insegna della nostalgia e dei canoni, rispettabilissimi, del varietà e dell'entertainment del passato.
Non è neanche detto che affiancargli co - organizzatori giovani e rampanti sia la scelta migliore, perché il Baudo degli anni più gloriosi (i Novanta) ha sempre gestito il colosso Festival in primissima persona, imprimendovi la sua firma a chiare lettere, mettendoci tantissimo di suo, come era giusto che fosse; poi, nelle sue ultime quattro edizioni (2002, 2003, 2007 e 2008) era tornato a farsi affiancare da una commissione di esperti per la selezione dei brani, mentre a livello televisivo quei Sanremo avevano comunque avuto un'impronta sostanzialmente classicheggiante, liturgica, da "Messa cantata", come lui stesso amava definirla. Ma come detto, dopo quanto accaduto in questi anni e soprattutto la settimana scorsa, non si può tornare indietro. Il che non vuol dire che non possa accadere, anzi: la storia di Sanremo purtroppo è stata spesso questo, un passo avanti e due indietro. Ma proprio ora che il Festivalone ha finalmente trovato una nuova dimensione e una precisa collocazione nel panorama musicale e mediatico nazionale, sarebbe un grave errore.

AGGIORNAMENTO: giusto per rendere esauriente questo primo quadro d'assieme, amici su Facebook mi suggeriscono come ulteriore alternativa il ritorno di Gianni Morandi. Certo plausibile, ma con qualche riserva: nel 2011-2012 rappresentava una stuzzicante novità in chiave di conduzioni sanremesi, e comunque era un cantante che poco tempo prima aveva dimostrato buona adattabilità al piccolo schermo (dopo altre felici esperienze in tal senso a cavallo fra gli anni Settanta e gli Ottanta). Oggi quella duplice spinta propulsiva non avrebbe più grosso peso. Altra cosa: Morandi da solo nel doppio ruolo o, come all'epoca, affiancato dalla rassicurante figura di Mazzi, citato in questo articolo? In ogni caso è una candidatura che ci sta, anche alla luce degli ottimi consensi di audience registrati a suo tempo, pur se, come presentatore, non mi fece delirare per l'entusiasmo. Vedremo. 

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