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martedì 10 ottobre 2017

MONDIALI 2018: ITALIA DALL'ALBANIA AI PLAYOFF. EQUIVOCI TATTICI DA CHIARIRE, CENTROCAMPO DA RICOSTRUIRE, GIOVANI DA RILANCIARE


Un mese di tempo per riordinare le idee e capire quanto valiamo davvero. In questo senso la trasferta albanese non ha contribuito a rischiarare l'orizzonte: le nubi, sull'immediato destino del calcio azzurro, rimangono dense e fosche. Certo, il bilancio del viaggio a Scutari va considerato comunque positivo, perché ha portato l'unica cosa che contasse in questo momento: una vittoria, fondamentale per il posizionamento nel tabellone dei playoff e ancor più importante per il morale della truppa. Quest'ultimo aspetto, per la verità, era già stato sottolineato dopo l'1-0 a Israele, che invece mentalmente non risolse un bel niente, tanto che poi è arrivato l'orrido pareggio torinese in salsa macedone... 
L'EQUIVOCO DEL CENTROCAMPO - Ciò significa che ridurre l'impasse attuale a un blocco psicologico derivante dalla batosta madrilena è fuorviante e pericoloso, perché racconta una verità solo parziale. Ad esempio non si può tacere sui perduranti equivoci tattici che gravano su questo Club Italia. Ci sono modi e tempi adatti a fare le cose, e questa non è certo la fase storica ideale per insistere su un modulo di partenza, il 4-2-4, che finora, nelle gare decisive, ha drammaticamente mostrato la corda: pochi risultati e gioco latitante. Si approssima il doppio spareggio, che rappresenterà uno snodo cruciale non solo per Ventura e per il suo gruppo, ma per tutto il movimento calcistico italiano: ciò che accadrà a novembre condizionerà, nel bene e nel male, lo sviluppo del nostro football negli anni a venire. E dunque, in certe circostanze cruciali occorre mettere al bando sperimentalismi perniciosi e futuristici, bisogna solo "scollinare". 
Alle corte: non si può continuare a consegnare sistematicamente il centrocampo agli avversari. La linea Parolo - Gagliardini è stata la più grande sconfitta di questo grigio dittico di gare azzurre: pressoché inesistenti in fase di impostazione, messi ai margini della partita a Torino, a Scutari i due sono se non altro emersi per il discreto lavoro di "rottura", ma è chiaro che non basta, non può bastare. Nel mezzo ci vogliono teste pensanti, ci vuole una presenza più fitta anche numericamente, perché affidare le chiavi della manovra ai soli rilanci di Bonucci e Chiellini significa precludersi autostrade tattiche fondamentali e facilitare il lavoro di "neutralizzazione" da parte degli avversari. 
CANDREVA TITOLARE FISSO - Chiaro che, in un tale contesto, diventa centrale anche il discorso sugli assenti. Con i rientri di Verratti (soprattutto), di De Rossi, direi anche di Florenzi, le cose là nel mezzo dovrebbero cambiare in meglio, sempre se ci si deciderà a sposare un assetto più razionale. E in meglio sono decisamente cambiate, dalla trequarti in su, col ritorno di Candreva: a Modena con Israele fu in pratica il solo animatore del gioco offensivo dei nostri, ieri sera ha avuto meno guizzi ma ha risolto la partita, e scusate se è poco. L'interista in Nazionale ha raramente deluso, è uno che in un modo o nell'altro un posto nell'undici di partenza deve sempre trovarlo, nella situazione attuale. 
BUIO TECNICO: ERRORI A GO GO - Per il resto, si è visto un leggero miglioramento rispetto a venerdì, ma ci voleva davvero poco. Resta elevatissima la percentuale di errori tecnici: tocchi e passaggi sbagliati, tiri sbilenchi o "telefonati" a vanificare giocate anche pregevoli; in questo senso, ieri si sono messi in particolare evidenza Insigne ed Eder. Ha sbagliato molto, in fase di conclusione, anche Immobile, che però ha il pregio di cercare sempre e comunque la porta e di cavar fuori palle gol anche dalle situazioni più intricate; pure lui rimane fondamentale, soprattutto se si dovranno affrontare gli spareggi novembrini senza Belotti. Poco altro da segnalare, se non, appunto, il "tanto fumo e poco arrosto" di Eder ed Insigne e la scarsa precisione dei due esterni bassi soprattutto negli sganciamenti, anche se Spinazzola ha comunque estratto dal cilindro il.. coniglio dell'assist vincente a Candreva, con un traversone da terzino vecchio stampo. Ma lui e i tanti nuovi di questo gruppo devono dare di più, molto di più.
INUTILE RIMPIANGERE IL PASSATO - Possono farlo perché, ne rimango convinto, quest'ultima generazione azzurra, quella inserita nel Club Italia da Ventura pescando dalle più recenti Under 21, non è così modesta come è apparsa in campo nelle ultime uscite e come viene dipinta da troppi osservatori e tifosi nostalgici del "bel tempo che fu". Risulta del tutto sterile, in questo momento, voltarsi indietro e rimpiangere Nazionali piene di campioni, anche perché poi bisognerebbe avere il coraggio di leggerla tutta e per bene, la storia. Gli eroi di Spagna '82 conclusero il loro girone eliminatorio, nell'autunno 1981, in pieno declino, all'insegna del non gioco, e arrivarono secondi dietro la Jugoslavia, un piazzamento che però, all'epoca, garantiva la qualificazione diretta senza bisogno di passare dagli spareggi. Il gruppo "de luxe" messo insieme da Sacchi, quello di Maldini, Baresi, Albertini, Signori e i due Baggio, nel '93 dovette soffrire fino all'ultima gara per estromettere il Portogallo (di buona qualità, ma meno competitivo del Portogallo attuale); e nel '98, la squadra dei veterani Maldini, Costacurta e Albertini, di Peruzzi, Di Matteo, Vieri, Del Piero, Zola e Ravanelli, fu anch'essa costretta a un drammatico playoff con la Russia. Ogni tanto rileggere il passato è salutare, se lo si fa con le lenti adatte...
GIOVANI CHE VALGONO - Con ciò non voglio dire che gli azzurri attuali siano dello stesso livello di quelli citati, mentirei a me stesso e ai lettori. Ma, ripeto, non sono degli oscuri pedatori senza arte né parte. Ho visto fare cose eccellenti a Rugani e a Romagnoli, a Caldara e a Spinazzola, ad Andrea Conti e a Bernardeschi, a Zappacosta e a Pellegrini: hanno solo bisogno di tempo e di esperienza, esperienza che per loro è difficile acquisire in un contesto radicalmente diverso da quello degli anni Ottanta e Novanta, un contesto in cui i giovani del vivaio sono circondati da sfiducia e faticano terribilmente a trovar spazio in formazioni di club imbottite di stranieri. E sinceramente spiace leggere giudizi sferzanti come quello di Costacurta su Rugani (lo potete trovare a questo link): l'ottimo Billy dovrebbe ricordare certe sue prestazioni a dir poco tentennanti agli esordi in azzurro, tipo quella contro la Svizzera a Cagliari nel 1992... Come si ebbe pazienza con lui, è giusto averla col giovane difensore juventino, che ha i mezzi per fare una carriera di spessore e che comunque, venerdì all'Olimpico-Grande Torino, non mi pare si sia macchiato di errori marchiani, al di là di una certa prudenza dettata dalla situazione delicata in cui la squadra si era cacciata.
GENERAZIONE DA 6,5 - Il problema, semmai, è che al momento non abbiamo campionissimi in pectore, di quelli che possono risolvere partite bloccatissime con un guizzo, un'invenzione, un'alzata di ingegno. Il Baggio o il Pirlo della situazione, per intenderci. Chi, oggi, potrebbe ad esempio "vincerci" una gara trasformando una punizione? Forse il solo Insigne, ma quello del Napoli, però... E' dunque, al momento, una generazione da 6,5, ma che, ripeto, ha ottimi margini di crescita in molti dei suoi rappresentanti. I problemi più gravi, da settembre in poi, sono stati altri: scelte strategiche sbagliate da parte del cittì, défaillance di veterani, infortuni di uomini chiave, e poi, certo, un blocco psicologico: alla vigilia del Bernabeu si era forse formata la convinzione inconscia di aver già, al termine della stagione scorsa, quasi completato un percorso di crescita che era invece appena a metà strada; la Spagna ci ha fatti cadere da un piedistallo ingiustificatamente troppo alto, e dopo cadute così rovinose bisogna rimettere in discussione ogni cosa. Staccare la spina agonistica e riflettere per qualche settimana farà bene a tutti; nel frattempo, è auspicabile che i nostri giovani "incompresi" possano mettere nelle gambe i minuti che mancano per un rendimento atletico accettabile. A novembre il calcio italiano si gioca una buona fetta del suo futuro: se esiste un momento in cui occorre remare tutti dalla stessa parte, ecco, quel momento è arrivato.

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