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giovedì 8 febbraio 2018

FESTIVAL DI SANREMO 2018, LA SECONDA SERATA: TANTO (TROPPO?) BAGLIONI, SEMPRE PIU' CREDIBILI DIODATO-PACI, ANNALISA, RON E VANONI. IL GIALLO META-MORO


Dalla notte fra martedì e mercoledì, su Sanremo 2018 grava l'ombra del caso Meta - Moro. Giusto farne ancora cenno, prima di parlare della seconda serata. Il nodo "squalifica - non squalifica" dovrebbe venir sciolto nelle prossime ore, e nella conferenza stampa delle 12.30 ne sapremo probabilmente di più. Innanzitutto la vicenda è già entrata nella storia della rassegna, perché ha portato per la prima volta alla "sospensione" (è il termine utilizzato da molte testate) di due partecipanti alla gara: la coppia di bravi cantautori avrebbe dovuto proporsi in seconda esibizione ieri sera, ma è stata "congelata" in attesa di ulteriori accertamenti sulla questione. Di certo, tutto può accadere: la seconda giornata del Festival era iniziata con affermazioni rassicuranti, in merito, da parte dei dirigenti Rai, ma dopo le prime, legittime perplessità manifestate da alcuni giornalisti, lo stesso Claudio Baglioni ha lasciato intendere di voler prendere la cosa molto seriamente e di dover effettuare attente valutazioni; di qui alla suddetta sospensione il passo è stato breve. 
RISCHIO SQUALIFICA CONCRETO - E' veramente una patata bollente, quella che la direzione artistica si ritrova fra le mani: perché Meta e Moro, non è un mistero, sono forse i più chiari favoriti per il successo finale. Col loro pezzo uniscono impegno civile, testo dalla forte carica emotiva, notevole orecchiabilità, e si tratta di due personaggi tutto sommato "trasversali", amati dai giovani ma graditi anche a un pubblico più adulto, come dimostrò ad esempio il terzo posto di Meta l'anno passato. Insomma, ci vorrà del coraggio per sbatterli fuori; però, parliamoci chiaro, il regolamento qualche rischio lo lascia intuire, in particolare riguardo al discorso sulla legittimità dell'utilizzo di "stralci campionati" di canzoni già edite, la clausola a cui si appellano gli "innocentisti"; nella situazione in oggetto non mi pare si sia davanti a un campionamento propriamente detto, in senso tecnico, bensì al riutilizzo, in versione minimamente rielaborata, del ritornello di un vecchio brano.
Non si parla assolutamente di plagio, come gli stessi cantanti hanno ieri equivocato sui social (le due opere hanno un autore in comune, Andrea Febo), quanto, semplicemente, della mancanza del requisito dell'inedito. Su questo dovrà pronunciarsi lo staff organizzativo della kermesse. La mia opinione? Io non sono un esperto di diritto, ma credo che le canzoni "nuove" siano altra cosa, questa non lo è, anche se il pezzo "ispiratore" era pressoché sconosciuto, fino all'altroieri. Se poi nei meandri del regolamento si riuscirà a trovare la strada per mantenerlo in concorso, contento per i due ragazzi. Ma ci ritorneremo sopra... 
TANTO BAGLIONI E UNA LEOSINI FUORI POSTO - Eccoci dunque alla seconda serata. L'impressione è che, stavolta, il direttore artistico si sia lasciato prendere un po' troppo la mano: a tratti, lo show è parso quasi una "Baglioni compilation". Si è trovata l'occasione per proporre, in un modo o nell'altro, tre pezzi del suo repertorio: "La vita è adesso" in duetto col Volo (la performance più riuscita), "Mille giorni di te e di me" con Biagio Antonacci e "Questo piccolo grande amore" con Franca Leosini. Una comparsata, quest'ultima, di cui avremmo fatto volentieri a meno, assolutamente superflua e per di più assai mal riuscita. In teoria, ogni strofa dell'evergreen doveva essere contrappuntata da un intervento più o meno ironico della conduttrice di "Storie maledette"; in pratica, ogni volta che il cantautore si interrompeva per dare spazio all'estemporanea partner, il pubblico in sala proseguiva a cantare, come in un concerto live, coprendo e togliendo forza agli inserimenti della giornalista. E poi, scusate, non si era detto che questo Sanremo avrebbe rinunciato a personaggi estranei al mondo della musica, dagli astronauti agli chef, alle famiglie con figli in quantità? E allora, cosa diavolo c'entrava la Leosini con il Festivalone? "Mistero", avrebbe esclamato Enrico Ruggeri...
BAUDO, LETTERA STRUGGENTE - Per il resto, una Michelle Hunziker sempre più padrona del palco e un Favino che si ritaglia i suoi spazi con l'abilità e perfino l'istrionismo dell'attore consumato: l'inglese sfoggiato nell'intervista a Sting non l'avevo mai sentito da parte di nessun precedente conduttore della manifestazione. Il cantante inglese innamorato dell'Italia ha proposto un duetto surreale con Shaggy, mentre il momento più emozionante della serata è stato senz'altro l'intervento di Pippo Baudo, "l'uomo Festival" per antonomasia, con una lunga "lettera aperta a Sanremo" che ha indotto più malinconia che allegria, assumendo a tratti i contorni di un bilancio di fine carriera. Poi il padrone di casa di tredici Festival ha riportato il sorriso con il lungo siparietto su un lontano fidanzato siciliano di Michelle (storiella già sentita e risentita, peraltro), parentesi che ha ritardato l'esibizione di Elio e le Storie tese. Volendo, per Superpippo è stato un contrappasso: cinquant'anni dopo aver costretto (gentilmente) Louis Armstrong ad abbandonare il palco di Sanremo '68, è stato lui a dover essere "tagliato" per lasciare spazio a Belisari e compagnia. 
L'ESEMPIO DI VECCHIONI - Bilancio magro per i superospiti italiani: i ragazzi del Volo non sono emersi per originalità, con l'inflazionatissimo "Nessun dorma" (ma si sono parzialmente riscattati con l'omaggio a Sergio Endrigo), dimenticabile Antonacci, che ha tentato di rilanciare il suo recente brano "Fortuna che ci sei", mentre a notte alta Roberto Vecchioni ha dato un plastico esempio di ciò che dovrebbero fare i cantanti di casa nostra fuori concorso a Sanremo, se proprio ci devono essere: omaggiare il repertorio canoro proprio o di altri, senza indulgere alla promozione del prodotto più recente. Chapeau. In generale, l'impressione è stata quella di una serata troppo carica di orpelli trascurabili: abbiam detto  della Leosini, ma aggiungiamoci anche il ballo Favino - Hunziker sulle note di Despacito (che speravo di non sentire almeno all'Ariston) e il lungo e non entusiasmante sketch "del trapano" col mago Forrest. In tutto ciò, il Dopofestival, che inizia ampiamente dopo l'una, diventa impossibile da vedere per le persone normali, che qualche ora di sonno devono pur concedersela... 
DA DIODATO A RON E VANONI, TANTA QUALITA' - La gara, adesso: è iniziata quella fra le Nuove proposte. Inutile discutere di classifiche parzialissime, per cui al momento limitiamoci a dire che le opere migliori sono sicuramente quelle dei due maschietti, il godibile elogio al congiuntivo dell'estroso Lorenzo Baglioni (nessuna parentela) e lo straniante, doloroso recitato di Mirkoeilcane in "Stiamo tutti bene", sulla tragedia dei barconi dei migranti. Riguardo ai Big, confermata la buona impressione sullo spessore di "Adesso", con Diodato e Roy Paci che a questo punto diventano papabili per le primissime posizioni; in crescita Annalisa, con un brano contemporaneo ma rispettoso della tradizione e un refrain tutto sommato di buon impatto, che potrebbe condurla a un piazzamento di rilievo. Da non trascurare "Senza appartenere" di Nina Zilli, classica melodia sanremese ma corroborata da un testo interessante sull'universo femminile, a meta fra "Donna" di Mia Martini" e "Quello che le donne non dicono" della Mannoia, non al livello di queste due gemme ma comunque dignitosissima ("Donna siete tutti", "Donna non di tutti", sono versi semplici, ma intelligenti ed efficaci). Sempre convincenti e radiofonici Vibrazioni e Canzian, anche se quest'ultimo non sta ottenendo i riscontri che mi sarei aspettato. Notevole la forza evocativa del Dalla cantato da Ron, ottimamente scritta nelle parole e nella musica "Imparare ad amarsi" del trio Vanoni - Bungaro - Pacifico, forse la miglior espressione del nuovo corso "baglioniano" all'insegna della ricercatezza autoriale ed interpretativa. E' anche questa da podio, e le votazioni delle prime due giornate lo confermano. 
ABBIAMO UNA SIGLA! - A tal proposito, non mi pare una gran trovata quella di rendere note, a fine spettacolo, solo le preferenze espresse da una singola giuria, per di più non le graduatorie vere e proprie ma una mera divisione tra fascia alta, media e bassa. Si rischia di generare solo una gran confusione. Una nota piacevole: Sanremo ha finalmente una nuova sigla, come quelle che si facevano fino a metà anni Novanta, anche se su tutte le emittenti tv della Penisola continua a imperversare "Perché Sanremo è Sanremo": buona l'idea, vista nel galà di apertura, di fare interpretare la canzone a tutti i Campioni (ma perché ieri la clip non è stata riproposta?), buona anche l'esecuzione finale da parte del trio di presentatori. Vedremo se questo "Popopopo" riuscirà a lasciare il segno nella storia della rassegna.
ULTIM'ORA - La Rai e la direzione artistica del Festival hanno deciso, dopo perizia sulle due canzoni "incriminate", di mantenere in concorso "Non mi avete fatto niente" di Meta e Moro. Sussiste il requisito dell'inedito. 

1 commento:

  1. in effetti diodato a un secondo ascolto mi ha convinto appieno... cantare a notte fonda non è un vantaggio, oltre al fatto che ero in dormiveglia :-) apprezzo tantissimo anche vanoni/bungaro/pacifico... ribadisco il mio giudizio positivo su barbarossa e max gazzè, meta e moro hanno fatto autogol clamoroso ma il brano è davvero valido... non come quello di mirkoeilcane che già apprezzavo ma che alla prova del Festival si è a mio avviso superato: merita la vittoria, altrochè ultimo!
    Baglioni ieri ha esagerato, non è che perchè si sono esibiti in gara "solo" 14 artisti tra big e giovani, devi riempire tutti gli spazi con tuoi immortali brani.. preferisco che siano favino (ieri in ombra rispetto alla prima sera, direi che non è stata equa la conduzione, era molto più presente la hunziker... che comunque ho preferito ieri rispetto all'esordio di martedì... tra i due comunque per me meglio favino!)

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