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venerdì 9 febbraio 2018

SANREMO 2018, LA TERZA SERATA: BAGLIONI DEBORDA E LANCIA UN FESTIVAL NUOVA FORMULA. IL TRIONFO DI VIRGINIA, I TORMENTONI DI KOLORS E STATO SOCIALE


Dopo tre sere e circa tredici ore di diretta tv, lo si può ben dire: la nomina di Claudio Baglioni a direttore artistico di Sanremo 2018 è stata una triplice genialata. Non so fino a che punto voluta. E sì, perché se la selezione di un cast di Campioni in controtendenza rispetto alle ultime edizioni era ovviamente messa in preventivo e, anzi, auspicabile, il cantautore romano è poi andato oltre, sorprendendo un po' tutti: con la sua presenza sul palco, via via sempre più frequente e disinvolta, ha destrutturato i canoni della liturgia festivaliera, trovando una ideale mediazione fra il modello Fazio - Pagani (sofisticato e, nella versione 2014, anche piuttosto pesante) e quello disimpegnato e nazionalpopolare di Carlo Conti. Di più: ha smentito chi (come me) si attendeva un ruolo defilato, da "coordinatore silenzioso" dietro i presentatori ufficiali Hunziker e Favino, prendendo invece decisamente in mano le redini dell'evento e introducendovi nuovi elementi di spettacolo. Ha in pratica creato un'inedita commistione fra il Festival, con le sue regole e i suoi ritmi, e alcuni show di successo che la Rai ha realizzato in questa prima parte di ventunesimo secolo, quelli costruiti attorno a personaggi che han fatto la storia della nostra musica, da Morandi a Dalla e a Ranieri. 
LA SERATA MIGLIORE - Così, Claudio offre generosamente parte del suo immenso repertorio (nel precedente articolo avevo parlato di "Baglioni - compilation"), e, soprattutto, duetta ripetutamente con i tanti ospiti italiani convocati quest'anno. E' anche una soluzione intelligente sotto il profilo meramente economico: si è risparmiato sulla scritturazione di vedettes fuori contesto (star hollywoodiane e atleti in primis), riempiendo le serate con performance comunque di gran suggestione e graditissime dal pubblico. In tal senso, la puntata di ieri è stata forse la più riuscita, fra quelle fino a questo punto messe in scena: buon ritmo, ottime esibizioni di tutti gli artisti presenti, momenti di notevole effetto e intensità, su tutti la parentesi con Gino Paoli e il pianista Danilo Rea e il ricordo di Fabrizio De Andrè e Umberto Bindi. 
COM'E' FINITO IL CASO META-MORO - Una serata anche più rilassata, perché nelle ore precedenti si erano dissolte le nubi causate dal caso Meta - Moro. La loro "Non mi avete fatto niente" è stata alla fine mantenuta in concorso. Ne sono lieto perché, come ho scritto ieri, si tratta di due cantautori di valore, apprezzati sia dal pubblico giovane sia da quello più maturo, e il pezzo presentato è ben costruito, intenso, orecchiabile, con un testo che affronta magari in modo fin troppo semplice e scarno un dramma della nostra epoca (con quei flash che fotografano le città vittime degli attentati dell'Isis) ma sicuramente genuino e "sentito" da parte dei compositori.
Resta il fatto che, a parer mio, non si tratta di canzone propriamente "nuova", pur se tale è stata riconosciuta dai periti Rai dopo attenta valutazione, alla quale ci rimettiamo doverosamente. Il regolamento ha consentito di "salvare" il duo anche perché non offre sufficiente chiarezza nella definizione, per l'appunto, di "canzone nuova", la illustra con una casistica troppo limitata e concede margini di manovra assai ampi, se è vero che alla fine il tutto si è giocato sul filo dei secondi (la "citazione" del vecchio brano "Silenzio" è risultata inferiore a un terzo del minutaggio totale di quello presentato quest'anno, quindi in linea con i requisiti richiesti). E' evidente che, per l'edizione 2019, le "tavole della legge" della kermesse andranno riscritte, meglio precisate e modificate. 
REPARTO TORMENTONI: KOLORS E STATO SOCIALE FARANNO STRADA - Gli esiti parziali delle giurie mostrati ieri a notte fonda, nonché il riscontro ottenuto dentro e fuori dall'Ariston, inducono a pensare che, nonostante tutto questo bailamme, Ermal e Fabrizio siano ancora i principali favoriti per il trionfo di sabato, ma la sfida è apertissima. Al secondo ascolto, ha confermato la sua freschezza il brano degli Stato Sociale, che ha una forza d'impatto indipendente dalle divertenti trovate coreografiche, a partire dall'anziana signora ballerina fino al "doppio palcoscenico", con uno dei membri del gruppo che non è presente sul palco ma si posiziona in in altri settori del teatro intervenendo a canzone in corso. Ha le stimmate del tormentone "Frida (mai, mai, mai) dei The Kolors: ed è indubbio che con tre canzoni come quelle appena citate, alla quale aggiungerei "Il mondo prima di te" di Annalisa, il Sanremo numero 68 dovrebbe riuscire a dire dignitosamente la sua sul mercato discografico. 
BARBAROSSA E GAZZE', DUE GIOIELLI - In quota "eleganza - raffinatezza", anche il terzo capitolo del... romanzo festivaliero ha offerto un generoso contributo: la favolistica composizione di Max Gazzè, con pennellate sinfoniche, convince sempre più, come il moderno sound napoletano di Avitabile e Servillo. "Passame er sale" di Barbarossa è un gioiello in salsa folk che meritava la convocazione a Sanremo: passerà poco in radio, ma dà un contributo qualitativo che mi ricorda analogo esperimento tentato da Tosca nel 2007, con la splendida ed evocativa "Il terzo fuochista". Giovanni Caccamo ha sposato uno stile fin troppo melodico tradizionale in un'opera ben congegnata e ben cantata, ma che difficilmente percorrerà una lunga strada dopo il 10 febbraio; al contrario, il caldo jazz di Mario Biondi ha pochissime speranze di sfondare all'Ariston, ma potrebbe uscire alla distanza e diventare un caposaldo delle scalette dei suoi concerti. 
SEXY NOEMI - Noemi brillante come sempre sul palco (e con generosa scollatura che ha mostrato parte delle sue burrose forme...), ma la canzone, ripeto quanto scritto due giorni fa, non sembra incisiva come altre da lei presentate in gara in precedenza; è comunque gradevole, con quel refrain che "amplia" e potenzia la strofa con un crescendo interpretativo. Un po' datata la proposta di Facchinetti - Fogli, penalizzata da un Roby certamente non al meglio delle sue possibilità vocali. Sul fronte Giovani, una manche meno convincente della precedente: brilla solo Mudimbi, che si ispira un po' a Caparezza ma ci mette qualcosa di suo e comunque porta una produzione originale, tutto il contrario, per dire, di Leonardo Monteiro, con un brano troppo "Sanremo old style" per lasciare il segno e garantirgli un futuro ad alti livelli. 
GRANDE VIRGINIA! - Tornando allo spettacolo, la regina è stata senza dubbio la splendida Virginia Raffaele, un concentrato di talento, bellezza e simpatia. Al Festival ha già fatto parte del "pool" di presentatori, nel 2016, ma auspico di rivederla con uno spazio ancor più ampio, che ne valorizzi le doti di showgirl a tutto tondo ed istrionica. Di gran presa, come accennato, le ospitate canterine: i Negramaro in "Poster", e con il singolo "La prima volta", che nell'attacco mi ha vagamente ricordato qualcosa di "Walkin'", proposta dance presentata in gara dai Dhuo al Sanremo '84. Rimane però il discorso di sempre, sul quale non smetterò mai di calcare la mano: perché non in concorso, Sangiorgi e compagnia? Quindi, il citato Paoli, poi Giorgia in una riuscita accoppiata con James Taylor, mentre a notte fonda è comparso Nino Frassica, simpatico come sempre ma che rischia l'effetto prezzemolino, visto che da troppo tempo lo si vede ovunque in tutte le salse. E stasera, con i venti duetti e la finale a otto delle Nuove proposte, prepariamoci a una maratona sfiancante. Un caffè lungo, grazie... 

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