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mercoledì 25 luglio 2018

VERSO SANREMO 2019: LA RIVOLUZIONE A META' DI BAGLIONI. GIOVANI A DICEMBRE E LISTONE UNICO A FEBBRAIO: ERA NECESSARIO?


Sanremo: per il 2019 si cambia, e parecchio. Era fisiologico: nella storia del Festival, sporadici scossoni giungono a incidere profondamente sul tessuto della manifestazione, dopo lunghi periodi di calma più o meno piatta, di regolamenti e meccanismi di gara consolidati e immutabili, salvo minime variazioni. E così, per la sua 69esima edizione la rassegna sarà assai diversa da come ci eravamo abituati a vederla negli ultimi anni. Partiamo dai dati di cronaca, così come comunicati ieri dall'ufficio stampa della Rai e dal confermatissimo direttore artistico Claudio Baglioni sul suo profilo Facebook. Due le novità: Sanremo 2019 si sdoppierà, la classica cinque giorni di febbraio avrà un sostanzioso anticipo in dicembre, con una gara tutta riservata ai giovani; quattro appuntamenti in fascia televisiva pre-serale e due finali in prima serata, dalle quali usciranno i due volti nuovi ammessi al Festival vero e proprio. E qui arriva il secondo elemento di rottura col passato recente: a febbraio, sparirà la ormai classica divisione in due categorie, Big e Nuove proposte, ci sarà un unico listone di concorrenti, forse ventiquattro, fra i quali troveranno spazio i vincitori dicembrini della sfida fra nuove leve. 
INNOVAZIONI CON SGUARDO AL PASSATO - Rivoluzione sì, ma a metà, perché a ben guardare di veramente inedito in questi cambiamenti c'è poco. La selezione autunnale degli esordienti fu la migliore delle innovazioni apportate alla struttura del Festival da Pippo Baudo, nel 1993: tre serate dalle quali scaturirono i ben diciotto giovani ammessi al Festivalone. Nel tempo le serate si ridussero a due, poi a una, e per diversi anni la preselezione in diretta tv venne soppressa, con la clamorosa eccezione del 2002, quando fu allestito addirittura un talent, "Destinazione Sanremo": una trasmissione, poco fortunata sul versante Auditel, che si allungò per tre mesi fra vetrine quotidiane e appuntamenti in prime time, e che fornì dodici delle sedici Nuove proposte in lizza a Sanremo 2003. A Carlo Conti il merito di aver riportato in auge l'evento, rinominato "Sarà Sanremo" e modellato in buona parte secondo i moderni format catodico-musicali tanto in voga, tipo X Factor, con giuria vip in studio ed eliminazioni progressive. Ma era una serata unica, mentre Baglioni e la Rai hanno voluto questa volta creare un palcoscenico di lusso interamente riservato alle nuove leve della canzone italiana, che in pratica avranno visibilità televisiva per una settimana. 
ACCANTONATA LA FORMULA DELLA "RINASCITA" SANREMESE - Sull'altro piatto della bilancia, l'accantonamento della gara per categorie nel Festival propriamente detto, una delle innovazioni che pensavo potesse essere introdotta già l'anno scorso, se il cantautore romano avesse avuto più tempo per mettere mano al progetto: me ne è testimone il blog, leggete qui... Non accadeva dal 2004, quando il coraggioso Renis reintrodusse il listone unico di concorrenti, che però, non va dimenticato, fu consuetudine sanremese in tutta la prima, gloriosa fase della storia della kermesse: formula immutabile fino al 1973, poi ripresa altre volte negli anni della grande crisi (da me raccontati nell'e-book "Sanremo all'inferno e ritorno") e definitivamente accantonata a partire dal 1980, fatta salva l'eccezione di cui sopra. Anche in questo caso, dunque, nulla di particolarmente innovativo, pur se tale modifica al regolamento, fatta in questo momento, assume un peso specifico enorme, per le sue implicazioni. Viene infatti messa da parte una struttura di gara che è stata l'asse portante della risalita di Sanremo dopo il tunnel attraversato negli anni Settanta: tutte le edizioni della ritrovata grandeur rivierasca hanno schierato in campo Big da una parte ed esordienti dall'altra, quasi sempre con graduatorie separate. Una formula che ha più volte funzionato sul piano degli ascolti televisivi, e che ha spesso portato risultati positivi in termini di vendite di dischi e popolarità per i cantanti di entrambi i gruppi. 
PER I GIOVANI MEGLIO LA PASSERELLA DI FEBBRAIO - I tempi sono cambiati, si dice da più parti, la distinzione fra giovani e vip non ha più senso, e spesso i confini fra i due gironi sono risultati molto elastici e indefiniti, con nomi già sulla cresta dell'onda inseriti fra i debuttanti e ragazzini diventati "campioni" dopo gli effimeri exploit ottenuti ad Amici o show simili; e del resto già nel lontano 2003 un esperto di cose musicali come Linus aveva proposto di abolire la sezione giovani, sull'onda di un paio di edizioni piuttosto parche di autentiche rivelazioni. Personalmente, non sono convinto che questa mini-rivoluzione strabica, una rivoluzione che guarda contemporaneamente al passato e al futuro, possa essere funzionale alle fortune del Festival: detto dell'efficacia dimostrata nel tempo dalle due categorie in gara su piste parallele, credo che la soluzione per rivitalizzare il concorso degli emergenti non sia quella di toglierlo dall'evento principe di febbraio per confinarlo nei freddi giorni pre - natalizi.
I TALENTI LANCIATI DA CONTI - Conti, dal 2015 al 2017, si era mosso in direzione radicalmente opposta, cercando di ridare visibilità ai giovani riportandoli in apertura delle varie serate, dopo anni in cui le loro esibizioni erano state inserite in scaletta a orari da nottambuli. E pur fra mille difficoltà qualche risultato fu ottenuto, se pensiamo che da quel triennio sono venuti fuori Francesco Gabbani ed Ermal Meta, il che già basterebbe, più altri personaggi ancora in anticamera ma assai promettenti come Tommaso Pini, Maldestro, Chiara Dello Iacovo, solo per citarne alcuni; e anche il primo anno di gestione dell'autore di "Questo piccolo grande amore" ha, tutto sommato, portato all'inatteso decollo di Ultimo e al lancio di Lorenzo Baglioni e di Mirkoeilcane, talenti che hanno qualcosa da dire. Difficile, invece, prevedere boom di audience per una serie di trasmissioni incentrate soltanto su cantanti pressoché sconosciuti e messe in calendario due mesi prima del Festivalone (anche se sicuramente ci sarà un minimo di appeal scatenato dall'effetto novità): e senza audience diminuiscono nettamente le possibilità di essere notati, per ragazzi che hanno invece un disperato bisogno di essere visti e ascoltati da un'ampia platea. Poi, felice di essere smentito...
GIRONE UNICO: COME SARA'? - Il listone unico di febbraio presenta poi varie controindicazioni, della serie "maneggiare con cura"... D'accordo per i due vincitori delle selezioni, ma per il resto come si procederà  alla composizione del cast? Gli altri componenti del maxi girone saranno tutti big, o ci sarà anche un po' di spazio per cantanti di non grande notorietà che stanno tentando di emergere attraverso altre vie? Penso ad esempio a ottimi artisti come Zibba, Patrizia Laquidara, Maria Pierantoni Giua, Paolo Simoni, Antonio Maggio ed Erica Mou, che da anni si sono creati il loro pubblico e svolgono un'intensa attività, restando però sostanzialmente ai margini del circuito mainstream. In questo secondo caso, e dovendo quindi pescare in un bacino più ampio di proposte, facile prevedere che il lavoro di cernita svolto dal buon Claudio finirà per provocare ancor più malcontento di quello, tradizionale, degli esclusi dalla categoria regina nel passato. Senza pensare a ciò che accadrebbe se a vincere il Festival fosse, appunto, uno degli ex sconosciuti. Ricordate la costernazione che accolse i trionfi dei Jalisse, o di Tiziana Rivale, o di Annalisa Minetti? Una gara in cui può spuntarla l'ultimo arrivato rischia di diventare sempre meno appetibile per i veri big, già così restii a mettersi in gioco in una competizione canora.
Furono proprio eventi come quelli citati, o come l'imprevista vittoria di Mino Vergnaghi nel '79, a spingere organizzatori e direttori artistici vari a creare una blindatura per i cantanti affermati, garantendo loro accesso alla finale e possibilità di gareggiare solo con interpreti di pari o analogo curriculum. Tornando ai giovani, prevalere all'Ariston su colleghi di prestigio è raramente viatico per una carriera d'alto livello (unica eccezione Giorgia, in epoca relativamente vicina), rendendo anzi più arduo il consolidamento, perché si è da subito sotto esame in una misura più critica e spietata di quella riservata a chi ha percorso tutte le tappe di una lunga gavetta. Per tutto questo, il ripensamento del modello Sanremo così come è stato concepito non è secondo me la panacea dei mali festivalieri. Se nell'ultimo decennio la sezione dei "nuovi" ha spesso mostrato difficoltà ad emergere, è stato per altri motivi: la citata collocazione oraria penalizzante, oppure un infelice lavoro di selezione eccessivamente appiattito sui modelli imposti dai talent imperanti, trascurando altre realtà più originali e meno commerciali. E' dunque un problema di sostanza, non di forma. Ne riparleremo. 

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