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giovedì 5 luglio 2018

RUSSIA 2018: FLASHBACK SUGLI OTTAVI. BELGIO COL FIATONE, SPAGNA IN DECLINO, FRANCIA E BRASILE QUASI AL TOP


La caduta degli dei, si potrebbe intitolare il secondo capitolo del romanzo di Russia 2018. Già la prima fase aveva offerto la clamorosa sorpresa dell'eliminazione dei campioni in carica tedeschi, battuti da Messico e Corea del Sud e addirittura ultimi nel loro girone. Gli ottavi hanno seguito il solco: fuori Argentina, Spagna e Portogallo. Un nutrito drappello di favoriti raso al suolo, nel segno di un Mondiale controcorrente: per trovare un andazzo simile, occorre risalire fino al discusso torneo del 2002, quando caddero immediatamente le due maggiori indiziate per la conquista del titolo, la Francia detentrice e l'Argentina (oltre ai quotatissimi lusitani), e le seguì a stretto giro di posta l'Italia di Totti e Vieri, Maldini e Buffon, martoriata dalle direzioni arbitrali e penalizzata da certe scelte discutibili di coach Trapattoni.
FRANCIA - ARGENTINA NELLA STORIA - Francia - Argentina è stata una di quelle partite destinate a restare nella storia della Coppa del Mondo. Senza scomodare paragoni ingombranti come quelli con Italia - Germania Ovest '70 o Italia - Brasile '82, per spettacolarità, livello tecnico, altalena di emozioni può senz'altro reggere l'accostamento con la famosa Belgio - URSS del 1986, altro 4-3. Nella sfida che ha aperto gli ottavi, i transalpini hanno compiutamente mostrato, per la prima volta in questa rassegna, il loro strepitoso potenziale, mix micidiale di atletismo, classe e rapidità. Mbappè ha risolto quasi da solo la gara in chiave offensiva, con due gol che ne hanno evidenziato agilità e velocità di esecuzione, e ancor prima procurandosi il rigore dell'1-0 con una vertiginosa fuga a capovolgere il fronte del gioco. Contro una simile corazzata, l'Argentina è rimasta a galla fino alla fine grazie a prodezze dei singoli (strepitoso il tiro dalla distanza di Di Maria per l'1-1) e un pizzico di fortuna (deviazione di Mercado su sinistro telefonato di Messi), ma in realtà il match è stato costantemente nelle mani degli europei. Per il team di Sampaoli, la conferma a quanto qui si era scritto pochi giorni fa: il successo sulla Nigeria aveva solo mascherato gli enormi problemi di una squadra priva di una visibile linea di gioco e aggrappata alle alterne lune dei suoi solisti. 
BELGIO OK COL FIATONE, GIAPPONE VICINO ALLE GRANDI - In quanto a gol ed emozioni forti, non ha scherzato neppure Belgio - Giappone. In questo caso si può scomodare un precedente storico meno nobile di quelli prima citati, ma estremamente calzante: la sfida con l'Italia in Confederations 2013. Anche allora, i nipponici si portarono su un inatteso ma meritatissimo 2-0, poi subirono, a cavallo tra le due frazioni, la rapida rimonta azzurra fino al 3-2 ma riuscirono ancora a pareggiare, prima di incassare in extremis il colpo del ko da Giovinco, così come in extremis, e per di più su un contropiede (condotto in maniera vorticosa e magistrale) hanno ceduto le armi qualche sera fa.
Ingenui all'epoca e ingenui oggi, i giapponesi, che comunque sono una realtà: il talento c'è, l'organizzazione pure, se riusciranno ad acquisire malizia e capacità di gestire i momenti topici in certe sfide ultimative, potranno davvero aspirare a qualcosa di più concreto. Resta comunque la grande impresa dei belgi, risalti dallo 0-2 al 3-2 in quella che sembrava la classica serata storta. Come già dimostrato a livello di prima fase, la squadra di Martinez pratica il calcio offensivo più efficace e prolifico, per capacità realizzativa ma anche per produzione di occasioni da rete. I rischi corsi contro gli asiatici hanno fatto suonare un campanello di allarme che dovrebbe portare Fellaini e compagni a una maggiore attenzione in fase di copertura. Al momento, ritengo i francesi e i Diavoli Rossi i più autorevoli candidati al titolo, ma questi ultimi se la dovranno vedere col Brasile...
IL BRASILE C'E' - Già, la Seleçao. Contro il Messico ha marciato in folle per tutto il primo tempo, irretita da un avversario messo in campo in maniera eccellente, capace di praticare una manovra anche stilisticamente pregevole ma inguaribilmente leggero nei sedici metri finali, ciò che per l'ennesima volta l'ha privato del traguardo dei quarti, raggiunto solo nelle due rassegne giocate sul terreno amico ('70 e '86). Una volta sbloccato il risultato con Neymar, i pentacampioni hanno legittimato la vittoria costruendo altre tre palle gol nitide e trovando il meritato raddoppio con Firmino. E' un Brasile che ha qualche difficoltà a concretizzare la gran mole di gioco costruita, ma che mostra un atteggiamento sempre propositivo e pare soprattutto compagine equilibrata, con un centrocampo in cui quantità e qualità sono ben miscelate e una difesa che non è più preda delle terrificanti amnesie di quattro anni fa. Manca di continuità nell'arco dei novanta minuti, e ha quel Neymar che regala giocate sontuose ma anche atteggiamenti irritanti: col Belgio sarà una splendida sfida, ed è un peccato che una delle due già domani debba lasciare la compagnia.
SPAGNA: CONCLAMATA DECADENZA - Ha deluso la Croazia, dopo le luminarie del primo turno. La Danimarca, squadra poco più che discreta, ne ha spento gli estri ed ha anzi tenuto lungamente pallino, nella seconda parte di gara. Anche in una serata grigia, Rakitic e compagni hanno comunque avuto la grande chance per chiudere l'incontro, ma Modric ha sbagliato il penalty procurato da Rebic, andando ad affiancarsi a gente come Maradona, Zico, Platini, Donadoni e Baggio nella galleria dei super che, ai Mondiali, hanno fallito l'occasione dagli undici metri. Nella giostra finale dei rigori, i croati l'hanno spuntata, proseguendo con qualche certezza in meno verso il confronto coi padroni di casa russi, che hanno eliminato senza scandalo la sopravvalutata Spagna. Ridendo e scherzando, la Roja non vince più alcunché dal 2012, trionfo continentale sull'Italia di Prandelli. Da allora, tacendo della Confederations Cup 2013 persa in finale col Brasile, due Coppe del Mondo e un Europeo disputati, un'eliminazione al primo turno (Rio 2014) e due agli ottavi (Euro 2012 e 2016), quindi in fasi sostanzialmente precoci delle manifestazioni. Un ruolino di marcia che non giustifica più l'atmosfera di grandeur costruita attorno alla Selecciòn, e che riporta casomai all'antica tradizione spagnola di essere "perdente di successo": fino al 2006 le Furie si presentavano ai grandi appuntamenti nel ristretto drappello dei favoriti, ma poi facevano puntualmente le valigie in anticipo, non andando mai oltre i quarti e fermandosi talvolta anche prima (celebre l'esclusione immediata da Francia '98 per mano di Nigeria e Paraguay).
Così come per la Germania, che dopo otto anni era ancora aggrappata ai Neuer, Muller e Ozil, affiancati da poche novità, la Spagna si regge essenzialmente sugli ultimi reduci dell'età dell'oro, Ramos e Piqué, Basquets e Iniesta, protagonisti di un tramonto prolungato, che pur sempre tramonto rimane; i giovani sono bravi, uno di loro, Isco, è addirittura eccezionale, ma ricostruire immediatamente una squadra supervincente non è impresa di tutti i giorni, a maggior ragione se si torna a insistere su un tiki taka imbolsito e fine a se stesso, che produce solo uno sterile possesso palla e si riduce a una pallida imitazione dell'autoritario atteggiamento tattico della gloriosa Spagna euromondiale. La fusione tra vecchio e nuovo non è riuscita, insomma, e alla Russia è bastata una paziente e orgogliosa difesa per disinnescare il fucile iberico, peraltro caricato a salve. 
LA SVEZIA OLTRE I PROPRI LIMITI -  I padroni di casa non sono gran cosa, ma con l'entusiasmo e la spinta del fattore campo possono regalare ancora qualche sorpresa, sorpresa che invece non mi aspetterei più dalla Svezia. Gli scandinavi hanno davvero fatto il massimo entrando fra le prime otto, il che non cambia il giudizio su di loro già espresso dai tempi del playoff con l'Italia (che comunque non è stata eliminata da una scartina, almeno questo va sottolineato): squadra tecnicamente da 6 - 6,5, non di più; consapevole dei propri limiti, aggrappata a un atteggiamento tattico rigidamente prudente, un assetto di contenimento che neutralizza attacchi anche reputati e che consente qualche controffensiva mortifera, fin qui sfruttata magistralmente. La fortuna c'è stata (ottavo con la Svizzera deciso da un autogol), ma è bilanciata dal rigore clamoroso negatole con la Germania. Tuttavia, affrontando i gialloblù, per l'Inghilterra c'è un'occasione unica di ritornare finalmente fra le prime quattro al mondo.
BELL'URUGUAY, MA SENZA CAVANI... - I sudditi di Sua Maestà hanno finora brillato solo a sprazzi con la Tunisia e nell'allenamento con Panama, deludendo moltissimo nel mediocre confronto coi colombiani: ma hanno un buon impianto di gioco. un attacco ispirato in Kane, e un portiere rivelazione, Pickford, decisivo coi cafeteros. D'ora in poi devono però convincere pienamente. In prospettiva avrei dato più credito all'Uruguay del commovente maestro Tabarez, ai suoi veterani ringalluzziti che hanno consentito ai nuovi (Laxalt, Bentancur, ecc) di inserirsi positivamente in un meccanismo già perfettamente oliato. Ben coperti alle spalle, Suarez e Cavani hanno mostrato cose meravigliose contro il Portogallo: il primo eccellente uomo ovunque della prima linea, capace di creare e concludere, il secondo implacabile finalizzatore con soluzioni mai banali. L'infortunio di quest'ultimo toglie diverse chances alla Celeste, destino crudele perché si tratta di una delle migliori realtà finora ammirate, in un Mondiale che ha proposto tante conferme ma poche autentiche novità agli alti livelli. Comunque mai dire mai, Godin e compagni hanno sette vite.

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