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mercoledì 21 novembre 2018

VERSO SANREMO 2019: PUBBLICATO IL REGOLAMENTO. A FEBBRAIO SARÀ GARA A GIRONE UNICO


Con la pubblicazione del regolamento sul sito ufficiale, la marcia di avvicinamento a Sanremo 2019 entra nel vivo. È arrivata la conferma, nero su bianco, di ciò che il direttore artistico Claudio Baglioni aveva già annunciato e ampiamente illustrato fin dalla scorsa estate. Il Festivalone cambia volto, dunque, per l'ennesima volta nella sua quasi settantennale storia: da rilevare, però, che non ci troviamo di fronte a novità assolute, quanto al ripescaggio di formule vincenti del passato, in parte rivedute e corrette per l'occasione. Vale per lo sdoppiamento della kermesse con una ribalta autunnale riservata agli emergenti, un'invenzione di Pippo Baudo che risale agli anni Novanta; e vale per quanto accadrà dal 5 al 9 febbraio prossimi. 
Si torna al listone unico di concorrenti, questa l'innovazione: concorso fra ventiquattro cantanti, ventidue big più i due giovani vincitori della rassegna che andrà in scena a dicembre. Non accadeva dal 2004, è accaduto solo due volte negli ultimi quarant'anni. Eppure, si tratta del format base con cui la kermesse rivierasca è nata, è cresciuta e si è affermata. Le edizioni del boom di popolarità e di vendite discografiche, quelle fra il '64 e il '71, si svolsero tutte secondo questo canovaccio, ma con una differenza sostanziale rispetto a ciò che avverrà nel Festival numero 69: all'epoca, c'era gara senza esclusione di colpi fin dalla prima serata, c'erano le eliminazioni. Vedettes italiane e straniere rischiavano da subito di essere sbattute fuori, e in effetti molti nomi eccellenti dovettero mandar giù bocconi amarissimi: da Celentano a Modugno, da Cher a Marianne Faithfull, i delusi non si contavano, in quegli epici Sanremo all'arma bianca. Era una formula che piaceva al pubblico televisivo dei tempi, appassionato di lotte canzonettistiche allo spasimo, era verosimilmente poco amata dagli artisti ma evidentemente gradita agli industriali della musica, i quali altrimenti non avrebbero fornito ogni anno agli organizzatori i nomi più prestigiosi presenti sul mercato. 
Oggi, invece, niente eliminazioni: in ventiquattro partiranno e in ventiquattro arriveranno. È il marchio di fabbrica della gestione Baglioni: accadde infatti anche nell'ultima edizione, quando tutti i partecipanti giunsero fino alle due competizioni conclusive (venerdì i giovani, sabato i "grandi"). Da buon cantautore italiano, categoria da sempre refrattaria alle gare, una volta chiamato a dirigere la più importante ha voluto da subito "ammorbidirne" i contorni, riducendo al minimo i rischi di brutte figure per i partecipanti. E va detto che ci ha visto giusto: molti temevano un tracollo di audience, dopo anni in cui la platea italiana si era abituata a sfide serratissime, a un Sanremo estremamente competitivo, pur con varie sfumature; invece, la kermesse 2018 è stata un successo televisivo. La delusione è semmai venuta dal riscontro commerciale delle canzoni in lizza, tutt'altro che esaltante. Riscontro che personalmente mi ha sorpreso, in quanto ritenevo e ritengo tuttora di buon livello qualitativo il pacchetto di proposte presentate quest'anno all'Ariston.
Se, dunque, sul piano del gradimento catodico il buon Claudio dovrebbe essere in una botte di ferro, sarà invece chiamato a lavorare di cesello per scovare opere in grado di imporsi anche a manifestazione conclusa. Rispetto all'ultima edizione firmata da Carlo Conti, trionfante sia sul piccolo schermo sia nei negozi di dischi reali e virtuali, la prima dell'artista romano si è contraddistinta per un cast più variegato, multiforme, aderente ma non troppo al gusto corrente: c'erano alcuni dei divi del momento, come Meta - Moro, Noemi e Annalisa, ma anche veterani da tempo un po' fuori dal grande giro commerciale, penso a Barbarossa, ad Avitabile o ai Decibel, e proposte di alto taglio autoriale come quella del trio Vanoni - Bungaro - Pacifico. Quest'anno occorrerà probabilmente fare meglio i conti con l'attuale realtà discografica italiana, il che vorrà dire ad esempio aprire le porte a qualche rapper, ma non solo. 
Già, perché il panorama musicale del Bel Paese è oggi molto più ricco di quanto si creda, se si ha la buona volontà di non fermarsi al mainstream e all'heavy rotation radiofonica. C'è una nicchia affollatissima di ragazzi da tempo sulla breccia con produzioni di notevole livello. Qualche nome? Ce ne sono tantissimi, ma mi piace citare Patrizia Laquidara, Paolo Simoni, Erica Mou, Zibba, Antonio Maggio, Simona Molinari, Chiara Dello Iacovo (tutti passati dal vivaio sanremese in tempi più o meno recenti, fra l'altro), gente che ha ampiamente dimostrato di saper fare musica D.O.C., che ha il suo giro di fans e di serate, ma che rischia di rimanere confinata a vita in un limbo lontano dai riflettori delle grandi platee. E Claudio Baglioni ha la personalità, il coraggio, gli orizzonti culturali per dare una chance anche a qualcuno di loro, oltre ai soliti noti. Il girone unico, in tal senso, rappresenta un'opportunità unica per fare un Sanremo diverso, più ricco di tendenze canore, più "democratico".  

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