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mercoledì 21 novembre 2018

CLUB ITALIA: DOPO LA VITTORIA SUGLI USA IL BILANCIO ANNUALE È IN ATTIVO, ASPETTANDO CHE FIORISCANO GLI ATTACCANTI

                                                  Kean, primo "millennial" azzurro

"Nuovi cieli azzurri, dopo un anno nero", cantava Pupo a Sanremo '83. Versi che ben si adattano al momento attuale del Club Italia. Giunti al termine del primo periodo della gestione Mancini, un periodo contraddistinto da amichevoli e gare di Nations League, si può ben dire che la luce in fondo al tunnel sia finalmente comparsa: non è ancora vivida, ma c'è, è lì, pronta ad essere raggiunta. Da Genova a Genk, dal match con l'Ucraina a quello con gli Stati Uniti, abbiamo potuto finalmente intravedere qualcosa che somiglia molto da vicino a una squadra vera. I progressi sono stati perfino inaspettati nella loro rapidità: perché se è vero che solo dalla sesta partita col neo CT in panca il gioco ha preso a lievitare in misura considerevole, è altresì innegabile che prima c'era stato il buio o quasi, col fondo toccato in occasione delle due mortificanti sfide di andata con Polonia e Portogallo. 
PIEDI BUONI, ESPERIENZA E GIOVANI - C'è un gruppo che sta prendendo forma, c'è una manovra di buona qualità estetica ma anche efficace, visto che le palle gol, nelle ultime partite, sono state prodotte in quantità ben più che accettabile, col picco toccato ieri sera in Belgio. Si è creato un buon mix fra esperienza e gioventù: tanta esperienza in difesa, con Bonucci e Chiellini che stanno anche preparando la strada al definitivo ingresso fra i titolari di Romagnoli, Caldara, Rugani e magari qualche Under pronto ad esplodere (Romagna? Calabresi?), tanta gioventù nella zona nevralgica, la più bella sorpresa di quest'ultimo scorcio di 2018, un reparto che, grazie ai piedi buoni e alla precisione nel palleggio di Verratti, Jorginho e Barella, riesce a impadronirsi dell'iniziativa in ogni incontro, perdendola solo per... esaurimento fisico, come avvenuto sabato scorso coi portoghesi; senza contare che dietro al trio titolare stanno emergendo virgulti di notevole credibilità: contro gli States abbiamo ad esempio visto all'opera un Sensi nelle vesti di debuttante di lusso, sicuro in ogni giocata, aggressivo, propenso al sacrificio, ordinato e razionale. 
PRECEDENTI INCORAGGIANTI. LA RINASCITA DOPO STOCCARDA '74 - Dunque, penso sia lecito, dopo l'ultima uscita della Nazionale in quest'anno solare, abbandonarsi a un cauto ottimismo. Del resto, azionando la macchina nel tempo e tornando indietro ad altre fasi di ricostruzione azzurra, le analogie con quella odierna sono molto più numerose di quanto si pensi. Pensiamo al biennio successivo al fallimento di Stoccarda '74, il Mondiale del tramonto degli eroi "messicani": la nostra rappresentativa, che Fulvio Bernardini guidò da solo per una stagione prima di essere affiancato da Bearzot, fu a lungo preda di una esasperante sterilità offensiva proprio come la selezione del Mancio. È sufficiente citare i numeri: nelle sei partite ufficiali del '74/75, l'Italia andò a segno solo due volte (di cui una su rigore), vinse un'unica gara (deludente 1-0 in casa della Finlandia), ne perse tre e si esibì in spettacoli calcistici decisamente modesti, con la sola eccezione di un ottimo primo tempo in casa dei super olandesi, in un confronto poi comunque perso per 1-3. 
IL RODAGGIO DI GRAZIANI, BETTEGA E VIALLI - Giusto ricordare, per onestà, che a inizio '75 ci furono anche due amichevoli non ufficiali nelle quali i nostri riuscirono a sprigionare un'insolita potenza di fuoco in prima linea: quattro reti alla Norvegia e ben dieci agli USA. Ma, appunto, furono impegni di allenamento di non grande attendibilità, come anche la stampa dell'epoca riconobbe. Pure l'avvio della stagione '75/76 fu contraddistinto da altre recite all'insegna di un'incisività quasi nulla: un gol in tre match, ad opera del centrocampista Capello, prodezza che fruttò una vittoria di prestigio sull'Olanda. Dalle uscite successive, con Grecia e Portogallo, gli attaccanti cominciarono ad ingranare: ma i Graziani, i Pulici e i Bettega erano in rosa già da prima, erano scesi in campo più volte, senza trovare mai il successo personale. E anche dopo Mexico '86, la rifondazione da parte di Azeglio Vicini fu assai laboriosa. Ricordate Vialli? Per tre anni, dall'87 al '90, fu il simbolo della bella e scintillante "giovane Italia", di cui divenne implacabile finalizzatore con strepitose prodezze sotto porta; eppure, debuttante in azzurro nel novembre '85, dovette accumulare varie presenze prima di sbloccarsi, con un gol al materasso Malta nel gennaio '87. Nel frattempo, a tenere in piedi sul piano offensivo la nostra compagine dovettero pensare i difensori o le puntuali reti del sempreverde Spillo Altobelli. 
SELEZIONE NATURALE - Sottolineo questi precedenti perché, allora come oggi, la nostra prima linea sembrava formata da "punteros" di scarso peso internazionale: calciatori che poi hanno invece dimostrato di poterci stare alla grande, sulle ribalte più impegnative. Ecco quindi che occorrono pazienza e fiducia: spesso si tratta solo di andare a regime, di trovare i giusti automatismi con i compagni, di smaltire l'emozione dei primi passi con la casacca tricolore. Poi, chiaro, ci sarà una naturale selezione, e non tutti potranno far parte del gruppo che affronterà il difficile impegno del 2019, ossia le qualificazioni ad Euro 2020: rimarranno i migliori o i più pronti, proprio come ai tempi di Bernardini e Bearzot, quando Chinaglia e Savoldi sparirono presto dai radar a vantaggio dei campioni prima citati, che scrissero diversi luminosi capitoli della storia del Club Italia. 
IMMOBILE, LASAGNA E GLI ALTRI: PROSPETTIVE AZZURRE - Ecco perché, dunque, la sterilità offensiva attuale deve preoccupare ma non allarmare. Finché si manovra con brillantezza e si creano occasioni, vuol dire che c'è un'ottima base su cui lavorare. Dopodiché, bisognerà iniziare a concretizzare, ed ecco quindi la necessità di passare al setaccio le pedine dell'attacco: per Immobile, ad esempio, le prove d'appello a disposizione stanno per esaurirsi, mentre Lasagna va rivisto, anche dopo i tre gol mancati ieri sera al cospetto degli americani. Una sfida, quella di Genk, in cui la nostra prodigalità ha rasentato l'autolesionismo: hanno sfiorato la segnatura anche Chiesa, Bonucci (splendido l'assist su punizione di Sensi) e Berardi con un bel sinistro dal limite nel primo tempo, e nella ripresa Verratti di testa, Grifo (sorpresissima delle convocazioni) con un potente destro deviato dal portiere Horvath, Kean (primo Millennial azzurro) con un tiro cross rasoterra e il citato Lasagna, ripetutamente. A fil di sirena è arrivato il sospirato gol, un gol bello e difficile, frutto di una pregevole triangolazione fra un Verratti lucido e propositivo fino al termine e il neo entrato Politano, a segno di destro sull'uscita del guardiano avversario. Una parziale conferma di quanto scritto dopo San Siro: se non ci sono attaccanti centrali che realizzano, occorre percorrere strade alternative; fra queste, quella di affidarsi agli inserimenti di incursori come l'interista, o come Bernardeschi e Insigne, è sicuramente una delle più praticabili, ma non basta a renderci competitivi. La punta di peso va cercata, e se non si trova va costruita con un lavoro paziente e certosino. 

2 commenti:

  1. www.pianetasamp.blogspot.com

    Analisi precisa e dettagliata che condivido in toto!
    Non so se ne hai parlato in passato ma a mio modesto parere ad oggi l'intuizione migliore del Mancio è stata quella di far coesistere Verratti e Jorginho, una cosa che sinceramente non credevo fosse possibile!
    Per quanto riguarda la punta di peso ad oggi i due maggiori papabili mi sembrano Immobile e Belotti: il laziale non capisco come possa in Nazionale sbagliare di tutto e di più quando in serie A ormai da più stagioni segna in pratica una giornata si e l'altra pure in tutte le maniere, il Gallo sono dell'idea che abbia tutti i mezzi per ritornare quel formidabile bomber ammirato due campionati fa...
    Su Balotelli ormai ho perso le speranze ( e temo anche Mancini...), Lasagna a certi livelli mi sembra improponibile, mi sarebbe piaciuto vedere all'opera Pavoletti, da sempre un mio vecchio pallino, personalmente mi ha un pò stufato Berardi, attualmente El Shaarawy mi sembra un gradino e più superiore, mi è sfuggita la sua mancata convocazione...
    Ma cosa ne pensi di Chiesa?
    A me questo ragazzo dopo l'iniziale folgorazione pare essersi un pò...fermato nel suo processo di crescita, mi sembra lo stesso degli esordi!
    Intendiamoci bravo, probabilmente resta il nostro miglior prospetto ma se non diventa più incisivo in zona gol, più attaccante come era suo padre non vorrei che ci trovassimo di fronte all'ennesimo esterno bravo ma poco prolifico...ciao!

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  2. Scusa se ti rispondo solo adesso, ma tanto la situazione non è cambiata di molto... Sì, El Shaarawy meritava la convocazione, mentre credo che Lasagna debba esser rivisto in qualche altro test, anche se non mi entusiasma (killer instinct sotto porta zero, e quella con gli States era un'amichevole). Oltre a Pavoletti, fra i veterani si potrebbe dare una chance a Quagliarella, che sarebbe un'ottima chioccia per punte non smaliziate a livello internazionale. Su Chiesa non saprei cosa dire di specifico, non avendo la possibilità di vederlo sistematicamente all'opera nelle sue varie uscite. Nelle prime partite in azzurro è stato l'unico a movimentare la prima linea con le sue iniziative. Ora, una crisi di crescita ci può stare, in viola risente anche di un contesto tecnico e tattico non al top: sono convinto che, non appena l'Italia troverà il suo assetto ideale (e secondo me manca poco), il suo gioco si farò meno fumoso e più incisivo. L'impressione però è che il papà fosse più bomber puro.

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