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sabato 9 febbraio 2019

SANREMO 2019, LA QUARTA SERATA: TANTI DUETTI PREGEVOLI, MA POCHI QUELLI DAVVERO INCISIVI. BENE SYRIA, SAVORETTI E ALESSANDRO QUARTA


Subito un paio di ringraziamenti: a chi ha inventato la serata dei duetti, ossia Paolo Bonolis e Gianmarco Mazzi nel 2005, e a chi l'ha ripristinata dopo alcuni anni in... frigorifero, ossia l'attuale direttore artistico Baglioni. Perché è un happening meraviglioso, una scheggia impazzita che rompe la liturgia pur sempre presente anche in un Festival controcorrente come quello di quest'anno. E' tradizionalmente la serata più varia, brillante e imprevedibile delle cinque maratone sanremesi, e anche stavolta non è sfuggita alla regola. Il livello delle inedite performance è stato in generale più che discreto, spesso buono, in alcuni casi eccelso. Il discorso cambia un po' allorché si tratta di valutare il valore aggiunto che queste esibizioni hanno effettivamente apportato alle canzoni in gara: in tal senso, mi sento di poter dire che pochi duetti sono stati veramente incisivi, accrescendo l'appeal dei brani in misura evidente. 
BRANI CHE BRILLANO DI LUCE PROPRIA - Intendiamoci: ciò non è necessariamente un male. Significa che le proposte selezionate per Sanremo 2019 sono in buona parte in grado di brillare di luce propria, senza bisogno di nuove voci, nuovi arrangiamenti, tocchi di originalità; che ieri sera non sono mancati, ma sono stati sostanzialmente funzionali alla buona riuscita dello spettacolo nel suo complesso, più che della gara tout court. Cogliendo fior da fiore, ad esempio, è risultata eccellente la fusione fra le voci di Irama e Noemi, così come i vincitori dell'anno scorso, Fabrizio Moro ed Ermal Meta, sono entrati in punta di piedi nei pezzi di Ultimo e Cristicchi, senza snaturarli ma fornendo comunque un contributo prezioso. 
PRESENZE ININFLUENTI - Francesco Renga, per aumentare la forza d'impatto di una "Aspetto che torni" dignitosa me non con le stimmate dell'evergreen, avrebbe avuto bisogno di qualcosa di più del sommesso intervento dell'autore Bungaro e del sostegno prettamente coreografico di Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel, così come i rapper Gué Pequeno e Rocco Hunt hanno "sovrastrutturato" e appesantito i pezzi di Mahmood e Boomdabash, di gran lunga migliori nelle versioni originali. Godibili e riuscite le abbinate Turci - Beppe Fiorello e Zen Circus - Brunori Sas, ma ininfluenti per la resa finale delle canzoni, così come la presenza di Nada al fianco di Motta, duetto che pure ha conquistato il successo di tappa sulla base di un verdetto discutibile, visto che l'esibizione dei due non è certo stata la migliore, sul piano tecnico, e nemmeno quella più coinvolgente.
L'ITALIANO DI HADLEY E IL VIOLINO DI QUARTA - Più di colore che di peso autentico, ma comunque apprezzabili, le ospitate di Cristina D'Avena, impeccabile nell'inserirsi nel dialogo a due Federica Carta - Shade, e di Tony Hadley, che col suo italiano stentato ci ha riportato ai tempi di Mal dei Primitives e di Rocky Roberts, ma che ha se non altro reso ancor più pimpante e allegrotta "Mi sento bene" di Arisa: migliorasse un po' la pronuncia, potrebbe proporsi in concorso nei prossimi anni, visto il rapporto privilegiato con l'Italia e l'affetto che continua a riscuotere dalle nostre parti. Gira che ti rigira, un reale quid in più ai loro compagni di duo sono stati in pochi a portarlo: su tutti, mi sento di citare il portentoso violinista Alessandro Quarta, talento clamoroso e animale da palcoscenico, che ha dato nuovo vigore e nuove vesti sonore a "Musica che resta", buona composizione di stampo tradizionale ma in sé poco coraggiosa, visto che ha totalmente mantenuto i ragazzi del Volo nel solco di "Grande amore", trionfatrice del 2015. 
SYRIA, SAVORETTI E IL RITORNO DEI SOTTOTONO - Importante anche la presenza di Diodato e dei Calibro 35 per aumentare l'avvolgente atmosfera di "Rose viola" di Ghemon, così come gli inserimenti di Jack Savoretti in "Solo una canzone" degli Ex Otago, binomio tutto "genovese" (Jack, per chi non lo sapesse, è tifosissimo del Genoa): il cantante anglo-italiano ha aggiunto grinta a un pezzo fin troppo soffuso e romantico. Syria ha dato calore e intensità alla canzone di Anna Tatangelo (ed anche sensualità: Cecilia è una donna che migliora col passare degli anni sul piano della fisicità, al di là delle sue indiscusse e sottovalutate doti canore), la particolare vocalità di Manuel Agnelli è stata comunque utile a Daniele Silvestri e Rancore, anche se "Argentovivo" non aveva particolare bisogno di maquillage, perché siamo di fronte a qualcosa di molto vicino al capolavoro. Ultime annotazioni: il piano di Paolo Jannacci ha reso ancor più struggente la poetica dedica di Enrico Nigiotti al nonno recentemente mancato, mentre la presenza di Giovanni Caccamo, pur minimalista, ha fatto prendere quota al duo Pravo - Briga, fino a ieri sera oggetto piuttosto misterioso del 69esimo Festivalone, discorso in parte applicabile anche a D'Angelo - Cori, grazie ai quali c'è stata la clamorosa ricomparsa su una grande ribalta di Big Fish e Tormento dei Sottotono, diciotto anni dopo la non felicissima esperienza del 2001. Un tocco di vintage in un Sanremo ultramoderno. 
PILLOLE DI ANNA E MELISSA - In una serata monopolizzata dalla gara parallela dei duetti, poco spazio per il resto. Più del comunque notevole mini-show di Ligabue, ha colpito il monologo di Claudio Bisio sul rapporto padre - figlio: un parziale riscatto di una prestazione festivaliera fin qui grigia da parte del comico piemontese, anche grazie all'intervento di Anastasio, fresco vincitore di X Factor, talento vero. E' proprio il Sanremo dei rapper: chi lo avrebbe mai detto l'anno passato, quando questa realtà, che piaccia o meno è colonna portante della musica italiana di oggi, fu praticamente ignorata? Riuscite le pillole di presentazione affidate alle due fanciulle del Dopofestival, Anna Foglietta e la stellina nascente Melissa Greta Marchetto, bellezza particolare ma che buca lo schermo, ragazza dalla favella facile. E c'è stato finalmente il breve ma sentito ricordo della tragedia del Morandi, nel giorno in cui è iniziata la lunga opera di demolizione di ciò che resta del ponte maledetto. Attendiamo fiduciosi anche due parole di commemorazione per Giampiero Artegiani, sensibile cantautore scomparso nel giorno di apertura della kermesse e finora menzionato solo in sala stampa. 
CHI VINCERA'? MISTERO... - Poche righe per stasera: poche perché il pronostico è quasi impossibile. I nomi dei favoriti sono sempre gli stessi: ieri ho citato il sestetto Ultimo - Irama - Nek - Volo - Arisa - Bertè, con possibile inserimento di Cristicchi, e rimango fedele a quanto scritto, anche perché le parzialissime classifiche rese note in questi giorni non consentono di avere un quadro d'insieme su chi sta davanti, chi indietro, e quali distacchi ci sono. Si brancola nel buio, insomma: "Mistero", avrebbe detto il Ruggeri del 1993, ma proprio per questo la lunga finalona di stasera dovrebbe risultare ancor più appassionante. 

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