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mercoledì 13 febbraio 2013

SANREMO 2013, PARTENZA IN MINORE: CROZZA SOTTOTONO E POCO EASY LISTENING

                                  Marco Mengoni: ha aperto il Festival con sicurezza

Sanremo 2013 è partito in punta di piedi. Sì, d'accordo, la contestazione a Maurizio Crozza: in realtà una tempesta in un bicchier d'acqua. Come negli stadi calcistici italiani, dove gli ultras sono in netta minoranza ma riescono puntualmente a farsi notare più degli altri per becerume e maleducazione, così all'Ariston sono bastate la paturnie di due - tre esagitati logorroici con tanto fiato in gola per far credere che, contro il comico genovese, si stesse scatenando chissà quale tempesta. Ci ritorneremo, ma va sottolineato come sia stato questo non irresistibile momento di televisione l'unico a regalare qualche brivido autentico. Sì, perché l'avvio del Festivalone è parso decisamente in minore: quasi quattro ore di spettacolo (esagerate, come al solito: quei contenuti potevano benissimo essere concentrati in un tempo più ristretto, tagliando almeno 60 minuti) filate via senza lasciare traccia, come l'acqua di sorgente. 
LO SHOW - L'avevo scritto ieri: non è stata felicissima la distribuzione dei quattordici Big nelle prime due serate. Tutti o quasi tutti i grossi calibri, i nomi più popolari e quelli più forti commercialmente, sono stati dirottati sulla puntata di mercoledì. Questa sera vedremo in lizza, fra gli altri, i Modà, Elio, Malika, Cristicchi. La differenza rispetto al cast del debutto balza agli occhi. Forse si è fatto troppo affidamento sul dato storico   secondo il quale il vernissage può contare in ogni caso su di una platea sconfinata, a prescindere dal nome dei cantanti, e verosimilmente si puntava molto sul sicuro effetto traino garantito da Crozza. Il quale ha solo in parte giustificato la grande attesa.
Il grande showman ha fatto il suo, senza strafare: par condicio rispettata in pieno, qualche battuta e qualche sketch riciclati dalle sue più recenti apparizioni su Rai Due e su La7 (forse perché è stato chiamato in extremis e ha avuto poco tempo per preparare qualcosa di inedito: ma nessuno lo obbligava a presentarsi, se si trattava solo di timbrare il cartellino...). Strano che un istrione come lui si sia trovato in palese difficoltà di fronte agli insulti iniziali: mi sarei aspettato qualche risposta salace ai contestatori, del tipo, chessò, "ditemi quando avete finito il vostro show, così poi posso cominciare il mio", o qualcosa del genere... La goffa protesta ha dimostrato prima di tutto che molti, in Italia, non hanno ancora ben chiaro il significato della parola "satira". Se poi la satira sia un format comico adatto al festivalone è valutazione del tutto soggettiva: per me ci può stare, per altri è avulsa dal contesto e tende a distrarre da tutto il resto: ma non è lo stesso effetto che avevano avuto le osannate performance di Benigni e Celentano, solo per restare agli esempi più recenti? Il fatto che poi dimostrazioni di pubblica insofferenza come quella inscenata ier sera giungano costantemente da esponenti o simpatizzanti della medesima fazione, dovrebbe indurre a più di una riflessione su quanto certi personaggi abbiano invelenito il clima sociale del Paese negli ultimi anni, ma non è questa la sede e quindi soprassediamo. 
LE CANZONI - Confermate le sensazioni della vigilia. Festival "alto" ha significato anche selezionare brani di impatto tutt'altro che immediato. I verdetti finali della doppia giuria sono stati però assolutamente fedeli alla  più consolidata tradizione della kermesse rivierasca: premiati i pezzi dalla linea melodica più convenzionale, quelli più morbidi e soffusi, rispetto alle proposte maggiormente vivaci e ritmate. Mengoni, che ha aperto la serata senza tradire la minima emozione, si avvale comunque di due composizioni dal ritornello destinato a farsi ricordare, mentre il duo tutto pop - jazz - swing Molinari - Cincotti ha fornito la performance col miglior impatto visivo, grazie a due brani ben congegnati, "colorati", orecchiabili e trascinanti. Con Gualazzi siamo su un piano cantautorale di alto profilo, fin troppo raffinato per una rassegna di musica leggera: di primo acchito le sue sembrano due composizioni di spessore notevolissimo, elaborate e complesse: riusciranno a far breccia nel cuore degli ascoltatori prima della fine della manifestazione? Non ci giureremmo... 
Daniele Silvestri porta avanti il suo brano più impegnato, "A bocca chiusa", e lascia a piedi un divertissement che ricorda un po' troppo da vicino il suo più grande successo di sempre, "Salirò", Maria Nazionale e i suoi autori non hanno saputo rinfrescare la più classica tradizione partenopea come, ad esempio, era stato in grado di fare Nino D'Angelo, le cui proposte sanremesi di inizio Duemila (ricordate la superba "'A storia 'e nisciuno"?) erano più avanti di queste datatissime "Quando non parlo" ed "E' colpa mia". Piuttosto convincenti Marta sui Tubi, che ben coniugano sperimentalismo e orecchiabilità non banale, da riascoltare Chiara Galiazzo, che prosegue la gara col pezzo più "radiofonico" dei due, ossia "Il futuro che sarà". Ma mai come quest'anno le impressioni del primo ascolto sono aleatorie e destinate ad essere riviste, magari in meglio, strada facendo: un provvisorietà di giudizio, lo ribadiamo, dovuta al distacco dall'easy listening che era invece stato il marchio di fabbrica (gradito) del Festival 2012. Perché ora come ora, ad esempio, non si intravedono motivi destinati all'immortalità, anche se le stimmate della canzone di respiro internazionale potrebbero venir fuori dalle due proposte firmate Gualazzi. 
I PRESENTATORI - Nota lieta della serata, la conduzione a due Fazio - Littizzetto è filata via senza intoppo alcuno. La coppia è ultra - collaudata, e i due si sono mossi con perfetto sincronismo, intesa totale e abilità da consumati animali da palcoscenico: e la maniera in cui Fabio ha gestito l'incidente - Crozza in diretta lo dimostra ulteriormente. Anche qui nulla di nuovo: lo schema è arcinoto per chi segue questa curiosa "coppia di fatto" a "Che tempo che fa", la pacata ironia di lui a mitigare lo  sferzante sarcasmo di lei (per quanto un po' ingessato dalla liturgia sanremese), ma non era affatto scontato che il meccanismo funzionasse anche su quel pianeta televisivo - spettacolare a sé stante che risponde al nome di "Festival della canzone italiana". 
POLITICA - Gli agitatori in servizio permanente effettivo (e i soliti giornali...) hanno ravvisato nell'intervento di Crozza lo sconfinamento "elettoral - propagandistico" del festivalone. Non accorgendosi che il vero atto politico della serata è stato rappresentato dalla duplice ospitata di Marco Alemanno, compagno di arte e di vita degli ultimi anni di Lucio Dalla, e soprattutto dei due gay in procinto di sposarsi all'estero. E che messaggio politico è stato, quest'ultimo! Un qualcosa di rivoluzionario, altroché, e forse anche, diciamolo, un po' fuori contesto artisticamente: la pagina più "faziana" dell'intero primo atto sanremese, qualcosa che ci saremmo aspettati di vedere più a "Vieni via con me" che all'Ariston, ma se Sanremo 2013 può servire in qualche modo anche a veicolare una spinta alla maturazione civile del popolo italiano (e di chi lo governa), beh, ben venga, no? 

2 commenti:

  1. noto che sei stato parecchio equilibrato, mentre io ho scritto un post molto "di pancia". Le canzoni non sono per nulla facili ad un primo ascolto, occorre tempo ma difficilmente cambio drasticamente idea nei giudizi e io, come scritto altrove, sono rimasto deluso dalla performance della Molinari e di Chiara. Prevedo in ogni caso stasera un recupero: spiace tantissimo però per la defezione dei Ricchi e Poveri, a causa della tragedia che ha colpito Gatti. Mi è dispiaciuto davvero tanto

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    1. Ho commentato sul tuo blog e quindi non mi ripeto qui. Non posso però che unirmi al tuo dispiacere per la morte del figlio di Franco Gatti: la prova più dura, il dolore più tremendo che possano toccare a un essere umano.

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