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lunedì 14 luglio 2014

MONDIALI DI CALCIO 2014: GERMANIA CAMPIONE, UN ATTO DI GIUSTIZIA


La Germania campione del mondo (primo titolo iridato dopo l'unificazione del Paese) è la migliore eredità che Brasile 2014 potesse lasciare ai posteri. Per crediti accumulati nel breve e nel lungo periodo, per ragioni tecniche e financo morali, nessuno più dei tedeschi avrebbe meritato di alzare la Coppa FIFA al cielo di Rio de Janeiro. Di più: scorgo in questa Nationalmannschaft le stimmate del dream team, con picchi di perfezione che forse neanche la leggendaria Roja spagnola 2008 - 2012 aveva mai raggiunto. Nella mia squadra del cuore vorrei ammirare proprio le qualità del gruppo di Low: sagacia tattica europea con una spruzzata di fantasia latina, refrattarietà ai condizionamenti ambientali, concretezza (nella semifinale contro i padroni di casa, Kroos e compagni sono andati vicini a una percentuale realizzativa del 100 per 100), continuità agli alti livelli non solo nell'arco di un singolo torneo, ma da Mondiale ad Europeo, da Europeo a Mondiale; e capacità di abbattere tabù quasi secolari, nella fattispecie l'impossibilità, per una squadra del Vecchio continente, di affermarsi in America (del nord e del sud). Cosa potrebbe desiderare di più, un appassionato di football? 
LA GIOVENTU' COME NORMALITA' - La squadra ideale, per quanto mi riguarda, è anche quella che non vede nella valorizzazione dei giovani un atto di coraggio (se non addirittura una fastidiosa incombenza), ma la considera come la fase più normale, più logica, nella messa a punto di un credibile progetto calcistico. Normale e logico, per il cittì tedesco, è stato buttare nella mischia un fresco ventiduenne (peraltro già più volte titolare nel passato recente) quando si approssimava il momento più caldo della sfida conclusiva; e questo ventiduenne, Mario Gotze, ha semplicemente risolto la gara, andando a siglare, con uno splendido sinistro, il gol della quarta stella mondiale. Mario Gotze e, attorno a lui, come è stato più volte ricordato in queste ore, tanti ex componenti di una Under 21 tedesca che, nel 2009, vinse fortunosamente una semifinale europea contro un'Italia brillante ma poco pragmatica. Quei... giovani panzer sono stati poi travasati, in buona parte, nella selezione maggiore di mister Low: ma, lo ripeto, non è stato coraggio, è il corso naturale delle cose. Accadeva anche da noi una volta: ricordate la splendida giovanile azzurra di metà anni Ottanta, guidata da Azeglio Vicini? Non appena quest'ultimo venne nominato responsabile tecnico dell'Italia "dei grandi", dopo il fallimento di Mexico '86, portò con sé, dapprima a piccole dosi poi sempre più massicciamente, i ragazzini che aveva cresciuto, costruendo una delle Nazionali più belle (e sfortunate) nella storia del nostro pallone. Oggi, invece, quando si è in difficoltà si buttano nella mischia l'innocuo Cassano (32 anni) e "lentopede" Thiago Motta (31 abbondanti)... 
HANNO VINTO I MIGLIORI - Degna trionfatrice, dunque, la Germania. In Brasile ha mostrato di gran lunga il calcio migliore, il tasso di classe più elevato, il maggior numero di uomini decisivi. Dell'Argentina si era già detto: squadra scolpita nel granito, superbo dispositivo di copertura a protezione dell'intermittente (fin troppo...) genio di Leo Messi. Uno di quegli undici abilissimi nel far giocare male anche gli avversari più qualitativi. Per lunghi tratti ci è riuscita anche ieri sera, l'Albiceleste. I tedeschi non erano quelli del 7 a 1 al Brasile, né, forse, era giusto pretendere che si ripetessero sugli standard di quella partita assolutamente unica, con caratteri di eccezionalità. Giocando oltretutto a ritmi più bassi del solito, sono andati a invischiarsi nella ragnatela predisposta da Sabella e mirabilmente eseguita dai suoi uomini in campo. Hanno cercato comunque di tenere pallino, i bianchi, ma dall'altra parte i sudamericani rispondevano colpo su colpo, con una spigliatezza offensiva che raramente avevano sciorinato nelle gare precedenti, nella circostanza alimentata soprattutto da un Lavezzi che sulla destra faceva il diavolo a quattro. 
DEGNA FINALE - Ne veniva fuori una finale degna, magari non bellissima sul piano estetico ma emozionante, equilibrata, combattuta, a tratti aspra, pilotata con discreta disinvoltura da Rizzoli e dai suoi collaboratori. L'Argentina, si diceva, era pericolosa come mai in questo Mundial, con la sicurezza alle spalle garantita da un Garay inappuntabile e dal solito Mascherano interdittore illuminato: ma quattro palle gol nitide non concretizzate nella sfida più importante sono una condanna inappellabile per chiunque. Higuain in avvio su svarione di Kroos, Messi due volte (nel primo tempo salvataggio sulla linea di Boateng, nella ripresa diagonale a lato di un soffio) e Palacio nei supplementari (fiacco pallonetto su Neuer in uscita): troppa grazia per una Germania che comunque non stava a guardare e premeva anzi con più continuità, anche se con minore incisività. Muller, nelle vesti di sontuoso assist man, nella prima frazione inventava uno splendido cross sul quale Klose non riusciva ad arrivare, e nella ripresa liberava a centro area Howedes, che cincischiava e perdeva l'attimo. Lo stesso Howedes, poco prima dell'intervallo, aveva centrato il palo di testa su corner; a completare il conto dei tentativi tedeschi, Kroos per due volte vanificava la tessitura dei compagni chiudendo dal limite con conclusioni fiacche e prevedibili. Poi, nei prolungamenti, subito una botta di Schurrle da distanza ravvicinata, respinta a mani aperte da Romero, e nel secondo extra time il sinistro chirurgico di Gotze, su assist dello stesso Schurrle. 
DUE VETERANI DA APPLAUSI - Detto dei giovani leoni, non si può negare che, fra i panzer, due veterani abbiano onorato come meglio non avrebbero potuto il match più importante della loro carriera: capitan Lahm si è sfiancato nel doppio lavoro di chiusura e di spinta, Schweinsteiger è stato letteralmente onnipresente: decisivo a protezione di Neuer, formidabile settepolmoni nel mezzo, propulsore per la fase offensiva. E poi Boateng, nelle ultime partite più decisivo del (giustamente) celebrato collega Hummels nel tappare le poche falle della retroguardia, un Kroos meno preciso del solito (e che rischiava di decidere la finale in negativo, con quel pallone regalato al Pipita) ma comunque sempre abile a trovarsi nel vivo della manovra. Ozil è parso, perlomeno nella prima mezz'ora, più vivace e ispirato che in tutto il resto del torneo, poi è calato alla distanza, mentre, come detto, Thomas Muller non ha avuto palle giocabili in area ma ne ha lavorate molte, e con profitto, per i compagni, confermandosi magnifico tuttofare dalla trequarti in su. Forse sarebbe stato meglio scegliere fra lui e Robben, per l'assegnazione del titolo di miglior giocatore del Mondiale: ha invece prevalso Messi e la decisione lascia francamente esterrefatti, come del resto, parere personale, fu quantomeno generoso il Pallone d'Oro assegnatogli da France Football nel 2010 (Iniesta poteva vantare titoli ben più corposi). 
I PROBLEMI DI MESSI E LA CONTRADDIZIONE ARGENTINA - La pulce del Barça ha confermato, in fondo, ciò che già si sapeva: spesso risolutore in prima persona o come ispiratore, si erge a mattatore solo se inserito in un contesto altamente competitivo. In questa Seléccion, ha dato l'impressione di predicare spesso nel deserto: troppi elementi preposti al filtro e alla distruzione del gioco altrui, e tutto il lavoro creativo sulle sue spalle, davvero troppo fragili. Se poi, nella finale tanto bramata, si sbagliano gol come Del Piero a Euro 2000, allora è chiaro che il titolo di erede di Maradona sia destinato a rimanere vacante, mentre fossi in Leo e in chi lavora con lui terrei seriamente sotto controllo il problema dei conati di vomito, ripresentatosi ieri sera e fin qui, mi pare, colpevolmente sottovalutato, visto che la spiacevole storia sta andando avanti da mesi.
Certo, ci sarebbero da scrivere pagine e pagine sulla curiosa contraddizione che alberga nell'animo del futbòl argentino: ha donato al mondo una serie di fuoriclasse epocali, gente che col pallone ha saputo ricamare autentici capolavori, ma dopo l'86 è riuscito a sfiorare l'alloro iridato solo con formazioni "da battaglia", prettamente operaie (1990 e ieri), trapanando invece l'acqua quando si è presentata ai nastri di partenza con rose zeppe di stelle (2002 e 2006, per dire). Rimane il verdetto del Maracanà, un vero atto di giustizia, che ha premiato chi ha battuto la strada del football propositivo e di iniziativa, a scapito di chi ha ruminato calcio per un mese, con pochi lampi e votandosi al più crudo utilitarismo. Basta questo, in fondo, per dare senso e credibilità tecnica a un torneo che, al tirar delle somme, non è stato quel "Mondiale dei Mondiali", sublimazione del football - arte, idealizzato da molti fino a pochi giorni fa. 

4 commenti:

  1. Grazie dei tuoi bei articoli che mi hanno accompagnato durante il Mondiale, per la Germania la giusta consacrazione dopo anni di eccellenza.
    Sul discorso Pallone d'oro (per quel che vale quel premio farlocco) nel 2010 meritava Iniesta e son d'accordo con te. Per quanto riguarda il premio di Brasile 2014, se ho capito bene (ma posso sbagliarmi), esso veniva semplicemente assegnato al giocatore con più premi di "man of the match" nei sette turni, e pare che Messi l'abbia vinto 4 volte: resta immeritato, decisamente.


    Nico

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    1. Grazie di cuore, Nico. Per quanto riguarda il premio a Messi, in fondo per me conta poco, ho sempre dato scarsissimo peso a questi riconoscimenti individuali: negli sport di squadra sono un di più, e sono spesso basati su criteri di scelta opinabilissimi. Conta solo il verdetto del campo, per dire chi emerge più degli altri: e non ci voleva certo un Pallone d'oro, ad esempio, per certificare la schiacciante superiorità del Maradona 1986.

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  2. Mi piace quando dici che mettere in campo i giovani, specie se forti di gavetta in Under 21 è naturale. Molti sembrano non averlo capito. Devo dire che bisogna fare molta attenzione ad accettare questa clausola: Non è detto che buttare nella mischia una squadra con età media sotto i 22 anni sia proficuo, ma da qualche parte c'è chi farebbe bene a rivedere le proprie scelte.
    Devo essere sincero a me l'Albiceleste è piaciuta, l'ho detto anche nel mio blog in un certo senso. Sapeva di non poter competere con la Germania e si vedeva, inoltre a tratti i tedeschi sembravano spaesati, impossibilitati nella creazione di spazi in attacco. Vanno dati grandi meriti a Sabella.

    P.S. Il gol di Gotze è stato di pregevole fattura

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    1. La verità sta nel mezzo: nella Germania ci sono i giovani e i giovanissimi, titolari e decisivi, ma ci sono anche Lahm e Schweinsteiger che tirano mirabilmente la carretta. Il problema è che in Italia già fin da ora ci si sente persi se, per ipotesi, Buffon e Pirlo si allontanassero dalla Nazionale. L'Argentina ha giocato la miglior partita del suo Mondiale, ma quattro palle gol nitide in una finalissima non vanno sprecate: stranissimo per una squadra che, in precedenza, aveva spremuto quasi il massimo dai suoi sforzi offensivi.

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