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venerdì 17 ottobre 2014

LA LITE TRAVAGLIO - SANTORO A "SERVIZIO PUBBLICO": DOV'E' FINITO IL "GIORNALISMO ALL'AMERICANA"?


Non so se le cronache si occuperanno a lungo della lite in diretta fra Marco Travaglio e Michele Santoro, andata imprevedibilmente in scena ieri a tarda sera sul finire di una tormentata puntata di "Servizio pubblico". Probabilmente no: in tv i giornalisti battibeccano, si insolentiscono, si accavallano sovente in modalità "pollaio": nulla di nuovo sotto il sole dunque, salvo poi ritrovarli di nuovo insieme, metaforicamente a braccetto, nella puntata successiva del talk show di turno. Tutto normale, quindi? Nel caso specifico non proprio, perché quello fra l'inventore di "Samarcanda" (ossia di un nuovo modo di fare informazione e dibattito sul piccolo schermo, molti anni fa) e il vicedirettore del Fatto Quotidiano è stato uno scontro sorprendente: i due percorrono da tempo il medesimo cammino di un giornalismo "contro", hanno condiviso esperienze mediatiche e disavventure, parevano legati da un sodalizio inscindibile, che andava al di là dei comuni interessi professionali. 
UN SANTORO IN FLESSIONE - Magari anche stavolta finirà a tarallucci e vino; magari la settimana prossima ritroveremo l'agguerrito Travaglio assiso al suo scranno di La7, pronto a scagliarsi contro uno dei tanti politici indifendibili che ci ritroviamo sul groppone. Però la mano sul fuoco non ce la metterei, e l'occasione è ghiotta per qualche brevissima riflessione su quanto avvenuto, una piazzata che ha lasciato interdetti molti spettatori, fra i quali il sottoscritto. Ammetto: nella nuova stagione tv non avevo ancora seguito "Servizio pubblico", e son tornato a farlo ieri sera perché uno degli argomenti - traino era la recente alluvione genovese. Dal mio punto di vista, personalissimo e opinabile, ho visto un Santoro non particolarmente sereno, di sicuro non al meglio.
 La crisi recente del format talk show (da lui stesso sottolineata, del resto) non è dovuta solo al proliferare eccessivo di queste trasmissioni tutte stancamente simili fra loro: il problema è che tali arene televisive sono diventate palcoscenico della peggior classe politica italiana di sempre, rappresentanti del popolo impegnati a cianciare del nulla e a presentare successi in realtà mai raggiunti, e tuttavia sempre invitati a partecipare, nonostante abbiano dato ripetuta prova della loro inconsistenza. Quanto di più lontano, insomma, dal modello di giornalismo "americano", con i cosiddetti "padroni del vapore" che vengono invece messi alla berlina senza eccessivi riguardi. In questo senso "Servizio pubblico", per la sua indipendenza da editori influenti e per la presenza di due fuoriclasse come Santoro e Travaglio, era sempre andato un po' controcorrente, e non è un caso che Berlusconi vi abbia messo piede solo una volta negli ultimi anni.
TRAVAGLIO PENALIZZATO - Ciò fino a ieri sera, quando il meccanismo di salvaguardia degli interessi del pubblico mi pare si sia incrinato, a favore di un dibattito fin troppo "politically correct", nello stile, si può dire, di quel "Porta a porta" che pure rappresenta l'antitesi del modo di fare tv del conduttore salernitano. In poche parole: hai in collegamento Claudio Burlando, l'uomo che negli ultimi anni ha tenuto in mano in buona parte le redini della politica ligure ricoprendo diversi ruoli istituzionali (oltre ad essere stato pure ministro della Repubblica, per un breve periodo), l'uomo che ha gestito la recente emergenza alluvione in maniera, diciamo così, piuttosto discutibile. Hai la possibilità di incalzarlo e metterlo alle strette, potendo contare su un formidabile battitore libero come Travaglio, personaggio che rarissimamente parla a vanvera, essendo uno dei giornalisti italiani più documentati in assoluto.
Invece mandi, mi si perdoni il francesismo, tutto in vacca nel nome di un diritto di replica e di una presunta parità di spazi che erano in realtà già stati ampiamente rispettati, attribuendo al tuo prestigioso collaboratore angherie mai perpetrate ("non ho offeso nessuno", ha infatti affermato con ragione il giornalista del Fatto) e consentendo così al navigato politico di uscire senza grossi danni da un confronto nel quale aveva mostrato una discreta pochezza argomentativa (la cittadina genovese collegatasi in chiusura di puntata, una che il disastro della settimana scorsa lo ha vissuto dal di dentro, in effetti non gliele ha mandate a dire). 
UN MONDO ALLA ROVESCIA - Forse ha ragione il buon Marco: "Siamo matti", ha più o meno detto in diretta prima di abbandonare lo studio. Aggiungerei: il mondo, in Italia, gira ormai alla rovescia. Una delle poche trasmissioni che tentava di smascherare il vuoto propositivo e operativo della nostra politica diventa improvvisamente fin troppo benevola nei confronti degli uomini del potere, tarpando le ali a chi cerca di metterne a nudo i limiti. Burlando, massacrato da Travaglio attraverso una minuziosa ricostruzione storica del suo percorso politico, riesce a rimettersi in carreggiata e può uscire dal collegamento con un'espressione soddisfatta stampata in volto; i rappresentanti degli "angeli del fango" presenti in trasmissione, invece di fare le pulci al governatore ligure, non trovano di meglio che eccepire sulle affermazioni dello stesso Travaglio (giustamente sconcertato), dopo aver contestato, pochi giorni prima, un esponente politico discutibile finché si vuole nel modo di porsi e di operare, ma che non ha alcun ruolo istituzionale e che è il portabandiera di una forza di opposizione (quindi di fatto senza alcun potere autentico in quel di Roma); ragazzi che, fra l'altro, sono caduti nello stesso peccato di cui, secondo loro, si era macchiato Grillo (andare a Genova dopo l'alluvione per fare passerella): potevano tranquillamente rimanere nell'anonimato, rifiutando l'invito di Santoro. 
Questi giovanotti meritano, lo sottolineo con forza a scanso di equivoci, il plauso della Superba per l'enorme mole di lavoro svolta in questi giorni in condizioni di estrema difficoltà, ma, per tutto il resto, hanno dimostrato una coscienza politica ancora acerba, se non inesistente (mi riferisco agli ospiti di ieri sera, ovviamente). La speranza è che continuino a studiare, a informarsi (sentendo più campane, però), a fare esperienza sul campo, a imparare a "pesare" gli uomini politici sulla base delle loro capacità e di quanto effettivamente messo in pratica, e non votandosi a vuote ideologie o a considerazioni retoriche. Lo dico con tutto l'affetto e la benevolenza possibile nei loro confronti, ricordando gli errori di valutazione nel seggio elettorale anche da me commessi quando avevo la loro età...

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