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mercoledì 11 gennaio 2017

LA FIFA ANNUNCIA: MONDIALE 2026 A 48 SQUADRE. TUTTI I LIMITI DEL GIGANTISMO CALCISTICO

                                          Gianni Infantino, presidente della FIFA

Il cambio di format del Mondiale di calcio è sempre un evento epocale, e sempre è destinato a suscitare perplessità, come puntualmente sta avvenendo anche in queste ore, dopo l'ufficializzazione, da parte del neo presidente FIFA Gianni Infantino, dell'allargamento del torneo a ben 48 squadre, a partire dall'edizione del 2026. Non è questione di voler essere costantemente ipercritici a prescindere: il fatto è che queste periodiche modifiche hanno come minimo comun denominatore il gigantismo, cosa fra l'altro riscontrabile anche nell'evoluzione che hanno avuto le strutture del Campionato europeo di football, della Champions League e dell'Europa League. 
QUANDO IL GIGANTISMO AVEVA UN SENSO - Questa manifesta voglia, da parte dei vertici del pallone mondiale, di allargare continuamente i confini del gioco, di aprire le porte a un sempre maggior numero di nazioni, in linea di principio non sarebbe negativa, a prescindere da tutte le considerazioni di carattere politico ed economico che spesso, si dice, stanno alla base di tali scelte. C'è però un limite a tutto: ampliare il campo dei partecipanti alla rassegna iridata poteva essere giusto, anzi sacrosanto, in un determinato periodo storico, quello in cui si superò la quota fissa, e apparentemente immutabile, di 16 finaliste, in vigore praticamente dal 1934 al 1978 (con un paio di eccezioni). Aveva un senso, perché il rischio era quello di ridurre la Coppa del Mondo a un torneo riservato a una ristrettissima élite, con i paesi calcisticamente più "depressi" a far da comparse o, nella maggior parte dei casi, da semplici spettatori. Si passò così alle 24 squadre, a partire da Spagna '82 (ma con uno squilibrio enorme fra le partecipanti, ben 14 europee e agli altri le briciole) e poi, nel '98, si arrivò a 32 (e da allora si assiste a uno squilibrio opposto, visto che alle ultime due edizioni hanno preso parte appena 13 rappresentanti del Vecchio Continente). Formula a 32 che aveva se non altro una discreta funzionalità, in quanto consentiva di evitare i ripescaggi delle terze alla fine della fase a gironi.
OGGI SERVE DAVVERO ALLARGARE? - Il fondamento sportivo di tali allargamenti era soprattutto il tentativo di favorire un progresso dei movimenti calcistici più arretrati, segnatamente quelli dei continenti africano, asiatico, oceanico e del nord - centro America. Lodevole, anche se si potrebbe dire che tale obiettivo sia minato da un vizio di fondo: il primo Mondiale a 24 squadre, infatti, vide una serie di rappresentative del cosiddetto "Terzo mondo" battersi con gagliardia e validissimi argomenti tecnici, pur essendo esordienti assolute sul massimo palcoscenico. Camerun e Algeria sfiorarono la qualificazione al secondo turno mettendo in gravi difficoltà alcune grandi storiche (o addirittura battendole, come i nordafricani fecero con la Germania Ovest), l'Honduras fermò sul pari la Spagna padrona di casa e l'Irlanda del Nord, il Kuwait fece 1-1 con la Cecoslovacchia mancando una vittoria che avrebbe meritato... Insomma, la nobiltà del calcio si accorse, di punto in bianco, che il resto del mondo non era rimasto fermo ed arretrato, ma aveva compiuto enormi progressi pur essendo stato lasciato ai margini e non avendo partecipato, se non sporadicamente, al grande summit del pallone mondiale.
LA CRESCITA DEL CALCIO "POVERO" PASSA DAI CLUB - In sintesi: la crescita dei paesi calcisticamente ancora "indietro" può avvenire anche a prescindere dalla loro inclusione fra le finaliste di un Mondiale, specie se questa inclusione è ottenuta tramite innaturali allargamenti del "tabellone". Avveniva all'epoca, lo abbiamo visto nel caso dell'82, e a maggior ragione può avvenire oggi. Perché tale crescita passa, prima di ogni altra cosa, dalla crescita dei singoli calciatori, e oggi i calciatori del "Terzo mondo" popolano in larga quantità i campionati delle varie nazioni europee. Ed è qui, nei club di Francia, Germania, Italia e via discorrendo, che "vanno a scuola", diventano calciatori veri, a tutto tondo, portando poi questo bagaglio di know how nelle loro rappresentative. 
UN RISCHIO: ABBASSAMENTO DEL LIVELLO TECNICO - Certo, anche i confronti fra selezioni nazionali servono a migliorare, eccome: ma le fasi finali di Mondiali ed Europei non possono diventare le palestre per la crescita di chi è ancora indietro. Anzi, qui tocchiamo un altro punto dolente: immettere innaturalmente nel gruppone della gran festa quadriennale squadre che, col format attuale, il Mondiale se lo sognerebbero, significa prima di tutto abbassare notevolmente il livello tecnico della kermesse. Cosa che, per dire, avvenne in occasione del passaggio da 24 a 32 finaliste, a Francia '98, secondo quanto scrissero alcuni commentatori dell'epoca. E anche l'ultimo Europeo dovrebbe rappresentare un segnale d'allarme, in tal senso: il nuovo format a 24 squadre ha prodotto spettacoli in linea di massima di qualità modesta, poche partite memorabili o prestazioni di alto spessore (fra queste, diciamolo con orgoglio, quelle azzurre contro Belgio e Spagna). Fra le "nuove arrivate", solo Islanda e Galles si son fatte autenticamente onore: ma erano comunque già nitidamente emerse nel biennio di qualificazione, guidando anche per diverse giornate le classifiche dei rispettivi gironi, e nel torneo finale in Francia non hanno fatto altro che confermare la loro acquisita caratura internazionale, casomai andando oltre le previsioni di partenza. 
TROPPE PARTITE, PROBLEMI LOGISTICI - Ecco perché oggi, quando mancano nove anni alla data fissata, una Coppa del mondo a 48 squadre pare un non senso tecnico, una forzatura. Si indora la pillola dicendo che chi arriverà fino in fondo dovrà comunque disputare sette partite, proprio come adesso, e va bene; e si sottolinea che il tutto si potrà svolgere in poco più di un mese, proprio come oggi, e questo va un po' meno bene, perché ci sarebbe un incremento notevole di partite, passando da 64 a 80, con tutti i problemi logistici del caso, anche legati alle potenzialità del Paese che si assumerà l'onere dell'organizzazione. La formula in alcuni dettagli deve ancora essere messa a punto: di certo ci sono i sedici gironi da tre nella prima fase, con qualificazione delle prime due di ogni gruppo; in pratica, 48 gare per mandare a casa appena 16 rappresentative. Poi eliminazione diretta dai sedicesimi di finale in avanti. 
I MONDIALI COME LE OLIMPIADI? - Fra le innovazioni proposte, si parla di cancellazione dei supplementari per passare subito ai rigori. Nelle quote di partecipazione assegnate ad ogni continente, all'Europa andrebbero solo sedici posti, ed è un assurdo (soprattutto se messi in relazione con i 9,5 per l'Africa e gli 8,5 per l'Asia), così come è assurdo che, a partire dal passaggio al format a 32, si sia progressivamente ridotto lo spazio riservato al Vecchio Continente, nonostante i risultati degli ultimi Mondiali abbiano dimostrato incontrovertibilmente l'assoluto dominio del football europeo sul resto del globo. Così diventa una Coppa del Mondo pericolosamente simile al torneo olimpico, dove non si tiene conto, o se ne tiene troppo poco, dei valori calcistici su scala planetaria, attenendosi più che altro a un criterio di equa distribuzione geografica dei posti disponibili.
DIFFICILE TORNARE INDIETRO - Vedremo. La contrarietà di fondo al progetto non significa che non si possa sperimentare il tutto. Così come sono curioso di vedere come sarà un Mondiale quasi "natalizio" come quello del '22 (con tutti i problemi legati alla sospensione dei campionati nazionali, che potrebbe gettare nel caos il calcio di club), sono altrettanto ansioso di vedere questo ipertrofico torneo '26. L'avranno comunque vinta loro, quelli della FIFA: perché nel calcio raramente si torna indietro (come per la nostra Serie A: sembra sempre più difficile poter vedere una riduzione dell'organico del massimo torneo, decaduto sotto tutti i punti di vista da quando si gioca fra venti squadre); perché gli introiti probabilmente aumenteranno, e perché, se qualche Nazionale rivelazione ci sarà, si potrà sempre dire che è stato merito del nuovo format, che ha dato tanto spazio ai "peones" del pallone. I quali però, Mondiali  od Europei che fossero, alla fine si son spesso fatti valere, magari non vincendo mai nulla ma compiendo imprese clamorose (dal Camerun al Ghana, dalla Nigeria alla Costarica). E lo hanno fatto, finora, dovendo superare grandissimi ostacoli, percorrendo strade più probanti e maturando nel tempo. Ora avranno forse vita più facile, ma arrivare più velocemente alla vetta non è detto che sia un bene, anzi. Il patrimonio delle grandi potenze calcistiche non si costruisce in quattro e quattr'otto e passando attraverso varchi fin troppo larghi.  

5 commenti:

  1. Bello tornare a navigare sul tuo blog Carlo. Mancavo da un po', tra un impegno e l'altro (cerco di darmi da fare il più possibile).
    Sono contento di condividere con te la cosiddetta "linea di massima" sull'argomento: dal mio punto di vista è una bella soddisfazione.
    Competizione più larga = più introiti. Ma inevitabilmente il portone che si apre non serve per accogliere un élite più grande (magari), ma per dare accesso facile a chi altrimenti quella competizione non la giocherebbe. La conseguenza l'hai sottolineata senza girarci attorno: abbassamento del livello medio. Tra l'altro non sarei neanche convintissimo che il formato con i gironi da 3 sia una garanzia di qualità.
    Però ci sono note positive che mi piace sottolineare, a cominciare dalla proposta di eliminare i supplementari, che secondo me è più che condivisibile.
    Il problema logistico, poi, potrebbe essere ovviato con l'organizzazione congiunta di due o più nazioni (ovviamente dove la geografia lo permette), a costo di perdere "l'identità" del torneo, ma favorendo la cooperazione e la coordinazione tra due paesi, che non sarebbe uno scenario da buttare.

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    1. Ciao Ale, e bentrovato. Mi pare che tempo fa la Fifa avesse manifestato perplessità in tema di organizzazione congiunta di un Mondiale da parte di più Paesi (il caso del 2002 è rimasto isolato), ma credo che con Infantino sia venuto meno tale irrigidimento, anche perché non si potrà non giocare il Mondiale 2030, quello del centenario, in casa delle due nazioni finaliste nel 1930, ossia Uruguay e Argentina. Di riflesso, una candidatura congiunta sarebbe l'ideale anche per il primo, mastodontico mondiale a 48 squadre del '26, a meno che non venga assegnato a un Paese come gli USA, che hanno i mezzi per cavarsela da soli.
      Sull'abbassamento del livello medio, se poteva essere solo un rischio con l'allargamento prima a 24 e poi a 32, e con l'allargamento dell'Europeo da 16 a 24 (rischio che poi si è in larga parte concretizzato), con questa estensione a 48 credo sia una certezza acquisita a priori, non potrà essere diversamente. Capisco anche il desiderio di Infantino di dare a più paesi la felicità di una partecipazione al Mondiale, che però, oltre ad essere una festa del calcio, è anche un evento di primaria importanza tecnica, e in questa maniera rischia di decadere e perdere credibilità sul piano squisitamente sportivo.

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  2. ottimo articolo Carlo. Guarda, devo ancora capire se saranno più i fattori positivi o quelli negativi dell'allargamento delle squadre. In genero non sono favorevole a stravolgimenti, nonostante siano molti quelli che sostengono fosse necessario. Certo, si darebbe la possibilità a Nazioni poco o mai presente di partecipare, ma a parte questa considerazione "etica" (che credo sia stata l'ultima motivazione che interessasse ai piani alti) non vedo granchè miglioramenti. Forse i gironi da 3 potranno garantire pathos e vivacità.. insomma, la prima gara sarà importante già vincerla, ma credo che anche rimanendo com'era il Mondiale non avrebbe perso fascino e appeal.. Forse ti avevo già scritto su facebook in merito a questo... credo non sia la fine del Mondo se una Nazionale storica e vincente malauguratamente non dovesse qualificarsi... secondo me, in verità, è stata questo il primo pensiero degli organizzatori: garantire alle Nazionali di medio-alto livello la partecipazione. Gianni G.

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    1. Nessuno può saperlo prima, caro Gianni, proprio per questo ribadisco che è giusto comunque provare. Io ho avanzato dubbi credo legittimi, e comunque argomentati, ma alcuni punti fermi ci sono. Penso che ampliare a dismisura il lotto dei partecipanti non sia la soluzione per far crescere il livello tecnico, anzi, la storia dimostra il contrario, con tornei Europei e Mondiali che non riescono più a raggiungere vette di qualità eccelsa.
      E' vero che il Mondiale è la festa del calcio, ma su questo termine si equivoca, perché dire festa non vuol dire baracconata aperta a tutti: è una festa perché chiama a raccolta il meglio del calcio del pianeta, che però dovrebbe arrivare là per meriti, attraverso dure selezioni, e non spalancando le porte per far entrare chiunque. E' una festa perché chi arriva deve mostrare il meglio del football, non fare atto di presenza offrendo spettacoli modestissimi come, senza andar troppo lontano, si è visto al recente Europeo. A me di avere l'ottava squadra asiatica o la nona africana non frega nulla, se queste squadre sono lontane anni luce dai livelli di una media compagine europea.

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